Colgo l’occasione di un interessante commento apparso qualche giorno fa su queste pagine, per sviluppare un argomento che da qualche tempo ho in mente. Si tratta della transizione al “post PC” – formula resa celebre da Steve Jobs in un’intervista del 2010 – ove per dispositivo post PC s’intende un oggetto portatile, che riassume alcune funzioni tipiche del vecchio PC ma ne abilita l’accesso tramite touchscreen.
Partiamo dal presupposto che una nuova interfaccia ridefinisce necessariamente il perimetro funzionale del dispositivo. Le funzionalità necessitano dunque di essere limate in modo da risultare pienamente fruibili tramite, in questo caso, il tocco – ed è principalmente su questo punto che i tablet precedenti all’iPad hanno toppato.
Sul quanto e come limare le funzionalità c’è spazio per diverse interpretazioni, ed è qui che nascono le più accese discussioni. Prima di procedere desidero precisare che in quest’analisi mi baserò sull’esperienza d’uso dell’iPad (già in parte criticata in questo pezzo), un prodotto che credo a buon titolo possa essere assunto come rappresentante della menzionata categoria “post PC”. Mi riservo di trattare in un secondo momento opportunità e criticità della transizione da Windows 7 a Windows 8.
Desidero soffermarmi su alcune fondate obiezioni all’approccio post PC sollevate dal citato commento: app a tutto schermo vs desktop e finestre, modello app-centric vs document-centric, e la frammentazione fra piattaforme – dal device all’applicazione – che comunicano solo intra-vendor.
Se viste dal punto di vista di un utente PC, queste rappresentano perdite nette di funzionalità, tanto più che alcune di queste transizioni vanno prendendo piede anche su PC (app store, app full screen). La domanda che sorge spontanea è: se ne poteva fare a meno? Non sarà che, in occasione di un cambio di paradigma, i produttori stiano cogliendo l’occasione per un lock-in?
In effetti l’integrazione verticale hardware-software, popolare nel mondo Apple ma anche in quello Amazon (per ora il più credibile competitor di iPad) e forse prossimamente nell’ecosistema Facebook, implica naturalmente un rischio di frammentazione e lock-in degli utenti. D’altro canto i vantaggi derivanti dal pieno sfruttamento dell’hardware compensano ampiamente – allo stato attuale – questa perdita di libertà.
Se però l’interfaccia che si presenta all’utente non è più il web attraverso un browser, ma dei dati nella nuvola attraverso un’applicazione, è obbligatorio domandarsi cosa rimarrà del web fra 10 anni: un meta-medium com’è oggi o un groviglio di tubi che portano da miliardi di micro-cloud a migliaia di miliardi di app?
Venendo al tema più leggero delle applicazioni full screen, devo dire che allo stato attuale rappresentano l’unica soluzione per fruire adeguatamente di dispositivi touch con schermi da meno di 10″. Sul versante desktop l’app a schermo intero ha effettivamente poco senso, almeno per la maggioranza delle applicazioni – anche se trovo comprensibile che si tenti di introdurre una continuità fra tablet e PC. Devo però ammettere che, limitatamente a specifici scenari, trovo conveniente usare un’app a schermo intero e più desktop contemporaneamente in luogo di un solo desktop zeppo di finestre sovrapposte.
Veniamo a quello che a mio avviso rappresenta il più preoccupante elemento di questo cambio di paradigma: il passaggio da un modello centrato sul documento a un modello app-centrico. Questo significa che, come per esempio accade con le applicazioni iWork per iPad, ogni singola applicazione gestisce una libreria di documenti, i quali non esistono come entità a se stanti, ma solo all’interno dell’applicazione che li ha creati. Si tratta di una limitazione figlia della scelta di Apple di non integrare in iOS un’interfaccia per la manipolazione diretta del file system.
Da quelle applicazioni che, come Dropbox, integrano un file system, le applicazioni di produttività targate Apple importano i documenti nella propria libreria, piuttosto che aprirli e modificarli.
I documenti creati si possono poi esportare in formati comuni – ci mancherebbe – ma è innegabile che questo genere di lock-in sia un passo indietro anche rispetto al già fastidioso lock-in che avviene tramite l’uso di formati di file proprietari.
Più in generale la perdita di controllo sul file system implica la definitiva perdita di controllo sui propri dati, e per questo rappresenta una severa limitazione della libertà d’uso di un dispositivo. Una limitazione rispetto alla quale non esiste contropartita che possa ritenersi sufficiente, compresa la promessa maggior semplicità d’uso. A meno che, ovviamente, non si consideri il tablet come secondo o terzo dispositivo, nel qual caso però risulterebbe fuorviante parlare di “post PC”.
il ragionamento non fa una piega e lo condivido in pieno. Meno d’accordo con la conclusione purtroppo… Secondo me si sottovaluta il potere della MODA. che e’ l’ULTIMO criterio da considerare in ambito tecnologico se si e’ normodotati, ma sta diventando tristemente IL PRIMO per il mass market.
