Google.cn: che si fa, si chiude?

Si è parlato molto del caso Google China nelle ultime settimane. Riassumendo, dopo anni di tensione fra le misure censorie imposte dal governo cinese e le politiche di business di Google, in seguito a un massiccio attacco proveniente dalla Cina, Google si è pronunciata a favore della rimozione dei filtri di censura e dunque della cessazione delle operazioni in Cina (qui una timeline a cura della BBC).

Dopo il 13 gennaio, data dell’annuncio di Google relativo alla sospensione della collaborazione col governo cinese, abbiamo assistito ad una dura presa di posizione del Segretario di Stato USA Hillary Clinton contro le misure censorie del governo cinese su Internet, ma, ad oggi, nella pratica nulla è cambiato. Google.cn è ancora attivo, raggiungibile dalla Cina, con tutti i filtri censori imposti dal governo locale al loro posto.

La notizia di oggi proviene dal Financial Times (reperita via Geek.com) e dà come certa al 99,9% la chiusura di Google China.

Malgrado una posizione non maggioritaria – Google in Cina detiene un terzo del mercato, con la restante parte prevalentemente controllata dal locale Baidu – la decisione di Google non mancherà di impattare sul presente e sul futuro della società, quotata in borsa dal 2004: la Cina rappresenta dopotutto il primo bacino di utenti Internet al mondo – 384 milioni di utenti e tassi di crescita a due decimali.

Google cerca di tranquillizzare i suoi investitori sostenendo che la sua decisione non indichi una cessazione irreversibile delle attività cinesi, quanto piuttosto una presa di posizione contro le misure liberticide praticate dal governo cinese.

Il che ci lascia con una serie di punti interrogativi: qual è il peso della politica estera USA nella mossa di Google? Sarà davvero Google capace di abbandonare il più promettente mercato Internet mondiale nella prevedibile assenza di cooperazione del governo cinese – che non si è mai lasciato “tirare per la giacchetta”? E se in ultima analisi fosse tutta una “ammuina”, cosa resterebbe del buon vecchio “don’t be evil”?

In attesa che tutti questi dubbi si chiariscano, i rappresentanti del governo cinese hanno ribadito serafici che la rivoluzione di Internet in Cina proseguirà, alle loro regole, con o senza Google. D’altro canto c’è già una certa Microsoft pronta ad occupare lo spazio che Google lascerebbe, e pare non abbia la minima intenzione di sollevare obiezioni etiche. Del resto non ha mai neppure provato a convincerci di averne.

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