È di ieri una notizia a dir poco dirompente:
Pena (di 6 mesi) sospesa, assolti dal reato di diffamazione (Il Sole 24 Ore radiocor) – Milano, 24 feb – Condanna a sei mesi per violazione della privacy a tre tra dirigenti ed ex dirigenti di Google. Lo ha stabilito il tribunale di Milano a conclusione del processo per la pubblicazione nel 2006 su una piattaforma di Google di un video nel quale veniva ritratto un ragazzo disabile mentre subiva vessazioni da parte di compagni di scuola. La condanna, con pena sospesa, riguarda David Carl Drummond, senior vice president di Google e all’epoca dei fatti presidente del cda di Google Italia, George De Los Reyes, uscito dalla societa’ nel frattempo e nel 2006 membro del cda di Google Italia, e Peter Fletitcher, global privacy council di Google. I tre sono stati assolti dal reato di diffamazione. E’ stato assolto completamente Arvind Desikan, product marketing manager di Google Video per l’Europa. Fla- (RADIOCOR) 24-02-10 10:29:54 (0079) 5 NNNN
Fonte: Il Sole24Ore
Pur in assenza delle motivazioni della sentenza, che saranno depositate fra qualche giorno, non sono mancate, com’è tradizione nel belpaese, critiche feroci da parte del pubblico. Esponenti di spicco di Google non si sono a loro volta esentati da pesanti critiche – il che rappresenta una mancanza di rispetto nei confronti del nostro sistema giudiziario, come nota Stefano Quintarelli.
Non si è esentato da una critica – di nuovo in assenza di motivazioni della sentenza, come riporta anche stavolta Stefano Quintarelli – neppure l’ambasciatore USA in Italia.
Non sono un legale e mi piacerebbe avere un parere qualificato, ovviamente dopo il deposito delle motivazioni.
Mi trovo però sempre più spesso a pensare che Google venga difesa, dentro e fuori le mura dell’azienda, come si difenderebbe il concetto stesso di progresso, di bene comune. Il che mi sembra strano, quando poi penso che Google è un’entità che opera a fini di lucro e che né Youtube, né il Settlement, né il search in generale – benché contrabbandate, e in parte a ragione ritenute, come passi gaussiani nell’evoluzione della specie umana – sono attività estranee alla logica della partita doppia.
Se poi l’innovazione entra in rotta di collisione con la legge, è corretto presentarla come qualcosa che si prende o si lascia tout-court, alla stregua di una fede religiosa?
In certi commenti “fideistici” letti in giro per la rete l’impressione è proprio questa: che il successo delle iniziative di Google corrisponda a priori al bene assoluto. Con un metodo ben noto anche al mondo politico, la questione “buca” la barriera cognitiva ed entra prepotentemente in quella emotiva, dove non esiste ragione ma, appunto, fede.
Personalmente sono sempre stato molto attento nell’osservare il modo in cui la legge – in particolare sotto l’influenza della pressione lobbistica di aziende e gruppi di potere – ostacola immotivatamente l’innovazione, danneggiando l’interesse comune.
Non credo tuttavia che, se pure in nome dell’innovazione astratta da ogni logica di lucro, sia corretto sorvolare su principi fondamentali, come per l’appunto è la privacy. Ritengo al contrario che anche all’innovazione tecnologica – di cui Google si dipinge come primo alfiere – dobbiamo rivolgerci per chiudere ogni gap che venga a crearsi fra progresso e legge e i principi fondamentali di uno stato democratico.
A parte qualsiasi considerazione sui commenti americani alla sentenza, ancor priva di motivazioni perché non depositate, che lasciano intravedere come -di fatto e da sempre- gli americani si sentano intoccabili se non in patria, in quanto primari esportatori storici di un imperialismo dollareccio che è oramai diventato parte integrante della loro(nostra?) storia e cultura, preferisco soffermarmi sul gap.
Il “gap che venine a crearsi fra progresso e legge” dici, giusto? Purtroppo quasi sempre questo gap è a carico della legge per definizione intrinseca di progresso. A maggior ragione in un paese come l’Italia, dai più definito fermo da tempo immemore.
C’è stata una violazione della privacy? E’ giusto che chi l’ha commessa paghi (non necessariamente solo Google), ma il punto qui è un altro: chiunque pubblichi (o aiuti a farlo) contenuti si deve assumere le responsabilità e la paternità degli stessi.
Non mi si fraintenda: non voglio che si metta il bavaglio al web, ma è evidente che da quanto siamo diventati 2 miliardi a poter dire e scrivere di qualunque cosa, oltre ad un evidente salto della libertà e della democrazia, si pone un problema di veridicità, possibilità, e correttezza delle “affermazioni” che vengono postate in Rete.
Il problema è sul tavolo, e la ricetta non è quella semplicistica di metter un bavaglio. Ma, in ogni caso, siamo ben lungi dalla soluzione a quanto pare …
L’associazione google/bene assoluto è stata fatta in primis dal segretario di Stato degli USA Hilary Clinton, asserendo che questi tentativi di “controllo” della rete sono contrari al progresso, alle libertà e allo sviluppo di ognuno e che internet è un diritto inalienabile. Ciò che però mi colpisce, al di la delle considerazioni filosofiche bene/male è come sfugga quello che è il princio dietro youtube. Il permettere a tutti di caricare qualsivoglia video pone di fronte ad un’immane quantità di materiale. Se si dovesse filtrare all’origine tutto, come appunto pare sia il vero motivo della condanna, ci vorrebbero milioni di omini/scimmie ammaestrate che si devono sorbire quintali di video prima di pubblicarli. La strada è ovviamente non percorribile. E’ un pò lo stesso discorso della pirateria sul p2p: non si può colpire la rete nel suo intero ma punire i responsabili. Il controllo è giusto ma non si possono scaricare su google colpe oggettivamente impossibili da evitare preventivamente. Più che rimuovere il contenuto dopo la segnalazione di contenuto inappropriato non penso avrebbe potuto fare di più. L’unica alternativa sarebbe registrare l’indirizzo ip di chi carica un filmato e in caso di contenuti gravi, punibili penalmente, la procura dovrebbe poter usufruire di tali dati per risalire all’utenza da cui il filmato è stato caricato. Per un servizio che si occupa di memorizzare petabytes di video tenere traccia di un indirizzo ip non credo proprio sia qualcosa di indecente. Inoltre, come sempre nel caso di nuove tecnologie, manca una legislazione adeguata e tutto è lasciato a discrezionalità del giudice. Mi è capitato di constatare personalmente come in un ufficio di giudice di pace sullo stesso merito i due giudici esprimessero pareri opposti, trasformando quindi le udienze in una morra cinese a seconda del giudice che ti capita. Un pò come, ad esempio, nel caso delle schede di memoria r4 che sono legali o no a seconda di chi emette la sentenza. Come al solito mi scuso per la fretta con cui scrivo ma tornerò più tardi a specificare meglio quanto detto…
Il fatto è che la legge tende ad applicare schemi impropri ai nuovi media.
Tratta internet come il broadcast televisivo, o come le testate giornalistiche.
Non è così che funziona.
Non puoi prendere una legge di controllo dell’informazione, anche che sia buona e giusta per il media e il periodo storico nel quale è stata introdotta, e copypastarla paro paro su un altro media.
Ci vuole una riflessione più approfondita.
Il danno economico delle aziende e soprattutto sociale dei potenziali fruitori di servizi innovativi, è grande, se la legge si mette ottusamente di traverso senza cercare una soluzione di compromesso che tuteli le parti tutte.
Qui ad esempio siamo di fronte ad un caso di condanna, dove un video discutibile è stato pubblicato, è stato segnalato, è stato rimosso, e nonostante ciò si accusa google di essere responsabile della pubblicazione: allo stesso modo in cui se stampassi volantini diffamatori in una tipografia, dovrebbe essere quella condannata. Un nonsense giuridico.
La peggiore censura è l’autocensura. La gente non sa cosa può o non può dire, perciò dice il meno possibile per non sbagliare. Bisogna impedire questo, anche se comporta certi rischi.
La pena nel caso specifico dovrebbe guardare esclusivamente gli esecutori materiali della pubblicazione illegale, chi ha uppato il video nello specifico, e google dovrebbe essere giudicata soltanto in base alle tempistiche di reazione nella rimozione del video.
La legge dovrebbe occuparsi di quest’aspetto, deresponsabilizzando da un lato i providers di servizi per i reati compiuti dai fruitori del servizio. Dall’altro stabilendo dei tempi di intervento oltre il quale scatta un illecito. Così che i providers sono motivati a tenere gli occhi aperti sulle violazioni, istituendo anche sistemi tecnologici all’uopo. (pulsantino “segnala” e via discorrendo).
@ avve
Autocensura: argomento molto interessante, con qualche distinguo. La domanda è: cosa è già obbligatorio per chi opera, anche su Internet, sotto l’egida delle leggi sull’editoria?
Oggi il legale rappresentante di una testata giornalistica registrata, è responsabile anche per quello che gli utenti dicono nei forum. Di qui la necessità ineludibile della figura del moderatore.
Chi pratica il mestiere giornalistico, sotto il mirino degli uffici legali dei soggetti di cui parla, è ovviamente condizionato in quel che dice. Può decidere di essere prudente a prescindere, o piuttosto seguire quella che poi sarebbe l’essenza della sua professione, e sostenere tesi, anche scomode, poggiando sulla tracciabilità delle opinioni espresse. Ovvio, rischiando denunce intimidatorie, ma sapendo di poter provare, se non la propria assoluta ragione, almeno la propria buona fede.
Insomma, come ripeteva Montanelli, la schiavitù è spesso più un atteggiamento dei servi che un’imposizione dei padroni. Ecco la prima risposta che mi viene in mente circa quella che tu chiami “autocensura”.
Veniamo ai social e all’UGC in generale: cosa succederebbe se ogni contributore applicasse a se stesso i criteri di tracciabilità delle proprie opinioni? E, soprattutto, secondo quale principio chi esprime la propria opinione all’interno di certe “zone franche” o chi offre visibilità a contenuti penalmente rilevanti, può pensare di essere esente da questa basilare norma di civiltà, prima che legge?
Se un giornalista freelance diffama a mezzo stampa un personaggio pubblico, non viene forse denunciato assieme al direttore responsabile della testata, rischiando reclusione e pene pecuniarie?
Chi ha sbagliato paghi?
I video su youtube non vengono preventivamente controllati e quindi un dirigente che vuole tutelare se stesso dovrebbe controllare i video uno per uno prima che siano messi on line.
E’ un concetto impensabile su intert perche’ prevede miglia di persone che controllano i video con spese inimmaginabili.
Google quando richiesto ha rimsoso il video dopo sole 2 ore e chi ha messo on line i filmati è stato punito per cui perché prendersela con google?
Oppure dobbiamo seguire criteri siutizialisti e fare causa al comune per omissione di controllo quando una persona viene scippata per esempio?
Potevamo perdere l’occasione di farci deridere dalla comunità (di netizens) internazionale? Naturalmente no.
Chi ha violato la privacy non è stata Google, bensì chi ha girato il filmato e l’ha diffuso su internet.
Se invece di essere pubblicato su you tube, fosse stato diffuso tramite p2p, chi avrebbe dovuto incolpare il giudice?
La colpa è della legge che è fatta male, a questo punto usando lo stesso ragionamento logico per cui se io posto un video illegale su youtube, google ne viene accusata (a parte gli scenari apocalittici di ricatti per milioni di dollari in cui per esempio io potrei minacciare google di postare video illegali se non mi vengono pagate determinate somme….corona style?)
Ma allora scusate anche windows che mette a disposizione un servizo su cui è possibile fare andare youtube dovrebbe essere accusata, ma allora anche la ditta produttrice del computer su cui c’è windows ha una colpa….e via così all’infinito.
E’ una scemenza legale che dimostra quanto Einstein abbia ancora ragione sull’intelligenza umana…la colpa è sempre riconducibile a una persona singola (o un gruppetto), se il sistema legislativo italiano per scrollarsi dalle spalle l’onere di ricercare il colpevole singolo (ed è un grosso onere finanziario) lo addossa ai gestori dei servizi, che non hanno però il potere di agire (oh la privacy), mi sembra banale capire dove risieda la falla…cioè nella legge.
Che poi molti vedano google come il bene è un altro conto, ma se vogliamo essere oggettivi in questo caso ha pienamente ragione ad essersi arrabbiata.
Non mi venite a dire che è colpa di Google!
Fede? Emozioni? Amore? Io non ho mai apprezzato troppo la grande G, ma qui la difendo a spada tratta. Lui come chiunque altro.