Fermo restando ciò che dici (che condivido in buona parte), è anche vero che il “post PC” è qualcosa di più (o di meno) di questo. Secondo me le tendenze principali che si vanno delineando sono:
– dal punto di vista tecnico, la giustamente citata integrazione verticale o comunque un sistema con una integrazione hardware/software più sviluppata che su un normale PC. laddove installare su un PC un nuovo sistema operativo è una operazione relativamente banale, cambiare sistema anche sui dispositivi “post PC” più aperti è decisamente più complesso e spesso porta a tradeoff significativi fra funzionalità e prestazioni. siccome per definizione il dispositivo “post PC” è un dispositivo mobile, l’integrazione stretta hw/sw è assolutamente necessaria per farne durare la batteria per un tempo ragionevole; l’integrazione stretta è qui per restare almeno fino a quando non si avrà un serio avanzamento tecnologico nel campo delle batterie.
– dal punto di vista dell’esperienza utente, i due esempi che hai citato fanno secondo me parte di una tendenza più generale, quella di seguire la regola del “Less is More”: sforbiciando interfacce e funzionalità si può ottenere un oggetto che, pur con dei limiti, svolge in maniera più efficiente alcuni compiti specifici. Ad esempio, pur essendo l’iPad un dispositivo per sua natura molto limitato rispetto a un PC, mi vengono in mente molte cose che preferisco fare con quello piuttosto che con il PC: leggere (sia romanzi che manuali di studio in formato ebook), prendere appunti, guardare film in comodità dove non c’è una tivù, navigare su internet in maniera “leggera”. Le applicazioni per svolgere questi ed altri compiti sono tutte più semplici e basilari di quelle che trovo su PC, eppure l’esperienza d’uso complessiva è a mio parere superiore. questo non vuol dire che “less is more” sia sempre una regola valida, il passaggio da un paradigma document-centric ad un app-centric che citi ne è un perfetto esempio: qui si perde molto, guadagnando pochissimo (se non nulla).
[…] ogni singola applicazione gestisce una libreria di documenti, i quali non esistono dunque come entità a se stanti, ma solo all’interno dell’applicazione che li ha creati. […]
[…] Più in generale la perdita di controllo sul file system implica la definitiva perdita di controllo dei propri dati […]
Questo è quel che mi ha sempre tenuto lontano da apple e simili, e anche dalle cloud. Non esiste comodità alcuna che possa compensare l’ assenza della possibilità di gestire i dati come pare a me.
In effetti questo inglobamento di documenti all’interno dell’applicazione mi fa molto rabbrividire.
Allora di tutti questi anni in cui si parlava di poter condividere il proprio lavoro su più piattaforme e tra più utenti cosa ci rimane?
L’obbligo, per chi lavora, di avere la stessa piattaforma per tutti altrimenti un documento non sarà possibile condividerlo tra tutti?
Mah, mi sembra che in quanto a semplificare il lavoro qui si facciano molti passi indietro costringendo gli utenti a indirizzarsi verso uno specifico strumento piuttosto che lasciare libertà di scelta su cosa utilizzare per poter lavorare.
Ciao :)
Mah, per quanto riguarda la piattaforma Apple alla fine “basterebbe” che i dispositivi avessero una sorta di “library comune”. Che poi è quello che avviene per musica e video. Dovrebbero fare la library dei documenti: non ci sarebbe neanche bisogno di lasciare all’utente l’accesso diretto al file system (in termini di cartelle e file “fisici”), con i metadati l’organizzazione potrebbe avvenire a prescindere. Questa library dei documenti potrebbe poi essere sincronizzata con Mac e iCloud dando (ed avendo tra l’altro) la sicurezza all’utente di avere a disposizione i suoi file.
@ tutti
Considerate che si sta parlando di “post PC”. Ovviamente se parlassimo di questi dispositivi come di secondi o terzi da affiancare al PC, le mie obiezioni cadrebbero. Da un cellulare non mi aspetto la gestione del file system. Da un dispositivo che ambisce a prendere il posto del mio PC sì.
@Alessio
e infatti IMHO l’era post PC è ancora lunga a venire….
@ Gennaro
C’è da sperare che vada almeno nel modo che indichi, perché per adesso iCloud è una vera ciofeca.
