Non sono passate che poche ore dalla storica vittoria di Barak Hussein Obama – il candidato presidente più internettaro della storia – che già ci ritroviamo la carta stampata e i TG pieni di lodi alla rete. Nel frattempo, schiere di “digerati postdatati” – quei soggetti che dai tempi della new economy cantano le magnifiche e progressive sorti delle più grandi sciocchezze e profetizzano rivoluzioni tecnologiche insensate, spingendo fiumi d’investitori al massacro – stanno dedicando le loro migliori energie a riavviare la macchina dell’hype (che dio ce ne scampi e liberi).
Prima di lasciarci avvincere da questa folata di entusiasmo – che a molti vorrebbe far dimenticare la recessione verso cui ci avviamo a grandi passi – sarà il caso di fare un punto della situazione e capire perché, particolarmente in Italia, l’allegria è totalmente fuori luogo.
Merita una menzione d’onore la rapidità con cui i giornalisti della carta/TV, dopo fior di campagne denigratorie nei confronti della rete, finalizzate a null’altro che la difesa del proprio status, del proprio “ordine” di nobili origini fasciste e, non ultimi, dei propri privilegi salariali, hanno indossato la casacca dei web-entusiasti. Del resto non da ieri ci siamo meritati la reputazione di gente rapidissima a correre in soccorso del vincitore, come diceva il mio illustre concittadino Ennio Flaiano.
Peccato che la rivoluzione web, se davvero si realizzasse, andrebbe innanzitutto a scapito di questi signori, i quali hanno ampiamente dimostrato, salvo poche notevoli eccezioni, di avere ottimi motivi per temere l’avanzamento della rete. Non ultimo fra questi, la collusione conclamata e ormai interiorizzata anche da chi la subisce quotidianamente, fra potere politico e media.
Arriviamo al problema n°2, in verità un ex aequo: la classe politica stessa, con particolare riferimento al nutrito “reparto geriatrico”, che occupa le stanze del potere dall’era mesozoica, e si prepara cionondimeno a salutare la terza a forse la quarta repubblica. Anagrafe a parte, l’intera categoria rappresenta senza dubbio la lobby più “brick&mortar” della nazione: difficile che possa o voglia reagire al mutamento degli scenari mediatici.
Specialmente quando quella reazione implicherebbe uno stravolgimento delle pratiche consolidate del fare politica, prima fra queste la creazione di consenso attraverso un uso pilotato di mass media palesemente asserviti. A partire dalle nomine politiche delle direzioni RAI, a mio parere il vero peccato originale.
Se quindi non sarà possibile mettere a tacere i cori di mal speso ed opportunistico entusiasmo, vi invito a considerarli un insulto: dopo la vittoria di Obama, in Italia abbiamo un motivo in più per essere tristi e delusi.
E comunque non illudiamoci: anche quei cori non dureranno a lungo. Diversamente, qualcuno potrebbe finire per prenderli sul serio – e trarne le logiche conclusioni.
Mi perdonerete se questo post presenta una tesi per alcuni aspetti analoga a un contemporaneo – a livello di scrittura – post di Grillo. Posso assicurarvi che non si tratta di un rip-off, l’ho scritto prima di leggere il suo, e che in generale il mio cervello non sempre è sintonizzato sulle sue frequenze.
dopo obama in italia la politica nostrana da -20 sarà -50….l’Italia è sicuramente è un bel paese da attraversare se ci fai un viaggio ma nulla più.
Pensate, gli americani sono così democratici che possono addirittura eleggere il loro Presidente che poi li governerà…!
Noi qui invece abbiamo la nostra bella oligarchia di politici con un’età media da ospedale geriatrico.
– Non abbiamo eletto direttamente nessun politico (e nemmeno indirettamente, alla luce della legge elttorale attuale)
– non abbiamo eletto il presidente del consiglio
– non abbiamo eletto il presidente della repubblica (che tanto non serve a nulla)
Son proprio degli ingenui ‘sti ammericani, lasciano pure che il popolo abbia un po’ di potere…
@Stefano
e nemmeno poi tanto, se passi vicino a qualche pittoresca discarica, a qualche scempio abusivistico, a qualche “valorizzatore”, a qualche mostro incompiuto, a qualche colossale centro commerciale, a qualche fiume ormai corrosivo.
