Le conseguenze di iPad sull’editoria: scenari futuri

Come abbiamo sostenuto a conclusione della prima parte di questo articolo, il debutto di Apple sullo scacchiere dei contenuti editoriali, ha prodotto il rafforzamento della posizione degli editori, i quali, spinti dalla disponibilità dell’azienda di Cupertino, hanno imposto l’agency model (70% sul venduto, libertà di controllo dei prezzi) agli e-tailer fra cui Amazon.

Conseguenza per nulla imprevista o indesiderata (da Apple) di questo rinnovato peso contrattuale degli editori, sarà l’allineamento dei prezzi degli e-book su tutti i dispositivi, dunque lo spostamento della partita nel campo favorito da Apple: quello dei dispositivi.

Qui entra in gioco il prezzo aggressivo di iPad attraverso il quale la casa della mela tenterà di conquistare la leadership del nuovo mercato e-book. Dopo le promesse altisonanti successive alla presentazione, un elemento fondamentale nel determinare il peso di Apple sul tavolo delle trattative, sarà infatti la penetrazione di iPad sul mercato.

Un mercato – quello degli e-reader – oggi dominato da Kindle, al cui allargamento (interessante in proposito il contributo di Tagliaerbe) contribuirà probabilmente lo stesso iPad. In che modo? Offrendo una serie di feature aggiuntive rispetto a un e-reader, che potrebbero renderlo interessante anche per quella vasta fetta di pubblico che non prende in considerazione un dispositivo più o meno a senso unico come Kindle.

Di fronte alla prospettiva di marginalizzare i rivali e dominare il mercato dei contenuti, iPad potrebbe dunque arrivare sul mercato con un prezzo più abbordabile di quello annunciato, tramite accordi con TLC o, qualora si rivelassero necessari, ulteriori tagli di prezzo – al momento oggetto di sola speculazione.

In tema di speculazioni, vale senz’altro la pena di ricordare un brevetto, depositato da Apple alcune settimane fa, relativo all’integrazione di advertising nell’OS: sarà la chiave per rendere il dispositivo gratuito o quasi?

La posta in gioco è d’altronde tale da giustificare una politica di lancio aggressiva – che tra l’altro le oceaniche riserve di liquidità di Apple sono perfettamente in grado di sostenere: l’obiettivo di iPad è precisamente quello di diventare la porta d’ingresso al mercato dei contenuti digitali.

Un mercato cui appartengono gli e-book ma anche i contenuti prodotti dalle testate giornalistiche professionali, a loro volta afflitte da una “sindrome digitale” le cui radici risalgono ai primi giorni di Internet.

Malgrado alcune difficoltà sorte proprio sul tavolo delle trattative fra Apple e news companies, una forte diffusione di iPad potrebbe condurre tutti a più miti consigli e agevolare un accordo “pacifico” fra le parti in causa, basato su quel modello freemium in cui molti vedono la salvezza del giornalismo nell’epoca del web.

Amazon non sta sottovalutando il rischio che iPad rappresenta per il suo mercato: oltre alle citate concessioni agli editori, ha di recente intrapreso, con l’acquisizione di una startup specializzata in tecnologie touch, il percorso che probabilmente porterà ad un nuovo Kindle – magari più ricco di feature e con schermo LCD.

L’ammiccamento di Apple al mondo editoriale sta di certo preoccupando anche ‘intermediario di contenuti per eccellenza: Google. Il colosso di Mountain View si è in effetti trovato a rivedere al rialzo le condizioni per gli editori aderenti alla neonata piattaforma Editions, componente centrale della strategia di Google e dell’offerta di tablet Android.

Il conflittuale rapporto fra Google e il mondo delle news online potrebbe rappresentare per Apple – similmente alla tensione Amazon-editori – un punto debole su cui attaccare, magari portando in dote un primo anno di vendite incoraggianti e un rapporto di reciproca soddisfazione con il mondo editoriale lato libri – cui il mondo della carta stampata è molto vicino.

Prima di avviarci alla conclusione, riassumiamo le criticità che potrebbero frenare il successo di iPad:

  • palinsesto di contenuti: per uscire dallo status di “altro dispositivo da portarsi appresso” e diventare un vero portale d’accesso all’informazione digitale, attraverso cui accedere alla maggioranza dei contenuti rilevanti per l’utenza, è necessario per Apple avere una moltitudine di accordi, anche esclusivi: l’utenza non è disposta a portarsi dietro dieci dispositivi, ognuno integrato con qualche contenuto;
  • accordi internazionali: la rilevanza del dispositivo fuori dagli USA dipende da una serie di accordi internazionali sui quali Apple finora non si è pronunciata;
  • prezzo: deve essere molto “reattivo” rispetto alle vendite, in modo da tenere alto l’interesse degli editori.

Beninteso, anche gli editori hanno da perdere dal flop dell’iPad: il mondo delle news digitali fruite tramite personal computer è arrivato alle corde per essere nato e cresciuto all’insegna del “tutto gratis“. iPad tenta di diventare il primo e più influente dei nuovi “gateway d’accesso” in mobilità, in questo traghettando il mercato verso nuovi e più remunerativi orizzonti.

Sempre a proposito del ruolo degli editori, andrà risolta la contraddizione dei prezzi: l’utenza potrebbe non accettare l’innalzamento dei prezzi degli e-book (anche i giornali, con una mossa ai limiti del nonsense, spingono per abbonamenti più onerosi, per preservare la carta), pur in assenza di quei costi di stampa e distribuzione sul territorio che gravano pesantemente sul prezzo di copertina.

Le sfide intrinseche in questa nuova transizione sono dunque numerosissime, ed è difficile prevedere la configurazione che il mercato assumerà di qui a un anno. La scommessa di Apple – trasformare l’iPad nell’unico device da portarsi dietro per accedere a libri e giornali – non ammette altro che vittoria o sconfitta.

Il mercato editoriale dal canto suo, deve ponderare molto bene le sue scelte: la frammentazione dei palinsesti su più dispositivi potrebbe sortire maggiori incassi nel breve termine, ma nel lungo frenare la crescita del mercato dei contenuti digitali. Prima, non c’è quasi bisogno di ricordarlo, che anche il mercato editoriale faccia la fine di quello musicale, e venga ripercorso – magari con Google al posto di Apple – il cammino che ha portato iPod al trionfo e le major alla soglia della rovina.

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