In un pezzo di qualche giorno fa, Cesare poneva alcuni spunti interessanti sulla questione dei beni immateriali. Vorrei proporre un altro punto di vista, non prima di aver posto qualche premessa introduttiva all’argomento.
Il problema DRM-non DRM ha origini connaturate nello strumento: un’autovettura o qualunque bene materiale, non si può duplicare per uso privato. Un’autovettura rappresenta un bene in sé concluso, la giustificazione di quel che viene pagato corrisponde con l’oggetto fisico che un bel giorno finisce parcheggiato sotto casa.
Software ed audiovisivi al contrario, hanno usi e funzioni che esulano dalla confezione. Una confezione, compreso il supporto, che si può ritenere vettore di quelle funzionalità, ma che non le esaurisce – particolarmente in tempi di digitale.
Inquadrata questa discriminante, la domanda che si pone è: quando compro software (ma anche audiovisivi), cosa sto acquistando? Acquisto il supporto o il diritto di fruirne?
La risposta di per sé non è immediata, ed è resa ancora più difficoltosa dalla legge vigente e dalle ultime sentenze. Una di queste, commentata su ICTlex da Andrea Monti, facente riferimento a un prodotto audiovisivo, recita:
allo stato della tecnica quantomeno riferibile al 2004 l’apposizione di misure tecnologiche di protezione che impediscono anche l’esecuzione di una sola copia dell’opera non costituisce violazione del diritto di copia privata di cui all’art. 71 sexies L .A. (legge sul diritto d’autore, n.d.r.).
Ovverosia: una legge garantisce il diritto alla copia privata e alla copia di riserva, ma se delle misure tecnologiche apposte dal produttore la negano, ciccia. Contestualmente nessuna legge vincola il produttore dell’opera a fornire un’altra copia dell’opera qualora quella acquistata si deteriori.
Sembrerebbe dunque che, se formalmente viene riconosciuto il diritto alla copia privata/di riserva, sostanzialmente, quando in presenza di dispositivi anticopia, la controparte all’acquisto dell’opera sia il solo supporto, deterioratosi il quale il diritto di fruizione si estingue.
La pertinenza di questa lunga premessa col tema del DRM è elevata. Cesare, la affronta dal punto di vista del coder, e domanda che vi siano modalità idonee a proteggere il lavoro di un’azienda e chiede che un’azienda possa liberamente scegliere in che modo proteggere il frutto del lavoro dei suoi dipendenti.
Senza addentrarmi nei temi dei brevetti software e del reverse engineering, vorrei porre qualche obiezione a Cesare, mettendo l’accento sui diritti di coloro che, dopotutto, l’opera la pagano regolarmente, e in cambio si aspettano funzionalità, non la loro quota di “punizione” per la disonestà di altri utenti.
Fra il consumatore onesto che rivendica un uso più libero dell’opera acquistata e un’azienda che pretende il giusto compenso (ivi compresa una quota di profitto) per le sue opere, esiste una terza entità, che tutela l’uno e l’altra: l’ente regolatore, statale o sovrastatale.
Tanto quanto il consumatore non è libero di fruire di opere copiate illegalmente, l’azienda non è libera di applicare una disciplina sommaria per la lotta alla contraffazione, particolarmente quando gli effetti di questa lotta vengono a ricadere – accade per definizione – sulle spalle dei consumatori paganti.
Se in questa negoziazione non rientra un ente regolatore, l’azienda è libera di imporre le sue regole e il singolo consumatore diviene immediatamente la parte debole: per questo merita (e gli viene riconosciuta) tutela.
Per questo motivo obietto alla dicotomia consumatore-azienda di Cesare, secondo cui sostanzialmente il consumatore può tutelarsi solo con l’azione di non-acquisto, una tripartizione delle responsabilità, che inquadri in un arbitro regolatore il ruolo di conciliare le rispettive esigenze.
La logica del “desiderio” citata da Cesare infatti, non esaurisce le motivazioni per cui un consumatore si trova spinto ad acquistare un bene: esiste anche una necessità, dettata per esempio dalla presenza di standard de facto – popolari nel mondo software – già di per sé lesivi della concorrenzialità del mercato, nella patente latitanza di formati aperti.
Quando, ad esempio, si viene a negare o a contraddire un diritto sancito dalla legge, ostacolando – ben prima delle sentenze in merito – il diritto alla copia privata/di riserva, si danneggia l’interesse del consumatore e si ridefinisce attorno agli interessi di una sola parte in causa la contropartita del pagamento per il bene acquistato.
Quando poi, con gli strumenti del lobbying, si spingono gli enti regolatori ad acrobazie normative che regolarizzino lo stato di fatto stabilito attorno agli interessi di parte, diventa evidente la debolezza del consumatore onesto e pagante e la latitanza di un ente regolatore imparziale e autorevole.
Insomma, la legge non dovrebbe rappresentare il salvacondotto per la tutela degli interessi meglio rappresentati, ma tenere conto l’obiettivo della conciliazione di tutti gli interessi in causa. Raggiunto questo obiettivo, offerti agli utenti diritti ben delimitati, definiti e proporzionali al prezzo dell’opera acquistata, anche il più draconiano dei DRM diverrebbe accettabile.
Concludo segnalando questo botta&risposta fra me e Rosario circa il caso Ubisoft/DRM, in tre puntate (1, 2, 3).
purtroppo il mondo si sta spaccando in base a due diverse scuole di pensiero
la prima vuole il cittadino suddito delle multinazionali, lavora e taci, compra e consuma
la secondo riconosce la priorità dei diritti del cittadino sugli interessi economici di parte
da un lato abbiamo il DMCA con i suoi tentacoli costrittori, dall’altro abbiamo Paesi molto più liberali che fanno questo http://yro.slashdot.org/story/10/07/11/2127246/Brazil-Forbids-DRM-On-the-Public-Domain
a volte mi chiedo chi sia davvero il terzo mondo ( culturalmente parlando )
la risposta a tante domande sul copyright dovrebbe essere semplice, ovvero lo Stato ha il dovere di garantire il funzionamento armonico della società e di uniformarsi alle decisioni della maggioranza
purtroppo lo Stato è sempre più un giocattolo nelle mani delle lobby
Pienamente d’accordo. Dopotutto l’idea di base del post di Cesare era “il programma l’ho scritto io quindi lo vendo al prezzo che voglio, a chi decido io e alle mie condizioni”. Decisamente un’idea infantile e ormai ampiamente superata.
Concludo con una sorta di metafora. La Costituzione sancisce il principio di uguaglianza di fronte alla legge, ma in alcuni articoli successivi prevede forme di tutela “extra” per le donne, le minoranze etniche ecc… Sembra quasi che si contraddica! In realtà la Costituzione riconosce semplicemente l’esistenza di soggetti più deboli di altri, e tutelarli maggiormente serve proprio a garantire che essi siano UGUALI agli “altri”. Mi sembra logico che lasciare che le lobby e i consumatori si incontrino liberamente sul mercato (lasciando ai consumatori il solo “potere” del non comprare) sia un bagno di sangue annunciato per gli ultimi. I miei diritti di consumatore vanno tutelati, anche a costo di andare a ledere il diritto delle major ai loro profitti esorbitanti…
Riguardo alla domanda su “cosa sto acquistando” vorrei far notare una cosa.
Se acquisto (per esempio) il blue ray o il dvd di Avatar, sto pagando una parte (che si suppone minoritaria) che copre i costi di produzione e distribuzione del supporto e sto pagando una parte relativa al fatto che sto ottenendo un beneficio, un servizio (con tutta la buona volontà non riesco a definirlo prodotto come fa Cesare).
E questo beneficio in cosa consiste ?
Consiste nel fatto che traggo gratificazione dal vedere una storia originale (nel caso di avatar questo è opinabile ma è un altro discorso), dal divertimento che ne traggo ecc.. ecc… ecc…
Ora, se io il film l’ho già visto al cinema (ed ho già pagato per questo) ottengo dei vantaggi minori, ovvero al grosso del prezzo che vado a pagare per il blu ray, non corrisponde lo stesso beneficio. Manca la parte più grossa dello stesso.
Quindi, domanda: Perché io che ho già visto (e pagato per) il film al cinema devo pagare la stessa cifra di chi lo vede per la prima volta ?
Perché se vedo il film senza pagarlo tutti si strappano i capelli ma se lo vedo pagandolo due volte a nessuno importa un fico secco ?
Il problema è sempre il solito: il sistema, così com’è, non funziona.
Continuiamo ad ostinarci a chiamare le cose con termini nati per beni e prodotti materiali, ed a cercare di applicare le regole nate per gli stessi (ed evolute in 2000 anni di diritto) a questo nuovo mondo fatto di bit e di copie assolutamente identiche all’originale, e di costo zero per realizzarle.
Purtroppo chi dovrebbe legiferare o non ha la minima idea ne dei termini del problema, ne della sua portata sociale, o (peggio) risponde alle lobby di imprese diventate di dimensione abnorme data la facilità nel produrre soldi usando lo status quo.
E se è vero che non si può prendere la scorciatoia del “copio e me ne frego” e’ altrettanto vero che non si può lasciare a questi soggetti (troppo) forti il diritto di fare il bello ed il cattivo tempo.
finalmente uno che cita la disparità di potere tra azienda e consumatore…
bravo!
@The Solutor
Perché tu paghi l’uso del servizio, se lu usi una volta lo paghi una volta, se lo usi due volte lo paghi due.
Se compri il dvd, compri il diritto di vedere quel film. Quante volte vuoi. Se compri il biglietto di un cinema compri il diritto di entrare al cinema. Una volta. Se prendi un biglietto per l’autobus, compri il diritto per 60 minuti dalla timbratura di essere su un autobus. Se prendi il mensile compri il diritto per un mese.