E poi non è che sia un gran fan della nozione di libreria. Voglio dire, se le funzioni che la libreria di iTunes mi consente (tagging quindi playlist, cover art, ricerca per parametri etc.) fossero disponibili via file system starei molto meglio perché avrei la possibilità di cambiare quando voglio.
Idem iPhoto, che ho mollato perché in cambio della legnosità della libreria – tra l’altro lenta bacata – mi offre pochissimi vantaggi.
La libreria in generale rende più difficile la migrazione ad altre piattaforme; quando non abilita funzioni aggiuntive puzza molto di lock-in a costo zero…
Mi ricorda il paradigma degli “screens” del vecchio AmigaOS del 1985, dove il “desktop” chiamato Workbench era soltanto uno dei tanti schermi, e ogni applicazione poteva aprire il proprio schermo proprietario, e l’utente aveva la possibilità di switchare tra gli schermi usando un’icona (gadget) di switch oppure trascinando la title bar dello stesso.
Le varie interfacce grafiche degli OS per tablet, con le loro applicazioni in fullscreen, vanno a ripescare un concetto già visto e che evidentemente ha dei vantaggi a livello di usabilità.
In realtà, bisorrebbe per prima cosa definire cosa significa “post PC”.
Se si intende un “mondo” in cui la gente non usa più i PC ma fa tutto tramite i dispositivi “post-PC”, si è davvero caduti in un’assurdità.
Le persone usano i PC quanto e più di prima, soltanto che hanno aggiunto un secondo o terzo dispositivo.
Quello che intendono i produttori con “era post-PC” è quello che si sta verificando da qualche mese, al massimo pochi anni, in cui la CRESCITA NELLE VENDITE di pc sono crollate, in contrapposizione con la crescita del nuovo mercato dei dispositivi tablet.
Il mercato dei PC è saturo, non crollato!!
L’esperienza informatica è rimasta PC-Centrica, si è solo espansa verso a dei dispositivi di fruizione nuovi.
secondo me l’iPad E’ un PC, con un sacco di limitazioni, ma è un computer; di certo non è mobile.
[QUOTE=Alessio Di Domizio]
E poi non è che sia un gran fan della nozione di libreria. Voglio dire, se le funzioni che la libreria di iTunes mi consente (tagging quindi playlist, cover art, ricerca per parametri etc.) fossero disponibili via file system starei molto meglio perché avrei la possibilità di cambiare quando voglio.
Idem iPhoto, che ho mollato perché in cambio della legnosità della libreria – tra l’altro lenta bacata – mi offre pochissimi vantaggi.
La libreria in generale rende più difficile la migrazione ad altre piattaforme; quando non abilita funzioni aggiuntive puzza molto di lock-in a costo zero…[/QUOTE]
Anche io preferirei appoggiarmi direttamente sul file system piuttosto che sulle librerie: purtroppo rimarrà una pia idea quella di usare il file system (tra l’altro o son tonto io o non mi sembra una cosa particolarmente agevole dal Finder andare ad editare i metadati di un file così da consentire una “buona” archiviazione …)
Ad ogni modo, fin quando la libreria rimane sul mio computer e sono in grado di “togliere” fuori i file che voglio, la cosa mi può ancora stare bene.
Quello che mi rode ripeto, è che allo stato attuale ci sono tutte queste “librerie”, alcune sincronizzate, altre no e che comunque non offrono un punto d’accesso “univoco” per tutte le applicazioni.
E’ facile concordare con te.
Con una piccola aggiunta: rischia di essere la vittoria (si fa per dire…) finale dell’utonto mac-style, a cui non interessa apprendere lo strumento, ma esige che lo strumento si pieghi alla sua ignoranza.
E finalmente dopo secoli di scolarizzazione obbligatoria, l’ignoranza sta’ riprendendo forza.
l’unico vero vantaggio sarà per chi non appartiene a questa scuola, che manterrà saldo il controllo sulla propria conoscenza.
@ 13
1) sui tablet scommette l’intera industria tecnologica e nessuno di quelli che ho avuto per le mani fino ad oggi è esente dalle critiche di cui sopra;
2) uso il mac e non mi ritengo un utonto se permetti;
3) “lo strumento si pieghi all’ignoranza” bah… l’interesse delle aziende è vendere, e per vendere si fa prima a rendere la tecnologia utilizzabile da tutti che ad educare l’utenza. Con le dovute eccezioni non c’è nulla di sbagliato in questo processo.
Per me l’ iPad non è un Pc, come non lo è uno smartphone….
Un Computer è qualcosa che ha un monitor sufficientemente grande, è sufficientemente potente, con un OS a finestre dotato di file manager, di cartelle gerarchiche….ecc….ecc….
