Se non sapete cosa sia SOPA, dovreste saperlo. In breve si tratta di una proposta di legge del che pone fuori legge molte delle tecnologie e delle prassi su cui è fondata Internet, per fare un favore ai soliti noti – i titolari di diritti d’autore.
Non che Internet per questi ultimi rappresenti il luogo più sicuro, anzi, ma è davvero deprimente vedere come, al reiterato e clamoroso insuccesso nel farne un luogo di business, corrisponda un proporzionale sforzo di combatterne i principi fondanti sul terreno legale.
Veniamo ai fatti: dopo molte azioni di boicottaggio contro aziende Internet e non cher supportano SOPA, Paul Graham, fondatore di uno dei più visibili VC americani – YCombinator – ha tradotto in pratica la sua avversione bloccando le aziende che supportano SOPA – fra cui si annoverano nomi di grande prestigio, qui la lista – dall’accesso allo YCombinator Demo Day, una giornata dedicata all’attività di mettere in contatto imprenditori con investitori.
Si tratta di una scelta difficile per un venture capitalist, anche per uno con una enorme leva sugli investitori come YCombinator. È però un “metterci la faccia” molto rispettabile – come rispettabili sono, a modo loro, i supporter di SOPA, certo più di quelli che attendono alla finestra con le dita incrociate.
A Graham dunque il merito di aver assunto una posizione impopolare, laddove con qualche contorsione dialettica o piuttosto col solo silenzio, avrebbe potuto unirsi alla lista già numerosa di aziende new economy che, dopo aver prosperato in tempi di manica larga, oggi pretendono di congelare lo status quo. Fra costoro ricordiamo i membri della Business Software Alliance (BSA), fra cui Apple, Dell, Adobe, Microsoft, Intel.
È dunque a Graham e chi come lui ha avuto la faccia di opporsi a una legge che ritiene iniqua, che penso quando vi auguro e mi auguro, un 2012 all’insegna del mettersi in gioco per ciò in cui si crede: che finalmente anche in Italia non ci sia merito senza assunzione di responsabilità.
Ora come ora il rischio più concreto per il web come lo conosciamo è la consumerizzazione dell’accesso alle risorse remote: non più tanti browser liberi che accedono ai contenuti pubblicati secondo gli stessi standard per tutti, ma una pletora di apps che 1) tengono in ostaggio i dati creati dai propri clienti, e 2) sono unico accesso alla propria piattaforma di vendita o noleggio dei contenuti pubblicati dai content creator.
AOL 15 anni fa ha fallito nel tentativo di frammentare l’esperienza online in modo da recintare il proprio bacino di utenti (paghi me e compri/noleggi solo quello che sta bene a me), evidentemente in 15 anni il cervello medio dell’internauta si è notevolmente ristretto se oggi ci sono milioni di criceti che accettano imposizioni come iTunes e simili…
Il testo della proposta di legge è la solita vecchia storia, secondo me. L’ennesimo tentativo maldestro di voler imbavagliare Internet nel tentativo di tutelare gli interessi di coloro che lo vogliono usare come canale di vendita.
Posso essere d’accordo che non sia giusto che da Internet si possa scaricare di tutto, ma è l’approccio per combattere questo fenomeno ad essere sbagliato: quello che deve cambiare è la mentalità di chi vuole fare affari su Internet.
La gente spende 600 euro per uno smartphone e 2000 per una super-TV LED: ma poi si ingegnano nelle maniere più fantasiose per… piratare i contenuti!
E’ lì che i content-provider dimostrano una mentalità *vecchia*, quella del bastone anziché della carota: dovrebbero guadagnare la fiducia di quella parte di consumatori che ritiene meno seccante pagare una cifra onesta per un servizio di qualità piuttosto che sbattezzarsi per scaricare un film dalla baia.
Con un approccio del genere, secondo me, la pirateria diminuirebbe parecchio, spontaneamente.
u.
@pippobau: non trovo il minimo collegamento fra il tuo commento e il tema dell’articolo.
straquoto quanto detto da PippoBau.
