DRM e videogiochi: il ruolo di MMORPG, Steam e prezzi

Continuo nel botta&risposta con Alessio a proposito del DRM di Ubisoft (qui e qui le puntate precedenti) e della sfida alla pirateria che ha lanciato il mondo del gaming per PC. Abbiamo scelto questa forma di pubblicazione perché riteniamo che sia efficiente nell’analisi di tutte le sfaccettature di questa complessa faccenda.

Prima di iniziare vorrei puntualizzare una cosa. La pirateria è illegale in qualsiasi circostanza, e il produttore è libero di inserire nel proprio software qualsiasi tipo di protezione senza che ciò giustifichi in qualche modo la pirateria. Chi non accetta protezioni invadenti può non comprare il gioco, ma il DRM invadente non può essere in alcun modo una scusa per ricorrere alla pirateria. Purtroppo, l’Italia sta diventando una nazione in cui la sfumatura tra legale e illegale è sempre più labile ed è soggetta a non essere più riconosciuta con evidenza dalla gente. Il mio sogno è che, perlomeno nell’ambito informatico/tecnologico, certe regole vengano rispettate.

Ritorno nel merito della nostra questione. Quali sono le armi a disposizione dei publisher per combattere l’ascesa della pirateria? Alessio elogiava il modello di Blizzard, che ha speso molto per produrre la nuova versione di Battle.net e per creare una componente multiplayer valida per StarCraft II. È un modello sicuramente valido, ma presenta comunque degli elementi di criticità.

Innanzitutto funziona solamente per il gioco online. Niente vieta al pirata informatico di scaricarsi comunque la versione crackata del gioco e giocare al single player. Battle.net è inefficiente da questo punto di vista. Per l’online, invece, ritorna lo stesso problema del DRM di Ubisoft: puntare, esclusivamente o quasi, sui giochi multiplayer online obbliga la gente ad avere la connessione a internet e di stare sempre collegati per giocare. Inoltre, in alcuni casi servono connessioni a internet decisamente performanti (è il caso, ad esempio, di APB, di cui parleremo prossimamente su Hardware Upgrade).

In definitiva, il problema dei DRM potrebbe spingere i produttori a lanciarsi a testa bassa sui giochi multiplayer online, e trascurare il single player, che su console sta dando proprio in questo periodo il meglio di sé, con produzioni emozionali, avvincenti e finalmente artistiche.

Le altre soluzioni anti-pirateria che meritano di essere citate sono Steam e il sistema delle micro-transazioni sulla scia del modello di iPhone. Steam ha sostanzialmente fallito la sua missione: se da una parte, infatti, richiede comunque la connessione a internet per l’attivazione del gioco, dall’altra non propone un DRM veramente competitivo. Molto spesso, addirittura, i produttori di terze parti che decidono di commercializzare i loro giochi su Steam, aggiungono il proprio DRM a quello offerto da Valve. Sui circuiti pirata, purtroppo, capita fin troppo spesso di vedere giochi Steam distribuiti illegalmente, anche solo dopo pochi giorni dal rilascio della versione originale.

Il modello delle micro-transazioni in stile Steam, invece, diventa molto interessante quando lo si accompagna a prezzi ridotti del software, come ha fatto Apple con l’App Store. Comprare i giochi su iPhone è molto facile e i costi sono assolutamente ridotti (6-7 euro contro 30 euro delle controparti DS/PSP, spesso identiche come caratteristiche e funzionalità grafiche). iPhone ha riscosso talmente tanto successo in ambito videoludico con questa piattaforma che è riuscita a ritagliarsi quote di mercato importanti ai danni di Nintendo e Sony.

Sony ha addirittura tentato di adattare il proprio modello di business inserendo delle caratteriche speculari al modello di Apple. È successo con PSPGo: l’ultima versione della console portatile, infatti, non consente di giocare in maniera tradizionale con i supporti ottici, ma i giochi possono essere comprati solo in formato digitale. PSPGo, tuttavia, ha sostanzialmente fallito con le vendite soprattutto perché i rivenditori si lamentano dei mancati incassi del software, nonostante Sony abbia aumentato il prezzo del software per colmare questa lacuna.

Diversi produttori, tra cui la stessa Valve, stanno puntando sulla riduzione dei prezzi e sulla commercializzazione in formato digitale. Succede, ad esempio, con i giochi datati e attraverso alcune iniziative speciali che consentono di comprare il software anche a 5/10 euro. Sicuramente, però, Blizzard non venderà mai a un prezzo così contenuto un potenziale blockbuster come Starcraft II.

Ogni soluzione ha i suoi pro e i suoi contro, ma inserire DRM invadenti e abbassare il prezzo di commercializzazione del software non sono due soluzioni definitive. Su console, ad esempio, i giochi hanno dei prezzi al lancio tra i 50 e i 60 euro e sono ugualmente venduti in grandi volumi. Diciamo che su console è stato trovato un compromesso accettabile tra publisher e consumatore, per cui quest’ultimo continua a comprare senza ricorrere alla pirateria. Ha vinto quindi un modello di business chiuso, dove tutto o quasi passa attraverso i rispettivi servizi online, comunque basato in larga misura sulle micro-transazioni (vedi DLC).

D’altronde, e finisco, il settore del PC gaming sta per attraversare un momento felice. È ormai imminente il lancio di StarCraft II, che secondo le previsioni venderà quanto i blockbuster per console, e diversi MMORPG solo per PC sono ormai in dirittura d’arrivo (primo tra i quali il già citato APB). Inoltre, i vari Medal of Honor, Call of Duty Black Ops, Crysis 2, Rage, Mafia II, ma ne potremmo aggiungere molti altri, avranno delle versioni PC valide, superiori in molti campi alle controparti console. Risoluzione dell’immagine, presenza dei server dedicati, fisica avanzata, sono solamente alcune delle caratteristiche che li differenzieranno nettamente dalle versioni console.

Insomma, non resta che trovare quel compromesso tra produttori e consumatori che è stato trovato nel settore delle console.

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