@Alessio
E’ il presupposto a essere errato: 2.0 si intende come una “major release” che prende il meglio della 1.0 e lo estende con nuove funzionalita’. La politica italiana e’ un disastro da qualsiasi parte la si guardi, ed e’ trincerata in difesa di se stessa. Ho la (s)fortuna di girare il mondo per lavoro, e dovunque vada devo sopportare battute e frecciatine sulla nostra classe politica; e non solo dell’attuale.
Grillo non e’ infallibile, e’ un uomo, e francamente dubito che sia lui quello che scrive sul blog che porta il suo nome. Si puo’ essere in accordo o meno con quello che scrive (io ancora mi ricordo quando dal palco tuonava contro internet e la rapida obsolescenza dei computer) pero’ non ho mai letto il falso, ne mi ha mai dato motivi per dubitare della sua buonafede.
P.S.
In Francia hanno coniato un termine “Berlesque”, rifacendosi al termine “Burlesque”, dato l’elevato numero di “incomprensioni” che il nostro primo ministro ha quando parla con la stampa.
P.S. I sondaggi dicono che il governo attuale gode di forti consensi, ma gli stessi sondaggi dicono che in italia la politica gode di pessima reputazione. Il che, mi fa pensare che uno dei due sondaggi e’ falso, o ha un campione capzioso.
In Italia la politica non è neanche 1.0 :D
Da un paese in cui si scende in piazza a proteggere gli interessi delle Caste c’è ben poco da augurarsi di buono.
Ciao
@Ilruz
I sondaggi sono facili da pilotare, e quando non lo sono, sono sempre soggetti ad interpretazione.
Tornando al discorso di come le elezioni in USA possano cambiare qualcosa in Italia, sono stati spesi fiumi di inchiostro sull’argomento a ciascuna elezione cui ho potuto assistere da quando ho capito cosa è la politica (o almeno cosa credo che sia in realtà). E sinceramente è sempre la stessa storia. Si parla degli USA, per non parlare dell’Italia. Quindi non credo che cambierà qualcosa in terra nostrana. Al massimo avremo qualche volta come ospite il Presidente Obama, quando si sarà insediato, ma dopo di questo, nulla più, credo. A livello politico, la classe dirigente attuale è troppo vecchia, troppo radicata nei loro “affari” per potere o anche volere far qualcosa. E la crisi lo dimostra pienamente.
@Elvis is God
Qui la politica è ancora in versione alfa
Sono tante le cose che non vanno bene in Italia, ma la cosa più preoccupante è che siamo talmente abituati ad essere sottomessi che ormai arriviamo a difendere a spada tratta il nostro politico di turno, qualunque cosa faccia.
Sono del parere che ormai i politicanti hanno indotto la popolazione a schierarsi con un si o con un no, con un voto a favore o con un voto contro, senza lasciar spazio al dialogo, senza condurre un discorso che analizzi i pro e i contro di una decisione, senza considerare i benefici o i costi di una riforma.
Mi sembra insomma che la politica, quella vera, quella che dovrebbe essere fatta con la partecipazione e con l’impegno civile di tutto il popolo, si sia trasformata in una questione che somiglia un po’ al tifo da stadio.
@Fabio
Concordo pienamente con te, la mia infatti era una battuta!
@ Sig. Stroboscopico
Da un paese con un governo di fascio-mafiosi-piduisti appoggiato da 15 milioni di cerebrolesi, rincoglioniti da 25 anni di IPNOSI TELEVISIVA COLLETTIVA, ce da aspettarsi francamente molto molto poco…
Luca, con il tono del suo messaggio, rappresenta una istantanea della situazione politica italiana: divisione e manicheismo inutile!!
Inutile perchè non tiene conto dei reali problemi della politica, tutta, italiana… Di come è organizzata, da chi e come è fatta, e di come si relaziona con il popolo.
Uno degli aspetti, non tanto secondario, di queste elezioni presidenziali americane è stato il profondo rispetto dell’avversario, anche quando la campagna elettorale ha toccato i toni più aspri. Il discorso della sconfitta di Maccain, di fronte ai suoi elettori, è stato esemplare in questo e nell’esprimere comunque la volontà, il dovere, di coesione di una Nazione quando deve affrontare una grave crisi.
In Italia queste cose non sono mai accadute e, purtroppo, penso che mai potranno accadere a causa di una arretratezza culturale della classe politica in generale.