Google fornisce uno spazio web gratuito. Fine. È un attore passivo, si limita a intervenire su segnalazione (e in modo efficiente). Fa così perché è IL SOLO modo in cui si può procedere, almeno secondo me.
Al momento in cui l’ intermediario diviene responsabile, a qualunque livello, del fatto compiuto, la frittata è fatta.
Chi vende automobili lo sarà per gli incidenti, chi vende coltelli per gli omicidi, chi vende cellulari per minacce al telefono, e via dicendo.
Torna il discorso?
Tant’ è che la famiglia di questo ragazzo si è dissociata da quanto ha fatto la Vivi Down. Prima cosa.
Seconda cosa, grazie proprio a Google si sono trovati i responsabili che, essendo minorenni, se la sono cavata con due schiaffi, quando avrebbero meritato l’ impiccagione.
Terza cosa, leggete questo: http://metilparaben.blogspot.com/2010/02/meglio-non-sapere.html
Continuo a chiedermi se alla fin della fiera al ragazzo che ha subito l’angheria non sarebbe convenuto che nessuno avesse fatto nulla. Il danno già c’era, si poteva evitere di amplificarlo e riprenderlo più volte.
Inoltre, se google è responsabile di violazione della privacy, allora cosa dire dei media che hanno mandato in onda il filmato amplificando la cosa? Si salvano perchè il viso era sfocato?
Lungi da me difendere google, ma credo che qui il problema sia un altro e cioè la deriva del nostro sistema legale.
Primo, quali pene hanno subito i ragazzi? Ai bei tempi si sarebbero aperte le porte del riformatorio per gente simile.
Secondo, la soggettività del reato sta andando progressivamente a farsi friggere. Perchè vogliono riportare in voga l’oggettivismo penale? Il prossimo passo sarà condannare la gente solo perchè hanno pensato qualcosa di poco pulito?
Terzo, in che modo un provider, un forum, un social network possono essere equiparati ad un editore? L’editore ha il diretto controllo su ciò che viene pubblicato e sul media usato per la pubblicazione. Youtube, Facebook e soci hanno solo il controllo sul secondo e non sul primo.
Se passasse la linea voluta dal giudice, allora si aprirebbero le porte della responsabilità oggettiva ( civile e penale ) anche per gli isp e per chiunque fornisca i mezzi tramite cui altri soggetti si delinque.
Ma soprattutto noto che la responsabilità personale è saltata. Chi scarica musica illegalmente, chi mette video online, non viene punito, come se non fosse lui l’autore e l’editore di tali produzioni multimediali.
Prima di lanciarsi in paragoni di YT con coltelli, automobili o anche ISP, consiglierei la lettura di questo pezzo, tra l’altro di mesi precedente la sentenza, e proveniente da una “vecchia volpe” della rete italiana:
http://blog.quintarelli.it/blog/2009/02/non-mi-pare-cosi-ridicolo-il-processo-a-google-per-youtube-e-il-ragazzo-down.html
x Alessio Di Domizio
non cambia niente. Lo volete capire che Google et similia sono estranei a tutto questo? In materia di decidere cosa pubblicare non hanno responsabilità, non sono editori, non decidono cosa “mandare in onda”, non pubblicano un bel niente di propria volontà.
La tesi di quel blog non regge. I tag, i punteggi, il “funny” è tutta roba che viene dagli UTENTI. Come può aumentare il grado di coinvolgimento del sito? Se vuoi proprio dare loro la colpa fallo bene e dici: il sito è responsabile già solo perché PERMETTE la pubblicazione di video. Sarebbe più che sufficiente, in un tale modo di pensare.
Se poi la soluzione fosse di inserire nelle clausole di utilizzo (che nessuno legge, ma è un’ altra storia) un paio di punti secondo cui occorrerebbe l’ autorizzazione della persona ripresa per poter pubblicare il video, a maggior ragione il problema non sarebbe di Google.
mettiamo in chiaro una cosa: youtube mi risulta essere in perdita da sempre, google la comprò che era in perdita e continua ad avere perdite. le pubblicità e i link sponsorizzati non mi paiono predominanti nel sito, che è percepito dalla gente più come un ottimo servizio gratuito di condivisione perlopiù privo di censure che una specie di spot pubblicitario zeppo di link a sponsor e altra roba… google comprò questo baraccone e lo porta avanti perchè fa soldi da altri tipi di pubblicità anche se non c’è dubbio che in qualche maniera indiretta siti dai contatti stratosferici che ruotano intorno alla sua proprietà/influenza diretta in qualche modo possano giovargli.
se fossi in google direi questo:”non possiamo garantire il servizio di censura preventiva che ci richiedete in tempi brevi, perciò tutti i video italiani da oggi in poi vanno in un cassetto e aspetteranno di passare sotto la censura prima di essere pubblicati”, lettura chiusura del servizio upload per l’italia. sinceramente non vedo il nesso di responsabilità con chi offre un servizio, tra l’altro gratuito per il cliente, è come se denuncio tiscali perchè qualcuno mi manda delle mail minatorie usando il loro servizio mail, e loro hanno la pubblicità su quel servizio, dunque ci guadagnano se qualcuno mi manda delle mail del genere, peggio ancora telecom che mi chiamano in continuazione sul telefono, e se qualcuno mi fa una telefonata minatoria? perchè telecom non censura?
se poi dalla sentenza viene fuori che questi dirigenti google lo hanno uppato loro il video, allora OK, altrimenti non vedo proprio come possa funzionare. non c’è bisogno di fare grande dietrologia per capire il perchè di questa sentenza.
Il problema è che la sentenza si inscrive all’interno di una direzione “politica” piuttosto ostile nei confronti dei nuovi media. Attenzione: questa considerazione non conduce logicamente al fatto che la sentenza abbia valore politico: si tratta al contrario di un’associazione indebita che va provata.
Detto questo, se qui in Appunti Digitali un autore commettesse una qualunque violazione ai danni di una persona fisica o giuridica, l’autore assieme al legale rappresentante finirebbe nei guai. Lo stesso vale per i commenti in un forum.
Se un aggregatore automatico riportasse gli stessi contenuti potrebbe essere incriminato l’autore ma non il vettore di quei contenuti.
E se l’autore fosse straniero, magari appartenente a uno stato extraeuropeo con atteggiamento ostile rispetto a procedimenti internazionali, la denuncia cadrebbe nel vuoto.
Io non ho faccio “il tifo” per nessuna delle parti in causa. Mi domando soltanto se un automatismo possa di fatto tranciare una catena di responsabilità su cui ognuno di noi, se e quando vittima di un illecito, vorrebbe poter contare.
In quest’ottica ridurre la questione a un confronto fra difensori della libertà di pensiero e censori, mi pare quantomeno riduttivo.
il web e’ un mezzo di comunicazione, punto, come le parole.
ora, se i suddetti autori del video avessero detto a parole cio’ che avevano fatto qualcuno li avrebbe denunciati e i carabinieri sarebbero andati a prenderli a casa
ora questi invece hanno fatto un video, qualcuno li ha denunciati e i carabinieri sono andati a prenderli a casa
mi manca google cosa c’entri in tutto questo. Se lo avessero raccontato a parole il fatto sarebbe stato ugualmente di pubblico dominio
sentenza pericolosa, liberticida e senza alcun senso logico, non e’ questione di “don’t be evil”
la sentenza spero possa essere impugnata anche in centinaia di altre situazioni nelle quali i media tartassano la privacy.
E’ scandalosa proprio per questo, se la legge deve essere uguale per tutti allora ci sono milioni di video che meriterebbero di essere ritirati compresi quelli pubblicati sulle vicende finanziarie dal sole 24 ore!
il problema non è relativo a google, ma alla singolarità del giudizio…
ossia se io diffamo qualcuno inquesto post quelli di appunti digitali dovrebbero essere condannati a 6 mesi?!!?
mentre se lo fanno sui giornali magari utilizzando il “condizionale” nelle loro subdole frasi è lecito?
medioevo siamo in pieno medioevo
@ alessiodp
Figurati che se lo fai da Facebook da TOR magari non ti serve nemmeno il condizionale…
Riguardo al più ampio tema dei “condizionali”:
Dal sito dell’ODG: http://www.odg.it/site/?q=content/diffamazione-mezzo-stampa
Non sono d’accordo. Youtube o Google video non sono editori, loro non girano, non montano e non pubblicano i video di punto in bianco.
I responsabili è di chi ha commesso il fatto, non del mezzo.
Allora perchè non incolpare i produttori di cellulari con telecamera ?
E’ assurdo, perchè delle persone CHE NON HANNO FATTO NIENTE DI MALE, devono essere condannate, quando invece chi ha commesso il reato se la cava con poco.
qui un’analisi da parte di un avvocato:
http://www.guidoscorza.it/?p=1564
un avvocato con le palle icosaedriche ;-)
Io non ho faccio “il tifo” per nessuna delle parti in causa. Mi domando soltanto se un automatismo possa di fatto tranciare una catena di responsabilità su cui ognuno di noi, se e quando vittima di un illecito, vorrebbe poter contare.
In quest’ottica ridurre la questione a un confronto fra difensori della libertà di pensiero e censori, mi pare quantomeno riduttivo.
si ma continuo a dire, che tutto dipende in modo pregiudiziale da come uno si pone verso un media. poichè consideriamo il telefono uno strumento naturale non ce la prendiamo con nessun altro tranne che con chi ci rompe le balle al telefono, non ce la prendiamo con l’operatore (anche se lucra quando ti chiamano per farti delle molestie sessuali). Perchè l’operatore non filtra questi contenuti? ma soprattuto perchè nessuno si aspetta che lo faccia mentre ci si aspetta che lo faccia google che non è nemmeno pagata per uppare il tuo video? perchè poi google non denuncia l’operatore telefonico dell’utente che ha inviato tale materiale illegale.
è assolutamente incomprensibile per me, ma non solo per me evidentemente. il mondo si sta dividendo su chi concepisce queste tecnologie subito per quello che sono e per l’impatto che hanno o possono avere, e per chi comprende solo in parte e usa il proprio pregiudizio cercando di imporre dei canoni da TV statale che non c’entrano una fava con internet e in particolare con youtube. tali veicoli permettono di segnalare, flaggare e al limite richiedere la rimossione di contenuti da parte degli utenti, e non cancellano comunque la responsabilità di chi usa il servizio. dunque che c’entra chi offre il servizio?
infatti se io scrivo e commetto un reato nello scrivere un commento la responsabilità non si trasferisce al blog, al provider, al creatore del PC dal quale commetto un reato, è un principio talmente ridicolo che non capisco come possa essere applicato tanto arbitrariamente. se si stabilisce che non si può pubblicare senza preventivamente controllare lo si facesse per bene scrivendo tutte le procedure e i canoni da utilizzare. comunque si chiama censura.
penso che l’autore del post suggerito da Alessio sbagli in molti punti
“diffamazione aggravata e trattamento illecito di dati a fini di profitto.” …come se il profitto fosse tratto dalla diffamazione o dal trattamento illecito dei dati…dunque qualunque video in cui compare la faccia di qualcuno va considerato illecito trattamento dei dati personali?