Io fino a quando su quei cosi non riuscirò a fare quello che faccio col mio Mac (o in passato col Pc) non mi permetterò neanche di usare la parola Post-Pc….
I tablet in stile iOS/Android (che per me pari sono) ne devono fare ancora di strada prima di poter sperare di soppiantare il PC, specie al livello di Sistema Operativo.
Al momento la loro utilità è ben riassunta nelle ultime due righe che Alessio ha scritto nel sui articolo.
premetto che sull’argomento so ancora poco,
ma credo invece che l’idea delle “librerie” potrebbe essere una ottima soluzione. qualcuno di voi ha mai usato M-Files document management software di microsoft? in soldoni crea un ambiente di sviluppo che lavora sui meta-data di oggetti + o meno virtuali che contengono il file reale. questo mi permette ricerche, interrogazioni e molte altre funzioni. estendendo il concetto un file è solo un contenitore per dati. una “libreria” intelligente mi consentirebbe di manipolare i dati in base a cosa mi serve in quel momento, non in base a come o quando li ho inseriti.un po come per l’xml, in cui i contenuti sono facilmente identificabili e al contempo è possibile definirne dinamicamente la loro visualizzazione.
byez
@necronomicon
Aborro le librerie, e per un solo buon motivo: l’organizzazione dei contenuti per metadati è una bellissima idea che non non funziona.
Quello che il web e il web 2.0, come esempi di gestione di enormi moli di dati eterogenee in cui cercare risultati pertinenti è il pane quotidiano, hanno insegnato è che:
1) l’utente medio è costituzionalmente non motivato a creare metacontenuti che facilitino le ricerche, in soldoni ritiene la ricerca un servizio, non un processo in cui partecipa anche lui e con un ruolo di primo piano
2) l’utente istituzionale (creatori o aggregatori di contenuti) è geneticamente convinto di dover/poter piegare i metadati per promuovere il proprio lavoro, possibilmente sfruttandone le vulnerabilità del sistema di ricerca per dare maggiore rilevanza a contenuti che altrimenti non ne avrebbero… spammin, stuffing, doorway…
Da anni i motori di ricerca hanno preso atto della situazione e nessuno più usa i paradigmi su cui la metaricerca si fonda: nessuno si aspetta che siano i veri utenti finali a partecipare esplicitamente alla definizione dei criteri di ricerca, e quanto a quelli inseriti dai creatori aggregatori dei contenuti nessuno se ne fida più.
In soldoni, non aspettiamoci che l’utente che non organizza nemmeno i file in cartelle (e che è felice persino di ignorare il metadato classico del filesystem classico, nascondendo anche l’estensione del file per non doverci nemmeno pensare!) si metta ad editare decine di metacampi di metadescrizione di ciascuno delle migliaia dei suoi “metafile”, e nemmeno fidiamoci dei tag che potrebbero mettere in automatico, ad es, i distributori di film, immagini, musica: spam pubblicitario allo stato puro, se non peggio.
Il problema è bypassato, dai motori di ricerca, vedendo statisticamente dove vanno i flussi di utenti, ed è una cosa che non è replicabile in locale o su un sistema con poche decine di utenti, e nemmeno se per questo su una nuvola in cui i tuoi dati siano accessibili solo a te e pochi altri.
La ricerca classica si occupa di estrarre metadati da file che già li comprendono (es la maggior parte dei file multimediali, ma anche qui si torna al rilevo precedente: la maggior parte dei distributori li riempie di spam) e eventualmente di estendere questo lasciando ANCHE all’utente la possibilità di inserire chiavi di ricerca (ma perchè non farlo già nel dannatissimo NOME del file? di chi è quella canzone, dove è stata scattata quella foto, di cosa parla il documento… non è difficile, e se non lo fai lì probabilmente non lo farai nemmeno in un metacampo…).
Il bello è che per far questo non c’è affatto bisogno di bypassare il filesystem, anzi, questo fornisce una marea di dati e funzioni alla gestione della libreria!
Una libreria senza filesystem sotto serve per l’appunto solo a tentare il lock-in dell’utente: accedi ai contenuti solo come ha stabilito il produttore, e li puoi tirare fuori di lì solo se è previsto e consentito, e solo nelle forme consentite. Grandioso!
In sostanza credo che le librerie, al di fuori di un ambito professionale dove gli utenti siano motivati, e costretti, a inserire e mantenere i metadati (come fanno o dovrebbero fare per ogni altra base dati aziendale!), siano abbastanza inutili.
I dati non appaiono per magia.
Non si aggiornano per magia.