Arretratezza che si esprime nel tentativo di annichilire l’avversario, visto più come nemico che come controparte del dibattito politico; arretratezza che si esprime nell’occupazione scientifica di tutte le poltrone possibili, strapuntini compresi, sacrificando chi ha fatto magari qualcosa di buono; arretratezza che traspare nella difesa ad oltranza delle particolarità e di interessi piccoli o grandi, tralasciando però lo sviluppo di politiche ad ampio respiro su temi strategici per il Paese. Arretratezza che diventa lampante quando si usa la massa per mostrare solamente la forza della leadership di un partito o coalizione, invece che dare risposte alternative concrete, meditate e mediate, su un determinato problema. Arretratezza crassa nel finanziare la stampa, tutta e complice nella mancata denuncia, condizionando e avvilendo la vera libertà e pluralità d’informazione.
Purtroppo questo elenco potrebbe allungato con tanti argomenti…. non ostante ciò continuo a sperare in un Paese più libero e più “moderno”…. più normale!!
@ AlexSwitch
Qui non è questione di antipolitica, manicheismo, divisione etc.
La democrazia ha fra i suoi principi fondanti la divisione dei poteri. La comunicazione è un potere. Se non viene separata dagli altri poteri non c’è democrazia: sic et simpliciter.
Caro Alessio, se leggi bene il mio messaggio non è antipolitico a prescindere, ma è una constatazione e, al tempo stesso, denuncia della politica italiana e della sua arretratezza.
Ho anche denunciato, appunto come un fattore di questa, la commistione tra informazione e politica ( tema del tuo articolo ), che non garantisce al cittadino una informazione libera e plurale.
Non ho assolutamente messo in dubbio i principi fondanti della democrazia e mai li metterò, anche se non posso fare a meno di sottolineare come questi siano stati, a mio avviso, parecchie volte travisati nel dibattito e nel “far politica” qui in Italia.
Inevitabile quindi che si possa assistere, come conseguenza, ad affermazioni del tipo ” … quindici milioni di cerebrolesi “!!
Un saluto cordiale e complimenti per il vostro blog!
Alessandro P.
@ AlexSwitch
Non intendevo affatto attribuire a te o nessun altro atteggiamenti antipolitici – per quanto con la politica a questi livelli, antipolitico sia ormai un complimento.
La mia voleva essere un’integrazione, se vogliamo una sintesi, rispetto a quello che hai scritto, non certo una correzione.
Alex alcune tue critiche le condivido ma non l’approccio.
Non si può trattare la politica e la classe politica come un corpo estraneo alla società.
In realtà non è altro che lo specchio della società stessa.
Il particolarismo, la difesa degli interessi personali contrapposto alla spinta per la tutela del bene comune ecc. si vedono in qualsiasi campo della società italiana e quotidianamente…la persona che salta la coda alle Poste, quello raccomandato che passa avanti ad uno più bravo di lui perché ha il padre TizioCaio, l’assenza in generale di meritocrazia a tutti i livelli, la mancanza di educazione, il non rispetto verso il proprio interlocutore (come banalmente avviene anche nelle community online) e le sue idee.
In una democrazia i governanti non arrivano per grazia ricevuta, ma salgono al potere perché qualcuno (gli elettori) ce li mette.
Se da noi sono sempre quelli e sono mediocri è perché in qualche modo ce li meritiamo.
Il ricambio generazionale in politica non c’è stato perché dopo il 68 i giovani si sono progressivamente disinteressati alla questione, preferendo altro.
Questo è un dato di fatto.
Con tutti i limiti del caso, la preponderanza dei mass media nelle elezioni ecc. ecc. gli americani sono comunque in grado di mandare a casa “ha fatto male” e di eleggere un volto nuovo che li rappresenti.
E’ banale ma è così che funziona o dovrebbe funzionare la democrazia; questo in Italia non avviene per tutta una serie di motivi, tra cui la preferenza dell’ideologia rispetto al pragmatismo.
Stiamo attenti però a non cadere nel versante opposto, cioè incensando gli altri Stati.
Gli stereotipi sono sempre piuttosto fastidiosi e grossolani ma quello dell’italiano medio lamentone è tutto sommato abbastanza fondato.