“classificato come “funny” (divertente), inserito in un sistema di contenuti organizzato, in un catalogo, è stato taggato, azioni che non ricadono in automatico nella classificazione di “mere conduit”.” ….taggata come funny da chi? dai 3 dirigenti di google? e perchè mai non è classificabile come mere conduit? fosse i tag e i sistemi di classificazione sono manuali? no mi risulta che siano gli utenti a taggare i video non i 3 manager di google
“il secondo addebito è il trattamento illecito di dati personali sensibili.
il ragazzo aveva problemi di salute che risultavano evidenti a qualunque spettatore del video. erano evidenti nel video come lo sarebbero state in fotografie rubate.”
che c’entrano i problemi di salute col trattamento illecito di dati personali sensibili? quali poi? la faccia è un dato personale sensibile? e allora la gente che compare suo malgrado nei film? e nei tg?
il fatto che fosse down configura il reato già di per sè? quindi se fossi stato picchiato io non si sarebbe configurato il trattamento illecito dei dati?
francamente una posizione assurda
“chi autorizza YT a rendere tali informazioni disponibili a chunque ? in queste condizioni (informazioni sensibili) l’autorizzazione poteva essere fornita solo per iscritto dai genitori e quindi certamente non online.”
l’eula lo dice e cioè l’autorizzazione è data da chi fa l’upload, il quale si assume in toto la responsabilità del suo gesto
“l’errore che YT ha probabilmente fatto è stato non chiarire nelle condizioni del servizio che alcuni tipi di video non possono MAI essere caricati, trattandosi di trattamento personale di dati sensibili.”
quali tipi? ripeto, l’illecito trattamento dei dati si configura solo perchè il ragazzo era down ed è stato picchiato? se mostriamo la faccia di un tizio sano e che beve una birra si configura lo stesso il reato o no? da quanto la giurisprudenza ha affermato fino a ieri la risposta è no
“tagging, classificazione, ranking, ecc possono essere una attività di “mere conduit” ? dove si ferma il trattamento automatico possibile da parte di un sistema perche’ esso sia un “mere conduit”?”
ecco, questa non l’ho capito….se parlo di trattamento automatico ( quindi fatto da una macchina ) già di per sè si tratta di mere conduit
l’editore è responsabile perchè ha un cervello e stabilisce lui cosa pubblicare o meno….youtube è un insieme di macchine, con un insieme di algoritmi che purtroppo fino ad oggi non sono in grado di capire se i video sono da pubblicare o meno
il fatto stesso che il tutto avvenga in automatico scagiona completamente i manager di google
per essere considerato un editore, devi essere un soggetto proattivo e rientrare a pieno nella catena produzione/diffusione dei contenuti….qui parliamo di un servizio che è un ammasso di hard disk + cavi in fibra ottica che fornisce lo stoccaggio e il transito di contenuti video
“costruire un servizio che esaminasse dei contenuti e proponesse contenuti specifici illeciti era una attività che richiedeva intervento umano e quindi era facilmente individuabile una responsabilita editoriale che poteva essere perseguita in caso di illecito”
appunto, è stato detto in un più Stati e in vari modi, che siccome servizi come youtube hanno un flusso di materiale enorme, è improponibile analizzare il tutto manualmente
“oggi, strumenti automatici possono produrre gli stessi risultati (anche su scala assai maggiore, trascendendo le capacità umane) grazie alla analisi semantica, il riconoscimento della voce, il riconoscimento di forme, volti, attributi”
questo in quale episodio di star trek? suvvia, se i computer fossero così intelligenti noi non serviremmo più a niente
i primi due capoversi del mio precedente messaggio erano un quote di Alessio Di Domizio commento 15
Come già ho detto su HWUpgrade sono dell’opinione che non puoi condannare gli strumenti o le persone che le hanno create solo perché qualcuno le ha usate impropriamente.
Girare un video e metterlo su internet non è un reato.
Il reato semmai può trovarsi nel contenuto del video, che ne costituisce prova.
Non avessero messo il video su internet il reato non ci sarebbe stato?
Cancellare un video implica cancellare il reato che figura in esso?
questa storia è identica ad un’ altra triste vicenda (ovviamente italiana): esattamente questa http://www.affaritaliani.it/mediatech/causa_angelucci_wikipedia_italia160909.html
qui il reato è diffamazione. E il letame è il solito: invece di contattare gli amministratori e modificare LUI STESSO la SUA pagina (di cui dovrebbe essere ben consapevole, no?) allegando tutta la documentazione che comprova ciò che scrive, cosa fà?
FÀ CAUSA! Ad un ente che non c’ entra nulla! E chiede un rimborso ENORME! E il bello è che non ha smentito nulla!! Ha preso e ha querelato.
È un comportamento civile? È buon senso? È qualcosa che – diciamolo, per Dio – UNA PERSONA ONESTA E CON LA COSCIENZA A POSTO FAREBBE?
http://www.pasteris.it/blog/2009/09/16/un-problema-di-metodo-gli-angelucci-vs-wikipedia/
E’ dall’inizio che leggo questa testata, su certi temi ho già personalmente percepito quella che sarebbe stata la caduta di braccia davanti a un articolo come questo siamo al concetto di \rete cacca\, google pubblicità rete cacca.
A che serve sapere di registri bit e byte quando si ha un’idea cosi distorta di quello per cui si lavora tutti i giorni, a cosa serve il dover sforzarsi di essere cittadini del mondo per noi italiani quando gli altri popoli avanzati semplicemente lo sono? A niente, a fare dissertazioni radical chic al contrario, sofismi senza senso, una parte del paese la libertà se l’è guadagnata ma una parte se l’è ritrovata e questi sono i risultati, il problema (che a molti pare esserci) da focalizzare è che non abbiamo avuto una vera rivoluzione qui in Italia, una vera guerra civile.
Questa sentenza sarebbe di una pericolosità devastante non partisse da qui, da questo preambolo.
Dire che i provider sono responsabili dei contenuti e non i singoli (o le comunità di persone in senso sociale) è un’idea MALSANA prima della società moderna e poi della rete, ci si scava in questo modo la fossa sotto i piedi, si picconano le fondamenta della libertà.
Chi ha pubblicato doveva chiedere il consenso ma anche se per questo è punibile dalla legge è stato un bene sapere, fa bene sapere dove può arrivare la follia e qui ci si gioca sopra.
Fossi nei condannati di google mi rivolgerei alla corte europea dei diritti dell’uomo cosi ne facciamo un altra di figuraccia agli occhi del mondo intero ce ne fosse ancora bisogno.
anche io sono per la caduta di braccia sinceramente, ogni tanto sembra un po’ fatto a posta per scatenare commenti o mezzi flame. direi che probabilmente google ha combinato comunque qualche casino, voglio sperare che non ci sia la vera intenzione di ammutolire un gigante del genere, ma che sia successo un qualcosa in particolare nella vicenda cui ci si è aggrappati per ottenere una sentenza di colpevolezza, magari per qualche ritardo o magari proprio per incompetenza. questo quando è comunque chiaro che le persone in questione possono essere chiamate in causa in una situazione del genere solo da una legge scritta a membro di segugio, a meno che non abbiano dimostrato che ad uppare il video sono stati proprio loro.
Condannare google per responsabilità diretta mi sembra assurdo. Fosse stata condannata per responsabilità indiretta forse sarebbe stato anche giusto, nel caso specifico in esame, dato che il video è rimasto al suo posto per troppo tempo.
Secondo me internet deve essere considerato alla stregua “della società civile”. Nel senso, se vedo una scritta ingiuriosa su un muro per strada, lo segnalo, ma non pretendo che il proprietario del muro venga condannato. Nel caso di Google secondo me, sarebbe stata giusta al max una multa, ma solo per il semplice fatto che ha tenuto il video online per troppo tempo, malgrado le segnalazioni, tutto quà.
@ bonzuccio
Innanzitutto, proprio per dimostrarci di padroneggiare un mezzo che mi accusi di non capire, sarebbe il caso che non la buttassi sul personale.
In secondo luogo non mi pare si possa dare per scontata l’equivalenza fra Google e un ISP.
Per il solo fatto che non canto la canzone “facciamo ridere il mondo” o anche “la censura è in agguato” emetti la tua sentenza senza nemmeno esserti preso il tempo di leggere le motivazioni che ancora attendono di essere depositate.
D’altronde non è una novità che in Italia abbiamo, oltre a 60 milioni di CT, altrettanti Garanti della Privacy.
A me, e non credo di essere il solo, desta qualche preoccupazione la politica di Google sulla privacy. Sono preoccupato della deresponsabilizzazione derivante dal concetto di “automatismo” quando applicato a dati sensibili, che siano delle mail o qualunque altro contenuto che attiene alla sfera privata o comunque presenta un potenziale rilevante sotto il profilo penale in fase di trattamento.
Come ho ripetuto mille volte in queste pagine, non mi piacerebbe un mondo in cui fra detto automatismo, la garanzia dell’anonimato, l’incoraggiamento alla diffusione di dati personali da filtrare a fini di lucro, certi diritti fondamentali venissero a decadere di fatto.
Cionondimeno non mi sogno nemmeno di emettere condanna contro Google: mi limito a condividere alcune riflessioni, nel merito delle quali, peraltro, pochissimi commenti ho visto entrare.
In definitiva il mio auspicio è che questa sentenza porti a una riflessione collettiva sul tema.
@ mede
È un tema su cui ci sono pareri diversi, mi rendo conto che avrei generato meno dissensi argomentando contro la sentenza. D’altronde se non la penso così sarò pure libero di esprimere la mia opinione senza temere che qualcuno mi accusi di farlo al solo fine di creare scalpore?
ok, era un commento un po forte, chiedo venia. Sul serio! ;-)
Lo ripropondo in forma addolcita: quest’ affare è – secondo me – pari pari uguale a quello che ha coinvolto Angelucci e Wikipedia tempo fa. Cambiato gli attori, i modi e i contenuti ma la sostanza è la stessa.
http://www.affaritaliani.it/mediatech/causa_angelucci_wikipedia_italia160909.html
http://www.pasteris.it/blog/2009/09/16/un-problema-di-metodo-gli-angelucci-vs-wikipedia/
x Alessio di Domizio
parliamo della privacy (anche se non credo sia quello il punto).
In rete, semplicemente, non esiste. Partendo da questo possiamo vedere in quali modi si riesca a dare una parvenza di essa.
Il problema è che il singolo non è più il solo autore della propria vita, o meglio, non lo era nemmeno prima ma adesso è diventato immediato il poter inserirsi nelle faccende di qualcuno.
E qui casca l’ asino: come facciamo a gestire una roba del genere? Appena si mette il naso fuor di casa siamo esposti al resto del mondo. E ora che un qualsiasi mio conoscente può prendere una mia foto, che magari neanche ricordo di aver fatto perché ero con la testa nel water dopo una festa, e pubblicarla ovunque, resta ben poco da “difendere”.
Direi piuttosto che urge trovare il modo di convivere. E quello adottato da Google, Facebook, Wikipedia e tutti gli altri, per me è sostanzialmente giusto, e forse anche il solo.
1) Intervenire a posteriori.
2) Scrivere a chiare lettere che la pubblicazione di qualsiasi contenuto è a carico esclusivamente di chi la fà.
3) non operare forme di “selezione” (per non dire censura) del materiale
4) rendere il più semplice e immediato possibile l’ intervento delle forze dell’ ordine (uniche competenti) per beccare i rei di atti vandalici/offensivi e quant’ altro.
Questo è quel che penso ed è quello che credo stiano facendo. Ora dite la vostra..
non vorrei essere frainteso. Quando dico che la privacy non è il punto intendo che:
1) non è il punto della condanna, che reputo avere motivazione politica (censura) e pratica (incompetenza del giudice).
2) non è il punto del fatto in sè, in cui il reato non è l’ aver messo alla berlina un tizio in un video, ma averlo picchiato.
Ti do ragione sul fatto che Google venga difesa come “IL BENE” dimenticando che è una realtà multinazionale miliardaria a fini di lucro.
Detto questo la condanna non ha senso. Google si trova a gestire una mole ENORME di dati. Da che mondo è mondo qualsiasi realtà (v. Youtube) informatica seria che permette la condivisione di dati rimuove contenuti uppati, nel momento in cui sono segnalati. COSI’ GOOGLE HA FATTO, collaborando poi ancora con la polizia per l’identificazione dei “malfattori”.
Questa incriminazione parte dal presupposto che Google e qualsiasi realtà simile debba controllare OGNI dato immesso sui propri server e scegliere ETICAMENTE se questo va bene o no.
Non bisogna aspettare motivazioni per rendersi conto che questa è una sentenza IPOCRITA emessa da INCOPETENTI.
INCOMPETENTI perché nessuno di quei giudici sicuramente ha idea dei numeri che rappresenta google (intervistato a skytg24 un avvocato della sentenza pronunciava google “goghel”), o sa che significato ha questo mistico “internet”. Da perfetti rappresentanti dell’italiano medio, probabilmente credono che internet sia un giochetto per bambini in balia di pazzi, probabilmente non immaginando minimamente i numeri che ci girano intorno.
IPOCRITA perché seguendo questo ragionamento INSULSO allora google come Ms o yahoo o chi altro dovrebbe controllare il 100% dei dati che vengono immessi sui server ogni secondo per decidere se censurarli…ha senso? NO. Nessuno. Il fatto che non i giudici non riescano a concepirlo è dimostrazione della loro incompetenza in materia informatica.
Se è vero che gli USA si sentono inattaccabili e che Google viene santificata spesso (pienamente vero), è vero che questa è una tipica sentenza ALL’ITALIANA. Inutile, Ipocrita per svariati motivi (niente di meglio a cui pensare? Nessuna sentenza più importante?), che vuole imitare quelle degli USA o dell’UE contro Microsoft e Google stessa.
RIDICOLA, perfettamente rappresentativa dell’ITALIA DEGLI SPAGHETTI TACCO D’EUROPA, GOVERNATA DA UNA CLASSE DI OVER50 IMMERSI NEL LORO MONDO DI CORRUZIONE E PASSATO.