Non si organizzano per magia.
Non puoi costringere l’utente a metterli.
Non ti puoi fidare dei distributori.
Certo avere uno strumento in più per organizzare le ricerche è utile, ma solo per chi quello strumento è motivato ad usarlo.
L’importante è che non sia presa come scusa per togliere altri strumenti che incidentalmente danno all’utente cosucce importanti come poter liberamente associare un file a un programma o copiarselo, spedirselo, uploadarlo via FTP, o farlo transitare su una connessione crittografata o quant’altro previsto nelle migliaia di forme di comunicazione che non ci credo nemmeno se lo vedo (sotto acido) che siano state tutte quante implementate (senza bug?!?!?) e permesse dal gentil sviluppatroto che ha appena locckato tutti i dati della mia vita nella sua magnifica et innovativa libreria.
Argomento molto interessante…
Fissiamo alcuni punti:
Se consideriamo l’era Post-PC come l’estinzione totale del grigio scatolotto che ci ha accompagnato negli ultimi tre decenni siamo completamente fuori strada. Gli esempi sono tanti e scontati. I professionisti e le aziende continueranno ad usarlo semplicemente perchè alcuni compiti sono impossibili da delegare ad un tablet per evidenti limitazioni hardware e software. Ve lo immaginate un AutoCAD su iPad? Sembrerebbe un’applicazione del LEGO!
Lato consumer, invece, il mondo PC è eroso in quelle funzioni che fino a pochi anni erano un suo esclusivo ambito di utilizzo.
Pensiamo a quanti modi oggi abbiamo a disposizione per riprodurre un banale video divx, di certo non mi metto alla scrivania.
Sotto questa luce siamo in piena era post-PC, quando la maggior parte degli utenti, pur possedendo un pc, sceglie un dispositivo diverso per soddisfare la maggior parte delle esigenze.
Concordo con phabio 76, solo il surface di microsoft e simili possono soppiantare il pc (in ufficio sostanzialmente), mentre in tempi relativamente brevi i pc di casa saranno spenti definitivamente, mentre per i notebook ci vorrà un pò piu di tempo….. ma la loro sorte è segnata.
Perfino gli ultimi HDD multimediali posti sotto il tuo lcd da 32″ e superiore, ti consentono di soddisfare gran parte delle esigenze, fuori dal lavoro, comodamente sdraiato in salotto.
Comunque secondo me tutta questa “corsa” al tablet deriva anche dal fatto che il form factory della stragrande maggioranza dei notebook (lascio il discorso sui desktop a parte) è assolutamente inadatta al mercato moderno. Il tipico notebook che si trova in giro è troppo pesante, ingombrante e perché no rumoroso.
Basta vedere i numeri che sta realizzando Apple con i MacBook Air per capire che cosa vuole la gente e che il mercato del computer “tradizionale” quando offre prodotti in linea con le esigenze delle persone è tutt’altro che morto.
Vi giro il link dell’intervista a Jobs citata da Alessio, quella alla D8 Conference del 2010, integralmente tradotta qui:
http://www.wemedia.it/blog/2011/02/d8-conference-steve-jobs-a-briglia-sciolta/
A dire il vero, di “Post-PC” ne aveva parlato anche alla D5 del 2007 in compagnia di zio Bill:
http://www.wemedia.it/blog/2010/11/steve-jobs-e-bill-gates-alla-d5-conference/
Ultima nota:
fra un annetto avremo un mediocre Sharp Quattron con innestata una vecchia Apple TV, il tutto confezionato in uno stiloso guscio satinato, gestibile da un’applicazione iPhone che fungerà da telecomando… ecco servito iTV da $1999, il futuro re dei dispositivi post pc. Amen.
Lo scopo è ovviamente il customer lockin.
Non ci vuole un cervello molto fine per capire che, una volta comprato un tablet, android, ios o windows che sia, ed aver speso una discreta mole di soldi in applicativi vari, si rimane vincolati alla piattaforma per non perdere il software acquistato.
Il problema è che i dati vincolati alla piattaforma non sono soltanto il software, ma è tutta la “vita digitale” dell’utente.
Che siano le foto/video di una vita nella “nuvola” (la solita espressione per dire che oggi tutto torna ai server, thinclient, network computer, anyone?), che siano centinaia di dollari di musica acquistata nei vari store, libri elettronici, telefilm e film. Sono tanti soldi.
Il punto è molto semplice, il guadagno ormai non è tanto la vendita del device in sè, ma è il valore aggiunto che arriva dall’utente che si affida al vendor per acquistare contenuti. Molto semplicemente, Google, Apple e, in misura molto minore Microsoft (che ha perso il treno), incamerano i soldi dal content delivery e relativa pubblicità, anche se la pubblicità per ora sembra non funzionare, tant’è che Apple ha recentemente ribassato le tariffe di iAd.
