Desert Strike: Il vento del deserto gonfia la vela del Sega Mega Drive

Continuiamo anche quest’oggi nel miniciclo dedicato esclusivamente ai “16-bit” che furono.
Ed in particolare ci occuperemo di uno dei titoli che diedero maggior risalto internazionale ad Electronic Arts, colosso mondiale del settore dei giorni nostri.

Lasciamo il campo dunque a Desert Strike: Return to the Gulf.

L’originale game-concept è frutto della mente di Mike Posehn, sviluppatore divenuto freelance dopo aver lavorato proprio con la EA. Inizialmente, ispirato dal conflitto degli anni ’80 tra Iraq ed Iran, Posehn aveva previsto l’utilizzo molti veicoli militari, con una tipologia più vicina a quella che potremmo definire “RTS”.
Le limitazioni dell’hardware dell’epoca fecero però virare i piani iniziali verso il genere action/sparatutto; in particolare i colloqui con Trip Hawkins, istrionico fondatore del publisher britannico, furono fondamentali nel determinare il titolo per come noi lo conosciamo.

Durante la sua carica di direttore delle strategie di marketing Apple nel 1982 ricordò Choplifter, un gioco incentrato sull’unica figura di un elicottero da combattimento sui quali gravavano le solite aspettative dell’eroe da ultima spiaggia.
L’idea piacque a Posehn, il quale contemporaneamente fu scelto come leader del dev team.
Fin dall’inizio, il progetto apparve piuttosto ambizioso e complesso da portare a compimento.
Lo schema miniboss-superamento dello stage era ritenuto troppo lineare e monotono e quindi vennero suggerite alcune variazioni sul tema.
John Manley, dipendente EA, venne affiancato a Posehn nella direzione e propose un sistema di bonus-malus per incentivare il giocatore ad occuparsi di alcuni obiettivi collaterali, come la distruzione di elementi (edifici istituzionali per esempio) non strettamente militari ma in grado di infliggere gravi danni sul piano politico.

Un altro grosso punto di domanda era rappresentato dalle possibilità grafiche del Mega Drive, piattaforma eletta per lo sviluppo del gioco.
La risoluzione nativa di 320*240 px (per il modello PAL) non era stata giudicata sufficiente per visualizzare il campo di battaglia.

Il problema era bilanciare la dimensione degli sprite con il background senza che questi risultasse sgranato e poco dettagliato; un enigma di non facile soluzione se pensiamo alle quattro palette da sedici colori visualizzabili contemporaneamente, ma risolto brillantemente dallo stesso Posehn il quale sviluppò un sistema visuale dinamico in grado di mantenere le giuste distanze tra il mezzo controllato dall’utente e gli oggetti circostanti.
L’elicottero fu programmato per muoversi lungo un’invisibile curva ellittica che unita all’innovativa visuale isometrica dava l’impressione al giocatore di agire all’interno di uno spazio 3D rispettando al tempo stesso le leggi che governano la prospettiva visiva.

Lo sviluppo della fisica e dei modelli, inizialmente commissionati all’amico Tim Calvin, richiesero molti mesi ma il risultato finale premiò il lavoro del team.
Nel febbraio del 1992 Desert Strike: Return to The Gulf fece la sua comparsa nei negozi, conquistando immediatamente le classifiche non solo delle riviste dell’epoca ma anche e soprattutto quelle di vendita.
Rimase per mesi nell’elenco dei titoli top-seller dopo aver ricevuto dagli addetti ai lavori giudizi estremamente positivi con voti mediamente superiori al 90/100.
Il sistema di controllo, gli scenari accurati e la necessaria gestione oculata tra rifornimento di carburante e munizioni lo avevano reso uno sparatutto originale e longevo nel panorama dell’epoca.

Nonostante le critiche ricevute da commentatori esterni sull’opportunità di far uscire un simile gioco ad un anno dall’inizio della Guerra del Golfo, Electronic Arts decise di sviluppare porting per la maggiorparte delle altre piattaforme disponibili, tra cui il Super Nintendo, Master System ed i dispositivi portatili come Game Gear e Game Boy.
Menzione particolar per la versione Amiga, ritenuta dalla rivista Amiga Computing, la punta d’eccellenza EA dopo l’uscita di Populous.

Sull’onda del successo commerciale non si fecero attendere nemmeno i seguiti, Jungle Strike ed Urban Strike sempre sulla macchina Sega, mentre Soviet Strike e Nuclear Strike vennero sviluppati sulla generazione successiva, capeggiata dalla Playstation.
Ed è tutto sommato curioso che l’operazione più importante della seconda guerra del Golfo del 1996 fu intitolata proprio “Desert Strike”.
Anche i militari furono ispirati dal lavoro di Posehn&soci?

Ad ogni modo, se vi siete persi questo sparatutto capolavoro avete una sola opzione: infilarvi il caschetto ed accendere le pale dell’agguerrito AH-64 Apache. Non ne rimarrete delusi.

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