Materia oscura tutta italiana?

Pochi giorni fa, ovvero il 2 Aprile 2009, è finalmente apparso su Nature l’articolo ufficiale della collaborazione PAMELA , dove vengono presentati gli ultimi e molto discussi risultati della missione, ovvero l’osservazione di un eccesso di positroni in uno specifico range di energia (1.5-100 GeV).

Che cosa vuol dire tutto questo?
Cominciamo dall’inizio, che cos’è PAMELA (Payload for Antimatter/Matter Exploration and Light-nuclei Astrophysics). PAMELA è un satellite, in orbita dal 2006, di progettazione principalmente italiana (con la collaborazione di gruppi russi, svedesi e tedeschi) che si prefigge di misurare il rapporto di materia e antimateria nei raggi cosmici.

Che cosa sono questi ultimi lo avevo già accennato in un post precedente, per cui dirò solo che sono una “pioggia” di particelle che arrivano sulla terra da sorgenti galattiche ed extragalattiche. Per poter capire i meccanismi di produzione e propagazione di questi raggi cosmici, è di estrema importanza conoscerne la composizione.

In particolare, sappiamo che la componente principale dei raggi cosmici sono protoni (le particelle a carica positiva presenti nei nuclei di materia) e, anche se in quantità inferiore, elettroni (particelle a carica negativa che orbitano intorno al nucleo, formando gli atomi di materia). Durante il loro viaggio lungo l’Universo, però, protoni ed elettroni interagiscono con i nuclei di materia che incontrano nel loro cammino, producendo delle particelle che sono definite come le loro “antiparticelle”, chiamate antiprotone nel caso del protone e positrone nel caso dell’elettrone.

È relativamente facile predire quante di queste antiparticelle vengono create e possono di conseguenza raggiungere la Terra, sapendo il numero di protoni ed elettroni e conoscendo la distribuzione della massa nella Galassia e nell’Universo.

Come spiegato nell’articolo di Nature citato, la missione PAMELA ha appena misurato un’abbondanza inaspettata di positroni nella composizione dei raggi cosmici. Una possibile spiegazione di questa abbondanza è proprio da ricercarsi nella presenza di materia oscura nel Centro Galattico. Come avevo accennato in un precedente post , la classificazione di particelle che la fisica attualmente ci offre non è sufficiente per spiegare molti fenomeni che sappiamo avvengono in natura.

Inoltre, osservazioni come quella nella figura di questo post, mostrano che la composizione delle galassie non è fatta unicamente di materia visibile. Nell’immagine, che è una sovrapposizione di un’immagine ottica e un’immagine a raggi X, si vede lo scontro di due galassie, e si nota come la materia evidenziata in rosso si comporti in modo differente rispetto a quella evidenziata in blu (ovvero hanno due velocità di espansione differenti), e questa risulta essere una delle più lampanti prove dirette dell’esistenza di una quantità di materia non ancora rivelata.

Ebbene, molti nella comunità scientifica sperano che questa abbondanza di positroni nella composizione dei raggi cosmici sia proprio la prima rivelazione della materia oscura. Infatti in molti modelli sulla natura della materia oscura, si vede come l’interazione tra due particelle di materia oscura possa produrre dei positroni.

Questa possibilità fa ovviamente gola a molti (tanto è vero che due articoli sono stati pubblicati prima che la collaborazione di PAMELA rilasciasse pubblicamente i dati, basandosi su alcune foto fatte e una presentazione durante una conferenza…) e sarebbe senz’altro una scoperta epocale, ma non è l’unica possibilità, infatti questi positroni potrebbero anche essere prodotti da una stella pulsar o da un microquasar nelle vicinanze della nostra Galassia, oggetti interessantissimi, ma certamente meno misteriosi della materia oscura.

Attualmente la quantità di dati raccolti da PAMELA non è sufficiente per poter distinguere l’origine astrofisica da quella più esotica di questi positroni, ma l’evidenza della loro esistenza è già di per se una grandissima scoperta che promette di aprire molte porte nella nostra comprensione dell’Universo. Il satellite rimarrà in orbita ancora a lungo, e nuovi dati verranno rilasciati, misurando anche altre componenti della radiazione cosmica. Questo, accompagnato con il nuovo satellite FERMI che presto entrerà a sua volta in orbita per misurare i raggi gamma (fotoni ad altissima energia) ci aiuteranno senz’altro a dare una spiegazione più completa di questo fenomeno.

Stay tuned, quindi, perché entro un periodo relativamente breve potremo avere delle risposte sconcertanti sulla natura dell’Universo!

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