Alessio, guarda che non me l’ ero presa per quel commento..
boh? Non ci capisco più niente ?_?
@ n0v0
Non vedo nessun parallelo fra un ragazzo autistico che viene malmenato, ripreso ed esposto al pubblico ludibrio, e un personaggio pubblico che si offende per informazioni riportate sul suo conto da Wikipedia.
L’esempio che fai riporta piuttosto l’attenzione su un punto cruciale: il fatto che, complice la lentezza degli organi legislativi nazionali e sovranazionali, ogni sito che vive di UGC si muova in una zona franca. In assenza di leggi che inquadrino lo status giuridico di Wikipedia – che a differenza di Google è un ente no-profit – così come di tutti gli altri aggregatori di UGC, la causa intimidatoria da parte dei potenti diventa più probabile, non meno, e l’esito è in mano a un giudice che deve cercare di adattare principi esistenti a casi nuovi, piuttosto che applicare leggi scritte.
Dato che mi piace fare l’avvocato del diavolo, ti faccio un altro esempio (reale): un programmatore si ritiene diffamato da un testo in cui lo si accusa di aver copiato un libro. Accusa l’autore e l’editore del libro. Poniamo caso che abbia ragione, e che questo imponga ad autore ed editore condanne e risarcimenti. Se quelle stesse informazioni fossero state riportate su Wikipedia, a cura di dieci autori sparsi nell’estremo oriente, magari autenticatisi con false credenziali, il nostro povero programmatore non avrebbe avuto alcun processo e sarebbe stato tutto uno scaricabarile internazionale. Com’è che un atto penalmente rilevante su carta, tradotto in bit si azzera di fatto?
Ti faccio un ultimo esempio. Pasquale da adolescente era un po’ su di giri. Un suo compagno di classe riesuma un filmato in cui è ripreso mentre fuma un cannone e lo posta su YT. Pasquale era particolarmente “suonato”, sicché il video risulta molto divertente e popolare, così finisce sulla home di YT dove riceve centomila accessi, con tanto di commenti tutt’altro che lusinghieri. Pasquale un bel giorno sostiene un colloquio di lavoro; il recruiter è un tipo moderno e cerca in giro infomazioni sul candidato. S’imbatte casualmente nel video. Purtroppo per Pasquale il tipo delle risorse umane non ha molto senso dell’umorismo, e Pasquale si vede preferito qualche altro candidato, con compagni di classe meno idioti. Dimenticavo: anche quel furbacchione del compagno di classe, si è autenticato con uno pseudonimo fasullo e la sua identità non è rintracciabile.
Ora il bello è che Pasquale non scoprirà mai per quale motivo gli è stata chiusa una porta in faccia e passerà oltre, magari ignorando bellamente la presenza di quel video sulla rete. Poniamo che lo venga a sapere: chi è responsabile del danno d’immagine che ha subito, che gli ha causato danni che neppure lui conosce appieno, non avendo un “online reputation manager” al soldo e non passando le proprie giornate girando la rete in lungo e in largo, a caccia di episodi compromettenti sul suo conto?
Non vorrai rispondermi, a la Schmidt, che se non fai nulla di sbagliato, non hai nulla da nascondere?
Onestamente dopo 20 anni nell’IT, vedere queste cose e leggerne poi altre ancora più assurde mi fa pensare che davvero siamo un paese che nel suo DNA è poco dissimile dalla Cina attuale, a Cuba, all’Italia del ventennio etc.
Davvero Signor Di Domizio, questi articoli col tocco fascista finale è il caso di tenerseli per se.
Come ha detto qualcuno …
Se viene scritto su un muro un insulto diffamatorio, non si può condannare il proprietario dello stabile per averlo permesso o non averlo cancellato immediatamente. Se si usa il telefono per diffondere notizie che dovrebbero essere protette dalla privacy non si denuncia la compagnia telefonica.
Senza il video il bambino sarebbe ancora vittima dei suoi seviziatori, lo scandalo è scoppiato solo grazie alla visibilità data da YouTube. I colpevoli sono nell’ordine: gli insegnanti e il preside che non hanno vigilato, i compagni che lo picchiavano abitualmente, i compagni che assistevano senza muovere un dito, coloro che sapevano e non hanno sporto denuncia.
YouTube ha reso pubblico un reato. Qualcuno è stato punito per quel reato? Si è punito chi ha rivelato uno spaccato delle scuole italiane e del bullismo da quattro soldi con genitori assenti o complici del comportamento dei loro figli. I dirigenti di Google non solo sono innocenti, ma dovrebbero ricevere una medaglia. La sentenza è un monito: i disabili nelle scuole italiane si possono pestare, ma in incognito.
@Di Domizio:
POSTO che sia vero il problema della privacy su internet, tu per concludere i due esempi che hai fatto faresti pagare (mandandoli in carcere) ai manager di YT (google)?
Anche con facebook la situazione è simile. Il problema della privacy C’E’. Il fatto è che NON SI PUO’ TECNICAMENTE incolpare i responsabili. Seguendo una linea di principio del genere, nessuno vorrebbe essere manager di Google :D
Un compromesso raggiunto OGGI è che se si segnala un contenuto con motivazioni serie, questo viene eliminato. Ovviamente bisogna accorgersene, ovviamente non è un sistema perfetto, ovviamente si può arrivare tardi a “frittata fatta”.
Questa soluzione è comunque più logica del “mandiamo in carcere i manager della società che ha PERMESSO la distribuzione di questi contenuti”.
Dimmi tu come la pensi…il dibattito è aperto, ovviamente. Però la soluzione non può essere quella alla spaghetti-way di accusare i dirigenti di una società.
Non posso dire di avere una visione assolutamente chiara del problema non essendo ancora stata pubblicata la sentenza ma secondo me una volta che vengono presentate chiaramente le condizioni di utilizzo di un servizio e queste vengono accettate da chi lo utilizza non può esserci nessuna colpa da parte del fornitore.
Vorrei che questa sentenza fosse almeno uno spunto per chiarire alcuni aspetti normativi non chiari o assolutamente mancanti ma purtroppo credo che non farà altro che far lavorare un bel mucchio di avvocati e aumentare di un paio di righe le condizioni d’uso del servizio senza in alcun modo entrare nel merito vero del problema.
Detto questo mi rammarica il fatto che si faccia un grosso parlare del contenitore e venga messo in secondo piano il vero contenuto, cioè la testimonianza di un disagio sociale giovanile estremamente diffuso.
Come dice Riuzasan, poi, i rischi di “sputtanamen*o” esistono anche nella vita reale. Forse sono “semplificati” sul web. Ma una soluzione come quella proposta dal tribunale di Milano non ha senso.
Pochi giorni fa prendendo il bus ho notato una scritta vicino a una fermata: “L’autista del 71 grasso e col cappello è un gran figlio di … e …”.
Francamente mi ha fatto ridere…ma adesso per quella scritta il personaggio deve incriminare l’azienda che gestisce la fermata su cui giace la scritta??
Non è tecnicamente possibile nella vita reale una cosa simile, perché dovrebbe esserlo sul web??? Per i giudici lo è perché nella loro totale ignoranza informatica pensano che i contenuti condivisi siano pochi, in una realtà praticamente universitaria come quella di internet. SAPPIAMO però che non è condivisibile una linea simile. D’altronde io credo che sarebbe come punire il manager della miracle blade se andassi ad accoltellare qualcuno con un loro prodotto… DAI SU. In USA ti regalano un fucile se apri un conto in banca, qui però il manager google deve essere crocefisso per un errore che non gli appartiene.
@ riuzasan
Se l’offesa di chi non condivide il suo pensiero e il consiglio di tenersi le proprie opinioni per sé, espressi dietro la maschera dell’anonimato rappresentano a suo avviso una base credibile per dare del fascista ad altri, mi permetto di dissentire.
Ad ogni buon conto la diffido dal rivolgermi simili offese.
@ Crantos
Io non voglio mandare in carcere nessuno né mi compiaccio in alcun modo della sentenza. Sto ragionando pacatamente su alcuni risvolti ambigui della questione.
Mi piacerebbe vivere in un sistema in cui ognuno si assume le sue responsabilità e in cui non ci sono automatismi “incolpevoli” incontro ai quali si azzerano reati altrimenti gravi. Mi piacerebbe che questo esito risultasse da un sistema legislativo efficiente e al passo coi tempi, non da una sentenza.
Anche perché se io ora mi mettessi ad insultare altre persone intervenute nella discussione, sta tranquillo che mi beccherei una denuncia (assieme all’editore) e, all’indomani di quella, una lettera di licenziamento sulla scrivania e magari una richiesta di danni.
Sono perfettamente daccordo con Rampichini. Si e’ finito con il parlare ed agire di piu’ sulla questione delle responsabilita’ di google, che nel affrontare l’evidente disagio, problema sociale, e probabilmente enorme immaturita’ e limitata intelligenza degli autori materiali del crimine.
In una societa’ sana probabilmente la prima reazione sarebbe stata quella di pensare ad un modo per capire l’accaduto e fornire appoggio e tutela maggiore nelle scuole. Che ne so, uno psicologo referente scolastico, con maggiori poteri ed incarichi precisi per dirne una.
Tornando al succo della questione credo sia completamente assurdo, al di la delle ragioni, ritenere un mezzo automatico co-responsabile del comportamento illecito con cui viene utilizzato da alcuni utenti. Tutto questo considerando le chiare condizioni di utilizzo, la rapida rimozione del contenuto (si parla di un paio di ore dalla segnalazione) e la collaborazione con le forze dell’ordine.
Gli esempi teorici fatti da Alessio, mi riferisco in particolare a quello del ragazzo che non viene assunto a causa del video, non mi pare aggiungano nulla al discorso. Il responsabile della perdita del lavoro di Pasquale e’ il compagno di classe che ha pubblicato quel video, nessun’altro, non la ditta che ha prodotto il cellulare con cui ha registrato l’evento, ne il contenitore online su cui e’ stato caricato.
Non e’ che vista la difficolta’ di impedire certe cose ci si deve sentire autorizzati a prendersela con il prossimo piu’ vicino.
Certe cose non si possono impedire senza dover rinunciare a delle liberta’. La cosa intelligente sarebbe cercare di prevenirle alla radice (comprendere ed aiutare), predisporre rimedi per limitare i danni e avere i mezzi per identificare i responsabili.
IMHO il tono di questo articolo è decisamente trollesco.
E’ tecnicamente possibile controllare e censurare tutti i video prima che vengano messi online?
La risposta è NO, quindi dove ha sbagliato Google?
@ Emanuele
Comprendo pienamente il tuo punto di vista e condivido molte tue considerazioni, in questo posto ho mantenuto il focus sull’aspetto legato alle conseguenze sulla rete.
@ doc
Col tuo permesso mi pongo il problema da una prospettiva un po’ diversa dalla tua. Tu ti chiedi se, dal momento in cui Google non può controllare i contenuti, abbia senso porsi la questione. Io invece mi domando se, date le disfunzioni con rilevanza legale che questa mancanza di controllo crea, non sia il caso di avviare una riflessione sullo status giuridico di quella che, allo stato attuale, rappresenta una zona franca. Mi merito per questo l’etichetta di troll? Accomodati pure.
@Alessio
Nell’ultima frase non mi riferivo ad un contesto come questo in cui ovviamente il focus è quello tecnico e tecnologico ma alle fonti di informazione e le autorità “ufficiali” che stanno dando più peso a questo aspetto che ad altri secondo me nettamente più centrali.
A prescindere dal fatto oggettivo,dalle banalità emerse, della sentenza inopportuna ecc.., è interessante invece il discorso del Sig. Di Domizio. E’ giusto difendere senza arte ne parte il totale anonimato in rete? non capisco il perchè le leggi basilari non possano essere trasferite dal mondo reale a quello internet,sempre riferendomi al discorso anonimato,per quanto internet sia un nuovo media che ha aperto un mondo inesplorato trovo che sia giunto il momento di dare delle responsabilità oggettive a chiunque usufruisca di tale servizio,trovando dei sistemi di autenticazione della propria identità.. detto questo pare illogico condannare un media che funge da tramite alla diffusione di “informazioni”.In questo caso che il video in tema sia rimasto per troppo o poco tempo è irrilevante chi è “editore di se stesso” ne deve pagare le coseguenze. Purtroppo che i colpevoli siano minorenni e Google sia diventata il capro espiatorio del reato fa proprio emergere la totale incompetenza della magistratura dovuta anche a falle legislative in materia, fa sorridere l’ineguatezza di uno stato che non riesce a tenere il passo con l’evoluzione della società.
