

I due principali motivi dichiarati dalle aziende, alla base del controllo delle attività online dei propri dipendenti sono il timore per i virus e gli spyware (70%) e la riduzione della produttività degli impiegati (52%). Vengono anche citate questioni che riguardano la disponibilitò di banda e la responsabilità.
Il campione intervistato da Barracuda Networks non si limita a inibire l’utilizzo dei social network ai propri dipendenti, ma nel 26 percento dei casi, controlla la loro attività online, e solo il 6 percento pone delle limitazioni temporali per l’accesso al web.
In Italia il Garante ha definito cosa è lecito fare e cosa invece è proibito per controllare i propri dipendenti. In particolare non è in alcun modo possibile controllare la posta elettronica del lavoratore, ma ad esempio è possibile definire preventivamente una blacklist di domini in maniera da non renderli accessibili dalla rete aziendale.
La domanda è: la sorveglianza è il sistema migliore per ottenere il risultato desiderato?
Sarò un ottimista, o un idealista, se preferisci, però sono dell’idea che se un dipendente non ha voglia di lavorare, non ha necessità di Internet per applicare la sua scarsa volontà. Difatti, gli stessi discorsi sono stati affrontati in passato, per applicazioni molto meno sociali come il solitario.
Allora forse i datori di lavoro, dovrebbero preoccuparsi di più di motivare i propri dipendenti, creare un ambiente di lavoro confortevole, per quanto possibile, ed avere maggiore fiducia nel senso di responsabilità della propria squadra. E poi penalizzare chi delude tale fiducia, eventualmente.
Senza contare che la rete sociale dei propri dipendenti potrebbe costituire anche una risorsa per l’azienda, se è vero che i mercati sono conversazioni. Non credi?