Ricerca Scientifica – tra fascino, mistero e realtà (1a puntata)

Le polemiche scaturite attraverso i commenti agli ultimi post (rivelatisi piuttosto “caldi”) di queste settimane, hanno spesso portato alla ribalta la parola ricercaricerca sulle rinnovabili, investimenti sulla ricerca, più soldi alla ricerca… insomma… la parola dominante è stata una sola… “la RICERCA“… ma siamo sicuri di conoscere per davvero di cosa si tratta e cosa tutto implica questa parola?

RICERCA – UN TUFFO AGLI ALBORI DELL’UOMO

Appare evidente a tutti come in ciascuno di noi sia insita una naturale propensione alla scoperta, una curiosità che ci spinge a conoscere sempre nuove cose od anche solo a comprendere meglio le cose che ci circondano.

Tale propensione alla scoperta rappresenta senza dubbio il motore che nei secoli, fin dalla comparsa dell’uomo (tralasciando considerazioni Creazioniste od Evoluzioniste, pertanto considerando quando l’uomo ha manifestato i caratteri distintivi che lo rendono tale), ha portato al continuo miglioramento delle condizioni di vita attraverso la scoperta (e l’invenzione) di fenomeni ed utensili che hanno contribuito fortemente a tale trasformazione.

Se tutto ciò appare distante anni luce dal concetto di ricerca del presente, in realtà esso ha rappresentato i primi passi del lungo percorso che ci ha condotti sino ai giorni nostri.

Saltando ora al presente, possiamo iniziare a riflettere sul contenuto del termine “Ricerca”.

RICERCA SCIENTIFICA – SCOPERTE ED INNOVAZIONE

La ricerca nei giorni nostri rappresenta una delle attività ritenute più importanti in quanto sono le scoperte e gli sviluppi tecnologici che essa consente ad operare come volano per il miglioramento della comprensione di ciò che ci circonda così come del miglioramento degli strumenti che quotidianamente entrano in qualche modo a fare parte della nostra vita.

Se da una parte, come detto poco fa, la ricerca scientifica ci permette una maggiore comprensione dei fenomeni e di ciò che ci circonda e dall’altra permette lo sviluppo e l’invenzione di nuovi e migliori strumenti per le nostre attività, non è ardito definire due grandi categorie (in molti casi puramente formali) che corrispondono a questi punti estremi:

  • Ricerca Scientifica di Base
  • Ricerca Scientifica Applicata

Se pensiamo ai campi della scienza formalmente definiti, è immediato inserire nella prima categoria campi quali la Fisica, la Chimica e la Matematica mentre nella seconda categoria è quasi scontato considerare l’Ingegneria.

Nella realtà tale classificazione presenza moltissimi punti di sconfinamento, ad esempio la ricerca medica non è facilmente classificabile in maniera esclusiva in quanto si individuano in essa ricerche che si occupano di comprendere dei fenomeni biologici, classificabili principalmente come ricerche di base, e ricerche che cercano di applicare delle scoperte legate a tali fenomeni alla cura di determinate malattie, campo che appare prettamente applicativo.

Se questo sconfinamento appare evidente in una materia complessa come la Medicina, esso non è ad uso esclusivo di tale campo, ma anche la Fisica, la Chimica, la Matematica e l’Ingegneria presentano analogo comportamento.

Limitandoci all’Ingegneria sono numerosi i casi di ricerche di base che spesso nascono dalla necessità di gestire dei fenomeni (ad esempio la combustione) in modo da ottimizzare particolari dispositivi o componenti, oppure studi di fluidodinamica mirati alla comprensione e modellazione di fenomeni, quale ad esempio lo stallo rotante nelle turbomacchine, piuttosto che l’applicazione di tecniche matematiche innovative (teorie del caos) a fenomeni quali la turbolenza (con conseguenze sia nel campo della fluidodinamica in senso stretto che della combustione).

Tali ricerche sono difficilmente circoscrivibili in un solo ambito, ed in quanto tali esse vengono in genere affrontate con approcci differenti sia da ricercatori di estrazione scientifica “di base” che da ricercatori di estrazione scientifica “applicata”.

SCOPERTE E TEMPI DI APPLICAZIONE

Tra le righe dei giornali, piuttosto che nelle pagine web di siti di informazione capita di leggere di scoperte di questo o quel laboratorio riguardanti i contesti più variegati, ma quando tali annunci sono relativi a soluzioni che mostrano una potenziale applicazione si ha quasi subito l’effetto di immaginare (erroneamente) tali soluzioni immediatamente disponibili.

Questo è capitato di frequente (per fare esempi riportati tra i commenti dei miei articoli) ogni qual volta una determinata tecnologia permetteva applicazioni nel settore energetico, come ad esempio sistemi di accumulo particolarmente efficienti o rapidi, piuttosto che di innovazioni nel settore dei pannelli solari.

La differenza tra la ricerca e la produzione è però sostanziale e le differenze non sono di natura economica, come spesso sembra da quanto viene scritto nei commenti.

Queste differenze sono dovute a vari fattori, ben noti a chi opera costantemente in laboratorio, ovvero alle condizioni strettamente controllate degli stessi (necessarie affinché i test siano gestibili e ripetibili), alla casistica esaminata (la quale è sempre un sottoinsieme delle condizioni reali) ed a molti altri fattori non sempre identificabili in linea generale.

Se una tecnologia fosse immediatamente trasferibile nella produzione sarebbe inutile tutta la fase prototipale che precede la produzione stessa, fase che spesso richiede dei tempi (e delle competenze) differenti dalla sperimentazione di laboratorio in quanto si applicano ad un contesto reale le tecnologie sviluppate in laboratorio, e da tale fase si ottengono tutte le informazioni che permetteranno di migliorare i progetti sui quali si basano, risolvendone i difetti ed evidenziando nuove lacune.

Queste fasi si individuano anche nelle cose più ovvie, basti pensare ai tempi di sviluppo di una nuova automobile, in genere di alcuni anni (nonostante le case automobilistiche dispongano di grande esperienza) o di un nuovo motore.

Riguardo i motori, tema congeniale con il mio lavoro quotidiano e riguardo al quale avremo modo di esplorare in post futuri l’attività di ricerca direttamente dal laboratorio, abbiamo affrontato lungamente il tema proprio in questa rubrica, e nei vari post sono stati presentati anche alcuni concetti innovativi di combustione che apparentemente sembrano pronti all’applicazione su larga scala, ma nella realtà i problemi da risolvere prima di questo passaggio richiedono ancora molte ricerche e sviluppo per rendere tali soluzioni concretamente applicabili, e tale scenario è comune a tutto ciò che viene presentato a livello di ricerca e che, purtroppo, troppo spesso i mass media presentano in maniera sensazionalistica o fuorviante (anche a causa del semplicismo che ne accompagna la descrizione) ai “non addetti ai lavori”, favorendo l’insorgere di convinzioni legittime ma che, basandosi su tali presupposti, risultano irrealistiche.

Con queste considerazioni termina anche questo post di apertura sui temi della ricerca, serie di post che esamineranno maggiormente in dettaglio l’attività della ricerca e dei ricercatori, pertanto vi rinnovo il consueto invito a lunedì prossimo, sempre su AppuntiDigitali, sempre con la rubrica Energia e Futuro.

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