E parlando del fatto che la copia fisica di un film/software non costa, ci si dimentica sempre del costo per essere arrivati a fare quella prima copia. Del caffè al bar, non paghi l’acqua o il caffè in polvere con cui è fatto. Paghi tutto il ciclo che ha portato dal nulla un chicco di caffè a un chicco di caffè “usabile”, il ciclo che porta l’acqua nel bar, la gestione del bar, l’energia elettrica(dal petrolio estratto fino alla spina). Però queste cose la gente non le vuole gratis (ne vuole lei stabilire il prezzo giusto!) per il software/musica/film si.
Per quanto riguarda il discorso dell’autore su standard de facto da pagare, lui si rivolge allo stato per bilanciare le forze fra consumatore e multinazionale. Giusto, ma sarebbe (per me) più corretto aspettarsi da uno stato degli standard o dei prodotti che i suoi cittadini possano usare (gratis o a prezzo calmierato). Un po come accade(accadeva?) con l’istruzione. Io stato ti garantisco un istruzione di un certo livello a un prezzo che considero equo, non obbligo la scuola privata a costare 100€ al mese.
Assolutamente d’accordo con l’articolo. Questa parte poi:
[quote]vorrei porre qualche obiezione a Cesare, mettendo l’accento sui diritti di coloro che, dopotutto, l’opera la pagano regolarmente, e in cambio si aspettano funzionalità, non la loro quota di “punizione” per la disonestà di altri utenti.[/quote]
è lampante: non si può assolutamente far ricadere sulle spalle dei consumatori paganti i danni (magari presunti) causati da altri utenti disonesti!
ps. La disparità fra azienda e consumatore esiste. Ma si dimentica di dire che per la prima volta con internet per alcuni beni la disparità si è invertita, non si è certo creato un punto di equilibrio. L’equilibrio del mercato rimane un utopia
@Pluto
L’uso del servizio che citi, è una parte di ciò che compro aquistando un DVD.
Una parte assolutamente minoritaria, peraltro (quanta gente ha mai visto piu di un paio di volte un dvd in suo possesso ?
Se compro un libro lo compro per quello che c’è scritto dentro, e solo in seconda istanza sto a guardare la qualità della carta o della rilegatura.
Sono le informazioni contenute che danno il valore, e (pensa ad un giallo) nel momento in cui io conosco già la storia queste informazioni hanno un valore nettamente inferiore, se non prossime allo zero.
Ma almeno il libro è comunque un prodotto, costa trasportarlo, costa produrlo costa tenerlo fermo in magazzino, coi dvd queste cose sono ridotte al minimo, con la fruizione online, allo zero
Concordo al 100% con la tua analisi. Ho sostenuto anch’io la stessa tesi nell’articolo di Cesare sul TCPA. In una situazione in cui, una parte e’ in grado di condizionare totalmente e arbitrariamente le leggi di uno stato, che sono l’unica reale difesa del cittadino, aspettarsi che un mezzo di protezione venga usato eticamente ed esclusivamente per ottenere la giusta remunerazione e’ piuttosto difficile da credere per me.
Hai citato giustamente la contrapposizione di leggi relative alla copia privata, ma si potrebbe citare anche il caso della legge sull’equo compenso su qualsiasi supporto di memorizzazione.
Sono tutti esempi e segnali di come sia impari il rapporto di forza tra aziende/governi-lobbisti e consumatori.
L’equilibrio tra le parti e’ difficilissimo da raggiungere, ma senza potersi sedere ad un tavolo, TUTTI non solo governo, providers e SIAE, e senza disporre del medesimo potere contrattuale e’ davvero solo un’utopia.
il sistema attuale ormai è insostenibile.. secondo me è a un passo dall’implosione.. ma spero che il botto non sia troppo doloroso per una o entrambe le parti.
The Solutor
il “CD contenente musica” è, checchè se ne dica, un oggetto fisico, anche se dai costi vivi di produzione (materia prima, ecc) ridotti ( non tenendo conto di tutto quello che c’è dietro comunque), è un prodotto industriale a tutti gli effetti
d’ altra parte, non devi fare l’ errore di pensare che un file da scaricare da un sito non costi nulla – la banda, costa ( e parecchio, soprattutto i bi8ndle da 100 mbit usati d), l’ elettricità per i server costa, la manutenzione del sito costa, ecc
Daniele
l’ importante è ricordarsene sempre, compreso quando si fa di propria iniziativa qualcosa per conto di altri, e non solo quando fa comodo…
no.
il fatto che con gli scenari aperti le nuove tecnologie il diritto d’ autore classico sia inadeguato è noto e sviscerato da tempo (ho delle dispense di sistemi informativi e giuritronica scritte negli anni 90 che introducevano la questione in esattamente quei termini già allora), mi rifiuto di credere che in tutto questo tempo non sia per arrivato nemmeno in parte all’ attenzione di coloro che dovrebbero legiferare, con il fior fiore di consulenti (pagati) che ci sono…
d’ altra parte anche volendo adeguare la normativa, si dovrebbe comunque tenere conto dello scenario corrente e delle spiegazioni più plausibili
ora, visto da fuori lo scenario corrente appena precedente l introduzione dell’ equo compenso e delle pene per chi scarica, è uno scenario in cui
da una parte ci sono regolari società che producono e vendono “cose” (mettiamo da parte il fatto che si tratti di musica e film per un attimo)
e dall ‘altra c’è gente che si lamenta delle società e del prezzo di queste cose e si adopera per ottenerne il contenuto per vie traverse e gratuitamente, programmi nati per generica condivisione di file ma usati esclusivamente per ottenere quei contenuti (quindi commetere illeciti), forum ad alta frequentazione dedicati proprio ai programmi in questione e al reperimento di quei contenuti (quindi alla violazione della legge), fonti di certi contenuti in numero enorme ( se non pari alle copie regolarmente vendute )
ora, prospettato uno scenario del genere è molto difficile per chiunque (o meglio, chiunque non faccia parte del pubblico stesso) fare 2 + 2 concludendo che il comportamento del pubblico arreca un danno alle società, e che tra i due, quella con la parte maggiore di colpa è il primo, da cui le seconde fan bene a studiare misure per tutelarsi
ed è molto difficile, qualora si pensi di mettere mano alla normativa sul diritto d’ autore, avere comprensione e condiscendenza per un pubblico che (non tutto, certo… ma purtroppo la parte onesta che per un motivo o per l’altro, finisce per lamentarsi meno, passa inosservata – e l’ impressione è data dalle frange di pirati o “attivisti della condivisione” vocali e molesti) “ai piani alti”, appare uno scroccone capriccioso che non vuole fare il minimo sforzo per entrare a sua volta nell’ ottica dell’ industria della quale fruisce a sbafo…
si è detto che le lobby danneggiano il pubblico dei consumatori – personalmente resto convinto che il pubblico si danneggi da sè
eliminate la pirateria, smettete di usare emule, torrent e rapidshare per scaricare gli ultimi blockbuster movie e le ultime hit di lady gaga, privateli di ogni appiglio che attualmente hanno per dire che le vendite in calo sono conseguenza del download selvaggio, e vedrete che vi verranno incontro con più celerità e adulazione di vodafone verso i clienti non assidui
persistete a voler avere ragione, e otterrete sempre meno…
@j: stessa cosa che dico anch’io da anni….bisogna sabotare le loro vendite…..vuoi vendermi queste bene a questo prezzo? benissimo, te lo tieni
il discorso però non può essere esteso all’informatica, dove vige da 30 anni un monopolio e dove non possiamo, per ovvie ragioni, far a meno del software
Non ridotti, ridicoli rispetto al prezzo del contenuto.
Peraltro non ho mai sentito la Yomo far leva sul costo del vasetto dello yogurt che ti vende, eppure qualcosa costa anch’esso.
La yomo ti vende lo yogurt, e tu paghi quello. E lo paghi senza batter ciglio perche la yomo ha lavorato per produrre ogni singolo millilitro di prodotto, ed ha acquistato materie prime per produrre ogni singolo vasetto.
E contemporaneamente sostiene spese per ricerca e sviluppo come fa qualsiasi azienda chi ti vende SW spende solo per quest’ultima parte.
Ergo, nel caso del dvd, io non vado ad acquistare del policarbonato, io vado ad acquistare windows o avatar, quello è il presunto prodotto.
Ovvio, anche quello costa, ma costa ancora meno del supporto fisico (non fosse così nessuno spingerebbe verso la fruizione online)
Eh…
Rifiutati pure, la logica ti darebbe ragione, ma i fatti temo ti diano torto.
In italia siamo nella arcinota situazione dove si può finire in galera per avere scaricato un mp3 ma nello stesso tempo non ci si finise più per falso in bilancio o per emissione di assegni a vuoto.
In america c’è più consapevolezza, ma questa consapevolezza tira quasi sempre a difendere i diritti delle major a scapito di quelli dei cittadini.
In ogni caso si parla sempre di punire, di scovare i cattivoni che scaricano, ma mai di valutare scenari differenti.
Eh, sai come si suol dire…(edulcoro)
Sono tutti bravi a fare i gay col posteriore altrui…
E’ semplice a dirsi, ma è difficile a farsi, altrimenti basterebbe applicare questo metodo a qualsiasi altra cosa.
L’assicurazione auto è frutto di un cartello? basta andare a piedi.
Il greggio cala, il dollaro pure ma la benzina no ? vedi sopra.
Ormai una larga parte dei beni immateriali di cui si parla qui sono diventati beni di prima necessità, voglio dire si può rinunciare ad avatar, ma difficilmente si può rinunciare a windows, non parliamo poi di settori più specifici, prendi autocad per esempio.
