Estate, tempo di sole, mare (o montagna) ma soprattutto di relax, pertanto anche le letture devono essere adeguate… a tale riguardo iniziamo oggi una serie di post “rilassanti” (per certi versi iniziata lunedì scorso, con il post sulla 24 Ore di Le Mans), nei quali andremo a sbirciare il lavoro dei ricercatori (soprattutto motoristici) “infiltrandoci” nei loro laboratori e cercando di capire come si lavora in essi.
Andiamo quindi a visitare una sala motori, e precisamente andiamo a Lund nella prestigiosa Università Tecnica della cittadina Svedese.
LA SALA MOTORI
Una sala motori, ovunque essa si trovi, è normalmente costituita da due stanze separate da una grande finestra, una delle quali è la sala controllo mentre l’altra è la sala motori vera e propria.
La sala controllo è dotata di tutte le strumentazioni di acquisizione e gestione dei dispositivi di misura, ovvero principalmente computer mentre in sala, collegata opportunamente al motore, c’è tutta o quasi la strumentazione di misura.
Un’immagine della sala controllo in questione è la seguente:
A parte l’immancabile disordine e l’onnipresente tazzona per il caffè (caffè… ehm… non esageriamo) si iniziano ad intravedere un minimo di attrezzature, compreso il primo monitor (in quel caso utilizzato per visualizzare le emissioni rilevate dall’analizzatore dei gas di scarico).
Gli altri due monitor (e tre pc sotto la scrivania) si vedono in fondo in questa immagine:
La qualità delle immagini lascia purtroppo a desiderare, ma all’epoca non pensavo che tali immagini sarebbero mai servite per un post, tra l’altro avrei iniziato a collaborare con AppuntiDigitali solamente sei mesi dopo questi scatti.
Attraverso questi ultimi monitor viene gestita l’iniezione del motore in quanto, per potere studiare qualcosa di interessante su questo fronte, è necessario bypassare la centralina originale e le mappe fornite del costruttore con opportuni stratagemmi (nel caso in questione si risolveva il problema con un sistema di gestione del motore sviluppato ad hoc) in modo da potere definire le strategie di iniezioni con la massima flessibilità, permettendo di potere fare studi come quelli già presentati in passato: HCCI, PCCI, MK, Unibus e, nel caso in esame, PPC (e proprio in questo laboratorio e su questo motore sono state svolte parte delle ricerche sul PPC esposte nel post linkato).
Ovviamente sono presenti anche le immancabili schede di acquisizione e strumenti vari (oscilloscopi, generatori di segnale, ecc.).
Se finora abbiamo visto la sala controllo, andiamo ora a vedere la parte interessante, ovvero il motore:
Il motore immortalato in figura è un Volvo D5 utilizzato nelle vetture della casa automobilistica Svedese, e come si può vedere esso è collegato ad una macchina elettrica (in questo caso si tratta proprio di un motore/generatore elettrico standard prodotto da ABB e non da una soluzione specifica per sale prova) e dispone di una quantità innumerevole di connessioni elettriche che costituiscono l’elevata sensoristica installata (sensori di pressione, temperatura, ecc collocate in varie parti del motore).
Nell’altra foto si riesce a vedere un po’ meglio il gran numero di collegamenti elettrici:
Il box blu sulla destra contiene all’interno una bilancia ed un serbatoio del combustibile con il quale si alimenta il motore.
Mancano all’appello ancora varie attrezzature, in particolare l’analizzatore dei gas di scarico, generalmente un rack dove sono contenuti vari analizzatori delle singole specie inquinanti (NOx, UHC, CO-CO2) oltre allo Smoke-meter per il particolato (generalmente utilizzato come dispositivo a se stante).
Spero che questa “intrusione” in un laboratorio sia stata per voi interessante, e attraverso i commenti mi piacerebbe ricevere suggerimenti a tal riguardo, in modo da presentare le successive puntate in maniera più interessante.
Arrivederci a lunedì prossimo, sempre su AppuntiDigitali, sempre con la rubrica Energia e Futuro.
Non capisco perchè vi aspettavate un motore/generatore elettrico “speciale” per questo tipo di applicazione? Cosa non può fare un motore da mercato rispetto a una soluzione specifica per sala prova? (ovviamente contestualizzato nell’applicazione descritta nell’articolo)
@ Ago72
Nelle sale prova si hanno in genere esigenze particolari… prima di tutto la velocità di rotazione, che in questo caso è limitata a 2000rpm, oltre questo la potenza più limitata, sebbene si ovviasse modificando il motore in modo che si abbia la combustione sono su un cilindro mentre gli altri vengono trascinati, poi non ha la cassa basculante, quindi non permette l’impiego di una cella di carico per la misura della coppia, ma si deve usare un torsiometro oppure dei sistemi che la calcolano a partire dal ciclo, ma il primo costa parecchio ed è anche abbastanza fragile riguardo i carichi impulsivi (ne abbiamo rotto uno al CNR e non è stato divertente il conto della riparazione), e lavorando sul PPC è facile distruggere persino il motore (ne sono stati sostituiti due)… diciamo che un banco freno della AVL costa qualche centinaio di migliaia di euro, in parte sarà anche esagerato (AVL è carissima) ma ci sono anche delle caratteristiche tecniche che in pochi sono in grado di proporre
mi sono commosso per l’articolo…è il mio campo :D
poi scrivo il mio pensiero.