Ma c’è un sito anti-SOPA abbastanza importante che posso linkare dal mio blog, con un banner o qualcosa del genere?
@Uebmaestro
Il collegamento c’è eccome.
Via legge ormai lo hanno capito anche i muli (quindi tra 20 anni ci arriveranno anche gli azzeccagarbugli) che non si riesce a fare nulla per un enforcing aggressivo del diritto d’autore come vogliono le major – o meglio, più che diritto d’autore: diritto di chi tiene in ostaggio gli autori di contenuto, piccoli o grandi, avendo il controllo del mezzo su cui transitano le mandrie di clienti da mungere.
Semplicemente, sul web come lo conosciamo oggi non c’è modo di riuscirci, figurarci imporlo per legge.
Ora, basta dire che fa figo avere lo smartfonino (e paghi, molto più salato di un netbook) always on (e paghi) con le app da cui accedere agli esclusivi store di musica, foto, filmati ecc… e il gioco è fatto.
Un bel giocattolo che il 99% degli utenti riempirà di contenuti a pagamento passando non per il web tradizionale ma per i canali di chi gestisce la varie apps (esattamente quello che AOL voleva fare 15 anni fa).
Più preoccupante ancora, il controllo delle apps come piattaforme preferenziali (su quei device) di accesso ai contenuti, per come funzionano gli app store che ci mettono nulla a sbattere fuori o “non promuovere” un app, togliendola di fatto dal mercato di massa del pubblico medio di quei device, fanno in modo che sia anche estremamente semplice imporre censure su informazioni e contenuti, e altre cosucce come impedire la concorrenza di app analoghe a quelle “di sistema”.
E senza bisogno di leggi e controlli la mandria potrà essere tranquillamente tosata e controllata, by design.
Ok la legge è esagerata perchè pone dei seri limiti alla libertà di internet.
Rimane il fatto che le persone scaricano illegalmente musica film e giochi come se piovesse e non è giusto.
Non è giusto perchè come per le tasse noi che paghiamo siamo costretti a pagare anche per loro altrimenti potremmo pagare molto meno.
Comunque app o non app non c’è nessuna censura o controllo visto che sui dispositivi si possono usare sia gli store che caricare i propri file, le preoccupazioni sono solo per i pirati perchè da un momento all’altro la manna potrebbe finire, ma al momento non è facile bloccare l’illegalità senza ledere i diritti delle persone
@Moreno
Se non è giusto scaricare materiale audio/visivo da internet, sai spiegarmi perchè allora devo pagare un equo compenso (grazie alla legge Bondi) su tutti i supporti di memoria digitali (compresi supporti per fotocamere, e qui si va sul ridicolo..)?
L’equo compenso sarebbe proprio per compensare i mancati introiti derivati dalla duplicazione digitale del materiale audio/video su più dispositivi.
Il virtuoso di turno mi risponderà che la tassa (ma guai a chiarmala così, Bondi si offende!) è riferita ai contenuti di cui si dispone già un supporto fisico e che si voglia copiare, ad esempio, sul pc di casa o telefonino.
Peccato che il 99% dei supporti originali abbiano severissimi sistemi anti-copia il cui “hackeraggio” è illegale (oltre che essere una procedura molto lunga e laboriosa, quando riesce..).
Pertanto, riassumento, se è illegale scaricare audio/video coperto da copyright da internet ed è illegale copiare i propri supporti originali, egregio Bondi mi spiega perchè devo pagare una TASSA anche sui sopporti vergini?!!??!?
Questo speech di Doctorow e’ interessante:
http://www.youtube.com/watch?v=HUEvRyemKSg
@windswalker “… sai spiegarmi perchè allora devo pagare un equo compenso… ”
Beh, questo mi sembra evidente. Si tratta dell’ennesima gabella giustificata da una motivazione di facciata (in questo caso una regalìa alla SIAE). Hai presente le accise sulla benzina? Introdotte e mai eliminate. Ecco, stessa cosa.