@The Solutor
qualcuno ti obbliga a cambiare versione di autocad ogni anno? mi sembra di no…di windows puoi anke farti rimborsare la licenza
ovvio che la fruizione online fino a un certo punto costa di meno…perchè a fronte dei costi di mantenimento ti da la possibilità di arrivare in tutto il pianeta e a casa di chiunque…cosa che non accade con i supporti fisici…
i cartelli delle assicurazioni e petrolieri…ci sono perchè fa comodo anke allo stato che ci siano…più aumenta la benzina e più soldi intasca lo stato..che infatti non controlla mai chissà perchè
altresì come riportato da alessio nell’articolo…il fatto che acquistando un dvd io acquisto il diritto a usufruire di quel contenuto, dovrebbe portare a modificare la legge che dovrebbe obbligare i produttori di quel contenuto a fornirmi il supporto post vendita..ovvero se mi si deteriora il supporto tu me ne devi fornire un’altro, previa restituzione del deteriorato
il vero problema è che la legislazione è rimasta indietro rispetto al mutamento del mercato…e la corruzione a livello politico fa il resto…basta vedere la legge bondi sull’ennesimo equo compenso pro siae
mi appiglio all’esempio di autocad….
software a mio giudizio inutile e costoso…
autodesk ha fatto di autocad la sua fortuna…
e se penso ad autocad 97 e poi ad autocad 2000 mi vengono i brividi di quanti soldi buttati dalla aziende per tirar giu’ 4 linee in croce…
parliamo di milioni delle vecchie lire…
chissà come autocad pero’ puntalmente si travava in versione usabile senza licenza ossia senza il dongle su porta parallela che io conosco bene perchè interferiva con il plotter…problema risolto nel 2000 con un jet direct hp…
ma chi forniva un versione di autocad perfettamente crackata e funzionante in modo da poter essere utilizzato da tutti?
secondo il mio giudizio la stessa autodesk distribuiva la versione crackata donglefree….perchè era un modo disonesto per allargare il mercato…
una sorta di open source illecito…
adesso torno indietro al primo lightwave per amiga che aveva bisogno del video toaster per essere utilizzato…ossia una scheda da 5000 dollari per utilizzare un software che ne costava 1000….tant’e’ che le versioni 1 e 2 di lightwave erano praticamente sconosciute in europa….in cui si scriveva che il video toaster era il dongle piu’ costoso della storia…
cosa impediva ad autodesk di utilizzare un sistema di protezione legato ad una scheda hardware ad esempio basata sul chip verite..
per l’accellerazione 2d/3d com pan o zoom…
in questo modo semplicemente il software non originale non poteva gestire funzioni elementari come pan o zoom diventando difatto inutilizzabile…
il problema è che le aziende stesse favoriscono il software copiato da una parte e dall’altra si lamentano dei loro “scarsi” profitti non per niente autodesk è diventata una multinazionale… nonostante le mega copie dei loro software diffusi tra i ragazzi di ogni ordine e grado…
e questo che in pratica rende il sistema fallimentare…
ossia le aziende vogliono avere il potere di distribuire software illegalmente copiato ed originale perseguire gli illeciti ed essere responsabili dell’illecito
e qui faccio un esempio con la droga:
è come se da un lato le aziende si lamentassero della diffusione della droga tra i giovani e dall’altro gettassero dagli aerei semi di piante di mariuana per far conoscere queste piante a chiunque…
c’e’ qualcosa che non va in tutto questo…
e la colpa non è di chi copia…..
La questione è un po’ spinosa, ma secondo me la soluzione non è lasciare le aziende senza strumenti di difesa. La questione dei monopoli o dei beni-servizi ormai divenuti essenziali, come giustamente dice The Solutor, è il cardine del discorso. Quando al consumatore viene tolto l’unico potere di cui dispone, cioè la possibilità di scelta, allora è lì che le cose si complicano. mentre per quanto riguarda le opere di intrattenimento, o nei casi in cui esistano delle alternative, beh, chi scarica in quel caso non lo fa di certo per “copia privata” o “necessità”, lo fa per scrocco, allora è giusto intervenire.
Il diritto alla copia privata, ad esempio, potrebbe essere garantito dall’azienda stessa: ti vendo il supporto(non duplicabile) e la possibilità di richiedermi una copia di backup in caso di necessità. Tutto risolto, senza iniqui-compensi o menate varie(sistemi del genere esistono già, soprattutto nel digital delivery).
Ci sono tratti di ragione in entrambe le posizioni, come al solito, a mio avviso, la verità sta nel mezzo.
@Alessio: credo ci sia un errore di fondo nella comprensione del mio articolo. E’ vero che sostengo la necessità di una protezione a tutela del lavoro di chi produce i contenuti, ma questo non significa automaticamente far fuori i diritti dei consumatori.
Per quanto riguarda il diritto alla copia, è previsto dalla legge (per lo meno in Italia) e rimango dell’idea che, come ha detto qui sopra Gurzo, dev’essere garantita nella misura in cui il supporto originale risulti danneggiato.
Le protezioni presenti nei BluRay, ad esempio, non escludono che si possa ottenerne una copia. Semplicemente l’idea comune è che avere una copia di qualcosa equivale a potersela fare in casa, col classico masterizzatore e le campane di supporti vergini. Questo può andare bene se esiste la possibilità di ottenere una copia perfettamente conforme all’originale, ma non sempre è così.
L’importante, quindi, è poter garantire ai consumatori la possibilità di ottenere una copia dell’originale, non dare loro la possibilità di farsene una. Si tratta di un differenza che può sembrare sottile, ma sul piano formale è notevole.
Altra cosa riguardo alle protezioni, è vero che tante volte sono invasive e, quindi, scaricano sulle spalle dei consumatori onesti le colpe dei disonesti. Io non sono a favore di misure di questo genere. Per questo auspico un sistema di DRM “forte”, che tuteli il diritto dei produttori a vedersi riconosciuto un emolumento e minimizzi o, addirittura, riduca a zero i fastidi.
Il problema, però, è che questo tipo di strumenti viene visto come il fumo negli occhi e si tirano in ballo presunte violazioni delle libertà individuali. Che poi, è inutile nasconderlo, l’unica è quella di poter scroccare. Addirittura ho letto di gente che invoca la libertà di poter sbagliare… che si commenta da sé, perché nessuna persona dotata di buon senso farebbe a meno di un antifurto solo per garantire ai ladri il diritto di poter rubare la propria automobile.
Dunque ben venga l’opera di un ente terzo a tutela di ambo le parti, se le azioni sono volte a tutelare i diritti di chi produce e di chi acquista regolarmente.
Ultima nota riguardo al software “necessario”. Questo esiste da quando esiste il concetto stesso di software. E’ ovvio che il produttore sceglierà la piattaforma per lui più conveniente. Che per la seconda metà degli anni ’70 era rappresentata dall’Apple II, nella prima metà degli ’80 dal Commodore 64, nella seconda metà dagli Amiga, ecc. ecc. E nessuno, ai tempi, si sognava né tanto meno pretendeva di far girare Bruce Lee per Commodore 64 sullo ZX Spectrum: chi lo voleva doveva obbligatoriamente comprare il computer di Jack Tramiel anziché quello di Sir Clive Sinclair…
Per quanto mi riguarda l’unico punto fermo dovrebbe essere rappresentato dall’adozione, da parte degli enti pubblici, di standard, industriali o ufficiali, ma che siano aperti. Quindi la cui documentazione sia disponibile e possa mettere in grado chiunque di poter realizzare un software in grado di essergli perfettamente compliant.
@Daniele: sarà “infantile”, ma i soldi per produrre quei beni non li tira fuori Madre Teresa, ma dei privati. Inoltre non sei obbligato a comprare: non si tratta di generi di prima necessità, come già detto. Il mercato farà il resto.
@Nat: io aspetto ancora degli esempi concreti per cui un’azienda dovrebbe mirare a chissà quali loschi piani anziché tutelarsi dall’uso dei propri prodotti da parte di gente che non ne abbia acquistato regolare licenza. Finora tutte le misure sono state volte su quest’ultima direzione.
@homero: anche se fosse? AutoCAD ha permesso a geometri e ingegneri di abbattere enormemente sia i tempi di realizzazione che di consegna dei progetti, oltre che degli errori. Oltre a ciò ha favorito l’esplosione di programmi annessi per il calcolo di strutture, estimo, e così via. E scusa se è poco…
Infine, le tue tesi sui produttori che addirittura metterebbero in circolazione delle copie sono del tutto prive di fondamento.
@ Cesare
Forse ho frainteso ma dal tuo pezzo mi è sembrato tu facessi riferimento alla necessità di negoziazione fra consumatori e detentori di diritti, laddove i primi sono dei singoli senza alcun potere – se non, come ricordi, quello di non acquistare, ove possibile – e le seconde hanno potere diretto nella fissazione dei prezzi e nella eventuale detenzione di posizioni dominanti, e indiretto nelle attività di lobbying che li portano spesso a scrivere di proprio pugno intere proposte di legge discusse in parlamento, complice un conflitto d’interesse sistematico – non dimentichiamoci la “rappresentanza istituzionale” delle maggiori aziende operanti nella distribuzione audiovisiva nazionale.
Lo squilibrio e palese e, quale che sia il sistema migliore per garantire la copia privata, ad oggi questo diritto sostanzialmente non sussiste, essendo ostacolato da una legislazione contradditoria e una giurisprudenza conseguentemente confusionale.
In questo ambito – con furbi e organizzazioni criminali che continuano a infischiarsene del DRM – fissare delle misure draconiane va a solo ed esclusivo scapito dei consumatori onesti, nella totale incertezza del diritto. Non si tratta delle premesse migliori su cui poggiare un inasprimento delle misure di protezione dei diritti d’autore.
BTW le famose “campane”, assieme a qualunque supporto vergine magnetico, sono tassate alla fonte. Chi compensa questa tassa? Quale diritto implica questa tassa per il consumatore, che puoi non ci si può nemmeno riversare la copia di sicurezza di un’opera che ha acquistato?
