OGM e Bio, il diavolo e l’acqua santa?

OGMOrganismo Geneticamente Modificato. Basta un acronimo di tre lettere per far nascere una fazione, quella dei contrari, armati di certezze, paure e convinzioni, tirate addosso nel momento del bisogno all’interlocutore che la pensa diversamente. La connotazione attuale dell’acronimo OGM, è inutile negarlo, è a tinte fosche. OGM è visto come qualcosa di assolutamente negativo, da evitare o da scongiurare a mezzo di leggi Comunitarie e Nazionali, per salvaguardare il bene comune, un territorio in stile pubblicità Valle Degli Orti su cui incombe questa lugubre minaccia, come se fosse la mano guantata di un bioignegnere uscito di senno con manie di onnipotenza.

Ne è testimone la casalinga della pubblicità: ci rassicura, con un sorriso che non ammette repliche, che i prodotti X non sono OGM. Fidatevi di me che sono mamma, sembra volerci dire. Non riesco a tacere su quella che è di fatto una mistificazione degli OGM. Parliamo dell’insulina per i diabetici, che in molti ritengono di sintesi, ovvero realizzata con procedimenti chimici (ritenuti ovviamente molto meno dannosi degli OGM, chissà perché). A dir la verità, è l’Escherichia coli, un batterio molto diffuso anche nel nostro intestino, a fornirci l’insulina. Non lo ha sempre fatto di sua spontanea volontà, però. E’ stato modificato geneticamente per produrre l’insulina, opportunamente usata ed infialata dalle aziende farmaceutiche. Morale: i milioni di diabetici in tutto il mondo possono condurre una vita normale o quasi. Se c’è un diabetico contrario agli OGM a tutti i costi, dovrebbe riflettere su questa cosa. Se conduce una vita normale, lo deve ad un batterio OGM e all’equipe di bioingegneri che lo hanno creato.

Si parla molto di naturale, bio, eco-solidarietà. L’immagine che ci viene offerta è quella di un contadino che pianta un fagiolo “normale”, di solito sotto un sole sfiancante, pago del rispetto che nutre per la Natura, coriaceo nei confronti dei colpi sferzati dalle sirene dell’OGM. La Natura apprezza, ricambiando con gran copia di ortaggi perfetti e frutti impeccabili. Ho usato le virgolette per quel “normale” riferito al fagiolo (ma vale anche per molte altre piante, sementi e persino qualche animale), non a caso. Nei millenni l’uomo ha provato, assaggiato, selezionato e incrociato migliaia di specie animali e vegetali, realizzando di fatto nuove specie non certo presenti in natura. Quel fagiolo è il frutto della paleo-ingegneria genetica, iniziata millenni or sono.

Facile capire dove voglio arrivare: sono OGM anche quelli, a tutti gli effetti e senza distinguo. Certo, oggi bruciamo le tappe grazie alla scoperta del DNA, resa famosa a a metà del secolo scorso grazie al noto articolo su Nature di Watson & Crick, ma i nostri antenati hanno fatto la stessa cosa. Hanno selezionato le piante con i frutti migliori, hanno fatto estinguere quelle “inutili”, hanno incrociato razze e creato il cane perfetto per il pascolo, il mulo per avere la forza del cavallo e la tenacia dell’asino, il mandarancio. La lista è lunghissima, e sono tutti tecnicamente OGM. Viene quindi da sorridere quanto sulla scatola della pasta di legge “No OGM. Solo grano di prima qualità accuratamente selezionato”. Come la mettiamo, mamma della pubblicità?

Con questo mio sfogo, sia chiaro, non voglio fare un elogio senza condizioni agli OGM. Sarei miope e stupido se non vedessi alcuni pericoli nella manipolazione genetica. Senza contare che sto omettendo volontariamente tutti i discorsi di natura etica. Ancora una volta però l’informazione generalista non è sempre corretta e completa, e vorrei nel mio piccolo correggere il tiro almeno su un aspetto. Provate a chiedere alla massaia al supermercato perché non compra prodotti OGM. Al 90% vi dirà: “perché fanno male“. Sbagliato. La massaia però non ha colpa, è quello che migliaia di opuscoli e pubblicità  ingannevoli vogliono inculcarci, spesso per vendere prodotti bio ad un prezzo doppio del normale, facendo leva sulla salute. Nel dubbio, chi osa contraddire?

Non è il prodotto OGM a fare male. Non ci viene un’eruzione cutanea se mangiamo un pomodoro OGM. Non passiamo tre giorni in bagno se mangiamo un fagiolo OGM. Il potenziale pericolo è  a monte, non nel frutto. Di solito gli organismi OGM sono fatti per fornire raccolti abbondanti e per essere più resistenti alla siccità e agli insetti. Il vero pericolo, sottovalutato e mai  sufficientemente pubblicizzato (meglio sventagliare il generico pericolo per la salute) è quello di ridurre drasticamente la variabilità genetica fra le piante dello stesso tipo a livello mondiale. Ipotizziamo che effettivamente il nostro fagiolo OGM sia un successo. Piante con frutti abbondanti, resistente a tutto, poco costose, che permettono di sfamare il doppio delle persone a parità di piante rispetto al “modello” precedente. Viene naturale pensare che tutti i coltivatori lo vogliano nel propri campi. Non solo: una pianta così resistente potrebbe diventare invasiva, e crescere spontaneamente rubando spazi alle piante antagoniste.

Una situazione di questo tipo è rischiosissima. Avere una bassa variabilità genetica è sempre un rischio. Adesso quel fagiolo resiste a tutto, ma se domani i parassiti evolvono in qualcosa di diverso, magari ghiottisismi di QUEL fagiolo? Ciò si tradurrebbe in una carestia a livello mondiale, su larghissima scala, di estrema gravità. Il pericolo più grave che corriamo con gli OGM è questo: avere una bassa variabilità genetica che rende vulnerabili alle mutazioni naturali. Con una più alta variabilità genetica (ovvero con un gran numero di piante di fagioli differenti fra loro, tornando al nostro esempio), è molto più probabile che qualcuna di queste sia resistente alla nuova minaccia, sia essa climatica o dovuta a parassiti.

OGM quindi pericolosi? In alcuni casi potenzialmente sì, in altri decisamente utili. Valga su tutti il caso dell’insulina. Il mio invito è quindi quello di non fare mai di tutta l’erba un fascio, in quanto non sempre la realtà è come ci viene dipinta. OGM non è sempre sinonimo di male, non sempre è Bio quello che ci fan credere. Se ne esce ragionando con la propria testa alzando lo scudo verso l’informazione superficiale.

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