Un rapido sguardo ai “computer” prodotti nei primi anni ’70 – un’epoca che, in ottica “personal”, potremmo definire proto-informatica – dà un’idea del caos creativo che andava scatenandosi in questa ancora microscopica fetta dell’industria americana. Oggetti delle forme più disparate, spesso semplici schede logiche prive di periferiche di I/O, popolavano i sogni proibiti di esigue nicchie di smanettoni: gente che oggi è spesso annoverata nelle fila dei pionieri dell’industria, per aver ricavato dalle prime scintille di questo big bang, grandi idee di business.
Con la seconda parte degli anni ’70, assieme al MITS Altair, arrivano una serie di sistemi basati su due architetture hardware fondamentali nelle prime pagine di storia dell’home e personal computer: MOS 6502 e Intel 8080.
Per la plurititolata e pluri-pessimamente-imitata rubrica dedicata ai days of wine and roses della tecnologia, ci occuperemo oggi del primo vero computer della Commodore, nonché uno dei primi personal in assoluto: il PET, frutto del genio commerciale di Jack Tramiel e dell’inventiva di Chuck Peddle, vulcanico sviluppatore del Motorola 6800 e del successivo, celeberrimo MOS 6502 .
L’accoppiata Peddle/Tramiel occupa un posto fondamentale nella storia del personal computer. Il primo perché, ritenendo il prezzo della sua creatura, il Motorola 6800, troppo elevato per agevolarne la diffusione di massa in una nuova generazione di dispositivi personali di calcolo, sviluppò il 6502 per la neonata MOS, con l’idea di fornire una CPU economica che rappresentasse – come puntualmente accadde – un buon punto di partenza per il nuovo mercato dell’home/personal computer.
Il secondo perché, dopo anni di attività nel settore delle calcolatrici, intravide – non unico ma certamente fra i primissimi – nella creatura di Peddle, per l’appunto un ottimo punto di partenza per un nuovo business, quello dei computer alla portata delle tasche di utenti e piccole aziende.
Procedette quindi, malgrado una situazione finanziaria non floridissima, ad acquisire MOS Technology e mettere Chuck Peddle a lavoro sul team di sviluppo di quello che sarebbe divenuto il primo passo di Commodore nel mondo dei computer, nonché primo e più incisivo tuffo – per quano i volumi in gioco fossero ancora minimi – del popolare marchio nel mondo dell’informatica professionale.
Lanciato nel 1977, mesi prima del TRS80 di RadioShack e dell’Apple II, il PET è uno dei primi personal computer “full featured” a giungere sul mercato. Il suo equipaggiamento ne fece fin da subito un oggetto estremamente appetibile per gli appassionati dell’epoca: alla CPU MOS 6502 a 1 Mhz sono affiancati 4KB di RAM espandibili a 32, un interprete BASIC scritto dalla Micro-Soft di Bill Gates e Paul Allen (in una delle versioni successive una easter egg il comando WAIT 6502,100 riempiva lo schermo con la parola MICROSOFT), lettore di cassette e schermo integrati (prima da 9″, successivamente da 12″), abbondanti possibilità di espansione esterne e interne, sistema operativo incluso nella ROM e alcune primitive funzioni grafiche.
Il prezzo di debutto, figlio della politica commerciale di Tramiel basata sul motto computers for the masses, era estremamente competitivo: 595 dollari, quanto bastava per sommergere la Commodore di ordini. Fiutato l’affare, Tramiel fu subito pronto a cavalcare l’onda, predisponendo una serie di versioni successive più costose e meglio equipaggiate, oltre a sviluppare, internamente e tramite accordi esterni, un parco software in grado di soddisfare le esigenze dell’utenza privata e professionale.
Fra le evoluzioni del PET, vale la pena di ricordare il SuperPET, uno degli ultimo modelli e senz’altro fra i più interessanti dal punto di vista tecnologico. Sviluppato in collaborazione con il dipartimento di computer science dell’università di Waterloo, Ontario e lanciato nel 1981, affiancava al MOS 6502 una CPU Motorola 6809 con ulteriori 64KB di RAM.
