Sentenza dell’Aquila: una condanna alla (mancata) comunicazione scientifica

Questo pezzo fa il paio con un contributo pubblicato ieri da Simone, in merito alla sentenza che ha colpito i membri della commissione Grandi Rischi. Tutto quanto leggerete non tiene ovviamente conto delle motivazioni della sentenza, che verranno depositate fra alcune settimane. Abbiamo ritenuto di esprimerci sul tema comunque, prima che altri argomenti seppelliscano l’attuale dibattito, dispostissimi a prendere atto di qualunque nuovo elemento emerga nei prossimi giorni.

Ricordiamo che piu di due anni fa ho commentato in queste pagine le accuse sferrate contro gli scienziati della Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi. I componenti di questa commissione, infatti, che altro non è che l’organo di consulenza tecnico scientifica del Dipartimento della protezione civile, sono stati accusati di avere avuto delle responsabilità per la morte di molti dei cittatini e residenti Aquilani, poiché invece di dare l’allarme sulla presenza di un imminente terremoto, hanno lasciato che la popolazione venisse tranquillizzata. In particolare, è sotto accusa la conclusione della riunione tenutasi a L’Aquila in data 31.03.2009, quando i membri della commissione non sono riusciti a fornire informazioni sufficientemente utili alla popolazione.

Prima di entrare nei dettagli, esporrò subito la mia opinione. Rimango dell’idea, come ho scritto nel mio post di due anni fa, che è sempre troppo facile puntare il dito verso la scienza, dimenticandosi che la scienza non è un’opinione, ma la sua interpretazione può esserlo. È però anche vero che la commissione grandi rischi qualche responsabilità ce l’ha. Non sta a me giudicare se la sentenza è giusta, sbagliata o esagerata (anche se faccio fatica a pensare che non sia esagerata), i magistrati sono lì per questo, ma da appassionata di comunicazione scientifica posso solo dire che trovo questa sentenza l’ennesima prova che gli scienziati devono uscire dalla propria torre d’avorio e cominciare a spiegare alla gente quello che stanno facendo, facendosi capire da tutti. Ormai la scienza non è più rinchiusa tra le mura di qualche laboratorio o nella vita di qualche ricco studioso, ormai coinvolge tutti.

I medici devono saper spiegare perché una medicazione è valida e una no, o quali sono le conseguenze dell’inseminazione artficiale, delle cure ormonali e così via. I fisici devono saper spiegare quali sono i rischi legati al nucleare e alle radiazioni ionizzanti, o alle radiazioni non ionizzanti dei cellulari. I geologi devono spiegare perché non si può costruire un hotel sulla cima di una scogliera, o quello che sappiamo su terremoti, tsunami e eruzioni vulcaniche. Dare risposte di cui la popolazione deve semplicemente fidarsi non basta più. E devono essere gli scienziati in prima persona a parlare, non lasciare che politici o altri personaggi interpretino la loro posizione secondo la propria agenda del momento.

E, secondo me, questo è quello che è successo all’Aquila. La commissione ha analizzato la situazione e, in pratica, deciso che non avevano idea di cosa sarebbe successo. Vuol forse dire che pensavano non ci sarebbe stato un terremoto? No! Ma non vuol dire nemmeno che pensavano che ci sarebbe stato. Semplicemente non ne avevano la più pallida idea. Perché? Semplicemente perché non c’è modo di predire un terremoto. Ebbene, era questo che dovevano dire, chiaramente, con la propria voce, a tutti. Volete andarvene? Andatevene. Volete restare? Restate. Perché, ahimè, noi non possiamo aiutarvi a decidere. Invece quale messaggio è passato? Quello di De Bernardis, in cima alla lista degli imputati, che ha detto: “non c’è un pericolo, io l’ho detto al Sindaco di Sulmona, la comunità scientifica mi continua a confermare che anzi è una situazione favorevole perciò uno scarico di energia continuo, e quindi sostanzialmente ci sono anche degli eventi piuttosto intensi, non sono intensissimi, quindi in qualche modo abbiamo avuto abbiamo visto pochi danni”.

Ora, non dico di essere Stephen Hawkings o Brian Greene, ma se mi dicessero di spiegare la connessione tra sciame sismico e un conseguente terremoto, non mi sognerei minimamente di dirlo così. Quello che immagino De Bernardis volesse dire è che se il terremoto ha un’energia potenziale di 100, può rilasciarla tutta insieme, ma può anche rilasciarla un po’ alla volta. Le scosse precedenti si portano via un po’ dell’energia totale, ma resta il fatto che il terremoto finale ne ha comunque tanta! Ben lontano da dire che “non c’è un pericolo”. Tra l’altro sembra anche che questa frase sia in realtà falsa: vediamo da questo post di Marco Cattaneo, scritto poco dopo il terremoto, che uno sciame sismico non ha una correlazione sufficiente con il “big one” da poter servire da riferimento, né in un senso né nell’altro.

Il problema di questa cattiva interpretazione è spiegato bene nel post del matematico Maurizio Codogno. La logica è una scienza molto importante che, se non capita bene, può portare a conclusioni molto sbagliate. L’esempio tipico è: tutte le stelle sono fatte di gas. Marlyne Monroe è una stella. Quindi Marlyne Monroe è fatta di gas. L’induzione funziona solo se applicata nel modo corretto. In questo caso assumere che siccome lo sciame sismico non implica che ci sarà un grande terremoto non vuol assolutamente dire che la presenza dello sciame sismico implica che NON ci sarà un terremoto. È una bella differenza.

Insomma, la commissione non avrebbe potuto prevedere il terremoto. E su questo siamo tutti d’accordo. Al contrario di quello che molti pensano, nessuno li ha accusati di questo. Come è possibile leggere direttamente dalla requisitoria, il problema è che non è stato comunicato nel modo corretto il rischio che avrebbe potuto esserci un terremoto. E questo si sapeva. Si sapeva perché quella è una zona altamente sismica e prima o poi un terremoto di quelli potenti c’era da aspettarselo. Il problema è che secondo l’accusa  “Sono state fornite dopo la riunione informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell’attività sismica vanificando le attività di tutela della popolazione”.

Secondo i PM gli imputati “sono venuti meno ai doveri di valutazione del rischio connessi alla loro funzione” soprattutto, direi, dal punto di vista dell’informazione. Queste notizie rassicuranti “hanno indotto le vittime a restare nelle case”. Questa conclusione dei PM è secondo me dovuta al fatto che nessuno ha capito che il rapporto della commissione non era rassicurante, la popolazione non aveva nessuna ragione per interpretarlo così. Però è successo, e secondo me è impossibile non dare qualche responsabilità alla commissione: se sei uno scienziato è tuo dovere spiegare nei minimi dettagli quello che sai e quello che non sai. Invece hanno lasciato la parola alla stampa e alla politica (come sappiamo dalle intercettazioni fatte a Bertolaso), lasciando così la patata bollente in mano ad altri, che l’hanno usata secondo i propri interessi.

Quindi secondo me siamo di fronte a un processo al capro espitatorio di turno, ma uno scienziato responsabile dovrebbe evitare di finire in una situazione del genere, spiegando il proprio lavoro e la propria opinione nel modo migliore e più dettagliato possibile. Detto questo, mi auguro che ci si renda conto della differenza tra omicido e imperfezioni nella comunicazione…

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