Tendiamo a guardare l’erba del vicino come pià verde della nostra, ma dire che l’Italia è buona o neanche solo per la visita turistica è una blasfemia.
Io sono orgoglioso di essere italiano non solo perché abbiamo oggettivamente bellezze artistiche e naturali, concentrate in un territorio tutto sommato non enorme, che il mondo ci invidia.
Ma anche per il nostro passato, la nostra storia, la nostra capacità di essere inventivi e di “arrangiarci”.
Magagne e lati negativi ce ne sono tanti ma non è che siano prerogativa soltanto nostra.
Guardiamo agli USA come l’Eden dimenticandoci che, al di là della crisi attuale, più di 40 milioni di americani non godono dell’assicurazione sanitaria, ci sono quasi 10 milioni di homeless ed è un sistema dove chi ha i soldi comunque potrà avere nella sua vita molte più porte aperte rispetto a chi non ne ha (al di là del sogno americano).
Quando nei forum IT si leggono di lodi sperticate verso il Giappone perché lì la banda larga è arrivata ben prima di noi (e funziona) mi viene da sorridere, perché si dimentica che è il Paese con il tasso più alto nel mondo di suicidi, dove le condizioni di vita e lavorative sono massacranti, dove un’abitazione ha un costo spropositato nelle grandi città (i famosi loculi) e dove la considerazione dello straniero, gaijin a vita, è piuttosto bassa, per quanto eccella quella persona…non a caso è uno degli Stati dove il nazionalismo impera.
E si potrebbe andare avanti a scrivere libri…per cui d’accordo l’Italia e gli italiani avranno senz’altro moltissimi difetti, ma hanno anche molti pregi e lati positivi.
Tanto quanto altrove, nel mondo…
@ Jacopo
Permettimi di dire la mia sul tema. Il leitmotiv “i guai della pentola li conosce il coperchio” tiene fino a un certo punto.
L’Italia partecipa nel modo secondo me più bislacco e truffaldino d’Europa al metodo ormai consolidato della democrazia mediatica, in cui il consenso è proporzionale alla visibilità che a sua volta è proporzionale al budget.
Oltre ad essere soggiogata a questo metodo e alla sua penosa applicazione, la classe giornalistica italiana annovera casi in cui diventa impossibile ricordarsi di quella frase di Hugo “c’è chi pagherebbe per vendersi”.
Preferisco non fare nomi e cognomi ma immagino tu abbia ben chiaro a chi e cosa mi riferisco.
L’Italia è un paese perlopiù incapace di generare eccellenza, dalla formazione fino alla migliore impresa. Alla Ferrari, stendardo dell’industria italiana, pagano meno tutti i dipendenti di inquadramento non manageriale perché devi essere fiero di mettere sotto al culo di qualche sceicco la connolly di una 599.
Se questo è il top, figuriamoci il resto.
Scusami il semplicismo ma non ho spazio per affrontare il problema con la dovuta precisione.
Mi spiace ma non sono d’accordo.
Il finto pluralismo mediatico è una scusa che regge fino a un certo punto ed è anche questo lo specchio di un disinteresse verso un certo tipo di problematiche, insisto, soprattutto nei giovani.
Ovviamente è un circolo vizioso perché se un diciottenne vede una tribuna parlamentare, gente che si fa i cazzi propri, che chiama la ganza al cellulare, che si stravacca e poi prende i soldi che prende, non ci si può sorprendere a scuola faccia il cretino e decida di trascurare la vita politica.
Però non può essere un alibi ad infinitum.
Certamente gli editori americani, in un sistema che non è falsato dalla noncorrenzialità degli aiuti statali per le testate giornalistiche, sono + liberi di dire la propria e + autonomi, ma non scordiamoci che le campagne elettorali lì costano n volte quel che costano da noi.
Ed è una proporzione di gran lunga sbilanciata rispetto al numero di abitanti (cioè un rapporto che sarà non so di 1:50 quando gli abitanti sono 1:5…sparo lì).
E non sono d’accordo nemmeno sul discorso eccellenza.
COn tutte le difficoltà del caso, il nostro sistema di formazione riesce a creare teste che poi, per forza di cose, sono costrette ad emigrare all’estero per vedere ripagati i propri sforzi.
Ma di ricercatori che lavorano proficuamente negli Stati Uniti, dal campo farmaceutico, a quello delle cellule staminali, piuttosto che fisico-matematico, ce ne sono eccome e parecchi.