**** COMMENTO OFFENSIVO MODERATO ****
@ nat
Visto che i miei esempi non aggiungono niente, in assenza di una legge che imponga a chiunque carichi contenuti di identificarsi con le proprie reali generalità, in modo da poter risponderne davanti alla legge, la denuncia del povero Pasquale la mandiamo assieme alla letterina di babbo natale?
Il fatto signor di Domizio, è che quelle che dice sono belle parole. Parole che condivido appieno, ma tali rimangono.
La necessità di rivedere la questione del web come “zona franca” da difendere a spada tratta c’è.
Il problema è che quello della giuria milanese non è il modo.
Semplicemente perché insulso e non tecnicamente applicabile (e credo conveniamo su questo).
Oltretutto così si lanciano crociate insensate che porteranno al massimo a intensificare la difesa della “zona franca” da parte della maggior parte della gente (informata).
Come fare quindi? Francamente non lo so, ma so che fare come in questo caso è controproducente ed è sinonimo di ignoranza (da parte della giuria che, ripeto, secondo me non ha idea di cosa si parli).
@Smoke kills:
Applicare le leggi “reali” nel mondo “virtuale”? GIA’ SUCCEDE. Se commetti un reato online o “offline” ne sei responsabile.
Dire che tutti dovrebbero essere identificabili (nome/cognome) in rete è ridicolo, significa che nella vita reale dovresti lasciare la firma ai crimini che compi (semplice no?).
Sai, esistono indagini e polizia per scoprire i colpevoli, sia on che off-line. E la cosa bella è che questi FUNZIONANO! Anche nel caso Google hanno trovato e punito i colpevoli!
Inutile dire poi che questi dati sarebbero usati anche a scopo politico…non viviamo in un’utopia, purtroppo.
Per quanto riguarda lo Stato che non sta dietro alla società, ti do ragione: ribadisco come questa sentenza sia lo specchio perfetto di una classe dirigente over50 legata a vecchi valori, che vede i giovani come problema e non come risorsa, che vede internet unicamente come una ristretta cricca di malviventi, anzichè come una realtà multiforme potenzialmente distruttiva quanto costruttiva.
x Alessio Di Domizio
aspetta un attimo. Prendo spunto dai tuoi post 36 e 45.
Non l’ ho detto a chiare lettere ma sono convinto (anzi, è palese) che la giurisdizione attuale, almeno la nostra, prescinda dalle “regole” della rete.
Non potrebbe essere altrimenti, visto che utilizziamo leggi e schemi mentali anteguerra.
Sono d’ accordissimo sul fatto che serva un ripensamento in termini giuridici su ciò che concerne il web. Se già prima l’ avevi detto, scusa se non ho colto, ma mi ero concentrato sulla “difesa” di Google.
Penso che sia necessario ripensare molte, moltissime regole: il copyright e la privacy, tanto per dirne due eclatanti, che – al giorno d’ oggi e soprattutto di domani – non hanno senso di esistere come sono formulate.
Tornando sui tuoi esempi: credo che il programmatore l’ avrebbe in tasca, a meno di non ripiccarsi per anni su trovare i “colpevoli”. E qui avresti ragione. Ma solo se Wikipedia fosse una cosa statica e immutabile, cosa che invece sappiamo non essere, anzi!
Tempo 30 secondi e decine di amici/colleghi/lui stesso avrebbero modificato quelle pagine e segnalato la cosa in modo da rendere “vera” quella pagina.
Per il sig. Pasquale non ti dico certo la frase di Schmidt (che non sopporto), anzi ti cito quella di Richelieur: “datemi il più onesto degli uomini e vi troverò almeno 6 motivi per farlo impiccare”.
Rende l’ idea di come la penso? Il mitico Pasquale sarebbe stato fregato da questa “bravata” ma – come adesso – avrebbe potuto denunciare chi l’ ha fatta, con piena soddisfazione.
Il fatto che avesse perso il lavoro per questo sarebbe, oserei dire, accessorio. Già adesso molte aziende guardano (oltre al curriculum) il tuo profilo facebook, se ce l’ hai. E tuonano sentenze, proprio come dici te.
Ma è una cosa, suppongo, inevitabile al momento che uno comincia a usare queste tecnologie. Come dicevo prima, la tua vita ti sfugge un po’ dalle mani, non c’ verso. Penso che il tutto stia nella capacità di chi ti esamina di non dare troppo peso se a 22 anni eri a gallina alla stazione..
E poi considera che potresti fare lo stesso con lui!!!! ;-)
Insomma, tutto sommato, io vedo la rete come un’ enorme piazza, dove ognuno dice la sua, e dove – alla fine – non c’ è un vero punto privilegiato. Siamo tutti naufraghi dello stesso mare.. Non c’ è tanto da legiferare, quanto da prendere atto che le cose stanno così.
@ Alessio Di Domizio (author)
Bene, vedo che stai cercando qualche cosa su cui “riflettere”, prova a riflettere su questo:
I worry about my child and the Internet all the time, even though she’s too young to have logged on yet. Here’s what I worry about. I worry that 10 or 15 or 20 years from now she will come to me and say, ‘Daddy, where were you when they took freedom of the press away from the Internet?’. (cit. Mike Godwin)
Potrai rispondere “Ero al loro fianco perchè Google ha ritardo di qualche ora la rimozione di un video”.
@ Crantos
è vero cio’ che dici, non ribadisco :) che ci siano polizia postale authority etc non lo metto in dubbio che funzionano anche se non possono essere onnipresenti,come non lo puo’ google, per questo affermavo che un’autenticazione in più certificherebbe chi sei e scoraggerebbe i molti a nascondersi dietro nick vari.. esempio banale quante e.mail puoi fare inserendo generalità false? a quanti siti che richiedono una registrazione, ci si registra con generalità false? sai questo schermo dell’anonimato comunque per molti è un’opportunità per osare ciò che altrimenti non farebbero… e mi riconducevo all’esempio descritto dal Sig. Domizio “Pasquale da adolescente” senza aggiungere altri esempi di chat o blog dove ci sono situazioni al limite della legalità.. e non tutto sempre si può risolvere con un indirizzo ip. poi ovvio più approfondisci e più ti trovi difronte a situazioni opinabili o similipocrite qualsivoglia, poi per me il caso Google fa ridere come fanno ridere altri provvedimenti, come mi fa ridere il decreto Bondi ecc.. per certi versi mi fa molto piacere che si difenda a spada tratta il web che forse è uno dei pochi strumenti su cui abbiamo libertà di espressione e sicuramente questa cosa a una certa elite di personaggi non va proprio giù specialmente in italia dove l’informazione è supercontrollata mistificata per manovrare le masse,ed è imbarazzante come trovino ogni “spunto” per cercare di imbrigliare a poco a poco qualcosa che sfugge al loro controllo, sentenza qui sentenza la decretino qui decretino la.. molto cautamente si fa digerire alle persone poco alla volta :) oramai il gioco è lampante, che dire di più? la libertà purtroppo è un arma a doppio taglio e non è facile mantenerla equa quando ad usarla sono miliardi di persone.
@ Doc
Vorrei solo segnalarti che in molti paesi occidentali, malgrado fosse sottoposta a leggi e codici deontologici rigorosi, la stampa era libera anche quando Internet non esisteva.
Signor DI Domizio,
è inutile trincerarsi dietro il suffisso “E’ una mia opinione” perchè anche essere pedofili o ladri o stupratori CON QUESTO ANDAZZO sono idee giustificabili, a suo modo di vedere, come “opinioni”.
Google non ha infranto nessuna legge: è un contenitore, come un’autostrada, una carta di credito, un bus o una parete.
Non si condanna il contenitore: si deve condananre chi ha realizzato un illecito.
Non si condananno i casellanti di una autostrada per aver fatto passare dei corrieri di droga … si comndananno i corrieri i droga.
E’ una cosa talmete banale che mi sto chiedendo se il tutto sia solo un modo per scrivere due sciocchezze e “flammarci sopra”, oppure (amaramente) se davvero siamo giunti ad un tale livello di inciviltà da designare come “opinione” anche ciò che non lo è.
@ riuzasan
Vede, quando s’iniziano a contrabbandare le proprie opinioni come verità assolute, e a bollare quelle degli altri come “fasciste” e indegne perfino di esser espresse, non ci si avvicina certo alla libertà di pensiero di cui lei si dipinge come difensore.
@ riuzasan
Andazzo? Quale andazzo? Vuole dire che sta paragonando le mie opinioni (ancor prima che quelle dei giudici, le cui motivazioni peraltro non conosce) alla pedofilia, al furto o lo stupro? Davvero questo vuole dire? La prego di spiegarsi meglio e in fretta perché mi è davvero passata la voglia di riderci su.
Dopo alcuni commenti mi sono stancato di leggerli.
Gli si da addosso ai giudici senza nemmeno conoscere le motivazione.
Si accusa uno Stato Democratico (Che sarebbe l’Italia) di essere dittatoriale al pari della Cina, di Cuba, dell’Italia degli anni 20 a causa delle sue leggi.
Non esiste un sistema legislativo perfetto, ma al tempo stesso esistono i furboni sempre pronti ad aggirare le leggi.
Se YT italia deve sottostare alle leggi dell’editoria lo deve fare e basta, google non è aldisopra della legge.
Quando YT è stata proposta in Italia vorrei sapere se qualcuno dei dirigenti si è informato sulla legislazione in materia.
Se il diritto di tutela della privacy è inalienabile, lo deve essere sempre, senza che nessun operatore, di qualsiasi genere, possa additare all’impossibilità di controllo del rispetto delle leggi.
Se google con un suo servizio non adempie agli oneri legali la colpa non è della legge, ma di google, o chi per essa, o qualsiasi altra realtà commerciale intesa come soggetto, che molto furbescamente hanno proposto un servizio risparmiando sulle spese.
Se per filtrare tutte le informazioni servono 20000 dipendenti, bisogna metterli in conto nei costi d’impresa, e non sperare che le spese legali che andrai a sostenere per difenderti da eventuali procedimenti legali bastino.
Ho letto un commento che diceva di ringraziare YT per aver fatto scoprire quel video.
Allora non puniamo quegli autisti che ubriachi tamponano la macchina dei rapinatori, cosi diamo pure il permesso di torturare i mafiosi per farli confessare se giustifichiamo che un illecito minore è giustificabile se permette di debellare un illecito maggiore: questo si che mi sembrano argomentazioni non risalenti all’Italia degli anni 20, ma a quelli dell’Italia del 20ac
@ alessio commento 30
no mi spiace il timore e le critiche te le becchi in ogni caso, come ormai avrai capito qualsiasi cosa dici troverai chi è contro e chi è d’accordo. Non per questo è considero accettabile una linea che (a me sembra) vada vada in controtendenza con motivazioni poco convincenti. Solo tu sai se hai fatto questo con onestà intellettuale, io posso solo avere le mie impressioni su tale cosa e posso dire che sono molto dubbie in qualche caso. La cosa ti interessa o meno in funzione del fatto che sono un lettore del blog ma nulla ti vieta di infischiartene dei miei commenti.
Scrivere la tua opinione senza pensare alle conseguenze, senza avere timori, o pretendere di non avere critiche (anche solo del tuo pubblico) mi sembra in vago contrasto con la riflessione sulla politica di pre-censura che sembra vorresti proporre se ho capito bene. Dobbiamo scrivere quello che vogliamo o no? fino a che punto possimo difendere le nostre opinioni, e fino a che punto le nostre opinioni sono accettabili e non censurabili?
ho comunque esposto il mio punto di vista, ritengo che sia valido e non ho sentito nulla nella discussione che potesse smuoverlo, dunque lo considero abbastanza consolidato fino a nuovi eventuali sviluppi. la riflessione sulla precensura per difendere i cittadini per me porta a conseguenze aberranti e inaccettabili. fintantochè non esista una tecnologia in grado di mettere in atto con efficienza un sistema di “precensura condiviso” (che è storicamente un’utopia) allora non ha senso nemmeno proporlo.
@ mede
Accetto che tu metta in dubbio la mia onestà intellettuale, per quanto converrai che possa ritenere la cosa lievemente offensiva. Si chiamano “processi alle intenzioni” e non dovrebbero appartenere a un confronto sereno e civile. Ma passiamo oltre.
Non pretendo di non avere critiche, ci mancherebbe. Mi piacerebbe che quelli che criticano cercassero di acquisire il mio punto di vista prima di saltare ai commenti per ripetere più o meno cose che non hanno granché a che vedere con quel che c’è scritto nel post, e che vediamo apparire in calce ad ogni articolo che citi la questione.
