DRM e videogiochi: osservazioni sul modello di Ubisoft

Qualche settimana fa Rosario ha introdotto l’argomento delle misure draconiane imposte da Ubisoft per i propri giochi su PC.

Misure che, lo ricordiamo, impongono una connessione Internet sempre attiva durante il gioco, attraverso cui verificare in tempo reale l’autenticità della copia usata.

La “minaccia” di Ubisoft – un’azienda da anni molto sensibile al tema “pirateria” su PC – è quella di ritirarsi tout-court dal settore gaming PC. Chi scrive non è favorevole alla copia illegale, non si beve le favole della “pirateria” che aiuta qualsivoglia attore economico coinvolto nel 2010 nel mercato gaming.

Crede tuttavia che alla fine a pagare, con prezzi regolarmente maggiorati e progressive restrizioni alle condizioni d’uso (a partire dalla copia privata, diritto puntualmente scavalcato), sia sempre l’ultimo anello della catena – quello che si presenta alla cassa con 60€ e poi arriva a casa e non può giocare perché qualche hacker si è tolto lo sfizio di piantare i server di autenticazione.

La misura introdotta da Ubisoft, applicata a giochi single player, è particolarmente fastidiosa perché non compensa la limitazione imposta con alcuna funzionalità accessoria proporzionalmente utile. Si tratta in altre parole di un approccio puramente repressivo, applicato non a chi accede al mercato nero e pertanto non ha nulla da pretendere e tutto sbloccato, ma al “fesso” di cui sopra, quello che paga.

Molto diverso l’approccio di Activision-Blizzard, altro grosso calibro del mondo gaming sia su PC che su console, a cui non sfugge il peso di Internet nell’enforcing di misure di protezione dalla copia illegale. Nell’utilizzare la rete per proteggere il prossimo Starcraft II, Blizzard sta però tentando un’altra strada: quella di offrire, tramite l’obbligatorietà dell’account BattleNet, qualche utilità social ai giocatori PC:

“That’s a battle that we have a chance in. If you start talking about DRM and different technologies to try to manage it, it’s really a losing battle for us, because the community is always so much larger, and the number of people out there that want to try to counteract that technology, whether it’s because they want to pirate the game or just because it’s a curiosity for them, is much larger than our development teams.

“We need our development teams focused on content and cool features, not anti-piracy technology.”

Non mancheranno i mugugni: Starcraft II sarà privo della modalità LAN per motivi riconducibili alla copia illegale. È tuttavia encomiabile lo sforzo di creare feature e non barriere, di sforzarsi perlomeno di “indorare la pillola” piuttosto che presentare aut-aut.

Anche perché, nel caso della protezione Ubisoft, pare siano già in giro delle patch che consentono una fruizione illimitata a chi usa il gioco contraffatto, alla faccia di chi lo ha acquistato e deve accettarne i vincoli.

Un po’ come con le tasse insomma, pare si spremano sempre gli stessi limoni. Possiamo dunque supporre che, un po’ come per le tasse, buona parte dei “sacrifici” vadano a compensare le inefficienze nella riscossione? Non sarà che quindi, come per le tasse, basterebbe perfezionare il sistema per far tornare i conti? O almeno provarci prima di dichiarare la resa?

Sistemi di protezione meno penalizzanti e funzionalità addizionali a compenso dei vincoli, quanti se ne stanno pensando in Ubisoft? Quanti soldi di R&D l’azienda spende per coprire questi sforzi?  Pochi e/o male, già a giudicare dai danni di StarForce.

Nei commenti dello scorso pezzo, un lettore auspicava che un sistema di protezione efficace potesse ridurre il costo dei titoli a beneficio di chi non prende in considerazione la contraffazione. Allo stato attuale, con l’aut-aut dato da Ubisoft, questa mi pare una pia illusione. Proprio come nel caso delle tasse.

So bene che ci sarebbero ulteriori argomenti da approfondire, ma per adesso mi fermo e lascio la parola a Rosario, oltre che a voi nei commenti, per un altro “rimbalzo” del botta&risposta.

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