@Cesare:
apprezzo il tuo tentativo di far ragionare le persone…purtroppo ti devo avvertire che in realtà l’unica cosa che importa al 95% delle persone che intervengono qui è difendere un non ben identificato diritto ad avere tutto gratis. Personalmente ritengo che chi produce abbia tutto il diritto di mettere in vendita, nel rispetto delle leggi vigenti, i propri lavori alle condizioni che ritiene più giuste e parimenti deve avere tutta la collaborazione possibile da parte di tutti gli attori (ISP, gestori di piattaforme P2P etc etc) per vedere riconosciuti i propri diritti…quindi ben vengano leggi che regolamentino i limiti entro i quali un produttore può commercializzare un prodotto (che alla fine è quello che chiede l’autore del post) però parimenti tolleranza zero verso chi non rispetta il lavoro di un’azienda che ha operato nel rigoroso rispetto del quadro normativo. Personalmente sono stufo di dover condividere la banda con una massa di sanguisughe che sta 24/7/365 attacato ad emule et similia e di dover pagare sottoforma di balzelli a mo’ di preventivo risarcimento per il comportamento di una massa più o meno estesa di “furbi”: sono d’accordo, voglio regole, ma NON a senso unico.
Per quanto mi riguarda mi sentirò tutelato solo quando vedrò che chi si comporta male (da un parte e dall’altra) viene punito. Allargargare infatti solo il campo d’azione delle tutele per il consumatore senza distingure tra acquirente e scroccone/ladro è alla fine dei conti controproducente per il consumatore onesto che si ritroverà sempre a pagare un prezzo giustificabile dal paravento della pirateria.
Magari sarò impopolare ma a parere mio,se si vuole ottenere la libertà vera del consumatore, il sacrosanto appello alla creazione di un’autorità terza a garanzia di un corpus di interessi legittimi dei consumatori non può essere disgiunto dall’auspicio che venga approntato un sistema che davvero consenta alle aziende di tutelarsi in ogni grado e con la massima celerità verso chi si comporta male.
@ Cesare
Dopodiché la demonizzazione del DRM, come molti processi sommari di massa, ha poco di razionale e molto di emotivo. Rappresenta tuttavia la conseguenza di un confronto che, anche dall’altro lato della barricata non è sereno e, anche dall’altro lato della barricata è giocato spesso con colpi bassi – il ricorso sistematico al lobbying e i conflitti di interessi di cui sopra per esempio.
Ripeto: il problema è nel clima, se da un lato c’è chi vede nei suoi clienti dei potenziali truffatori i cui diritti limitare con tutti i mezzi possibili, e dall’altro c’è chi ne fa una questione ideologica, ha poco senso domandarsi se sia nato prima l’uovo o la gallina. I due atteggiamenti sono interrelati e tanto basta per capire che senza imporre condizioni chiare ed eque per tutte le parti in causa non si va da nessuna parte.
@ Lorenzo
Se avessi letto i commenti non ti saresti sbilanciato in queste percentuali. Aggiungo che certe frasi non aiutano certo lo scambio di opinioni. Sentiti libero di esprimere la tua opinione ma non commettere l’errore di minimizzare quella altrui.
@Alessio: il tema dell’articolo era la tutela dei beni immateriali, per cui è chiaro che la prospettiva era quella. Ma non escludeva a priori la presenza dei diritti dei consumatori che vanno anch’essi tutelati, come quello della copia appunto.
Di questo trovi traccia nei commenti che ho scritto anche nell’articolo sul TCPA, a seguito di alcuni interventi dei lettori.
Semplicemente non era l’argomento dei due articoli.
Anche per quanto riguarda le porcate derivanti dalle pressioni sui legislatori, ho espresso il mio parare contrario (anche sull’equo compenso), con l’osservazione, però, che questi atti derivano dalla mancanza di adeguate tutele dalle copie illegali.
Quindi, ricapitolando, è vero che vorrei che le aziende potessero decidere prezzi e modalità di fruizione dei propri contenuti, lasciando che sia il mercato e le scelte dei consumatori ad arrivare a giusti compromessi fra le parti, ma questo senza annullare i diritti fondamentali dei consumatori, fra cui quello sacrosanto della copia (in sostituzione dell’originale difettoso). Tutto qui.
Infine sui DRM “draconiani”, anche questi ricadono nella mancanza di adeguate tutele per i produttori. Non li giustifico, e auspico dei DRM forti, ma molto meno (o per nulla) invasivi.
@Lorenzo: hai centrato i termini della questione.
@Alessio: nulla da dire sugli atteggiamenti (negativi) reciproci delle parti, ma da questo scenario si possono e si dovrebbero togliere di mezzo gli scrocconi, che non hanno alcun titolo.
Comunque è un problema che non avrà mai fine se non ci sarà uno strumento utile per i produttori, e coi consumatori (ma soprattutto quelli che NON lo sono) che osteggeranno sempre i DRM forti vedendoli come un attacco alla propria libertà.
A mio avviso i DRM forti rappresentano la soluzione a questo scenario, e dovrebbero essere auspicati anche dai consumatori. Quindi solo da chi paga. Perché in questo modo loro potrebbero fruire in maniera non invasiva del prodotto che hanno regolarmente acquistato, senza soluzioni alla Assassin Creed II, per intenderci.
A rimetterci sarebbero soltanto gli scrocconi, ma della loro presunta libertà (di delinquere) dovremmo essere tutti d’accordo che se ne può fare tranquillamente a meno.
@ Cesare
Certo ma la tutela dei diritti di chi produce beni immateriali e il diritto del consumatore sono due lati della stessa medaglia. Lo credo che non escludi a priori la presenza dei diritti dei consumatori! :-D
Il problema di base, rispetto alla tua impostazione “dualistica” consumatore VS produttore, è che nessuno si può fare “giustizia” da solo. Né chi pretende di risolvere il problema con prodotti contraffatti, né chi ti mette un rootkit sul CD originale da te pagato. La composizione degli interessi di parte è impossibile in assenza di un diritto univoco e una giurisprudenza conseguente che delimiti diritti e doveri di ogni parte in causa.
Ma siamo nel paese delle scorciatoie. La “pirateria” è una scorciatoia. La spinta lobbistica di provvedimenti restrittivi dei diritti sanciti dall’acquisto (a parità di esborso) ne è un’altra. Fino a quando l’una e l’altra assieme tengono in piedi il carrozzone chi ci rimette? Tutti gli onesti, sviluppatori troppo piccoli per farsi rappresentare in parlamento e consumatori che non prendono in considerazione la contraffazione.
@ Cesare #25
A proposito di scrocconi, una qualsivoglia azienda che, attraverso una posizione dominante o aderenze col mondo dei decisori politici, favorisce il suo prodotto e/o limita la concorrenza assicurandosi una posizione di libertà sui prezzi, non ricade a sua volta nella categoria dei parassiti?
BTW spero non mi si voglia far ricadere nel “95%” che difenderebbe il “tutto gratis”. In generale credo si tratti di una lettura molto superficiale della questione, in particolare mi sono già espresso in merito (qui e in un altra dozzina di pezzi): http://www.appuntidigitali.it/4085/il-tutto-gratis-al-capolinea/
@Alessio #26: infatti non sono né per l’uno né per l’altro. Ma di certo la colpa maggiore in tutto ciò ce l’hanno gli scrocconi, che hanno creato la situazione che si trascina finora e che arreca danno anche ai consumatori onesti.
La soluzione, come ho già detto, è un DRM forte. Ma dovrebbero essere in due a volerlo: oltre i produttori, anche i consumatori che acquistano regolare licenza dei prodotti dei primi.
@Alessio #27: la posizione dominante di per sé non l’ho mai ritenuta un problema.
Lo è se l’azienda la sfrutta per pratiche di concorrenza sleale (come, ad esempio, imposizione di esclusive), e in tal caso andiamo ben oltre il parassitaggio / assistenzialismo, per cui auspico delle durissime sanzioni.
@Alessio:
non credo che dal mio intervento traspaia alcun commento negativo nei confronti del tuo pezzo…se leggi bene l’unico accenno che ho fatto all’autore riguarda una sostanziale condivisione circa l’esigenza di individuare un soggetto in grado di fare da garante dei diritti dei consumatori. Mi sono permesso poi di aggiungere che non è sufficiente a parer mio limitarsi a considerare i diritti dei consumatori se non si distingue tra consumatori onesti e scrocconi ed in quest’ottica mi sono limitato a far riflettere sul fatto che non esiste altra strada per liberare davvero gli onesti che non trovare un modo per inchiodare i produttori alle loro responsabilità. Per fare questo però servono leggi che tutelino i produttori in maniera celere ed efficace: solo così si tolgono ai produttori gli alibi che di fatto impediscono alla logica del mercato di esplicare pienamente i suoi effetti…non c’è libero mercato senza legalità ma non la si può pretendere solo da una parte altrimenti è il “debole” (il consumatore onesto) a farne le spese.
Dal mio punto di vista la risposta ad una situazione percepita come anormale (quale è quella dei prezzi in relazione ai diritti che si acquistano) non può essere la connivenza/giustificazione nei confronti di comportamenti che sulla base del quadro normativo vigente sono di fatto antigiuridici: sarebbe come giustificare chi non paga le tasse adducendo la circostanza di una pressione fiscale esagerata o più in generale tollerare un qualsiasi comportamento incivile perchè “tanto fanno tutti così”.
Sotto questa luce io auspico che venga imposta la collaborazione di chi avrebbe il potere di segnalare abusi e, per interessi personali (questi sì di connivenza criminale), si trincera dietro la privacy (citata tra l’altro a sproposito visto che basterebbe andare a riprendersi la definizione di ciò che è tutelato dalle relative leggi per accorgersi che è un modo grossolano per lavarsi le mani da ogni responsabilità).