Quello che spererei, ma di nuovo non censuro nulla a parte le offese gratuite, è che, come dicevo, non si pretenda di fare processi alle intenzioni, ma si valuti la mia tesi per come l’ho esposta, senza leggervi retropensieri molto poco lusinghieri come quello che tu mi attribuisci.
Quella che tu chiami “precensura” mi sembra un concetto abbastanza fuorviante. Guardiamo assieme una definizione di “censura” (Garzanti):
Stiamo parlando di un soggetto eventualmente terzo rispetto alle parti in causa (l’autore e l’eventuale oggetto della sua opera) che blocca il contenuto per finalità legate non ad una delle due parti in causa, ma eventualmente al fine di preservare in vario modo il suo potere e la sua influenza.
Qui la questione è tutt’altra: domandarsi, e possibilmente darsi una risposta, sulla legittimità di far comparire persone non consenzienti – senza alcuna funzione o visibilità pubblica – ed eventualmente minorenni, presso un qualsivoglia medium di ampia visibilità internazionale.
Questa non si chiama censura, si chiama privacy, perché si attua attraverso la volontà degli individui – garantiti da una legge che non si può in nessun caso scavalcare – e non di un potere interessato alla sua preservazione.
So bene che, posta in questi termini – e non sono certo il primo a farlo – la questione rischia di intoppare l’ingranaggio dell’UGC per come lo conosciamo oggi. La domanda è: questo aspetto ci autorizza a sorvolare su implicazioni gravi e magari penalmente rilevanti pur di salvare la prassi? O non dovrebbe piuttosto suggerirci una riflessione comune, che dia spazio a tutte le istanze legittime e tutelate dal diritto?
@ alessio
mi spiace che la discussione sia andata in effetti in direzioni non trattate dal post, e riconosco il mio torto in questo.
continuo a non comprendere il tuo punto però. alla tua domanda, fulcro centrale della tua tesi io rispondo così: no, la libertà e l’uso di un servizio non ci autorizza a sorvolare sulle implicazioni, chi fa upload mettendo a rischio la privacy di altri deve essere perseguito a termini di legge.
il problema qui è che non è perseguito chi ha commesso il reato ma per ritorsione qualcuno che con il reato c’entrava praticamente nulla, è come se uno fa una rapina e scappa su una fiat su una strada comunale e la banca fa causa alla fiat e al comune. il fatto che le strade permettono ai ladri di fuggire in macchina ci suggerisce una riflessione sul fatto che dovremmo chiudere le strade? direi di no perchè tutti abbiamo chiaro a cosa servono le strade e il fatto che qualcuno le utilizzi anche compiendo qualche reato non ci fa pensare di bandire vetture o quant’altro, semmai di badire il ladro. questi servizi sono un bene, e sono un bene per la società, ma lo sono solo se non sono nelle mani di chi gestisce il potere, altrimenti divetano pressochè inutili come l’attuale televisione.
@ mede
Andiamo un passo più avanti: se l’esistenza di questi strumenti implica in modo sistemico conseguenze su diritti garantiti come la privacy, se la persecuzione dei colpevoli è resa difficoltosa dall’intermediazione di una piattaforma terza rispetto ad autore e vittima del reato, laddove si parla di un contesto globale in cui vittima e autore potrebbero trovarsi ai due capi del mondo, se dunque rischia di crearsi una frattura insanabile nella catena delle responsabilità su cui il diritto penale poggia saldamente fin dal quando esiste, possiamo cavarcela facendo spallucce?
capisco il tuo punto, ma faccio notare che i problemi di competenza territoriale non sorgono da internet, è pieno di gente che commette reati in uno stato e scappa in un altro e ci rimane per tutta la vita. La tua riflessione non copre il mio punto, se la strada che porta al confine permette ad altri di scappare e rimanere impuniti invece di fare opportuni controlli al confine (o di fare accordi e lavorare per avere copertura da reati globale) chiudiamo la strada? è un grosso danno per lo scambio culturale, bisogna metterlo in conto.
all’inizio l’importante è il principio che una azione sia un reato e sia riconosciuto tale. l’applicabilità è una questione diversa, e posso concordare che possa essere spinosa, ma non è nemmeno giusto che a fare le spese del caos giurisdizionale sia una società che offre un servizio
altrimenti come dicevo google dovrebbe chiudere il servizio. anche perchè ammesso che controlli e censuri il tentativo di fare il reato rimane e non sarebbe perseguibile nel tuo scenario, quindi il servizio andrebbe chiuso e basta.
@ mede
I problemi legali di carattere internazionale non nascono con Internet, ma hanno in essa un moltiplicatore formidabile. I rapporti di confine che tu citi come esempio, sono stabiliti da leggi e trattati bilaterali o multilaterali, per cui nessuno può più reclamare di essersi scampato la pena attraversando il confine. Le “strade” verso i paesi che danno riparo a criminali sono al contrario – almeno in linea di principio – sbarrate.
Il danno culturale è certamente serio, quello legale anche, e avviene alle spese anche di privati cittadini che non hanno alcun accesso ai costi e tempi della giustizia internazionale. È per questo auspicabile mettere la cultura su un piatto della bilancia, le implicazioni legali su un altro, ed elaborare dei correttivi che concilino le istanze di tutti, al fine di preservare il bene comune cui il diritto non è affatto estraneo.
La società che offre un servizio all’interno di un quadro legislativo arretrato, in cui si possono solo applicare leggi vecchie a casi nuovi, è e sarà sempre più vittima di sentenze controverse e attacchi politici: è proprio definendone lo status giuridico, dunque sedendosi tutti intorno a un tavolo, che si potrà determinarne codici di condotta e responsabilità in modo conclusivo.
Non certo continuando nello stato attuale, con la prassi del mondo digitale che rende di fatto obsoleti diritti fondamentali come quello alla privacy, e qualcuno che ogni tanto reagisce al di fuori di un tessuto giuridico aggiornato all’uopo.
Infine ti faccio notare che non ho mai sostenuto che YT e tutti i suoi analoghi vada chiuso: mi permetto solo di sollevare la questione – e mi metto in fila dietro i milioni di persone più autorevoli di me che l’hanno già fatto – della necessità di una riflessione comune sui conflitti fra diritto e innovazione tecnologica.
@ alessio
va bene ma la direzione del lavoro deve andare in direzione di fare in modo che determinati reati siano riconosciuti e perseguibili su tutto il globo, in alternativa si può chiedere a chi fornisce il servizio di chiudere o oscurare i contenuti provenienti da determinati luoghi o che non siano visibili dal proprio paese, questo se una determinata nazione non accetta di cooperare nella difesa dei diritti, e fintantochè non si adegua a cooperare. questo discorso lo posso capire, ma in ogni caso è una cosa che non viene risolta. perchè in un paese può essere legale o normale ciò che in un altro è illegale o ritenuto offensivo dunque non se ne verrà mai a capo. E’ una conseguenza plausibile quella di non poter più fornire il servizio in uno scenario del genere, anche se tu dici di non averlo mai detto, ed è vero, ammetterai che è una conseguenza abbastanza diretta dell’eccessiva regolamentazione.
mi pare che queste questioni internazionali sono un casino politico per quanto regolamentate poi di gente che chiede asilo e scampa alla giustizia di vari paesi ce n’è. dunque se andiamo ad analizzare i problemi da risolvere sono altri, appunto di lavorare nella direzione di garantire la pena a una serie di reati che vengano riconosciuti come tali da più nazioni possibile.
anche perchè se fossi un dirigente di google adesso come adesso, rischiando di andare in galera perchè qualche ragazzino deficiente uppa qualcosa di illegale, bhe chiuderei bottega in fretta in attesa di trovare una soluzione che non vedo.
@ mede
Il problema è enorme e si riferisce al diritto internazionale e si risolve con direttive emanate da tutti i vari enti sovranazionali interessati all’uniformità del contesto giuridico.
La soluzione non è semplice, ma indispensabile: né si può pensare di premere il tasto rewind su anni di evoluzione del media digitali, né si può eleggere lo status quo a dato di fatto ed azzerare le leggi che confliggono con questo status quo.
Il caso presente – riguardo al quale sarebbe bene sospendere il giudizio fino al deposito delle motivazioni – è una scintilla che deve avviare un processo evolutivo e bilaterale. Se ci riduciamo al muro contro muro, con Google che minaccia di chiudere bottega e i soliti falchi che strumentalizzano la sentenza, ci rimettiamo tutti.
Perché non proviamo a riflettere su questo:
Dove si può spingere la libertà di poter pubblicare informazioni su internet? Fino al punto di indurre al suicidio chi ha visto violata brutalmente la propria privacy?
Per quanto mi riguarda la privacy è un diritto / bene che deve essere tutelato prima rispetto a quello della libertà di poter pubblicare UGC.
Si fanno un sacco di disssertazioni (a partire da quelle dell’articolo salvo poi mettere le mani avanti) prima del deposito della sentenza, magari il motivo della condanna è semplicemente il ritardo tra comunicazione di illecito e contromisure e/o una provata mancanza di zelo nel rimuovere il video.
Qui nessuno mette le mani avanti allora, si ragiona per assurdo e questo è evidente e con persone che io non conosco il che è pericoloso.
Il sospetto è che il braccio di ferro USA-CINA tramite google faccia intravedere a qualcuno una scintilla che accenda il fuoco della regolamentazione e del bavaglio alla circolazione delle idee, che ci sia odore di un qualche fulcro dove poggiare più leve di irragionevolezza possibili.
Di fronte a questo tipo di pensiero storicamente è dimostrato che chi ragiona è un povero predicatore tremante destinato all’esilio o alla morte violenta, magna utopia fu quella del pensiero unico sovrannazionale di ciò che è bene e ciò che è male, l’utopia forcaiola e violenta del pensiero unico provinciale qui è durata un ventennio.
Sarebbe questa veramente l’apoteosi deflagrante dell’imbecillità quindi bisognerebbe un attimino ripulire il campo da quelli che possono essere i pregiudizi sulle persone visto che l’argomento è delicato e piantare qualche paletto in più di conoscenza visto che non conosco nessuno di voi… solo poi si può fare un ragionamento ma bisogna mettersi daccordo sul fatto che il dirigente google non può essere condannato per aver dato al reo la possibilità di infrangere la legge.. tutto qui poi si può pure andare avanti altrimenti nascono i sospetti eh
è vietato pubblicare le foto osè di un altro, al limite anche le tue, non so come funzionino i siti porno che accettano il materiale dagli utenti. sono d’accordo che un minimo di regolamentazione andrebbe fatta, ma il problema principale è che se per te delle foto osè sono una vergogna allora puoi pure evitare di farle o di farle girare in qualsiasi modo. oltre a questo problema culturale che comunque rimane anche senza i mezzi di internet, c’è il fatto che niente mi vieta di fare 10.000 fotocopie di una foto e piazzarle per strada, se non il fatto che ne rispondo se la persona in foto mi denuncia. E’ questo il principio: è un reato dunque è prevista una pena. non è che mettiamo gli ispettori nelle tipografie o nelle fotocopiatrici.
dopodichè mi puoi dire che è un grosso problema che un ragazzino di 12 anni può pubblicare un video su youtube, per qualche motivo anche fortuito può diventare famoso e riconoscibile in tutto il mondo e questo può rovinargli la vita. sono d’accordo che bisogna comunque regolamentare livemente dove possibile, ma certi “problemi” rimarranno perchè la libertà si porta dietro determinate responsabilità. si può usare il telefono per sparlare di qualcuno e far girare la voce più in fretta di quanto non si facesse senza. le foto della signorina in questione potevano girare benissimo anche via mail, ci hai pensato?
rendiamoci conto comunque del fenomeno, mi rendo conto che può essere un tantino retorico ma ogni giorno nelle strade italiane muoiono molte e molte persone per incidenti nemmeno causati da loro legati al fatto che la gente è libera di muoversi per le strade più o meno come vuole. magari anche per incompetenza di chi costruisce strade, segnaletica o autovetture e non mi pare che nessuno dei dirigenti finisce in galera. capisco che sono due cose diverse ma è comunque indicativo della schizzofrenia di questo paese che comunque rivolge attenzioni morbose a cose che forse tutto sommato in una scala di cose da fare dovrebbero essere in fondo. la cosa che più mi infastidisce è che da molte parti viene spacciata per un’aggravante il fatto che il ragazzo oggetto della violenza del video fosse handicappato, come se facesse qualche differenza rispetto ad un atto di bullismo o a una violenza (che tra le altre cose avvengono abitualmente su larga scala senza che nessuno faccia nulla, diversamente dal caso in questione).
