

Non sono mai stato un fan di Atom, una CPU che mi pare risponda all’unica esigenza di portare la “religione” x86 lì dove, fino al 2007, non poteva arrivare: subnotebook di basso costo, altri dispositivi ultramobile come MID, un giorno, forse, smartphone.
Sebbene abbia cavalcato il sanguinoso (in termini economici, per molte aziende coinvolte) trionfo dei netbook, Atom è un processore architetturalmente debole, prestazionalmente non idoneo ad un uso intensivo e decisamente penalizzante nelle applicazioni multimediali, specie quando affiancato da soluzioni grafiche integrate Intel.
La soluzione a questo deficit di potenza elaborativa è arrivata con la famiglia di processori Intel CULV, con tecnologia Core e basso consumo energetico, ma il vento di cloud computing che spira sul mercato, potrebbe portare nuvole grige sui cieli di Intel e del mondo x86 in generale.
Vediamo perché.

A due anni dall’introduzione del primo netbook, il connubio thin client – cloud sembra destinato a catturare un significativo interesse, in un mercato sempre più orientato alla fruizione di apparati mobile ma sensibile al prezzo. Su questo fronte, un thin client ha vantaggi da far valere su un computer full featured: essendo minime le funzionalità richieste, è minimo il costo ed è minimo il consumo energetico.
Dal punto di vista tecnologico, e veniamo all’oggetto del pezzo, lo spostamento dell’OS nel cloud – capitanato dal prossimo venturo Chrome OS – inizierà a corrodere la catena che lega un software ad una piattaforma hardware, mettendo fortemente in discussione il duopolio Wintel, che ha segnato la ultraventennale stagione del “fat client”.
Il motivo è da ricercarsi nella platform independence insita nel concetto stesso di cloud computing: che siano singole applicazioni o interi sistemi operativi come Chrome OS, il vettore è il web e la fruibilità è garantita a qualunque dispositivo possa accedervi.

Chrome OS potrebbe dunque portare le soluzioni ARM a scontrarsi ad armi pari con Atom e far valere, specialmente nel segmento mobile, un’efficienza energetica che l’overhead dell’architettura x86 rende difficilmente raggiungibile, a parità di tecnologie produttive e miniaturizzazione.
Aggiungiamo che l’architettura multicore Cortex-A9 di ARM, si appresta a proseguire la strada tracciata dalla versione A8, con rilevanti incrementi prestazionali e bassissimi requisiti energetici.
Finché Intel manterrà la rotta sulla ISA x86, potrà compensare i vantaggi di un’architettura intrinsecamente più leggera ed efficiente, solo con la rincorsa alla miniaturizzazione. L’accesso alle tecnologie di miniaturizzazione è tuttavia consentito – magari con un po’ di ritardo rispetto ad Intel – anche a quella pletora di aziende che producono processori con architettura ARM, quindi la strada della miniaturizzazione potrebbe rivelarsi molto costosa ma capace di garantire solo un breve vantaggio competitivo.
Sul fronte dei prezzi, la rincorsa ad ARM potrebbe essere per il colosso di Santa Clara molto più faticosa, costringendo Intel o ad abbassare i propri margini, o a lasciare l’entry level all’architettura rivale, con tanto di deprofundis per Atom.
Sono tutti scenari distanti ma non rosei per l’attuale operatore dominante nel mercato CPU, e stavolta non c’è alleanza con Microsoft che tenga: l’ultima parola riguarda non questa o quella ISA, ma l’accettazione o meno del modello proposto da Chrome OS – con tutto ciò che ne consegue per lo status quo – e spetta al mercato.