Dopo avere iniziato la scorsa settimana la serie di post che avrà come topic l’impiego del carbone come fonte energetica, con un riferimento particolare alle rinnovate attenzione che esso sta suscitando nello scenario energetico globale, andiamo prima ad analizzare alcuni componenti degli impianti termoelettrici con un grado di dettaglio non offerto in passato, e con l’attenzione posta sulla particolare tipologia di combustibile in modo da comprendere al meglio le problematiche e le potenzialità di questa risorsa, tenendo presente che la grande parte delle spiegazioni che verranno fornite sarà comunque valida in generale per qualsivoglia Impianto Termoelettrico a Vapore.
CALDAIA A LETTO TRASCINATO ED A LETTO FLUIDO
La caldaia rappresenta la parte più voluminosa ed evidente di un impianto termoelettrico a vapore, quali sono gli impianti alimentati a carbone (ma non vale la relazione inversa, ovvero non tutti gli impianti a vapore sono alimentati a carbone), ed oltretutto rappresenta il primo componente della catena dell’impianto, facilmente riconoscibile perché appare come un parallelepipedo dalle dimensioni rilevanti, soprattutto in altezza, ed è costituito da pareti ottenute saldando tra loro i tubi dentro i quali scorrerà il fluido vettore fino a trasformarsi in vapore, come visibile nella seguente immagine:
Iniziamo la nostra analisi proprio da essa, esaminando le due configurazioni utilizzate:
- Caldaia a Letto Trascinato
- Caldaia a Letto Fluido
Di caldaie a letto fluido ne abbiamo già parlato in precedenza, in riferimento agli impianti di Termovalorizzazione dei rifiuti (ed ancora prima riguardo i Gassificatori) e qui riporto quanto già esposto.
Si tratta di un sistema che permette di tenere in sospensione il combustibile ed il letto di sabbia (che funge da vettore termico) nel quale viene miscelato attraverso l’utilizzo di forti getti di aria che generano pertanto una sorta di simil-fluido all’interno della camera di combustione, permettendo delle condizioni di combustione particolarmente favorevoli per la riduzione delle emissioni inquinanti rispetto ai sistemi a griglia, ed inoltre l’assenza di parti in movimento permette di non avere particolari problemi di manutenzione.
La configurazione della caldaia a letto fluido può seguire varie tipologie, ma il principio di base rimane analogo a quello esposto.
Con questo anche per oggi è tutto, l’appuntamento è come di consueto rinnovato per lunedì prossimo per proseguire la serie di post sul carbone, pertanto continuate a seguirci, sempre su AppuntiDigitali, sempre con la rubrica Energia e Futuro.
Nello scorso articolo ho notato molti commenti fortemente negativi a questo riguardo.
Fermo restando la mia posizione filosoficamente negativa nei confronti del produrre energia bruciando roba, non posso non considerare il FATTO che allo stato attuale, sopratutto a causa delle scelte fatte dai governi proni agli interessi delle sette sorelle, hanno relegato qualsiasi forma di power generation alternativa a mera curiosità scientifica, e non economicamente competitiva se paragonata al petrolio.
Quindi, ben venga sapere che ci sono tecnologie che non prevedono di bruciare fonti fossili e quindi non rinnovabili.
In fondo, si tratta sempre di energia solare, solo che condensata e distillata dagli alberi e altre forme di vita in epoche remote.
Invece, usando il carbone non fossile, si può ottenere un ciclo completamente ecosotenibile.
Infatti il legno da cui si ottiene il carbone è una fonte rinnovabilissima!!
Certo, le cose vanno fatte con cervello, e non alla cavolo, bruciando foreste vergini e disboscando i polmoni del pianeta.
Se però si alimentano le centrali a carbone con la legna proveniente da colture ad alta efficienza e in aree ormai irrecuperabili si può ottenere già con le tecnologie attuali degli impianti a impatto zero, grazie al fatto che si utilizzano processi biologici naturali per condensare l’energia solare e si restituisce all’ambiente soltanto il CO2 che è stato assorbito dalle piante nel loro ciclo vitale.