Ribattezzato anche MicroMainframe, SuperPET offriva una serie di strumenti idonei alle applicazioni tipiche della ricerca in ambito informatico: i linguaggi MicroAPL, MicroFORTRAN, MicroBASIC, MicroPASCAL, MicroCOBOL precaricati in ROM assieme al BASIC 4.0 di Micro-Soft e tutto l’occorrente per lavorare offline su mainframe, e quindi connettersi per uploadare tutto il lavoro svolto nella sessione.
Al SuperPET seguì la linea CBM-II (1982), con notevoli miglioramenti architetturali sul fronte dello storage di massa, della grafica e del sonoro e la possibilità di usare add-on cards con CPU Z80 e 8088. I tamburi della IBM battevano tuttavia a pieno ritmo e la Commodore, forse in conseguenza dei pochi margini derivanti dall’aggressività delle politiche commerciali, non supportò il nuovo nato con abbastanza pubblicità da imporlo al mercato professionale come un’alternativa al PC.
Nel frattempo i fatturati provenienti da sistemi a vocazione prettamente domestica, Vic-20 e il nuovo Commodore 64 su tutti, andavano crescendo, il che contribuì ad allontanare dal mondo business il focus dell’azienda – che di lì a poco sarebbe rimasta orfana di Tramiel, un momento che molti individuano come l’inizio della sua fine.
PET rimane dunque il più mirabile risultato dell’avventura Commodore – o meglio CBM, Commodore Business Machines – nel mondo professionale. Un’avventura ripresa nel 1984 con una serie di PC senza infamia e senza lode e conclusa all’insegna della più crassa incapacità manageriale, cui si deve il confinamento, degenerato in soffocamento, dell’Amiga nel mercato videoludico.
A ben vedere sembra che abbiano fatto di tutto per farla saltare quest’azienda… si sono veramente messi d’impegno, non era facile con le carte che avevano in mano riuscire a mandare tutto a pu…. ma ce l’hanno fatta.
Di questo PET poi non ne sapevo niente, ma leggendo sembra che fosse davvero non male nelle sue versioni sucessive.
Il Commodore PET è uno dei pochi modelli di computer della famiglia Commodore che ancora mancano alla mia collezione di retrocomputer. Alcuni mesi fa su Ebay un venditore italiano ne proponeva uno (in condizioni estetiche e funzionali eccellenti) ad un prezzo (almeno per le mie tasche) troppo elevato: 600 Euro (come dire, un rene).
Troppo, per un ragazzo come me che pur non avendo ancora famiglia, deve mantenere una coppia di simpatici criceti (li ho chiamati Agnus e Denise; i possessori di un Amiga sanno a cosa mi riferisco…).
Sono d’accordo con chi afferma che la fine dell’epoca Tramiel in casa Commodore ha decretato la fine (avvenuta comunque dopo diversi anni) della stessa azienda.
Se non ricordo male, Jack Tramiel fu “invitato” a lasciare la Commodore dopo l’immissione disastrosa nel mercato dei computer con processore TED (commodore 16, plus 4 e commodore 116), praticamente incompatibili col più diffuso C=64.
Tramiel approdò alla Atari che di lì a poco realizzò l’Atari ST, definito dal sottoscritto come il fratello mongolo dell’Amiga.
Il resto della storia è noto a tutti (ne parlavo proprio l’altro giorno con la donna che pulisce le scale del condominio); la Commodore negli anni successivi è stata amministrata da personaggi che hanno letteralmente “sodomizzato” l’azienda e tutti gli utenti dei computer Commodore, per la gioia di zio Bill e della grossa Mela…
Un vero peccato…
Ciao a tutti!
Tramier era uno squalo, un autentico mastino, ma dopo averlo odiato per aver cercato di fare le scarpe alla Commodore dopo che se n’era andato, devo ammettere che come uomo d’affari non mi sarebbe dispiaciuto se avesse continuato a lavorarci.
Certo, sbagli ne ha fatti pure lui, ma è anche vero che ha dato enorme lustro alla Commodore. Che si sono mangiati poi Irvin Gould e il suo amico sceicco.
I PET li ho conosciuti nei primi anni ’80. Erano dietro una vetrina di un negozio di accessori per ufficio, e ogni volta che passavo davanti letteralmente ci sbavavo dietro…
x antigoriu
frendi il terzo, manca Paula ;)
anche io non mi sono mai spiegato il tracollo della commodore, chissà che è successo.