Torniamo invece al lato utente della faccenda. Dal mio punto di vista il successo dei tablet, e quindi parliamo di iPad perché gli altri non si vendono, è proprio a causa della complessità intrinsica di quello che fino a qualche anno fa, era l’unica cosa che si trovava negli scaffali della grande distribuzione, ovvero il classico notebook/netbook con windows XP. A mio avviso è stata proprio la scadente qualità di questi prodotti, schermi a 1280×800 o 1024×600, processori lenti, poca memoria, un OS che richiedeva antivirus, spesso caricato da tonnellate di trashware preinstallato, a decretare il successo di iPad.
Con schermi così piccoli l’utente è costretto ad usare le finestre massimizzate per capire qualcosa (ed ecco le fullscreen app), gli applicativi vanno cercati su google, installati, aggiornati, ci sono poi le patch del OS, insomma, per l’utente di medio livello sono seccature continue.
Ci ha pensato il solito marketing curatissimo Apple (che ti fa sentire un fallito se non hai roba loro), il resto l’ha fatto il prodotto da solo. Per quale motivo l’utente medio, che oggi scrive qualche occasionale email (la mail è démodé comunque), gira su youtube e facebook7twitter, deve ritornare ad usare quel pesante macigno di notebook piuttosto che lo scadentissimo netbook? Non ne ha alcuna ragione.
Proprio l’altro ieri ne parlavo con un’amica, del tutto profana su tematiche IT, lei decantava iPad, io semplicemente non ne ho bisogno in modo alcuno, al che ha semplicemente risposto “ma c’è un’app per qualsiasi cosa che mi venga in mente”, cosa verissima anche per i PC ovviamente ma, come scrivevo prima, va cercata, installata, ci sono patch e upgrade vari.
Per quelli che, come molti di quelli che scrivono qui, hanno visto questo mondo sin dai tempi del IBM 4.77MHz, le BBS, i primi modem a 1200 baud(!), la complessità di un PC è ampiamente comprensibile e fa parte del nostro modo di lavorare. Per quelli che invece vivono l’informatica dall’era “post internet” non è affatto così.
Difatti per me non è corretto parlare di “postPC” come era, piuttosto di “postInternet”, perché è stata questa a generare il postPC, ovvero a creare un piccolo sistema dedicato a sfruttare i servizi offerti dalla rete, ed è su questa, e relativi standard, che si sta giocando la partita del domani, almeno secondo Tim Berners-Lee (cfr. http://www.scientificamerican.com/article.cfm?id=long-live-the-web), la lettura è semplice, l’app è nata come concetto proprio per dare la spallata al browser, che necessita di uno standard e questi ultimi sono assai cattivi quando si vuole inchiodare l’utente. ;)
Che ci piaccia o no, iPad ha tracciato la via per la vera informatizzazione di massa. Il calcolatore come lo intendiamo noi, ovvero come strumento di lavoro, rimarrà solo per chi ne avrà veramente bisogno, ma resto comunque convinto che saranno poche le società che manterranno interi team di sviluppatori per creare OS e software per un mercato che sarà veramente di nicchia.
Non è una moda, non passerà, conviene abituarsi.
Il mio pc windows al lavoro, il mio mac a casa, i miei server centOS/ubuntu, sono dinosauri.
@ Leo
Sono d’accordo con quel che dici, ed è per questo che ho preso un computer nuovo e questo natale mollo l’iPad a mia madre (poi magari mi toccherà ricomprarlo perché non posso perdermi una fetta così grossa dello show).
È vero che non è una moda e non passerà, è vero che si fa prima a rendere gli strumenti più semplici che ad insegnare alla gente a usare quelli complessi, ma il meccanismo s’inceppa quando si coglie l’occasione per chiudere anche quel che si poteva lasciare aperto – i documenti “embeddati” nelle applicazioni dal punto di vista di un utente abituato a usare PC gridano vendetta.
@Alessio
Io sono d’accordo con la questione della gestione dei file, ci mancherebbe.
Ma resto del parere che, se gli utenti lo chiederanno, ci saranno conseguenze, se gli utenti non ne sentiranno la necessità, allora la gestione dei file come la conosciamo sarà persa per sempre.