E’ inutile nascondersi dietro un dito: gli ISP fanno miliardi (di euro) vendendo contratti con cui promettono la libertà di scaricare 24/7/365 e dall’altra parte si fa finta di non sapere quali sarebbero i contenuti che uno dovrebbe voler scaricare…insomma questi fanno miliardi sui contenuti dei publisher (Telecom non fa certo denaro sul portale di alice) ed appena si paventa la possibilità che questi debbano segnalare comportamenti anitigiuridici dei loro abbonati si assiste ad una levata di scudi generalizzata. Da un lato quindi si considerano “cattivi” i publisher e dall’altro si tollera che altri facciano affari su conentuti che non sono loro e questo con l’avallo dell’intellighenzia della rete al grido di “Libertà!”. Uno strano concetto di libertà.
Giova appena ricordare che nel contratto di abbonamento stipulato (anche) da chi si appella al bislacco concetto di libertà di cui sopra si fa espressa menzione dell’obbligo di comportarsi in conformità alle leggi..cosa pleonastica per altro visto che non è un contratto a dirmi che non posso rubare: è la legge cui nessun contratto può derogare a meno che la legge stessa non lo conceda.
@lorenzo
Visto che consideri “strano” il concetto di libertà di qualcuno, perché non estendiamo il tuo concetto di legalità a tutto il resto ?
Potremmo iniziare collegando una scatola nera installata sull’auto alle centrali di polizia, con relativa multa in automatico.
Potremmo continuare eliminando totalmente il denaro contante rendendo tracciabile ogni operazione ed eliminando alla base l’evasione fiscale.
Potremmo continuare con un bel chip rfid installato sottopelle ad ogni singolo cittadino, assicurandoci di potere monitorare ogni illecito o reato, dalla corsa a scrocco sul bus dell’atm all’omicidio.
Ecc… ecc… ecc…
Vivremmo in un mondo perfettino dove nessuno compie delitti o illeciti, ma lasciatelo dire vivremmo in un mondo di merda (perdona il termine ma quanno ce vo, ce vo).
La possibilità di uscire dal seminato, che ti piaccia o meno è una delle cose che ci rende umani, e come avrebbe detto qualcuno, scagli la prima pietra chi in un modo o nell’altro non ha violata o non viola costantemente qualche regola della convivenza civile.
E quando le regole sono completamente fuori misura rispetto alla cosa da regolamentare, non solo non servono a nulla ma finiscono per essere violate sistematicamente e sproporzionatamente.
Esemplare il caso dei limiti di velocità da 50 KMh in posto dove si potrebbero fare i 90 senza problemi.
Il risultato è che una volta che si decide di violarli non ci si limita a fare i 90, tanto si sta violando comunque e fare i 90 o i 140 non fa molta differenza.
@ Cesare Di Mauro #19
Non mirano a loschi piani, mirano a guadagnare di piu’ in ogni modo. Ritieni forse che una legge come quella dell’equo compenso non rappresenti forse un lampante esempio attuale (sottolineo attuale e non ipotetico), di come le lobby puntino ai loro interessi sopra ogni altra cosa, riuscendo a farsi confezionare una legge che di equo non ha proprio nulla?
Esempi concreti di come il TCPA influirebbe in una situazione legislativa sbilanciatissima come questa non ne ho, come potrei, non e’ ancora realta’… ma del resto mi pare che nemmeno tu puoi portarmi esempi concreti di come le aziende userebbero a solo scopo tutelativo questo strumento.
Le mosse delle aziende sono si volte sempre alla tutela del loro lavoro, ma in che modo? E fin dove si sono spinte? Hanno forse coinvolto i consumatori in questo genere di scelte? Hanno forse adottato misure che comportassero una qualche minima rinuncia allo scopo di mediare? A me non pare proprio, mi sembra che abbiano sempre avanzato una politica di guerra a 360 gradi contro i consumatori paganti e non, danneggiando quasi esclusivamente i paganti. Ad esempio cosa impedirebbe di fare cartello e far schizzare in alto i prezzi? Le leggi forse? La concorrenza nel mondo del software? La mobilitazione di massa degli utenti che rinunciano a windows per migrare in massa su sistemi linux?
Lo ribadisco anche qui, non sono contro il TCPA a priori o contro la definizione di regole o sistemi per la tutela della proprieta’ intellettuale, sono solo sospettoso nel pensare ad un mezzo cosi’ potente al servizio di lobby dal potere politico cosi’ grande. Se vedessi delle posizioni piu’ concilianti, la disponibilita’ al dialogo e alla mediazione allora probabilmente sarei meno sospettoso e meno preoccupato, ma per il momento in me prevalgono dubbi e sospetti.
@The Solutor:
Questa è una cosa che auspico non soltanto per combattere l’evasione fiscale (che è una cosa odiosa e costringe a spostare la maggior parte del carico sulle spalle dei dipendenti, che per forza di cose, anche volendo, non potrebbero mai evadere come fanno gli altri), ma anche e soprattutto per la criminalità organizzata.
Sei sicuro che sarebbe così male? :D
Penso che l’uomo ha sempre trovato e sempre troverà cose trasgressive o illegali da fare a fronte di qualunque misura restrittiva gli verrà imposta.
@Nat:
E’ un caso lampante, sì, ma il motivo è sempre lo stesso: i soldi a fronte dell’uso illegale dei loro beni.
Mi sembra evidente da tutte le iniziative intraprese dalle aziende che il loro unico fine è arricchirsi, appunto, facendo pagare i consumatori per l’uso dei loro prodotti.
Questo perché, come dicevo anche prima, non hanno avuto altri mezzi. Con un DRM “forte” il problema non si porrebbe, avendo la quasi assoluta certezza che un loro prodotto viene fruito soltanto a fronte di un esborso economico.
E un DRM forte ridurre al minimo, o a zero, l’invasività di cui ti lamenti.
Dunque dovrebbe essere altamente auspicabile perché risolverebbe i problemi di tutti: dei produttori, che vogliono vedersi pagato il lavoro, e dei consumatori, che non vogliono sperimentare sulla loro pelle sistemi invasivi o leggi porcate come quella dell’equo compenso.
Direi di sì, visto che è uno dei cardini dell’antitrust.
Perché, non c’è?
La massa si mobilita solo se è conveniente. Quando Linux diventerà “indolore” anche per la massa, se ne potrà riparlare, ma finché rimarrà un s.o. per programmatori ed enormemente frammentato rimarrà stabilmente sotto l’1% di share, com’è stato finora.
Ripeto: quelle misure sono nate proprio per ottenere tutele per la fruizione dei loro contenuti. Sono TUTTE misure rivolte in quest’unica direzione.
Un’ottima soluzione è rappresentato da un DRM forte, come dicevo prima, ma viene avversato sulla scorta delle porcate fatte finora, che però servono soltanto per ottenere soldi dai prodotti.
E’ un circolo vizioso da cui non se ne esce più se non si prende coscienza delle motivazioni reali che stanno alla base di certe azioni.
@ solutor.
credo ti sia sfuggito il punto del mio intervento: non sono interessato ad uno stato orwelliano in cui tutti sono spiati (già la situazione attuale è probabilmente esagerata) ma mi limito a rilevare che non si può pretendere legalità a senso unico. Detto questo rilevare in maniera anonima l’attività associata ad un IP è ben diverso da (per esempio) ascoltare le telefonate proprio perchè nel caso delle telefonate PRIMA decidi chi ascoltare (alle volte prima ancora di avere una notizia di reato: cosa per me assurda) e POI ti attrezzi per farlo…nel caso dell’attività di un IP l’associazione con l’identità dell’intercettato può essere fatta successivamente ed è più simile ad un autovelox come concetto: controllo chi passa oltre i limiti e POI controllo il numero di targa per sapere chi presumibilmente guidava.
x cdmauro
non ho detto che il CAD è un’applicazione inutile ho detto che autocad è un’applicazione inutile in quanto costava all’epoca ora non so circa 5 milioni delle vecchie lire a postazione…
con multilicenza versioni lt e quant’altro uno studio tecnico affrontava spese enormi in software che considerati anche i vari corsi dei centri autodesk per il training non te ne uscivi meno di 30 milioni….hardware e plotter escluso…
ti posso assicurare che se non fosse esistito autocad in versione illegale…tutti avrebbero usato altri software CAD che costavano un decimo offrendo prestazioni similari…
ossia da 30 milioni a 3 milioni…
io sarei stato il primo a non volere che girassero copie di autocad illegali….magari!
le piccole aziende produttrici sarebbero diventate grandi eziende produttrici..
comunque autodesk è una pessima azienda produttrice di software…da quando acquisi alias ha migliorato un po’ il suo parco ingegneri…..
un off topic
con il cloud computing (azure pre microsoft) si vuol trasformare il software in servizi…ossia specie microsoft dopo aver propinato msSQL e ASP con windows server a destra e a manca e dopo che windows server ha perso progressivamente quote di mercato cercano di vendere i loro prodotti server come servizi agli utenti…
una marea di marketing inutile…
Quando acquisto un software, io pago la licenza per utilizzare quel software, non il supporto fisico. Solitamente mi viene consegnato un codice seriale che posso usare per attivare la mia versione del software. I bit del software poi li posso recuperare in vari modi, in alcuni casi lo scaricherò dal sito del produttore, in altri lo comprerò in un negozio.
Se ho comprato in negozio il supporto fisico e dopo un po’ questo supporto si deteriora, potrò comunque procurarmi una copia del CD ed inserendo il mio seriale durante l’installazione starò di fatto usando la mia licenza e quindi il tutto sarà perfettamente legale.
Si potrebbe estendere lo stesso concetto anche ai contenuti audiovisivi?
Abbinare ad ogni cliente un codice seriale che gli da diritto a fruire di quell’opera.
Supponiamo di comprare il DVD.
Pago una certa cifra, ricevo il supporto ed anche il seriale.
Il supporto si deteriora. Posso dare due cose: scaricare il file del film da internet gratis inserendo il mio codice seriale oppure ricomprare il DVD pagando meno della prima volta perché pagherei solo il supporto, visto che la lincenza l’ho già pagata.