Questo mi fa ancora più rabbia perché se spendendo un punto decimale del PIL in R&D, non creando le condizioni per cui scuola e mondo del lavoro siano effettivamente in simbiosi, lasciando che gli edifici cadano a pezzi, siamo comunque in grado di toccare certe vette, con oasi di eccellenza come può essere la Normale, l’Università di Trento o altre, pensa cosa potremmo fare con investimenti superiori.
Purtroppo concordo sullo spazio, Alessio. Forse non è neanche la sede giusta perché dovremmo concentrarci magari più sugli aspetti tecnologici…d’altra parte le elezioni americane, soprattutto queste ultime, condizionano la vita e l’attività lavorativa del resto del mondo e quindi non si può far finta non ci siano state.
Anzi è un segno del fatto che ci teniamo, noi articolisti e voi lettori, e sappiamo guardarci intorno con spirito critico.
@ Jacopo
Forse non c’intendiamo sui termini: fa parte del creare eccellenza anche il trasferimento tecnologico università-impresa, ma prima ancora la capacità generalizzata delle università di dare agli studenti formazione utile e immediatamente impiegabile nel mondo del lavoro.
Per quel che riguarda il discorso mediatico sarebbe troppo lunga, troveremo occasione di approfondire.
certo che ne fa parte e ovviamente non funziona come dovrebbe altrimenti saremmo di riflesso più competitivi nel mercato del lavoro perlomeno europeo.
Questo non toglie che specialmente alcune oasi che hanno saputo muoversi autonomamente integrando le basi di un buon percorso formativo standard (che è quello del sistema didattico italiano) continuino a sfornare teste che poi sono richieste e vanno a lavorare in giro per il mondo.
Se questo non avvenisse allora sarei d’accordo con te affermando che l’Italia è incapace di creare eccellenza.
Ma visto che non è così non posso che essere in disaccordo.
Punti di vista si capisce, però il fatto che i ricercatori italiani vadano all’estero o professori vadano ad insegnare nelle più prestigiose università americane piuttosto che britanniche è appunto un fatto.
Un fatto che dimostra che il sistema tutto sommato non è da buttare.
Da aggiornare, modernizzare, rendendo più partecipi i settori produttivi, ma non da buttare.
@ Jacopo
Mettiamoci d’accordo sul concetto di “creare eccellenza”. Personalmente intendo la capacità di un sistema formativo, inteso nel suo complesso, di generare talenti capaci di aggiungere valore alla competitività nazionale.
In Italia il sistema universitario va a rotoli. Le università macinano iscritti – anzi creano corsi di laurea per nient’altro che attirare iscritti – e laureano gente con un livello di competenza ridicolo e soprattutto inutile per l’impresa.
Le università private sono dei business che, anche quando non lavorano esplicitamente con l’intento di garantire la laurea facile a chi non ha tempo e voglia di fare quel poco che generalmente basta per laurearsi, funzionano solo poco meglio sul fronte della ricerca.
I fondi destinati alla ricerca vengono dirottati verso aziende parastatali incapaci di fornire servizi e generare profitto, e che pertanto andrebbero chiuse, ma che invece spesso restano aperte, magari aggrappate a posizioni monopolistiche, facendo concorrenza sleale ai competitor europei (e non parlo del solo caso Alitalia).
Per me l’eccellenza è un metodo che parte dal primo e arriva all’ultimo giorno di scuola – e poi prosegue durante il lavoro sotto forma di aggiornamento – che in quest’ottica il sistema formativo nazionale non possiede in modo conclamato.
Per dare valutazioni sul sistema e sulla sua capacità di generare eccellenza – compresa la necessità di potenziare i rami che attraggono forza lavoro e tagliare quelli secchi – verifichiamo il rapporto fra laureati e impiegati nel settore di competenza, l’evoluzione del rapporto fra PIL e numero di laureati etc.
Se tu parti dal definizione che eccellenza significa “creare talenti capaci di aggiungere valore alla competitività nazionale” allora la definizione non puoi pensare di applicarla per il semplice fatto che le teste migliori se ne vanno all’estero e quindi non possono portare nessun apporto allo Stato in cui vengono coltivate, se non quando decidono di tornarvi…ma tipicamente lo fanno quando ormai hanno già dato il meglio delle proprie possibilità (quei 15 anni di produttività che va dai 25 ai 40).