Tra l’altro si potrebbe ridurre facilmente l’effetto serra sotterrando parte di queste piante invece di bruciarle.
Coprire un’area di molti km quadrati di foreste a crescita rapida e usarle poi per produrre energia bruciandole è molto più eco-sostenibile, bello a vedersi, e economicamente fattibile che ricoprire la stessa area di pannelli solari.
Senza contare che il processo produttivo e di smaltimento dei pannelli è molto inquinante, e che trasportare l’energia elettrica è molto più complicato, costoso e inefficiente che trasportare legna.
Se poi si riuscisse a produrre un motore per autotrazione a carbone moderno (sviluppando i progetti già in uso durante la WW2)sarebbe il totale affrancamento dalle fonti fossili per quanto riguarda la produzione di energia… :-)
A proposito, colgo l’occasione per proporre a Simone di produrre un articolo sui sistemi per far camminare un’automobile con il carbone di legna.
Ricordo una puntata de “I meccanici del pianeta” in cui avevano trasformato un pickup con un gasificatore nel cassone per far andare il motore con il gas ottenuto dalla combustione della legna. :-)
Non so se ci sono altri sistemi più “furbi” per ottenere risultati simili.
@ Pozzame, i problemi sono la CO2 e CO prodotti con la combustione che vanno ad aumentare l’effetto serra e la conseguente modifica del clima.
@Shin_Shishi:
Perché?
Sempre parlando di carbone di legna, il CO e il CO2 che vengono rilasciati dalla combustione sono esattamente quelli che sono stati assorbiti durante il ciclo di vita della pianta. Come ho scritto.
Niente di più, niente di meno.
Quindi nessuna produzione di gas e nessun aumento di effetto serra.
Al massimo si potrebbe obiettare che sposti il CO2 da una zona all’altra del mondo, ma nel complesso non se ne crea.
@ Pozzame
gli interessi economici indubbiamente influenzano le decisioni, ma ti assicuro che le rinnovabili ricevono finanziamenti ingenti (e ci sono moltitudini di ricercatori che ci lavorano oltre che tantissime aziende interessate), ma i risultati pratici, quelli che ci permettono di accendere la luce, sono ancora immaturi senza per questo scomodare le sette sorelle
si fa già, si chiamano impianti a biomasse e non è necessario passare per il carbone… che tra l’altro sarebbe scadente come qualità (il buon carbone necessita tempi lunghi, molto lunghi, probabilmente troppo lunghi paragonati alla nostra vita)
ne ho già parlato, almeno come cenno:
http://www.appuntidigitali.it/16547/tra-combustione-e-pirolisi-il-processo-di-gassificazione-1a-parte/
@ Pozzamme : perché per ottenere il carbone dalla legna, devi btuciare 2 volte; la prima in bassa presenza di ossigeno per avere la carbonizzazione (e non ti sto a dire tutti i problemi legati alla formazione di CO), la seconda quando bruci il carbone con l’ossigeno ( e la liberazione della CO2 non è proprio “ecologica” viste tutte le conseguenze).
Coprire un’area di molti km quadrati di foreste a crescita rapida e usarle poi per produrre energia bruciandole è molto più eco-sostenibile, bello a vedersi, e economicamente fattibile che ricoprire la stessa area di pannelli solari.
Senza contare che il processo produttivo e di smaltimento dei pannelli è molto inquinante, e che trasportare l’energia elettrica è molto più complicato, costoso e inefficiente che trasportare legna.
caro Pozzame, purtroppo in queste due frasi sono contenuti degli errori fatali.
La fotosintesi, il meraviglioso sistema che ha la Natura di reggersi in controtendenza al degrado entropico, ha un’efficienza per unità di superficie estremamente bassa.