Il seriale, poi, potrebbe anche darmi diritto, ad esempio, a scaricare una copia digitale dello stesso prodotto da usare in un disposito mobile.
Se invece compro il film in formato digitale su internet pago solo la licenza, quindi un prezzo inferiore rispetto al DVD e poi valgono le stesse considerazioni di prima.
Secondo voi sarebbe applicabile una cosa di questo tipo?
Ovviamente andrebbe trovato un modo per far si che il seriale non ‘passi di mano’ e questo non so se sarebbe fattibile.
@stefano
questa e’ una cosa assolutamente sensata ed è, probabilmente l’unica via possibile per rispondere a quanto esposto nel post #3.
Qualcosa però mi dice che non sarà mai presa in considerazione.
@lorenzo tu continui a parlare di legalità e legalità vuol dire comportarsi secondo le leggi. Nel nostro caso le leggi sono state scritte in gran parte solo da una delle due parti in campo, per cui nel nostro caso ci ritroviamo nello stesso identico caso in cui un costruttore edile legifera in materia di concessioni edilizie.
Il punto qui NON è fare rispettare la legge, il punto è fare leggi che non contemplino solo gli interessi di una delle parti in causa.
Finché leggi e regolamenti saranno iniqui ci sarà sempre una grossa parte degli interessati dalle stesse disposta a violarle.
Mi trovi d’accordo sulle motivazioni, non sono un dipendente, ma negare che il grosso della fiscalità gravi su di loro sarebbe dire una bugia grossa come una casa.
Ma resto dell’idea che in questo caso basterebbe procedere per via indiretta, semplicemente facendo scaricare le spese anche ai privati, piuttosto che togliere un’altra libertà in nome della equità fiscale.
Assolutamente.
Lo sguardo al passato fornitomi dai miei genitori che la dittatura l’hanno provata, e quello al futuro datomi dalla passione per la fantascienza concordano.
@Cesare #19
Continuo a pensare che sia molto infantile. Parlando di cose che gli utenti di HwUpgarde conoscono, se fosse come dici tu potrei mettere in vendita sul mercatino del forum la mia GTX260 a 500€. E’ mia, l’ho pagata io (e non Madre Teresa). Siccome il prezzo è spropositato “il mercato farà il resto”. Eppure non posso farlo. Perchè ci sono delle regole. Regole imposte per consentire il corretto funzionamento del mercatino e tutelare specialmente i soggetti disinformati, i più deboli. E allo stesso modo servono delle regole nel mercato globale. Ripeto che IMHO siamo tutti “il soggetto debole” al confronto con le major, e abbiamo bisogno che i nostri diritti siano tutelati, perchè il mercato da solo non è in grado di farlo.
Da come la mettono certi utenti sembra che chi vende possa stabilire tutte le condizioni che vuole. Sembra che uno possa decidere di vendere solo a chi ha la pelle bianca, perchè il prodotto è suo e lo vende a chi vuole lui e alle sue condizioni. Un’azienda del genere non andrebbe in bancarotta ma anzi avrebbe un sacco di ammiratori, per lo meno qui al Nord. Quindi il mercato non farebbe un bel niente per impedire un’ingiustizia del genere(e di ingiustizia si tratterebbe anche se il bene non fosse di prima necessità). Mi sembra lapalissiano che le cose non possono funzionare in questo modo. Questo intendevo con idea infantile e superata nel 2010.
PS: Che la pirateria sia un gravissimo problema da arginare sono d’accordo, ma se le contromisure finora adottate hanno solo danneggiato chi, come me, è un acquirente onesto, significa che è ora di cambiare rotta, non credi?
PPS: Temo di essere andato un po’ OT, ma ci tenevo a precisare che non è vero che chi vende può fare tutto a suo piacimento perchè il prodotto è suo e i costi per produrlo li ha pagati lui.
@Daniele:
perdonami ma l’iperbole voluta per il tuo esempio di fatto lo rende bislacco: in relazione a certi aspetti direi che esistono già ora delle leggi che limitano la libertà del produttore in ordine alle modalità di commercializzazione di un prodotto(o di una licenza d’uso). E’ piuttosto agevole rilevare che ad esempio esitono leggi antidiscrimatorie che impediscono il concretarsi dell’ipotesi che hai prospettato: va bene cercare l’esagerazione però non credo che fai un servizio alla tua causa citando casi la cui voluta esagerazione si scontra con la possibilità reale del loro verificarsi.
Insomma da un lato hai ragione a chiedere leggi scritte anche nell’interesse del consumatore onesto …dall’altro, ripeto, che il consumatore onesto è tutelato anche da leggi che mettano con le spalle al muro gli scrocconi perchè questo è di fatto l’unico metodo per liberare il campo dal ricatto del “danno da pirateria” che si traduce in giustificazione per prezzi oggettivamente alti.
In altri termini il diritto alla copia privata o altri interventi legislativi posti a tutela del consumatore sono sicuramente auspicabili ma da soli non sono efficaci per discernere il consumatore onesto da quello ladro/disonesto/furbo e per raggiungere questo risultato concorrono (secondo me in maniera determinante) interventi legislatvi sicuramente posti a primaria tutela dei produttori ma che in realtà esplicano effewtti positivi anche sui consumatori.
Insomma, non so te ma io mi sento danneggiato sia dai “furbi” che dalle aziende disoneste ed onestamente non sono interessato a stabilire chi sia più responsabile…mi preme di più agire per fare sì che nè gli uni nè gli altri possano arrecarmi danno.
@Cesare di Mauro #33
Direi che non se ne esce da questa discussione… io vorrei puntare l’attenzione su un potenziale rischio, alla luce dello strapotere delle lobby, tu invece ritieni che sia impensabile che abusino di un DRM forte per lucrare oltre il dovuto.
Non credo di poter aggiungere altro, per come la vedo io chi ha il potere di creare leggi inique a proprio unico vantaggio e ha come unico scopo il guadagno (che di per se e’ lecito) difficilmente metterebbe un limite ai propri mezzi per lucrare.
Anche giustificare la manipolazione della legge a scopo di estorsione con la scusa della tutela dei propri diritti non mi sembra molto corretto. Se subisco un torto non sono certo giustificato a abusare di chiunque mi capiti a tiro per rifarmi; il fatto di comportarmi in questo modo mi definisce come un individuo inaffidabile e pericoloso e tale e’ il mio giudizio anche nei confronti delle lobby.
@ Lorenzo
Secondo me partire dallo “scroccone” per motivare una restrizione del DRM è molto fuorviante, tanto quanto lo è partire dall’azienda furba o collusa per motivare lo “scrocco”.
I risultati di questa logica li vediamo già tutti i giorni, con le conseguenze del DRM che si riversano solo su coloro che non possono/vogliono evitarle (come le tasse sui redditi da lavoro dipendente), e i danni della pirateria che colpiscono i produttori più piccoli.
Nell’incertezza del diritto rimangono a galla solo i furbi, dall’una e dall’altra parte. Ma dal punto di vista di un legislatore “scrocconi” e furbi a vario titolo, sono un effetto collaterale di una legge imperfetta.
È per questo che, senza l’intervento di un legislatore e una chiarificazione dei diritti e doveri di ognuno, agire su una sola leva non può risolvere il problema, se non al prezzo di crearne un altro uguale e contrario.
Adesso la domanda è: chi ha tutto l’interesse a chiarire diritti e doveri di ogni parte in causa? A chi sceglie la via della contraffazione, o a chi gioca le sorti del proprio business “all’italiana” invece che sul mercato, la situazione sta certo bene come sta.
@ alessio:
al di là del fumus dialettico dei 2 primi capoversi quando poi scrivi “Nell’incertezza del diritto rimangono a galla solo i furbi, dall’una e dall’altra parte.” non dici nulla che contrasti con quanto dico anche io…solo, rilevo, che da un lato ammetti l’esistenza di furbi dall’una e dall’altra parte e dall’altra non riesci ad individuare altro nemico che non siano i DRM. Io mi limito a suggerire che un sistema nomativo compiuto in materia che voglia davvero proteggere gli onesti non può farlo senza punire nel contempo oltre ai comportamenti scorretti dei publisher anche gli scrocconi (che poi sono solo la punta visibile di un iceberg di interessi che non è più piccolo di quello dei produttori).
Ammettedno che la tua visione pessimistica sia vera e che le leggi siano fatte nell’interesse dei gruppi di potere sei sicuro che nessun gruppo di potere di fatto non spinga nella stessa direzione dei finti difensori della libertà (finti difensori ma veri ladri)? Gli ISP secondo te non sono interessati all’impunità di tutti i loro clienti indipendentemente dai loro comportamenti? sei davvero sicuro che gli ISP rappresentino una lobby meno potente dei produttori di contenuti multimediali? quando ti domandi chi ha interesse a chiarire diritti e doveri sottintendendo che lo stato corrotto dai gruppi di potere si schiererebbe automaticamnte alla parte dei publisher credi davvero a quello che scrivi? Parli di gestione di business all’italiana e non vuoi parlare degli interessi di telecom a piazzare milioni di linee ADSL e dell’interesse di telecom a che milioni di potenziali contraenti siano tranquillizzati circa l’eventualià nessuno potrebbe mai ficcare il naso su comportamenti antigiuridici che dovessero mettere in atto?
@ lorenzo
Bollare le posizioni del tuo interlocutore come “fumus dialettico” non mi pare la miglior premessa per un confronto. Detto questo, la tua visione sul responsabilizzare gli ISP, richiama la logica dell’equo compenso (se cambi la parola “ISP” con quella “produttori di CD vergine” o “produttori di hardware per la copia” il senso del tuo discorso non cambia).
Rimane il fatto che si tratterebbe di una misura approssimativa (come l’equo compenso arricchirebbe qualcuno senza che corrisponda a ciò alcun diritto aggiuntivo per l’utenza) e che la causalità fra “arricchimento degli ISP” e “pirateria”, prima di mettere mano a una legge, andrebbe magari dimostrata.
