Beppe Grillo vuole comprare Mediaset: la rivalsa della rete sulla televisione?

beppe_grillo_mediaset.jpgBeppe Grillo ha annunciato dal suo blog l’intenzione di acquistare una quota di maggioranza di Mediaset e si sta muovendo in cerca di partner per lanciare un’OPA (Offerta Pubblica di Acquisto), così da rastrellare azioni dell’azienda del Presidente del Consiglio (Silvio Berlusconi) dalle mani di investitori e risparmiatori.

Il comico/attivista genovese, spiega che il forte calo delle quotazioni azionarie della società avvenuto negli ultimi due anni, permette di acquistare una quota di maggioranza della società, con tutte le risorse di cui dispone, ad un prezzo più conveniente. Inoltre il trend negativo del valore delle azioni e la critica situazione economica mondiale, potrebbero spingere la voglia di vendere.

Grillo non ha rilasciato nessun dettaglio su come ha intenzione di portare avanti la scalata. Per ora sta solo cercando qualche grosso partner industriale del settore (con un invito esplicito a farsi avanti alla BBC) che possa portare capitale e competenza settoriale alla “cordata”. Ma non si parla di organizzare una raccolta fondi popolare per finanziare l’operazione, com’è solitamente nello stile di Grillo e del movimento al suo seguito.

Beppe Grillo, il suo blog e i suoi estimatori hanno già attirato l’attenzione della stampa di tutto il mondo, ad esclusione di quella italiana che fin’ora ha dimostrato un palesemente forzato disinteresse. È un peccato avere dei media così poco indipendenti, non tanto per il fatto che Grillo non può trovare spazio in tv e giornali in sé, ma perché si perde una bellissima occasione per aprire un dibattito pubblico su come è nato e come sta crescendo il movimento.

Quando si parla di Grillo siamo sempre tutti troppo impegnati a schierarci da una parte o dall’altra della barricata, non riusciamo a guardare dall’esterno quello che sta accadendo. Grillo ha dato vita ad una realtà particolarissima, un’anomalia vera e propria difficilmente ripetibile, che contemporaneamente esalta le possibilità della rete italiana e ne mostra i limiti nell’utilizzo che ne fanno gli utenti che la popolano.

Tutto è nato e cresciuto intorno ad un blog, che grazie soprattutto al passaparola ha saputo portare a conoscenza di un gran numero di utenti, verità celate e punti di vista mai espressi dagli organi di stampa, sensibilizzando su problemi e questioni che altrimenti sarebbero stati ignorati e quindi insabbiati.

Più volte le piazze si sono riempite e si sono raccolte milioni di firme per richiedere dei referendum. Grazie poi al servizio Meetup.com sono nati gruppi locali legati al blog in tutto il territorio italiano e anche oltre (ce n’è uno anche in Second Life), alcuni dei quali si sono trasformati in liste civiche.

Demagogo populista o grande trascinatore di malcontento verso un mondo migliore? Pensatela come volete, ma di sicuro non è un fenomeno da baraccone.

Le anime che popolano la rete italiana non hanno iniziato ad indignarsi e ad arrabbiarsi dalla nascita del blog di Grillo in poi.
Negli anni della nascita dell’ADSL, del diffondersi del P2P e della crisi nera delle case discografiche, ogni notte, orde inferocite si trovavano a commentare, utilizzando termini irripetibili, le notizie di Punto Informatico, contro gli aggiornamenti liberticidi delle normative riguardanti diritto d’autore e brevetti.

Serpeggiava allora tra gli internauti il terrore che il web si stesse trasformando in fretta da una zona franca a un luogo controllato e ingabbiato da regole che più che limitare alcuni comportamenti volevano descrivere gli unici concessi.
Tutti furibondi, ma le raccolte di firme erano puntualmente disertate e le manifestazioni di piazza indette contavano più piccioni che persone.

Questo è un comportamento tipico, che condiziona la vita del nostro Paese da sempre. Il web, quando vengono trattati attualità e politica, più che in un luogo di confronto e di coordinazione, si trasforma in un bar di quartiere in cui inveire contro qualsiasi cosa tra un carico e una briscola.

La lamentela sembrerebbe essere una comune valvola di sfogo fine a se stessa, che lascia uscire tutta la carica emotiva accumulata e ci permette di tornare a dormire tranquilli senza aver mosso un dito contro ciò che ci angoscia.

Come ha spiegato anche Alessio nella sua bella riflessione, il web non ha punti di riferimento tangibili e porta allo smarrimento, per questo il popolo della rete è fermo, o meglio, lo era fino all’avvento di Grillo.

Grillo è famoso, poiché ha un grande passato televisivo, quindi è un volto familiare. Grillo è senza dubbio un bravo comico e far ridere le persone è un buon modo per conquistarne la simpatia e la fiducia. Grillo ha affermato la sua popolarità con una satira graffiante e scomoda al potere politico ed economico, amata da tutti, anche dai tanti che ora lo osteggiano e lo criticano.

Con queste premesse ed uno scrupoloso lavoro di informazione e propaganda incentrate contro i simboli che identificavano il malessere già da prima della nascita del blog è riuscito a raggruppare tanto rabbioso consenso.

Mi fa piacere che Beppe Grillo abbia raggiunto alcuni degli scopi che si era prefissato e pure che alcune tematiche siano saltate alla ribalta grazie a lui, ma è deprimente, sul serio, che la rete abbia bisogno di tale fenomeno per prendere vita.

Strumenti tecnicamente sufficienti alla coordinazione di grandi movimenti si trovano sul web dalla notte dei tempi digitali, e oggi, grazie a social network evoluti la nascita e l’affermazione di qualsiasi movimento è a portata di pochi click.

Invece utilizziamo MySpace per le gif animate, e Facebook per sembrare persone impegnate a forza di riempire il nostro profilo di avatar raffiguranti loghi di associazioni, personaggi importanti, intellettuali, artisti e prodotti di consumo, come se avessimo aperto anche solo una volta le pagine dei gruppi e delle iniziative a cui appartengono.

Il fenomeno Grillo in definitiva, non è la rivincita democratica del web, contro l’aristocratica televisione, ma un opinion leader uscito dai media tradizionali, per portare un punto di riferimento, qualcosa in cui credere e a cui affidarsi in internet.

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