

Un evento insolito si apprestava tuttavia a sconvolgere l’ordinaria normalità cittadina: la caduta di un meteorite nelle vicinanze e, soprattutto, l’arrivo di alcuni feroci quanto inattesi ospiti.”
Più o meno è questo ciò che avrei scritto per introdurre la trama di un b-movie ambientato negli anni ’50 e centrato sul tema dell’invasione aliena, ed è in effetti quello che molti giornali, nel 1989, hanno scritto per introdurre It came from the desert che però non è un film ma un gioco, probabilmente il più “simile” a un film che si fosse visto allora sugli schermi di un Amiga.
Con la fida tazza di caffè fumante a fianco della tastiera, accompagnata per l’occasione da un lanciafiamme – risolutivo in caso di inattese invasioni di insetti alieni sul balcone – immergiamoci dunque in questo nuovo venerdì dedicato alla summer of love informatica e scopriamo, dopo aver parlato del magnifico Defender of the crown, questo straordinario titolo della gloriosa Cinemaware.

In perfetto stile Cinemaware, dopo la magnifica presentazione, il gioco si svolge seguendo una struttura multifase che combina strategia e azione, accostando una prospettiva in prima persona ad una visuale dall’alto, più la mappa tramite la quale è possibile decidere gli spostamenti.
Protagonista del gioco è il geologo Greg Bradley, accorso in tutta fretta sul luogo del misfatto per indagare sulla natura del meteorite: proprio a lui toccherà di incontrare per primo le temibili formiche giganti che infestano il territorio dopo la caduta del meteorite, ricostruire il nesso con l’impatto e, soprattutto, convincere la popolazione locale – la cui mentalità, come in ogni paesotto che si rispetti, viene dipinta come piuttosto chiusa – della gravità del pericolo.
Più che nello stroncare i malefici formiconi, la vera difficoltà del gioco risiede nel fattore tempo: il nostro prode geologo ha solo 15 giorni per convincere le autorità locali a chiamare la guardia nazionale per debellare il covo e sconfiggere definitivamente la formica regina, prima che un devastante attacco rada al suolo Lizard Breath, i suoi ridenti pub e drive in, le sue fattorie e tutti i suoi testardi abitanti.
Per portare a termine l’impresa è richiesta una fitta interazione con il pubblico locale e, benché esistano dei passi fondamentali da compiere, una serie di dettagli “superflui” aggiungono profondità alla trama e all’esperienza di gioco, sempre accompagnata da una colonna sonora che vena di angoscia il ridente paesaggio e la visione dei faccioni ingenui dei lizardbreathiani.
Ad aumentare la longevità di questa pietra miliare del gaming, arriva nel 1990, Antheads, di fatto un data disk per ICFTD, che riprende da 5 anni dopo la fine del primo capitolo. Entrambi i giochi nascono per Amiga (obbligatoria l’espansione a 1MB) e solo il primo capitolo viene portato, con cambiamenti notevoli e non proprio in meglio, su MS-DOS e sulla console Turbografx CD.
Più profondo, dettagliato e coinvolgente del già ottimo titolo di debutto della Cinemaware, il citato Defender of the crown, It came from the desert ha coi suoi predecessori in comune l’effetto mascella a terra™ frutto della combinazione fra cura grafica, sonora e gameplay. Un lusso che, vent’anni fa, era appannaggio dei soli possessori di Amiga.