Anche una volta dimostrata, bisognerebbe procedere coi piedi di piombo – sempre che la libertà della rete interessi – altrimenti a qualche solone potrebbe venire in mente di stabilire un eguale parallelo fra pedofilia, terrorismo, criminalità organizzata, e Internet, ovverosia abbattere la differenza fra strumento ed uso che se ne fa, per entrare prepotentemente in territorio “cinese”. Peraltro i temi citati mi paiono a prescindere di gran lunga più rilevanti del diritto d’autore.
Ciò premesso io non sono sfavorevole a una “tassa su Internet” sul modello dell’equo compenso, ma andrebbe capito innanzitutto a compenso di quale diritto per l’utente (se pagano pagano tutti, buoni e cattivi) e a riparazione di quale danno (non certo quelli derivanti dall’incompetenza manageriale delle major musicali di fronte al digitale, tanto per dirne una).
Insomma, collegare due puntini è facile, anche troppo. Guardando le cose un po’ più da vicino saltano fuori tanti problemi, che forse non rientrano pienamente nell’etichetta “fumus dialettico”.
Che nell’utenza si sia radicata l’abitudine a ritenere il canone d’accesso ad Internet sufficiente a compensare tutto quel che Internet contiene è un gravissimo dato di fatto. Che il tutto gratis sia una cancrena – coltivata in lunghi anni da molti dei protagonisti imprenditoriali della rete – è pure vero, e sta erodendo la nostra cultura nel suo insieme, prima che gli interessi di questa o quella parte. Che la soluzione sia a portata di mano è a dir poco una pia illusione.
Sono le stesse cose che ho scritto, con maggior dettaglio, qui: http://www.appuntidigitali.it/4085/il-tutto-gratis-al-capolinea/
@ alessio:
credo che non ci siamo capiti… Io non ho mai paventato una tassa sull’uso di internet a mo’ di equo compesno…è la cosa più distante dal mio pensiero che si possa concepire: io non voglio pagare nemmeno un euro di più rispetto a quello che faccio.
La responsabilizzazione dell’ISP si chiama:
1)se ho le prove che IP di utenti che risultano tuoi abbonati mi danneggiano e provo che non sei riuscito ad adottare le ragionevoli cautele la tua posizione ti avrebbe consentito per impedirlo ti ritengo responsabile e ti faccio causa per i danni provocati…se poi vuoi ti rifai sul tuo cliente che non voglio sapere nemmeno come si chiama (la sua privacy rimane sacra ed inviolabile).
2)se tu ISP dimostri di aver adottato le cautele del caso non ti metti di traverso per ostacolare l’accertamento dei fatti e ti impegni a fornire piena collaborazione alle autorità per le indagini che dovesso partire a seguito di una denuncia.
questo vuol dire responsabilizzare gli ISP…l’equo compenso è punire gli onesti e non responsabilizza una beneamata cippa.
@ Lorenzo
La responsabilizzazione degli ISP è quella che definivo prima una mossa “cinese”, per motivazioni che mi sembrano abbastanza palesi. Era meglio l’equo compenso… :-D
perchè cinese? è forse cinese la polizia che pattuglia le strade? è cinese un autovelox? stiamo parlando di dati anonimi (quale appunto un l’attività di un IP)…le tue abitudini di navigazione rimangono segrete nella stessa misura in cui possono esserlo già adesso (nessuno al di fuori dell’ISP potrà mai collegare IP a persona tiolare del contratto mentre un gran numero di individui può avere accesso ai dati sugli IP dal gestore di un sito, al motore di riecrca al tizio che fornisce un proxy etc etc) ma se condividi materiale protetto da copyright il produttore può chiedere all’ISP di prendere provvedimenti e/o sporgere denuncia sicuro che l’ISP farà il suo dovere e renderà diponibile alle autorità tutte le informazioni che dovessero rendersi necessarie e tutto il supproto tecnoilogico di cui è capace. E’ forse reato chiamare la polizia per difendere i propri interessi usando dati che in sè sono liberamente diponibili (l’ip di un sito e/o di un tizio che sta condividendo materiale)? E’ reato richiedere l’intervento della polizia quando sotto casa tua della gente sta spacciando droga? non so chi sono (esattamente come con l’IP) ma vedo cosa stanno facendo e ho tutto il diritto di tutelarmi: non c’è nulla di cinese.
@ lorenzo
Il metodo è “cinese” perché, nel momento in cui si responsabilizza il “tubo” per i dati che trasporta, si abbatte il principio del “safe harbor”, colonna portante della libertà della rete.
Per ulteriori informazioni: http://en.wikipedia.org/wiki/Safe_harbor#Commerce
Si tratta peraltro di disposizioni, quelle a tutela degli ISP, garantite dal criticatissimo DMCA.
citi a sproposito: quello che la legge tutela è appunto la buona fede (l’uso della normale diligenza). Trattandosi però di materia contrattuale il concetto di buona fede non si può limitare a al normale affidamento del buon padre di famiglia ma si estende normalmente alla diligenza del professionista: come ho scritto devi dimostrare di aver adottato le precauzioni che er ragionevole (da un professionista) richiedre.
@ lorenzo
Cito a sproposito? Ti bastava leggere il documento linkato per capire che avresti potuto meglio spendere la tua verve:
* The Digital Millennium Copyright Act has notable safe-harbor provisions which protect Internet service providers from the consequences of their users’ actions (Similarly the EU directive on electronic commerce provides a similar provision of “mere conduit” which while not exactly the same, serves much the same function as the DMCA safe harbour in this instance).
L’ISP, secondo il DMCA, non deve dimostrare di avere messo in atto misure restrittive di alcun genere, nella misura in cui non ha, né può venirgli imposto, alcun controllo qualitativo sul traffico che ospita. Diversamente si ricade nel citato modello cinese.
Detto ciò vorrei segnalarti che anche Youtube, un soggetto molto più “attivo” rispetto ai contenuti di quando non lo sia un ISP, l’ha scampata dalla causa Viacom ottenendo la protezione del DMCA.
In Europa la regolamentazione è simile ed è disciplinata dal principio di “mere conduit”.
Quanto detto risponde al punto 2) del tuo commento #46. Venendo al punto 1) affermi: “se ho le prove”. Nulla da dire su questo, fermo restando che poi devi spiegare all’autorità in che modo ti sei procurato quelle prove.
ho letto ma evidentemente non l’hai fatto tu: “A safe harbor is a provision of a statute or a regulation that reduces or eliminates a party’s liability under the law, on the condition that the party performed its actions in good faith. ”
dalla dimostrazione della buona fede non si può prescindere e non ho letto il DMCA punto per punto ma stando alla definzione dei safe harbour che mi hai linkato (e che di fatto trova sponda nei concetti di buona fede, diligenza ed affidamento accolti dal nostro diritto) la “scarico di responsabilità” non è senza condizioni.
@ lorenzo
Quella è la definizione generale. La definizione particolare è quella che ho citato. Passo e chiudo.
“Il problema DRM-non DRM ha origini connaturate nello strumento: un’autovettura o qualunque bene materiale, non si può duplicare per uso privato. Un’autovettura rappresenta un bene in sé concluso, la giustificazione di quel che viene pagato corrisponde con l’oggetto fisico che un bel giorno finisce parcheggiato sotto casa.”
Pienamente d’accordo. Tuttavia se io compro un’auto ho il diritto ad avere una garanzia, ossia se l’auto ha difetti tali che le sue parti si deteriorano prematuramente mi viene eseguita la riparazione/sostituzione senza alcun aggravio economico da parte mia. Ad esempio sulle parti meccaniche ci sono 1 o 2 anni, sulla carrozzeria e sulla verniciatura 10 anni ecc… ecc…
Invece se compro un CD/DVD e questo si graffia a tal punto da essere illeggibile dopo 2 mesi… ciccia! Eh no!
Che i supporti digitali non siano eterni, anche se di ottima qualità, è risaputo. Esistono varie cause che possono determinare un malfunzionamento, e molte volte non è possibile per l’utente prevenirle.
Quindi, o si garantisce un periodo entro il quale si dà una VERA e PRATICA possibilità di ottenere a costo zero un CD\DVD nuovo, oppure si dà la possibilità di eseguire 1 o più copie del prodotto, anche per togliere la grana della sostituzione e di tutto il supporto logistico legato a questa.
Mi sembra equo, no?
O forse il mondo dell’informatica è ancora troppo giovane per fare proprie le formule di garanzia del consumatore che sono già attive da anni in altri settori commerciali? ;-)
@homero:
Ma il punto è un altro. Come dicevo prima, è vero o non è vero che AutoCAD ha fatto risparmiare montagne di denaro e tempo ai geometri e ingegneri che lo usavano?
Sì, ma non puoi affermare che le copie le facevano circolare le stesse software house: non hai alcuna prova, ed è la classica leggenda metropolitana che circola nell’ambiente.
Microsoft è l’ultima arrivata nel cloud computing. Non credeva in questo strumento, ma realtà come Google e Amazon ne hanno dimostrato le potenzialità, ed è stata costretta ad allinearsi, per non perdere mercato.
@Stefano:
E’ fattibile sfruttando tecnologie come il TCPA.
In questo caso non ti serve neppure un seriale, perché il prodotto verrà protetto utilizzando la tua chiave personale (e, quindi, unica), per cui risulterà fruibile soltanto da te, e potresti duplicarlo all’infinito (quindi nessun problema per effettuare la copia di riserva).
@The Solutor:
La vedo dura, coi gioiellieri che dichiarano meno di 10 mila euro all’anno…
@Daniele:
Non ho mai preteso che i diritti dei produttori travalicassero le leggi e i diritti dei consumatori. Di questo ne puoi trovare traccia nei miei commenti precedenti (anche di altri articoli).
