La long tail cambia il mercato, andiamo verso un “User Generated Market”?

Il 14 novembre a Milano si è tenuto un evento promosso da The Ruling Companies Association al quale è stato chiamato Chris Anderson, editor-in-chief della celebre rivista Wired nonché autore del bel libro “The Long Tail” .  All’evento l’associazione promotrice ha deciso di ammettere un limitato numero di blogger perchè si potesse fare un live blogging dell’evento ed allargare successivamente la discussione anche nella blogosfera. Io ho avuto la fortuna di fare parte di quei bloggers e sono rimasto davvero estasiato dall’intervento di Chris Anderson, che ha dimostrato con dati più che lampanti che il mercato sta completamente cambiando. Il messaggio principale di cui è destinatario il lettore del libro “The Long Tail” è che ad un mercato per decenni dominato da prodotti “di massa” si sta affiancando un mercato con molti più prodotti di quello tradizionale, ma ciascuno con un minor numero di destinatari. Ciò che sta avvenendo è, dunque, una frammentazione dei gruppi di consumo. Un esempio chiaro può arrivare dal mondo della musica. Fino a fine millennio le compilations contenenti le “hit” del momento hanno sempre venduto bene, ma hanno iniziato a perdere (pesantemente) popolarità dopo il 2001. A cosa attribuire ciò? Alla tecnologia che ha abilitato le persone a scoprire nuovi generi musicali e nuove canzoni, prima sconosciute. Il consumatore ha per la prima volta potuto scegliere e ha scelto ciò che gli piaceva, non ciò che i grandi player della distribuzione avevano “impacchettato” per lui.Il fatto che emerge è che gli uomini quando sono tra loro connessi generano infinite nicchie con gusti, esigenze e scelte fortemente personalizzate e individuali. Non regge in questo genere di sistema il mercato fino ad ora proposto di “blockbusters“, cioè generazione di contenuti (canzoni, film, t-shirt, ecc.) per le masse. Un esempio che Chris Anderson ha portato, e che condivido pienamente, è rappresentato dalle t-shirt. Se fino a qualche anno fa tutti volevano la t-shirt col logo di tendenza o della marca nota, oggi molto più spesso il consumatore vuole la sua t-shirt, con il suo logo o con una frase che solo lui e i suoi amici possono capire e trovare divertente.Long TailUn altro elemento di cui non si può non tener conto è l’inversione del concetto di influenza nell’economia tradizionale e nell’economia di Google. Il concetto di autorevolezza e credibilità che la “Google economy” ha creato è tale per cui possiamo avere, ed infatti abbiamo, un blog che risulta ai primi posti della scala, battendo importanti colossi come Forbes o il Times. Questo perchè un elemento di grande importanza per acquistare credibilità in rete è dato dal numero di link, tanto più altri “ti linkano” tanto più tu acquisti autorevolezza (banalizzando funzionamenti in realtà più complessi). Ma perchè i consumatori sono portati a linkare sempre più blog e siti “amatoriali” e sempre meno siti “istituzionali” come può essere il sito del New York Times? La risposta è che il consumatore si fida più di un altro consumatore, tra pari ci si fida di più. Se andiamo sul sito di un albergo tenderemo ad essere diffidenti leggendo una descrizione positiva delle camere, mentre se la stessa identica descrizione la leggiamo su TripAdvisor avrà un’influenza completamente diversa e molto più forte su di noi: perchè scritta da uno che è come noi. Che consigli dare alle aziende, allora, in un contesto che cambia così rapidamente e così radicalmente? La panacea non esiste, ovviamente, ma sicuramente iniziare a mostrare un volto umano può essere d’aiuto. Il consumatore si fida di chi è come lui, quindi l’azienda che si mostra fatta di gente come il consumatore al quale vuole vendere il prodotto è un’azienda che ha, secondo me, maggiori probabilità di essere creduta e, in fondo, oggi (più che mai) tutto si gioca attorno alla credibilità.

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