Internet rende stupidi

screen sleep Massimo Gaggi in un interessante articolo sul Corriere.it fa ampio riferimento a quanto pubblicato da Nicholas Carr su The Atlantic.com [peccato che sul Corriere non ci sia il link a questo articolo, ma evidentemente i quotidiani nazionali non hanno ancora ben chiara cosa sia la netiquette].

L’articolo di Carr si intitola Is Google making us stupid? e contiene una approfondita ed illuminata riflessione su come Internet stia cambiando le nostre abitudini di lettura, e con esse la maniera in cui si sviluppano i processi mentali, la capacità di concentrazione e articolazione del pensiero.

Gli utenti della Rete sono abituati ed orientati a leggere articoli brevi, spesso operano inmultitasking, il che vuol dire che compiono più operazioni contemporaneamente, ma come sappiamo, anche per il cervello umano la ram è limitata, quindi seguire più processi allo stesso tempo implica eseguirli con maggiore superficialità.

Ecco, lo hai appena fatto; ti ho indotto a ragionare come se il tuo cervello funzionasse alla stregua di un computer. Questo fenomeno non si limita, dice Carr ad essere una metafora:

Thanks to our brain’s plasticity, the adaptation occurs also at a biological level.

Internet modifica la maniera in cui leggiamo, gli schemi mentali attraverso cui interpretiamo il mondo, ad un livello così profondo che non possiamo che attenderci che la realtà ci si presenti nel formato a cui siamo abituati. Tanto che gli altri media non possono fare altro che adeguarsi:

Television programs add text crawls and pop-up ads, and magazines and newspapers shorten their articles, introduce capsule summaries, and crowd their pages with easy-to-browse info-snippets

E’ l’annuncio dell’apocalisse?

No, non lo pensa Carr e non lo credo nemmeno io; come lo studioso americano fa notare, già ai tempi degli antichi greci l’avvento della scrittura fu interpretata da Platone come una potenziale minaccia, e qualcosa di analogo accadde con l’avvento della stampa. Insomma è la storia che si ripete fino alla famosa canzone del 1979 dei Buggles.

Multitasking, tab browsing, applicazioni che girano in background, oltre all’ampio uso dell’inglese, inducono una estrema facilità ad interrompere quello che si sta facendo e procedere a singhiozzi. E’ vero, ma questo non vuol necessariamente dire che non saremo più in grado di immergerci nella lettura di un buon libro. Ed in ogni caso, personalmente preferisco essere capace di operare in multitasking, anche a costo di perdere qualcosa in capacità di approfondimento, piuttosto che obnubilare la mia mente con ore di fruizione passiva di programmi televisivi. Rispetto agli anni ottanta qualche passo in avanti lo stiamo facendo.

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Markingegno

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