Ricorro a un’iperbole per chiarire oltre ogni ragionevole dubbio. Se un’azienda producesse un software che nell’EULA prevedesse che l’utente divenisse un suo schiavo, dovrebbe esser bandita dall’universo conosciuto e non.
D’accordissimo. Per questo auspico un DRM forte e scarsamente o per nulla invasivo per il legittimo acquirente.
Ma io non ho mai detto che le aziende hanno la patente anche dell’illegalità per il solo fatto che siano loro i produttori.
@Nat:
Finora, come ho già detto e come puoi tu stesso appurare, le leggi inique sono unicamente rivolte a bloccare gli scrocconi e, quindi, a ottenere un riscontro economico a fronte della fruizione di un prodotto.
Se non prendiamo atto di questo (che poi è la realtà dei fatti), davvero non ne usciremo più.
Sì, ma inaffidabile per cosa? Per quale motivo? La risposta a queste domande è la chiave di lettura di queste porcate.
Come ho già detto, non vedo cos’altro potrebbero desiderare le major se non incassare i soldi che gli spettano. E per i quali si sono comportate anche male.
Perché, tanto per dirne una, l’equo compenso non avrebbe alcun senso se le major avessero la garanzia che nessuno potrebbe scroccare i loro prodotti. Nemmeno ci penserebbero a leggi come queste.
Ma ipotizzare ALTRI scenari apocalittici e liberticidi equivale a fare il classico passo più lungo della gamba.
@Massimiliano:
E se ti dicessi che con un DRM forte tutto ciò sarebbe possibile? Che potresti duplicare all’infinito il prodotto che hai regolarmente acquistato? Che tutto ciò non sarebbe assolutamente invasivo (acquisto e posso immediatamente usufruirne, senza dovermi collegare al server del produttore ogni volta)?
Non potresti, però, copiare a sbafo questi prodotti.
Appoggeresti oppure no uno strumento come questo?
Tutta questa certezza io non ce l’avrei
Autocad è un sw pessimo, con una ui (volutamente) non allineata col resto del mondo, con una curva di apprendimento ripidissima ecc.. ecc… ecc…
Morale, autocad, o lo usi male, e perdi tempo, o spendi in corsi di formazione/ aggiornamento e spendi soldi, o assumi personale gia preparato ad un livello corretto e spendi soldi lo stesso.
Morale, se è vero che grosse realtà ne hanno tratto e ne traggono beneficio, è anche vero che buona parte dei piccoli geometri/ingegneri/architetti avrebbero fatto tanto meglio a comprarsi un tecnigragfo nuovo al posto di buttarsi nel tunnel di autocad.
Penso che i loro conti se li saranno fatti, altrimenti sarebbe stato da idioti buttare via soldi senza ottenere sostanziali vantaggi.
Ovviamente c’è chi li ha fatti e li ha fatti bene.
Però devi tenere presente che nel mondo dei CADdisti c’è uno spirito di emulazione incredibile.
Spesso si compra il plotter Y o la scheda video X o il SW Z semplicemente perché lo studio concorrente ce li ha, più che per esigenze reali.
E spesso ciò accade anche in studi di altissimo livello, semplicemente si tende a conoscere “il tutto” sul proprio lavoro finendo per sapere il nulla su tutto il resto ed affidandosi totalmente ai consigli dei commercianti (che ovviamente fanno il loro lavoro, vendere) e a quanto già fatto dai colleghi.
Ne ho visti di studi che hanno preteso assolutamente una wildcat da quasi 2000 euro (magari su 15 macchine) per poi farci unicamente cad 2D, o buttare dei monitor SUN semplicemente spettacolari solo perché il connettore non era vga, e comprare l’adattatore da 9 dollari diventava una impresa da fantascienza.
E col SW applicativo l’approccio non è differente.
@Cesare di Mauro #55
Se per te l’equo compenso e’ una legge volta a bloccare gli scrocconi… a me non pare proprio.
Sul fatto che in presenza di un DRM forte non ci avrebbero pensato nemmeno ad una legge come l’equo compenso beh e’ una sicurezza che hai tu su elementi che non conosco.
Ribadisco che il motivo di leggi come questa non e’ per contorti e complottistici motivi, ma solo per guadagnare di piu’. Ritenere che ad una lobby non gliene freghi nulla dei soldi una volta che ha quello che gli spetta mi sembra parecchio ingenuo. Se ha i mezzi e le leggi per guadagnare di piu’ lo fa, e mi sembra che di esempi in questo senso se ne hanno finche’ se ne vuole (compagnie telefoniche, assicurazioni, carburanti, ecc.)
Nella tua visione del futuro queste lobby, messo in campo il DRM forte, chiederebbero ai governi di abolire leggi come l’equo compenso che gli fanno entrare milioni ogni anno “aggratis”??
Riguardo alla tua “domanda” mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro: Se mi rivalgo per un torto subito con chiunque mi sta’ intorno, colpevole o no (vedi equo compenso) sono pericoloso e inaffidabile.
E’ come se mi fregassero il portafoglio e io ottenessi una legge che mi consente di sfilare 50 centesimi dalle tasche dei passanti. Di fronte ad uno come me, che e’ in grado di ottenere una simile legge e di estorcere denaro ingiustamente, che giudizio avresti? Diresti che va bene perche’ in fin dei conti mi han fregato il portafoglio?? Diresti che mi muovo solo per difendere i miei diritti? Ti fideresti di me? Io per nulla…
@ Cesare
Perdonami ma di questo non riesco proprio a prendere atto: con l’equo compenso pagano tutti, è un balzello per tutti, buoni e cattivi, i cui proventi vanno a compensare degli interessi di parte in modo totalmente orizzontale. Non corrisponde ad alcun diritto aggiuntivo per chi lo paga, ma prevede, a volerla vedere maliziosamente, una “criminalizzazione a priori” dell’utente.
Si tratta a tutti gli effetti di una tassa per il sostegno di un comparto industriale, comparto che per molti dei suoi problemi non ha che da piangere se stesso – mi riferisco alle major musicali.
Il tutto da un governo che per evitare la antipaticissima parola “tasse”, ha rigettato l’ipotesi di una tassa straordinaria per il terremoto de L’Aquila… Evidentemente certe istanze sono meglio rappresentate di altre in sede istituzionale.
Peraltro l’equo compenso non ha nulla di deterrente perché non è una sanzione: è semplicemente una tassa, che dissuade i “pirati” tanto quanto i 10 centesimi di aumento sulle sigarette dissuadono i fumatori. Non vedo proprio come si possa ritenerlo “volto a bloccare gli scrocconi”.
Detto questo, scrocconi e furbi di ogni specie (ed ogni lato della barricata), per il legislatore sono effetti collaterali di una legge imperfetta. Legge che si potrebbe cambiare (anche in direzione di un DRM più robusto, oltre che diritti&doveri chiari a tutti), ma che evidentemente si ha tutto l’interesse nel mantenere.
Tanto i pesci grossi e ricchi un santo in paradiso lo trovano sempre. Poi, male che vada domani si innalza la quota di equo compenso o lo si applica anche sui maccheroni, e passa la paura.
E soprattutto i piccoli, consumatori e sviluppatori, continuassero ad attaccarsi come sempre hanno fatto.
@the solutor:
Se non riescono nemmeno a farsi i conti e addirittura si muovono “per imitazione”, beh, è un miracolo che non siano falliti.
Ma il software non ha certo colpe in tutto ciò.
@Nat:
Su questo hai ragione. Sulla carta è stata realizzata per avere un ritorno economico derivante dallo scrocco, appunto, ma finisce per colpire indiscriminatamente tutti. E rimane una gran porcata.
Semplicemente non ci sarebbero proprio le basi per arrivare una legge simile: il compenso ai produttori sarebbe, infatti, garantito.
Inoltre, come dicevo, prendo in considerazione il fatto che tutte le azioni delle major sono rivolte in questa direzione: quella di bloccare gli scrocconi, oppure ottenere un compenso per le loro (male) opere.
Come dicevo sopra, finora le major hanno operato unicamente in una direzione, anche a fronte di DRM forti.
Di questo ne parlerò in un prossimo articolo, che servirà a mostrare i risultati di applicazione di DRM forte in un caso reale. Pur con tutti i suoi limiti, ovviamente.
Dovrebbe essere il legislatore a farlo. Al limite lo chiederebbero i consumatori (o le loro associazioni).
Anche qui hai ragione. Il clima s’è avvelenito da ambo le parti, ed è difficile recuperare un rapporto quando la fiducia è andata persa.
@Alessio:
Sì, è vero.
Al momento sì: si mantiene questa porcata perché dal punto di vista delle major non c’è alternativa.
Questo è anche colpa loro, però.
Un tempo c’erano le lotte sociali che hanno portato a una società qualitativamente migliore di fatto e di diritto.
Oggi il consumismo ha ammosciato i “piccoli”, come gli chiami tu, che preferiscono subire passivamente anziché far valere i propri diritti e nemmeno pensano di organizzare delle battaglie sfruttando le loro “armi”.
No, non è un miracolo, e che girala come ti pare esistono dei mestieri in cui la vita è più facile che in altri.
Ed esistono lavori dove se lavori male o prendi delle decisioni opinabili, al posto di guadagnare 100, guadagni 50, ma tanta altra gente fa comunque le capriole per guadagnare 20.
Chiaro, ma è il mercato e la società attuale che ha prodotto questo risultato.
Che facciamo, mettiamo un tetto alle loro retribuzioni? O ci prepariamo alla rivoluzione (e poi chi, ma soprattutto quanti, ci seguirà). :P
Personalmente ho sempre creduto che una sana via di mezzo tra il liberismo piu sfrenato, ed un comunismo di stampo maoista esista.
In italia l’abbiamo trovata…
Prendendo, spesso il peggio di due mondi, ma non è detto che non si possa far di meglio.