Chissà, magari su iPad 7, dopo le lamentele degli utenti che nel corso degli anni hanno immagazzinato documenti, foto, video ci sarà qualcosa. Magari si inventeranno (ipotizzo) le shelf, ogni shelf conterra delle boxes, tutto rinominabile a piacere. Ed ecco gli utenti tutti felici perché si è risolto brillantemente un problema. Tanto hanno la memoria corta, chi si ricorderà ormai delle folder/file.
Tanto a titolo di esempio, hai per caso visto come è cambiato il finder di OSX da 10.6 a 10.7, con i file organizzati per categorie invece che folder? Il processo è in atto ormai. Idem per i “lens” di ubuntu/unity. Anche su W7 abbiamo le “libraries”.
In ogni caso, per ora, sia su OSX che linux ci lasciano la possibilità di riconfigurare tutto come ci piace, magari un domani chissà…e si torna al punto di prima, si farà come dirà la massa degli utenti, e noi dovremo abituarci.
Non lo faccio apposta…
Ma tutti gli articoli citati (questa volta da Leo in #23) me li sono tutti tradotti e vi giro il link:
http://www.wemedia.it/blog/2011/01/tim-berners-lee-lunga-vita-al-web/
Quelli delle Conference D5 e D8 sono nel commento in moderazione (perchè contiene più di un link?)
@Leo
Sono d’accordo su molti punti, ma non che questi device consumerizzati risolvano il problema di portare strumenti informatici a tutti rimpiazzando in gran parte i PC.
Il PC rimarrà tale semplicemente per il fatto che, a prescindere la sistema operativo e dalle modalità di input e la filosofia di progettazione, la vita professionale ma anche personale degli esseri umani non si riduce a usare la sacra trimurti del truzzo telefonino-tomtom-fotocamera che sono le vere killer features di questi devices.
Saranno ben di più i mercati vari strumenti dedicati e specializzati ad essere in pericolo, proprio per il motivo che l’esperienza d’uso di un tablet/smartphone tenta, per vincere in immediatezza ciò che non può vincere in completezza, di avvicinarsi molto a quella di una smart tv, o di una console, o di fotocamere cellulari navigatori (già ampiamente sulla via della convergenza prima della moda degli iCosi).
Quindi, offrendo più funzioni in uno solo strumento, MA offrendo una esperienza d’uso simile, sarà assolutamente banale soppiantare questi strumenti, molto meno sarà soppiantare o anche solo ghettizzare PC, strumenti che offrono una esperienza d’uso molto più diversa.
E’una gravissima colpa dei produttori di PC aver continuato per un decennio a progettare in maniera obsoleta.
Preferirei di molto a qualsiasi tablet/smartphone un eeePC ma che nasca con 3G, gps e accelerometro integrati, con serie applicazioni (e meno seri giochi) che nascano per sfruttarle dandole per scontate come avviene per un mouse o una fotocamera (che by the way potrebbe fare da un pezzo da kinekt).
Invece continuano a riempire gli scaffali di anonimi cassoni neri di plastica da 3 Kg, design e linee di prodotto senza una logica (Apple insegna: pochi prodotti e ben caratterizzati! Moltiplicato per tutti i vendor PC sarebbe comunque una scelta amplissima… più gli accessori…) con tonellate di trashware in bundle che per prima cosa passo due ore a ripulirli, che si smontano appena li usi in reale mobilità, con dischi meccanici lentissimi e delicatissimi rispetto agli ssd, e assolutamente privi delle killer feature del decennio come 3G e GPS.
Giocando magari la vendibilità del prodotto sull’abbassare di qualche euro il costo del prodotto mettendo un processore scadente o niente scheda video… convinti loro di poter ancora vendere così nel 2011 quasi 2012…
Mamma mia che italiano, manco Biscardi…
> Saranno ben di più i mercati vari strumenti dedicati e specializzati ad essere in pericolo
Volevo dire, mi pare che più che ai PC questi strumenti tentano di assomigliare ai vari device specializzati, puntando sull’immediatezza d’uso assai più di quanto abbia mai fatto un sistema per pc.
Di conseguenza, vedo più in pericolo questi strumenti, più limitati e meno flessibili dei tablet, piuttosto che i PC che sono a loro volta più flessibili dei tablet.
Anzi, a costo di andare controcorrente direi che l’ha vista giusta Ballmer (o più probabilmente chi per lui), partendo dal principio che il più flessibile vince sul più specializzato sta provando a mettere un tablet dentro un pc, mentre tutti gli altri stanno ancora pensando a mettere features dentro i tablet che hanno in realtà già esaurito la loro spinta innovativa e hanno già integrato in un unico device tutte le features principali che si possono usare in mobilità.
@PippoBau
> Sono d’accordo su molti punti, ma non che questi device
> consumerizzati risolvano il problema di portare strumenti
> informatici a tutti rimpiazzando in gran parte i PC.