Mi hai fatto venir voglia di mollare tutto ed andare ad ingegneria meccanica! xD Molto carina comunque l’idea! Dopo una serie di post teorici, vedere come lavorate è molto interessante!
Potresti approfondire, comunque, il discorso sulle condizioni in cui il motore si trova a lavorare (qui o in un post dedicato, come vuoi)? In particolare, perchè i giri son sempre fissi e si son scelti i 2000? Perchè son quelli in cui generalmente il motore si trova a funzionare? E perchè un solo cilindro? Così, le analisi fatte non sono parziali? Basta moltiplicare i risultati per il numero di cilindri? Così, non entrano in gioco alcune variabili minime come il moltiplicare per n volte il lavoro necessario a trascinare l’albero motore? Lo si fa per consumare meno e per avere meno emissioni in fase di test?
… spero di non averti sommerso con i miei dubbi!
I motori elettrici di una certa potenza non sono mai a 2 poli, quindi supponendo che funzionino con rete a 50 Hz (ma anche se fossero a 60 Hz non cambia poi molto), il loro regime di rotazione “standard” è 1500 giri/minuto se sono a 4 poli, o inferiore all’aumentare dei poli. Credo che il limite consista sia in un problema di cuscinetti che vanno a lavorare fuori specifica, sia di bilanciamento del rotore, sia di collegamento elettrico dato che quel motore non mi sembra brushless.
@Simone Serra
Bell’articolo, grazie!
@arkanoid
“quel motore non mi sembra brushless”
Il problema è proprio quello (limiti sul calore e la potenza dissipabile, perdita di efficienza – anche se in questo caso non è vincolante): un motore brushless nel range di potenza > 100KW non è proprio comunissimo ma arriverebbe “tranquillamente” a 50 – 100K RPM.
Detto ciò, suppongo il “limite” di 2000 giri per i test non sia limitante nel caso specifico: basterebbe un semplice riduttore, un cambio tradizionale o un CVT per sfruttare un range di rotazione più ampio.
@ kais
siamo colleghi?
@ Sasha
in effetti ci vorrebbe un post apposito, ma almeno in sintesi ti rispondo qui:
studiando un concetto di combustione innovativo come il PPC (che è stato messo a punto esattamente in quel periodo a Lund, con il contributo anche di quel laboratorio) ci si concentra sulle dinamiche dei fenomeni, le variabili in gioco erano molte ed era difficile già così… alcuni studi a velocità variabile erano in programma ma per ragioni sulla gestione del laboratorio non è stato possibile farle, comunque va tenuto presente che i motori diesel (sebbene il combustibile fosse benzina) danno il meglio a velocità di rotazione contenute.
Il limite dei 2000 giri è quindi da una parte un limite della macchina elettrica, ma dall’altra un limite relativo in quanto le informazioni che si ottengono sono comunque adeguate al tipo di motore termico che si impiega… non dimentichiamo poi che per passare alla produzione serve il contributo dei costruttori e delle loro competenze specifiche nello sviluppo dei motori
un solo cilindro per ridurre i consumi (non si possono tenere in sala prova più di un paio di kg di combustibile) e per ridurre le potenze in gioco… così facendo ci si può spingere ad alto carico, mentre se si usassero tutti i cilindri servirebbero macchine elettriche piuttosto grosse… inoltre poiché lo studio riguarda la combustione, uno o cinque cilindri non cambia granché sui fenomeni, mentre la coppia e la potenza possono venire moltiplicate per il numero dei cilindri (in realtà trascinando quattro cilindri si hanno maggiori perdite per attrito, ma meglio sottostimare di poco le prestazioni che sovrastimarle)
@ arkanoid
non ricordo le specifiche di quel motore, ma mi pare che non fosse brushless… comunque il limite sui 2000 giri era stampigliato sul motore, quindi era il suo limite fisico
@ Marco
grazie per l’apprezzamento
inserire un riduttore complica comunque un sistema che deve restare il più semplice possibile, tra l’altro le sollecitazioni sono comunque notevoli (parliamo di un motore portato in condizioni critiche, con picchi di pressione in camera che superavano ampiamente i 200 bar… ne sono stati rotti due… possiedo il pistone “fired” di quello che ho usato io ed ha la prima sede delle fasce distrutta)