Per fare un esempio, se dedicassimo tutta la superficie agricola utile italiana alla produzione di biocarburanti, ne avremmo una produzione sufficiente a reggere il nostro parco veicoli per pochi giorni all’anno.
Quindi evviva l’uso di biomasse “fresche”, di segno opposto ovviamente rispetto al carbonio fossile, ma laddove si può, e in maniera commisurata alla capacità del territorio, come nelle cogenerazioni del trentino. Guai a pensare che possa essere una soluzione per l’economia nazionale. (pensa a che cosa significherebbe per la Sardegna del nostro Serra, per esempio. L’acqua è un fattore limitante non banale).
L’altro errore, perdonami, ma madornale, è questa lamentazione sullo smaltimento dei pannelli. Se parliamo di pannelli al silicio il problema non esiste. Lo ripeto: non esiste.
Alluminio, vetro, rame, silicio, drogaggi in tracce. Le parti plastiche sono quelle dei j-box e il foglio di EVA, che se facciamo un paragone con un televisore, un appartamento, un automobile.. ragazzi mi viene da ridere.
ah.. e sulla difficoltà di trasporto di legna e elettricità non mi esprimo.
Ragazzi, va bene tutto, ma qui proprio non ci siamo. Tutte le magnifiche lezioni che il Serra ci sta regalando descrivono accuratamente delle possibilità tecniche, degli scenari ingegneristici.
Ma valutare l’impatto di queste possibilità tecniche sull’ambiente, locale e globale, richiede uno sguardo diverso da quello necessario a sviluppare una tecnologia.
Io posso fare la migliore centrale a carbone, e sono bravissimo e utile a farla. Perchè una buona centrale a carbone è sicuramente meglio di una cattiva centrale a carbone, e magari – in un particolare passaggio strategico – magari è pure meglio di una centrale a gas (faccio per dire).
Ma una centrale a biomassa, la migliore possibile, deve sempre e comunque fare i conti con un territorio che deve fornirle il combustibile, e se porto le biomasse da lontano la mia equazione di equilibrio con l’ambiente va a farsi benedire. Questo non è un problema di chi progetta tecnicamente l’impianto, è un problema di chi lo deve proporre e gestire.
Inoltre ho una conoscenza di base, fondamentale e ineludibile, che mi dice che l’uso di combustibili fossili è sempre, comunque e indiscutibilmente negativo, perchè mi rende adiabatica la biosfera e mi manda in crisi tutto quanto. Quindi benissimo ragionare su TUTTI i sistemi di produzione dell’energia, ma con questa consapevolezza di sfondo.
L’uso di combustibili fossili è la madre di tutti i problemi dell’umanità, ed è una madre di natura termodinamica: se non posso dissipare l’entropia da un sistema lontano dall’equilibrio, semplice o complesso che sia, questo sistema non può più reggere il suo equilibrio interno e collassa. Muore.
Se siamo d’accordo su questo passaggio possiamo parlare – con tutta la consapevolezza possibile dei problemi legati all’abbandono dei combustibili fossili – di qualsiasi tecnologia. E allora un ottimo carbone mi può servire per sviluppare un passaggio tecnico economico, ma devo sapere che da lì me ne devo andare, e il più in fretta possibile.
Per concludere con una battuta alle considerazioni emerse in calce alla prima parte di questo articolo, sicuramente viziate da un’ottica poco disponibile al ragionamento, possiamo dire che il carbone può essere (e in tante parti del pianeta lo è e lo sarà, per forza o per amore) una fonte di energia (e non solo) per il domani, ma è bene che non lo sia per il posdomani. Per il futuro prossimo, ma non per un futuro medio o remoto.
Mi permetto inoltre di dire che sono “solo” considerazioni geopolitiche che possono farmi preferire, in determinati contesti, il carbone al metano. Ma dico così solo per banali considerazioni di natura chimica, può essere che esistano altri elementi tecnico produttivi che ignoro.
In ogni caso sempre un grazie sentito per questi splendidi approfondimenti.