Tu dirai “beh è anch’esso un segno del fatto che il sistema in qualche modo eccellenza non ne produca, perché se la produce non rimane nei nostri confini”.
Sì è un problema ma intanto l’ha comunque prodotta.
Per cui semmai il problema è nella gestione, nel fatto che non puoi pensare tu Stato di poter tenere un ricercatore pagato una miseria a vita e non solo, non dando prospettive di carriera e di scalata della piramide perché lungo quei gradini hai una serie di poteri e posizioni consolidate da un sistema clientelare e di baronato che non puoi toccare senza in qualche modo distruggere dalle fondamenta il sistema stesso.
Se questa è la critica e sull’incapacità di innovare anche l’establishment o sul fatto che il mondo del lavoro sia scollegato da quello accademico io sono il primo a criticarlo ci mancherebbe.
L’ho fatto in più sedi, in questi anni e senza peli sulla lingua (all’interno delle stesse istituzioni).
Quel che continuo a rifiutare è l’idea che il sistema vada “gettato al macero” perché eccellenza non se ne crea.
Non è vero. Il problema è che dal punto di vista dei programmi, la capacità di dare un approccio formantivo che fornisce gli strumenti per poi affrontare i problemi del mondo del lavoro c’è.
Ma è abbandonata a sè stessa.
Qual’è il senso di dare una ottima formazione teorico-informatica se poi mi fornisci laboratori con macchine del 2000 avanti Cristo dove non ho strumenti per poter sperimentare con profitto quello che ho assimilato?
E’ come preparare un futuro astronauta per poi fargli guidare un trattore.
Non ha alcun senso.
E questo è un banale esempio che può essere esteso alla maggiorparte della realtà italiana.
Il problema più grosso non è la situazione attuale ma quel che viene deciso nei piani alti per cambiarla.
Gli investimenti si continua a non farli e anzi a ogni Finanziaria ci sono tagli…invece di riformare l’offerta didattica seriamente si concepiscono paliativi per cercare di non scontentare nessuno e dare un’immagine di facciata per poi affermare “visto che rivoluzione?”
Ora il maestro unico e sembra di tornare alla Riforma pre-Gentile. Poi naturalmente qualcuno mi spiegherà come verrà gestito il tempo pieno.
E non ne faccio un problema di sinistra, destra, centro, alto, basso, la miopia dei politici verso le istituzioni statali formative c’è DA SEMPRE.
Eppure dovrebbe essere chiaro che senza queste basi, senza la capacità di sfornare un’intelligentia in grado di guidare attraverso le generazioni future questo Paese, noi non saremo MAI competitivi.
Sono stato più chiaro ora?
Spero di sì :)
@ AlexSwitch
Carissimo, tu mi parli di “divisione e manicheismo inutile”.
Ho aprezzato molto il discorso di McCain dopo la sconfitta.
Importante, nobile, rispettoso dell’avversario e delle isitituzioni.
Una bella cosa, no?
Una cosa semplicemente DOVEROSA in un paese democratico dopo una regolare campagna elettorale.
Molto semplice.
In Italia?
In Italia non c’è niente di normale dal ’45.
E non vuole essere una battuta.
E’ vero.
La nostra è sempre stata una SEMI-DEMOCRAZIA.
Un paese dove per ragioni ANCHE COMPRENSIBILI, i comunisti NON POTEVANO ANDARE AL POTERE.
Non doveva essere loro permesso CON OGNI MEZZO.
Quindi: 40 anni di lavaggio del cervello agli italiani.
Ripeto: COMPRENSIBILMENTE.
Poi arriva quello la.
Ladro amico di ladri morti LATITANTI.
Che diventa presidente del consiglio usando un movimento-partito, FONDATO DALLA MAFIA.
Alleandosi ai fascisti.
Usando 30 anni di controllo dei media per spianarsi la strada.
Facendo leggi SOLO per il proprio tornaconto.
Cosa c’è di LEGALE, di MORALE, di DEMOCRATICO, in tutto ciò?
Rispettare questa gentaglia pericolosa?
Questo sterco?
Tu rispetteresti chi viene in casa tua per rubare le tue cose e stuprare la tua famiglia?
Spero tu stia scherzando.
Buona giornata.