Google Buzz: contributi pubblici per default

Non voglio aggiungere questo pezzo al fiume di “prime impressioni” che sta inondando la rete relativamente a Google Buzz, un lancio – mi azzardo a prevedere – che non cambierà la storia delle telecomunicazioni per come le abbiamo conosciute finora.

Vorrei soffermarmi sulle implicazioni di un dettaglio piuttosto significativo, particolarmente in un momento in cui inizia a sollevarsi – era giusto ora – una certa consapevolezza relativamente alle implicazioni dei social network sulla sfera della privacy.

Stando alle dichiarazioni di uno dei relatori, in Google Buzz, ogni singolo buzz è per default pubblico, ovverosia visualizzabile e consultabile da chiunque, dunque disponibile per la ricerca locale – che coincidenza!

Chiaramente l’opzione è disattivabile – devo capire ancora bene come, purtroppo non è ancora attivo sulla mia mailbox – ma il ricorso a un sistema opt-out mi lascia piuttosto perplesso, particolarmente dal momento in cui stiamo parlando di dati georeferenziati, che possono condurre non solo all’autore, ma al luogo da cui “buzza”.

Il problema non è tanto rilevante per gli utenti più consapevoli, ma può rivelarsi molto grave per tutti coloro che già in Facebook hanno dimostrato di non avere alcuna cognizione del problema privacy – epico il caso della donna che aggiorna il suo status pubblico con un messaggio molto intimo diretto al suo amante.

Malgrado queste legittime preoccupazioni, tutti i social network spingono per far emergere sempre più dati degli utenti verso la sfera pubblica, in modo da rendere disponibile un flusso d’informazioni sempre più ampio e spuntare accordi più ricchi coi colossi della ricerca.

La georeferenziazione dei dati aggiunge un ulteriore elemento di criticità a questo scenario, rischiando di trasformare gli utenti meno smaliziati in inconsapevoli “antenne” del grande buzz informativo in tempo reale, dal quale poche aziende si preparano a ricavare fortissimi guadagni.

Cosa ci riserva il futuro? Un incremento di consapevolezza da parte dell’utenza, o piuttosto la trasformazione de facto della privacy nel sinonimo di “qualcosa di losco” – come lasciò intendere Eric  Schmidt qualche mese fa?

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