Difatti a mio parere non risolvono il problema “a tutti” ma lo risolvono alla larga fetta di utenti che oggi abbisognano semplicemente di pochi chip per accedere ai servizi più diffusi.
Conosco persone che, dopo iPad, stanno tornando ad un notebook (magari Apple), soffocate dalle restrizioni del device, dalla mancanza di una tastiera, dalla scomodità nell’uso prolungato. Quindi questa è gente che ha “perso” qualcosa nel passaggio al tablet.
Ma conosco anche persone che, dopo iPad, non hanno la minima intenzione di ricomprare un computer, “in any way, shape or form” come dicono di là. Questa è gente che ha “guadagnato” qualcosa.
In ultima analisi, tanto per tornare al titolo dell’articolo, per ora a guadagnarci è l’utente occasionale, a perderci è chi pretende ancora il controllo delle minutiae dei propri dati e del sistema.
A mio parere questa è la prima fase del cambiamento di paradigma, il cambio sarà completo con una probabile ibridizzazione di entrambi i concetti, deve ancora passare un po’ di tempo.
@Leo
In effetti entrambi stiamo parlando di quella fetta di mercato che non ha mezzi / voglia di gestire un PC e che si rivolge al tablet/smartphone in sostituzione di questo.
In realtà, i device che il tablet va a sostituire sono molti di più, e IMHO principalmente altri: il cellulare tradizionale, il navigatore, la fotocamera digitale, il lettore mp3 da passeggio, i mini lettori di filmati, le consolle tascabili, i palmari e organizer…
Ora, io credo che siano questi ultimi device ad essere cannibalizzati in maniera irreversibile dal concetto di tablet, qualcosa che in un unico device (quindi meno costo e meno ingombro) riesce a fare tutte quelle cose per cui si acquistavano questi device.
La cannibalizzazione è irreversibile per la maggiore flessibilità del tablet, per la sempre vera legge della convergenza tecnologica se x può fare anche quello che fa y e come lo fa y, allora non ho più bisogno di y.
Il punto chiave è che il tablet ci riesce e il PC, oggi, no, per semplicità, durata delle batterie e ingombri paragonabili agli originali… è proprio qui il perchè il PC, anche per i peccati di miopia dei produttori a cui accennavo (in parte inevitabili per la scarsa integrazione tra produttori di ferro, sistemi e software), non è in larga parte riuscito a sfondare.
IMHO quindi i tablet oggi stanno cannibalizzando non tanto il mercato dei PC, quanto i possibili mercati in cui il settore avrebbe potuto/voluto espandersi.
Ma domani, sempre per la legge della convergenza, perchè questa fascia di utenza dovrà preferire x (il tablet) a z (il pc), se questo potrà fare quello che fa il tablet, grazie a sistemi pensati per questo, minori consumi, eliminazione di legacy come le memorie meccaniche e la mancanza di hardware dedicato alla mobilità?
Oggi chi compra un tablet invece di uno degli n device che rimpiazza (es navigatore), non lo fa perchè ha bisogno di tutte quelle features, o perchè tutte le features di cui ha bisogno gliele può offrire solo un tablet… lo fa perchè è la scelta più logica sul mercato per coprire le n esigenze che l’utente sente e che sono coperte da un solo device invece di più di uno (es pc + navigatore + fotocamera).
Se domani il PC riuscirà ad essere la scelta più logica integrando di default tutti i device di un tablet e diventando competitivo su dimensioni e autonomia, sarà il tablet nella condizione di essere il prodotto meno completo che il prodotto più completo (magari con Metro più un emulatore di Android come già si vedono… due piccioni con una fava, senza nemmeno dover riavviare il sistema!) cannibalizzerà.
SEC e Morgan Stanley hanno riveduto al ribasso le stime di crescita per Facebook: “la migrazione di utenze al mobile produce, per utente, meno entrate pubblicitarie che dal desktop”.
Direi che con il tonfo del 10,43% di ieri un forte e chiaro “cosa si perde” da 11 miliardi di dollari è stato incassato oggi da Zuckerberg.
O meglio dagli azionisti che avevano creduto alla bolla del mobile: creasita a doppia cifra (fino a quando? che vuol dire fino a quando?) = tante utenze subito da infarcire di ads, in app, negli store, pure in der… e chissene se sono utenze doppie e triple di chi ha già il pc, o di chi prende lo smartphone per fare il figo con gli amici al bar e lo usa solo come telefono.
E ieri la prima parte della bolla è scoppiata.
Si attende a breve il resto per Applle e Google, e M$ appena sarà pronto 8.