Volo supersonico tra interessi militari e civili – gli Anni ’60 (1a parte)

Proseguiamo sull’onda dei precedenti post la discussione sui velivoli e le innovazioni che sono state introdotte negli anni dall’aeronautica, andando a parlare quest’oggi degli anni ’60 e riprendendo dall’ultimo velivolo introdotto la scorsa settimana, ma considerando il grande numero di aerei interessanti ed innovativi presentati in quel decennio, gli anni ’60 richiederanno più di un post per venire esplorati in maniera significativa.

UN PREDESTINATO AL SUCCESSO: F-4 “Phantom”

Sviluppato come già detto in precedenza sul finire degli anni ’50, l’F-4 “Phantom” ha visto negli anni ’60 un larghissimo impiego su tutti i fronti, dal combattimento aria aria ai bombardamenti, passando per l’impiego come aereo imbarcato nelle portaerei.

Caratterizzato da prestazioni eccellenti in termini sia velocistici che di manovrabilità, ha avuto una lunga vita operativa ed un successo commerciale secondo solo al North American F-86 Sabre.

La nascita dell’F-4 si deve alle richieste da parte della marina USA (la US Navy) di un aereo capace di operare come cacciabombardiere, richieste in realtà modificate più volte, alle quali la McDonnell prima, e la McDonnell Douglas dopo, risposero dapprima adattando l’F-3 “Demon” alle nuove specifiche mano a mano che venivano aggiornate, e successivamente sviluppando delle modifiche più corpose a quanto già realizzato, dando corpo a quello che di fatto divenne un vero e proprio nuovo progetto, anche per via delle richieste sempre più importanti di caratteristiche ottimali in ogni campo, culminate nel successivo interessamento al velivolo da parte dell’aeronautica USA (US Air Force).

Tale interessamento portò tale aereo ad essere un pilastro dell’apparato militare americano, e probabilmente questo interessamento trasversale, unito ai continui aggiornamenti, sono tra le cause della larghissima diffusione e lunga vita operativa.

(McDonnell Douglas F-4 “Phantom”)

UN PROGETTO CONTROVERSO: North American XB-70 “Valkyrie”

Negli anni ’50 si era fatto strada l’interesse verso un bombardiere strategico innovativo, capace di volare a Mach 3, una velocità sensibilmente superiore a quella dei caccia più veloci, ma assolutamente impressionante se paragonata alla velocità dei bombardieri pesanti allora in uso, all’epoca rappresentata dai Boeing B-52 sul fronte Statunitense e dai Tupolev Tu-95 e Myasishchev M-4 sul fronte Sovietico.

Il B-52 in particolare era destinato ad una rapida sostituzione, proprio ad opera dei nuovi bombardieri strategici supersonici che si stavano studiando e sviluppando, come l’XB70 appunto, ma tale progetto nacque e morì nel breve volgere di un lustro.

L’XB-70 era nato come frutto delle richieste della Difesa USA che di volta in volta modificavano le specifiche tecniche che il nuovo bombardiere avrebbe dovuto possedere, ed in particolare la caratteristica più esasperata era rappresentata proprio dalla velocità (all’epoca esisteva già un bombardiere supersonico, il Convair B-58 “Hustler”, capace di volare a Mach 2) massima raggiungibile.

Nonostante le caratteristiche tecniche interessanti dell’XB-70, il sostegno economico e politico nei confronti di questo aereo venne meno, sicuramente per i costi di sviluppo piuttosto elevate ed anche (e forse soprattutto) in virtù del forte sviluppo sul fronte dei missili balistici intercontinentali (ICBM) che rendevano meno interessante l’impiego sul campo di bombardieri estremamente veloci, pertanto l’aereo ebbe il suo battesimo del volo il 21 Settembre 1964 ed il suo (pre)pensionamento il 4 Febbraio 1969 con il ritiro dal servizio.

Tecnicamente era realizzato con una configurazione a delta ed impiegava delle appendici sulla parte frontale denominate “Alette Canard“, una configurazione che verrà poi impiegata anche da diversi altri aerei, come ad esempio l’Eurofighter Typhoon e l’aereo civile Russo Tupolev Tu-144.

I 6 motori impiegati adottavano un sofisticato sistema computerizzato per modificare la geometria delle prese d’aria e rallentare il flusso d’aria al loro interno sino alla velocità subsonica, in modo da permettere una corretta alimentazione del combustore ed erano dotati di post bruciatore, mentre per l’alimentazione degli stessi si impiegava un carburante addizionato opportunamente al fine di ridurre il problema del surriscaldamento alle alte velocità.

Le ali erano inoltre caratterizzate dalla possibilità di piegare le estremità verso il basso, in modo da aumentare la stabilità alle alte velocità, soluzione questa piuttosto inusuale (e non mi risulta sia stata ripresa da altri costruttori in seguito), ed inoltre era stato progettato per sfruttare opportunamente un fenomeno chiamato “portanza di compressione“, ovvero la capacità dell’aereo di “cavalcare” l’onda d’urto che esso stesso (in particolare la gondola dei motori) genera quasi come se “galleggiasse” su di essa.

Questa caratteristica ha dato origine ad altri progetti che sfruttano questo fenomeno, e sono indicati come “Waveriders” (e questo termine tornerà familiare quando parleremo del volo ipersonico)

(North American XB-70 “Valkyrie” – www.nasa.gov)

(North American XB-70 “Valkyrie” – vista dei motori)

(North American XB-70 “Valkyrie”)

Purtroppo è impossibile riassumere in un post la mole enorme di informazioni riguardo ad ogni aereo presentato, così come è impossibile individuare (soprattutto per gli anni ’60) pochi modelli davvero rappresentativi di un’epoca, ma spero che questo breve cenno possa rappresentare uno spunto di interesse a riguardo di una pagina della storia aeronautica moderna, e che per gli appassionati cresciuti con le riviste dell’epoca, possa rappresentare un piacevole tuffo nel passato di quegli anni.

Vi rinnovo l’invito a continuare a seguirci anche lunedì prossimo, sempre su AppuntiDigitali, sempre con la rubrica Energia e Futuro.

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