Credo che il punto fondamentale sia un altro.
Su youtube vengono riversati ogni minuto due ore di video.
Qualsiasi legge che imponga un controllo sui contenuti prima della pubblicazioni a qualsiasi sito internet è destinata a scontrarsi con una impossibilità fisica ed economica a realizzare il controllo.
La legge obbliga a rimuovere i contenuti segnalati dall’autorità come indesiderati e questo è stato fatto da google ma ritenere i dirigenti di un’azienda che pubblica contenuto su cui non ha nessun controllo come responsabili del contenuto pubblicato è anacronistico e ignorante dei meccanismi fondamentali della rete.
Il problema non è andare contro google ma andare contro la libertà della rete e lo sviluppo nella gestione e produzione delle informazioni.
Se una sentenza cosi miope è ignorante venisse confermata, il risultato sarebbe la rimozione di tutti i servizi di rete tipo google, twitter, etc… dall’italia.
ne dico un’ altra: http://zambardino.blogautore.repubblica.it/2010/02/24/google-punita-ma-qui-e-la-liberta-dei-singoli-che-e-in-gioco/
tralasciate pure l’ inizio (che già sappiamo in varie lingue) e guardate l’ ultimo paragrafo.
Ti dico l’ ultima cosa, Alessio, l’ ho pensata ora: tu avresti ragione a pensarla così se fossimo in uno stato serio, civile e legale. COSÌ NON È.
@ novo
Sul fatto che questo paese rappresenti sotto molti aspetti il fanalino di coda europeo siamo d’accordo. Il fatto che ci siano persone pronte a strumentalizzare la vicenda a fini censori è altrettanto innegabile. La domanda che mi pongo rimane comunque a un livello molto più generale. Il fatto che la questione si ponga in Italia non la rende meno legittima.
@Alessio Di Domizio #49
Si, se non esiste una legge che consenta di identificare il reale responsabile non si puo’ certo incolpare il prossimo piu’ vicino solo per poter avere qualcuno con cui prendersela… Se il problema e’ la questione di identificare chi fa cosa, si lavora in quella direzione e nel frattempo si accumulano casi andati a vuoto a causa delle lacune legislative.
Di certo non si condannano altri solo perche’ facilmente reperibili ed identificabili.
Ho precisato anch’io, alla fine del mio primo post, che l’identificazione dei responsabili e’ necessaria; si punti su questo, non sul trovare l’unico capro espiatorio a cui farla pagare. Sia chiaro che non difendo google a spada tratta, ho molte riserve sulla tutela della privacy offerta dagli eula relativi ai suoi servizi e prodotti, tuttavia, in questo caso, non posso che schierarmi dalla loro parte.
Sono argomenti delicati e non facilmente definibili lo capisco, ma credo sia pericolosissimo rischiare una censura preventiva, anche al prezzo di qualche condanna mancata.
x Alessio
non la rende meno legittima, ma la rende tale da essere presa con i guantoni da boxe..
Siamo un paese di arpagoni. Al momento attuale non ti puoi permettere di offrire il fianco nemmeno per discutere di problemi reali e proporre soluzioni valide, se queste sono strumentalizzabili.
Perché poi nella padella ci caschi te, con tutti i tuoi bei discorsi.
@ n0v0
Come ho spiegato, assieme ai miei colleghi di AD sono già pienamente responsabile di quello che scrivo e pubblico, lavorando per una sussidiaria di una testata registrata presso il tribunale di Varese, e mettendo il mio nome e la mia faccia sotto tutto quel che scrivo; inoltre i fatti miei non vado certo a raccontarli sui social e non è certo sulla faccia dell’editore che mi metto a sostenere battaglie ideologiche derivanti dalle mie personali convinzioni politiche. Perciò non vedo proprio in quale padella dovrei cadere.
Penso che la questione abbia rilevanza internazionale e se il caso italiano può avere l’esito di sensibilizzare qualche decisore pubblico e qualche azienda sulla necessità di chiarire certe ambiguità, ben venga, sempre nel rispetto dei “bei discorsi” relativi all’autonomia della magistratura e a quelli ancora più belli che sanciscono principio di presunzione di innocenza fino a prova contraria.
Se non sei d’accordo non so che altro dirti e dopotutto non sono qui per persuaderti: rimanere ciascuno della propria opinione fa almeno in teoria parte del confronto civile.
te sei troppo moderato… siamo in guerra! non c’ è spazio per la pietà!! XD
sono sincero, al momento attuale per come la vedo io non c’ è da discutere, c’ è da difendere.
Il web è come la vita reale. Possono sputtanarmi qui come in rete, solo che nella seconda è più facile e immediato. Ma i mezzi per ottenere giustizia ci sono già, serve solo di adattarli ad internet, ovviamente con cognizione di causa (trad. NON alla maniera di Romani, D’ Alia, Carlucci, ecc..).
Non esiste di avere ragione al 100%. Io col mio pensiero (abbastanza condiviso, credo, dagli altri di questo blog) ritengo di aver ragione al 90%. E mi pare più che sufficiente per chiudere la questione legale, come spero verrà fatto in appello.
In pratica, se ho capito, da parte tua c’ è più interesse per il singolo, dalla mia per la comunità. Uno stato è una comunità. Internet è una comunità: il grado di civiltà si nota nella misura in cui il singolo riesce a “limitare” le proprie libertà in virtù di un interesse comune più ampio e che – in quanto tale – se ben sfruttato alla fine riesce a ripagare tale “sacrificio” offrendo al cittadino dei servizi e delle possibilità alle quali non sarebbe potuto arrivare da solo.
Per questo metto al primo posto l’ interesse comune. Perché solo nella sua realizzazione ritengo si possa ottenere un vero progresso.
Ecco spiegato il motivo per cui, di fronte alla possibilità di essere vilipesi, offesi e calunniati tramite la rete, confrontandola con quanto essa dà e può dare in termini di potenzialità positive, il confronto è decisamente a favore della seconda.
E se ci pensi, tutto il male VIRTUALE che viene messo in rete altro non è che male REALE amplificato a mezzo internet. Ecco di nuovo la questione del “mezzo”, del “tramite”. La rete non è l’ origine del male che contiene. Dunque non può essere punita per via di esso. Al limite regolamentata.
p.s. il “ci caschi te” era inteso in senso generico, te = tutti quelli che la pensano come te
si ma se la gente incomincia a sparlare di me, a fare fotomontaggi porno con la mia foto e se la condivide via facebook, magari non permettendo al mio account di accedere, non è che posso pretendere che si intervenga più di tanto, nulla vieta a questa gente di scambiarsi le info via mail tramite telefono o fax o tramite qualsiasi altro mezzo. mi pare chiaro che oltre ad essere amplificata la creatività della gente è amplificata anche la sua demenza. Mi sembra un po’ comodo dire che bisogna sia avere questo servizio che mantenere la privacy, e non stabilire almeno una linea su come potrebbe essere fatta una cosa del genere. è chiaro che chi legge ne deduce, anche se non è scritto, che si intenderebbe riflettere se è il caso di chiudere determinati servizi, perchè così come sono rischiano di ledere la privacy di qualcuno.
mi pare un po’ facile dire: “dobbiamo mantenere la privacy e tenere aperto youtube”. youtube non garantisce la privacy. Dunque dove porta la riflessione?
Esatto. Anche perché bisognerebbe vedere prima cosa s’intende per “interesse comune”, e “bene della collettività”.
A me sembra che questi social network e pure YouTube mettano troppo in vista informazioni anche sensibili, innescando una sorta di voyeurismo.
Finché le informazioni sono quelle personali, non c’è problema: ognuno della sua vita può fare quello che vuole. I problemi iniziano quando vengono pubblicate quelle degli altri.
Basta uscire una sera con amici, fare qualche foto, e vedersele pubblicate magari la sera stessa, con indicazioni su dove siamo stati, cosa abbiamo fatto e con chi eravamo. Ma saranno anche “fattacci miei”? Chi ha fornito l’autorizzazione alla pubblicazione?
E qui rientriamo adesso sul concetto di interesse comune et similia: la libertà di poter disporre della privacy degli altri NON è certo configurabile come tale. Nella maniera più assoluta.
Ricordiamoci, inoltre, cos’è successo negli USA a forza di mettere davanti l’interesse della collettività: sono state promulgate leggi liberticide che hanno sostanzialmente messo un capestro sulla privacy dei cittadini per il “supremo interesse nazionale” derivante dalla lotta al terrorismo…
e dunque youtube dovrebbe diventare una cosa diversa? deve uniformarsi alla TV, che guardacaso nel frattempo è diventata voyeuristica. e per tutelare tutti si permette di pubblicare solo a pochi, certificati, controllati e bollinati per farlo. questo mi pare abbastanza diretta come conseguenza, oppure si intravede un’altra strada?
io ritengo che c’è privacy e privacy, se uno intende che non vuole essere in nessun modo rintracciato o risultare semplicemente si chiude in casa e non si fa fare foto e butta il telefono cellulare. alla fine anche il telefono di casa o la segreteria telefonica forniscono informazioni su quando siamo in casa o meno. sarà il caso di fare qualcosa?
a me sembra naturale perdere un po’ di privacy rispetto a quello che potenzialmente posso fare con questi mezzi, semplicemente normalmente non ho necessità di tale livello di privacy. se poi la desidero non partecipo. infatti il mio account facebook ha fatto una brutta fine. che ne so che fa la gente che mi conosce con le mie foto su FB e cosa mi dovrebbe interessare?
A me sembra naturale che prima venga tutelata la privacy, e poi l’innaturale desiderio di pubblicare foto, video e quant’altro mostrandoli a tutto il mondo.
Chiudersi in casa? Manco per idea. In Italia circolare liberamente è un diritto garantito dalla costituzione, come pure la riservatezza.
Non è un diritto costituzionale pubblicare foto, video e altro. Puoi farlo, ma non rientra nei diritti fondamentali dell’uomo.
Per cui dei due io scelgo di tutelare questi ultimi.
Se uno ha il morboso bisogno di farsi vedere, che pubblichi le SUE foto, video, e quant’altro, in uno spazio in cui sia sicuramente e immediatamente identificabile. Così si assume le proprie responsabilità.
Vuoi pubblicare? Non c’è problema, ma PRIMA mi dici chi sei. E chi mette a disposizione quello spazio deve vigilare che non vi siano abusi.
ma che bisogni vigilare gli abusi siamo d’accordo, è il metodo che discuto, youtube è ben dotata di segnalatori, la comunità può aiutare e garantire che determnati video siano rimossi così come i singoli utenti. così come se qualcuno appende la mia foto per la città o se qualcuno pubblica la mia foto su un giornale senza il mio consenso, un’eventuale contestazione avviene comunque DOPO che è stato pubblicato il materiale e SE viene segnalato.
il problema è che qui si suggerisce che non sia permesso pubblicare foto mie in nessun posto e che il provider o un sito di hosting debba essere responsabile se qualcuno usa i loro servizi per pubblicare una mia foto visto che a priori non ho dato un consenso. questo è inattuabile, significa chiudere qualsiasi servizio del genere per il semplice fatto che chiunque a quel punto POTREBBE commettere un reato e far andare in galera i dirigenti. contenti voi, io preferisco un’altra società, altrimenti andavo a vivere in cina…
non è che non sono d’accordo sulla privacy, è semplicemente che all’atto pratico se vuoi mantenerla davvero devi chiudere pure il servizio mail, cellulari e quant’altro. allora uno va a vivere su una montagna e sono d’accordo.
la costituzione garantirebbe tante cose che sono solo retorica purtroppo se vai a vedere i casi pratici… lasciamola proprio perdere che è meglio. purtroppo viviamo in un mondo in cui sono necessari alcuni compromessi, se uno non li accetta deve rinunciare a molte cose, questa è la realtà dei fatti. se davvero a uno stanno a cuore determinate cose va a vivere come gli Amish, questo garantisce la costituzione, ma se fai una telefonata, usi un bancomat, entri in una qualsiasi attività commerciale con telecamere, la tua privacy va a farsi benedire.
http://digg.com/tech_news/EFF_The_Google_3_Italy_s_Attack_on_Intermediary_Liability?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+digg%2Fcontainer%2Ftechnology%2Fpopular+%28Popular+in+Technology%29&utm_content=Google+Reader
solo per vedere gli ultimi commenti alla notizia, questi sono quelli meno cattivi, quando hanno pubblicato la notizia la prima volta ci hanno detto anche di peggio. Non sarà bello essere denigrati così, da paesi che magari non sono poi tanto migliori sotto molti aspetti. ma stavolta la pernacchia ce la siamo cercata col lanternino IMHO.