Un consiglio per tutti gli orfani di mamma Commodore e di quell’epoca lontana…
Leggetevi l’ottimo libro di Brian Bagnall “On the edge : rise and fall of commodore” (ed. variant press).
Non esiste traduzione Italiana ma è veramente LA lettura definitiva per capire cosa era Commodore,come divenne Commodore e come morì…
@Cesare Di Mauro
A Piacenza?
Lo chiedo perche’ anche a Piacenza, dietro ad una vetrina di non so cosa (ma non di computers) ce n’era uno in esposizione. Ci sbavai davanti per tutta la fine degli anni ’80 e primi anni ’90. Un giorno, deciso ad entrare e chiedere cosa voleva per il gioiellino scoprii che il negozio aveva chiuso.
Che sf…
CIao
No, ero a Siracusa. E se non ricordo male il negozio era un “Registro Buffetti” o qualcosa di simile.
P.S. Quanto a sfiga io non sono da meno. :D
Nel 1983-85 ne ho programmato uno in Basic, ed i programmi scritti per C64 girevano (ma non sempre viceversa) su PET.
Quello che avevo a disposizione aveva ben due unità Floppy Disk. Per me era anche superiore al ben più blasonato Apple II
>ben più blasonato Apple II
cavolo devo commentare il modo diverso…
dicevo
se non che l’Apple II e’ stato il primo hw opensource. Te lo potevi ricostruire a casa :O
La commodore subì un marketing errato. Per qualità tecniche era la macchina più adeguata per l’editing video/audio e di foto. Ancora oggi il sistema di multiscreen è possibile solo sugli amiga. Nessuuno UNIX e derivati (come Linux), nessun APPLE, nessun Microsoft o altri pc sono in grado di supportare pià risoluzione sullo stesso screen. (Pensate per esempio di avere due desktop traslabili, uno a 1024 e uno a 1280… impossibile, solo Amiga) Il multitasking e il sistema a coprocessori sono state tutte novità (ancora oggi utilizzate) introdotte da Amiga. Zio Bill lo sappiamo come ha fatto a conquistare il mercato, con la pirateria, con una strategia perfida ma allo stesso tempo geniale. La grande mela dopo aver succhiato (in ritardo) dalla Xerox (come Microsoft) rischiò il fallimento a causa anche di un Jobs altalenante e lunatico. La vincente elettronica di Steve Wozniak finkè era venduta dal “commerciale” Jobs fece funzionare la Apple… parliamo dell’era Apple I, II fino ai lisa forse. Poi il tracollo. Per fortuna della grande mela l’arrivo del digitale portò al fallimento di una grande azienda che produceva materiale analogico per la grafica (parliamo di font trasferibili, la bibbia della grafica di 30-40 anni fa). E bene la grande mela gli prese il mercato e diventarono uno standard per il mondo della grafica. E la Commodore? Bè, grazie ai succhiasoldi pagati da altre aziende l’Amiga si vendeva solo come macchina LUDICA. Vuoi giocare? Amiga. Vuoi lavorare? Allora fatti un PC. Falso, il PC erano indietro come le palle del cane sia come software che come hardware. Ho 27 anni, l’ho vissuta l’era dei PC… orrendi. 286, 386, 486… che cancheri! Ebbene l’uscita delle consolle dedicate decretà il fallimento completo della Commodore prendendogli anche quella fetta di m ercato che avevano. Produssero un CDTV (Motherboard del 500 + CD) per buttarsi nel multimediale e un CD32 (Motherboard de 1200 con lettore CD integrato e senza floppy) che fu la prima consolle a 32Bit e l’unica che andava a CD (standard) e non a cartucce proprietarie. Eppure non valse la pena per vincere la scena delle consolle ludiche. Perchè? Quanta pubblicità avete visto su NINTENDO NES o sul SEGA MASTER SYSTEM? Tante. E sul CD32? Nessuna. Tramiel vendette il C64 nei supermercati… quello era marketing. I successori furono dei falliti e dei corrotti. Peccato. Fortuna oggi il web e l’open source lascia vivere l’Amiga e il suo fantastico sistema.
Per appassionati e collezionisti: http://www.ce-co.net
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