DAB: perché la radio digitale non ha avuto successo

Spesso per chi come noi partecipa ad un blog che può avere come oggetto una riflessione su prodotti, tecnologie e tendenze passate, presenti e future, trovare l’argomento alla base del prossimo articolo può risultare essere difficoltoso a causa dell’evidentemente troppo ampio spettro di topic papabili.

Fortunatamente l’appena trascorso periodo di festa ha rappresentato per il sottoscritto una sorta di musa ispiratrice ed è successo, giusto per introdurre la riflessione protagonista di questo post, che, semplicemente osservando con più calma il mondo che mi circonda, i miei occhi si siano poggiati su una vecchia radio.

E’ proprio in quest’occasione che è sopraggiunta alla mia mente la seguente domanda: che fine ha fatto lo standard DAB di cui qualche anno fa avevo sentito parlare più volte quale futuro della radio?

Una radio DAB e FM

Il Digital Audio Broadcasting (DAB), anche conosciuto con il nome Eureka 147, è una tecnologia di trasmissione digitale del segnale radio frutto di un progetto di ricerca europeo risalente agli anni 80 e che è stato utilizzato per la trasmissione di un programma radiofonico per la prima volta dalla BBC nel 1995.

L’obiettivo principale del DAB era di introdurre una tecnologia digitale per la diffusione dei segnali radio che, rispetto alla tradizionale trasmissione analogica FM, comportasse diversi vantaggi: maggiore qualità del suono, più contenuti inviati ai radioascoltatori (testi, immagini, ecc…), maggiore efficienza nella gestione delle frequenze disponibili da cui deriva un maggior numero di stazioni possibili e costi inferiori per la trasmissione.

In particolare la capacità di trasmettere più segnali radio digitali attraverso un solo trasmettitore, il cosiddetto multiplexing, avrebbe dovuto rappresentare un forte incentivo per i produttori di contenuti radio nel passare al DAB.

In realtà tutti i presunti benefici dello standard DAB sono stati smontati uno dopo l’altro al punto da portare tale tecnologia ad essere vista dagli operatori del settore semplicemente come un investimento da evitare, soprattutto nel nostro Paese. Innanzitutto la maggiore qualità del suono in termini di eliminazione del rumore di fondo che affligge solitamente le trasmissioni analogiche è stata ampiamente controbilanciata dalla scelta di un codec per la compressione audio inadeguato, soprattutto in relazione ai bitrate utilizzati.

Il codec maggiormente diffuso per il DAB è l’Mpeg 1 Layer 2 o MP2, cioè il diretto progenitore del famosissimo Mpeg 1 Layer 3 o MP3. Il problema della qualità non è dovuto al codec in sé, anche perché all’epoca si trattava di uno dei più avanzati, ma all’uso che ne è stato fatto: il 98% delle stazioni radio in UK, la nazione che più di altre ha spinto e adottato il DAB, trasmetteva utilizzando un bitrate di appena 128 kbit/s, assolutamente insufficiente a garantire una qualità percepita paragonabile alle trasmissioni analogiche FM.

Il vantaggio derivante dal multiplexing, inoltre, in realtà è solo a medio-lungo termine perché i costi di realizzazione delle stazioni di trasmissione in DAB sono notevolmente superiori a quelli dei corrispondenti trasmettitori FM e possono essere ammortizzati solo nel tempo visti i condivisi (tra tutte le stazioni che afferiscono ad un trasmettitore) costi di manutenzione.

Questo problema è stato la causa principale dell’inferiore qualità audio percepita perché, al fine di ridurre il più possibile i costi in fase di startup, nel Regno Unito moltissime stazioni radio si sono consorziate per trasmettere utilizzando il minor numero possibile di trasmettitori e, semplificando i vari tecnicismi, possiamo dire che il bitrate disponibile attraverso un trasmettitore è stato suddiviso tra troppi attori, comportando il degradamento del segnale di cui gli inglesi si sono spesso lamentati nel corso degli anni.

Possiamo aggiungere quale ulteriore motivazione alla base della scarsa diffusione del DAB, il mancato beneficio del maggior numero di contenuti che si possono veicolare attraverso il segnale digitale essenzialmente per due ragioni: la maggioranza dei sintonizzatori DAB non è dotato di schermi video in grado di mostrare adeguatamente una grande quantità di testi o immagini. Inoltre la radio di per sé è uno strumento utilizzato per intrattenersi mentre l’ascoltatore fa qualcos’altro (cucina, guida, lavora, ecc…) e che, pertanto, molto difficilmente potrebbe distogliere la propria attenzione per leggere testi o osservare immagini.

Infine, una considerazione che più di altre si sposa con la realtà del nostro Paese è legata all’incompatibilità delle modalità di trasmissione del segnale DAB rispetto alle tradizionali radio FM. Moltissime stazioni radio in Italia, infatti, hanno assunto una struttura redazionale e commerciale organizzata con riferimento al territorio che servono e, pertanto, una stessa stazione radio è libera di fornire contenuti differenti a seconda dell’area in cui la trasmissione viene effettuata.

La tecnologia DAB, invece, basa la sua filosofia di diffusione sul concetto di consorzio tra radio al fine di condividere le strutture dedicate alla trasmissione. E’ chiaro che quest’ultima organizzazione è difficilmente conciliabile con una pregressa rete di stazioni radio FM nazionali e locali ricca e fitta come quella che abbiamo in Italia.

Quali prospettive quindi si aprono per il Digital Audio Broadcasting nel prossimo futuro? Il problema della qualità del suono è in via di risoluzione grazie all’introduzione nel 2006 dello standard DAB+ che aggiorna il codec utilizzato per la compressione audio in favore del più moderno e avanzato High Efficiency Advanced Audio Codec (HE-AAC).

Questa evoluzione, che ovviamente non offre nessuna retrocompatibilità né a livello di trasmettitori, né di ricevitori, con le apparecchiature DAB preesistenti, potrebbe rappresentare un nuovo punto di partenza per la diffusione della radio in digitale oppure, come è mia personale opinione, potrebbe essere l’ultimo tentativo di mettere in piedi un’infrastruttura di trasmissione specific-purpose in attesa della diffusione di massa degli standard wireless (WiMax, 4G, ecc…) a banda larga attraverso i quali potremo fruire di tutte le trasmissioni audio video a cui siamo abituati oggi.

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