Cesare, tu porti l’esempio degli USA, ma di fatto la conseguenza di ritenere un mezzo responsabile dell’utilizzo fatto dagli utenti non puo’ che portare a conseguenze liberticide.
Il principio del controllo preventivo e’ proprio frutto dell’assurda presunzione che gli eventi negativi possono essere prevenuti a tutti i costi.
Per farlo si finisce per ingessarsi le gambe per paura di rompersele, dato che la preveggenza non ci appartiene, ne siamo in grado di controllare ogni variabile, ci chiudiamo a riccio.
Cerchiamo di fare bene quello che possiamo, cerchiamo di riconoscere le situazioni pericolose quando le vediamo (i bulli del video saranno stati angioletti a casa e a scuola fino a quel momento??) e predisponiamoci dei mezzi per individuare a posteriori i responsabili con la certezza della pena (non millenni per una causa e poi prescrizione).
Altrimenti la prossima mossa quale sara’? Per spedire una lettera o un pacco alla posta sara’ necessaria apertura ed ispezione preventiva di tutto il contenuto, accompagnata da documentazione che ne certifichi il legittimo possesso?
“ingessarsi le gambe per paura di romperle”… azzeccatissimo.
bisognerebbe comunque fare un discorsetto sulla privacy a priori… per qualcuno la privacy è poter postare un commento senza essere rintracciabile in modo da poter esprimere le idee senza paura di ritorsioni. per alcuni altri è praticamente il contrario evidentemente. su questo se volete si può riflettere.
ma sul fatto di “ingessarsi le gambe” per quanto riguarda me la discussione è chiusa. la rete mi piace così com’è adesso piuttosto che ingessare e imbavagliare i siti di hosting con macchinose procedure, non sarà perfetta la rete così com’è ma almeno offre notevoli possibilità.
Il problema è che YouTube non è propriamente un servizio di hosting, ma è assimilabile a un forum o a un blog registrati, che sono dotati di moderazione, indicizzazione dei contenuti, ecc.
Per questi ultimi la nostra legge prevede pesanti sanzioni in caso di violazione della privacy & co.. Perché non dovrebbe essere possibile fare lo stesso con YouTube?
Se fosse un servizio di hosting “nudo e crudo”, non penso ci sarebbe stato alcun problema.
fatemi capire, ma se io adesso metto un link a una foto illegale sul vostro blog tramite commento o semplicemente commetto qualche reato scrivendo, voi dovreste finire in galera perchè qualcuno pizzica il commento prima di voi. no perchè a me è capitato di segnalarvi dello spam nei commenti del vostro blog, quindi immagino che non moderiate se non dopo la pubblicazione e sempre se ve ne accorgete…
comunque sembra continuino i commenti oltreoceano. Sembrerà strano ma nei paesi che non sono l’italia dove ci sono dei notiziari che vengono seguiti (sono programmi televisivi in diretta dove si danno le notizie… e non dei telegiornali, termine che ultimamente in italia è messo a programmi che non si capisce bene che cosa facciano) la lancetta tra il diritto alla privacy (o le garanzie ai politici di non essere sputtanati) e il diritto a informare e essere informati pende da una parte diversa.
basta vedere quello che succede in italia, che il cittadino nonostante abbia diritto ad essere informato e paga per esserlo una tassa chiamata canone rai, non viene informato e soprattutto si evita anche il diritto di informare tramite quella che è una censura preventiva. in un paese del genere in cui tutti devono stare zitti (nel momento in cui ho più bisogno di essere informato), certo una sentenza del genere può anche essere accolta senza troppo scandalo. da altre parti è assolutamente inconcepibile perchè è evidente che, tra le altre cose, la privacy non c’entra nulla, ma certo non sono per l’abolizione della privacy.
Al di la del fatto che qualcuno difenda Google spada tratta in ogni occasione, resta il fatto che i dirigenti non hanno responsabilita’ oggettive nella vicenda. Google offre spazio sui suoi server, e prevede meccanismi per la segnalazione dei video che secondo qualcuno dovrebbero essere rimossi.
Se Google e’ colpevole per quanto e’ successo allora i dirigenti di Autostrade SpA sono responsabili per gli incidenti che gli utenti causano sulla rete autostradale, le societa’ di noleggio auto sono responsabili se i loro clienti usano l’auto presa a noleggio per compiere una rapina, i produttori di coltelli sono responsabili per i delitti che con essi si possono compiere, e tutta una serie quasi infinita di esempi simili.
Insomma, il colpevole E’ CHI COMMETTE UN REATO, chi materialmente esegue l’azione di utilizzare per fini impropri gli strumenti che qualcun altro ha messo a disposizione. non chi mette a disposizione questi strumenti, che peraltro nel caso di Google sono assai + innocui di una miriade di altri prodotti…
Mah questo parallelo fra google e ISP, autostrade, produttori di coltelli o di stuzzicadenti mi sembra non regga granché. Nella fattispecie mi pare che youtube abbia già delle politiche di filtraggio dei contenuti, che per esempio includono il porno, come non ce le hanno gli ISP (non parliamo di net neutrality ma filtraggio selettivo di specifiche tipologie di contenuti), né tantomeno i venditori di posate e altri esempi riportati.
ma finchè il filtraggio è usato per proteggere gli utenti da cose che non vorrebbero vedere e per le quali si possono tranquillamente rivolgere ad altri siti è una cosa… si fa per renderlo anche accessibile ai minorenni è comunque una censura ma è fatta in modo consapevole e molto specifico e comunque dichiarato. sinceramente non so come funzioni non penso che si guardino tutti i video prima di pubblicarli ma immagino che youtube banna chi pubblica porno dunque la gente è incentivata a non farlo, e comunque tali video sarebbero segnalati dalla comunità.
comunque l’unica soluzione possibile sarebbe di richiedere alla gente uno scan del viso, metterli in un database, e cancellare tutti i video cha hanno volti che non appartengono a quel database di persone che acconsentono ad essere pubblicate. questo risolverebbe la questione e lascerebbe il sito ai contenuti di chi è certificato o pubblica animazioni (che vanno comunque controllate).
@ mede
Io non vedo questa grossa differenza, viceversa credo che, dovendo stilare una lista di priorità, episodi penalmente rilevanti e/o col coinvolgimento di minorenni, andrebbero tolti prima che un banale pornazzo… Non ti pare?
mi pare che c’è un po’ di confusione, publicare contenuti “penalmente rilevanti” non è di per se un problema, è pieno di video di rapine e altra roba, li fanno vere pure in TV, quel tizio freddato fuori dal bar da un killer lo hanno mandato anche sui giornali online. si parlava di privacy da una parte, da un altro lato io ho messo dentro il porno, ma ci metterei dentro anche contenuti con comportamenti molto violenti o con sangue. se trovano un modo per non pubblicare niente del genere a priori sono contento, ma va da se che può anche capitare il video di uno che fa apologia del fascismo (per fare un esempio) che è comunque considerato un reato in italia. si confida nella comunità che segnali la questione. c’è tanto di pannellino con tutti casi possibili per segnalare…
d’altronde la soluzione al problema è quella che ho postato prima e di fatto significa chiudere il servizio.
poi non ho capito perchè il paragone con le autostrade non dovrebbe essere valido? solo perchè youtube ha dei filtri per il porno? magari le autostrade potrebbero fotografare tutte le targhe al casello… e dunque? se si sposta qualche latitante sull’autostrada la chiudiamo?
io dico che deve dipendere dal gestore del sito decidere che contenuto cancellare e quale no. non è possibile che decide un terzo in base ai contatti che fa… perchè sicuramente in qualche sito più scaciato e con molti meno contatti tutti sti video li trovi in abbondanza solo che non se li fila nessuno
cioè io voglio sperare che ci sia stato un errore o nella sentenza o da parte di google, che magari era convinto di aver rimosso il video mentre per qualche errore tecnico è rimasto online. magari avevano mandato una raccomandata che si è persa o che non è stata letta tempestivamente. tramite una forzatura del genere la condanna può essere anche comprensibile.
Il legislatore non può pretendere una determinata cosa senza spiegare come deve essere ottenuta. non è che per combattere la fame nel mondo si può fare una legge che impone a tutti di mangiare e di avere acqua pulita. se si pensa che per combattere la mafia non bisogna vendere la carta ai boss mafiosi perchè ci fanno i pizzini, non è che si può fare una legge per impedire alle cartolerie di vendere la carta ai boss mafiosi, bisogna munirsi di tutto un apparato che stabilisce come questo deve essere fatto, non è che il cartolaio vende la carta e se si scopre che un pizzino era stato venduto da lui finisce in galera, il risultato è che per comprare della carta c’è bisogno della carta d’identità, ma la legge può imporre questo al negoziante, non che controlli preventivamente che uso ne verrà fatto.
alla luce delle motivazioni, stupisce l’ignoranza del giudice in questione, tant’è che si capisce benissimo che non ha la più pallida idea di cosa siano i servizi google e come funzionino, stupisce la volontà di “vendetta contro chiunque possibile” di chi ha intrapreso l’azione e che gli sia stato permesso di farlo, invece di perseguire solo chi ha in effetti commesso l’atto di molestia o al limite l’atto di upload del file. e stupisce che la legge italiana non tuteli i nostri interessi e quelli della società in questione che farebbe bene a chiudere tutti i servizi di upload per l’italia, io lo farei.
d’altronde gli interventi del giudice sono ridicoli:
“L’informativa sulla privacy”, scrive il giudice Magi, “era del tutto carente o comunque talmente nascosta nelle condizioni generali del contratto da risultare assolutamente inefficace per i fini previsti dalla legge”. La condanna dei dirigenti di Google, infatti, chiarisce il magistrato, “non viene qui costruita sulla base di un obbligo preventivo di controllo sui dati immessi”, ma per “un insufficiente (e colpevole) comunicazione degli obblighi di legge”, riguardo l’informativa sulla privacy.
non si capisce proprio dove vada a parare, mi sembra che abbia trovato il primo appiglio per condannarli.
@ mede
La questione non mi sembra così ovvia ed autoesplicativa, anzi.
http://blog.quintarelli.it/blog/2010/04/sentenza-google-vividown.html
mah sto provando a leggere la sentenza ma per il momento non riesco a capire i commenti che dicono che in realtà sono stati condannati (alla galera) perchè il disclaimer per la privacy non c’era o era poco visibile… insomma mi pare allucinante
mah per come la interpreto io, hanno chiacchierato a lungo per dimostrare che loro ci guadagnano perchè C’ERA LA POSSIBILITA’ data la natura del sistema di google che ci guadagnassero, ovvero che il video fosse incluso o indicizzato in banner pubblicitari per cui google ha dei guadagni, cosa vera ma risibile da un punto di vista non prettamente formale, visto che è risaputo da tutti che youtube è un rosso clamoroso da quando esiste, anche se ovviamente google guadagna clamorosamente da altri settori, ma questo significa abbastanza poco e sono discorsi che lasciano il tempo che trovano.
direi che la cosa più sconcertante è che il giudice ha voluto dall’inizio impostare la sentenza in modo che risultasse chiaro che non vede internet come un posto dove tutti fanno come gli pare. come se google o gli imputati sostenessero invece il contrario. non si è mai per un attimo reso conto che in internet non puoi fare come ti pare perchè la legge te lo vieta e infatti quelli che hanno messo il video se li sono bevuti. se qualcuno compra un oggettto dal tuo negozio esce e ci spacca la vetrina del negozio accanto, tu sei colpevole quanto chi ha realizzato questo progetto, questo è il principio sancito, non è credibile che si debbano fare la galera perchè il modulo della privacy non era opportunamente mostrato e che non gli ricordasse di non infrangere la legge… anche chi fabbrica armi dovrebbe finire sempre condannato per ogni omicidio realizzato con le armi di sua produzione.
da domani per ogni mattone comprato dovrai firmare una liberatoria per difendere il venditore dalla possibilità che lo usi per sfasciare una vetrina. è un principio ridicolo, se c’è un po’ di giustizia l’impianto accusatorio crollerà nell’appello e noi avremo speso una barca di soldi per celebrare questi processi inutili a causa di questo giudice molto ideologico, che ha voluto imporre la sua visione del web, totalmente fallimentare… e se anche le leggi dessero ragione all’iterpretazione del giudice, è ancora più grave perchè andrebbero cambiate in fretta, prima che veniamo considerati il terzo mondo del web… facepalm.