Facebook, c’è già chi suona la marcia funebre

Dopo il flop della IPO di Facebook, il cui titolo staziona attorno ai 10$ sotto il prezzo di collocamento, attorno al social network si sono alzati gli avvoltoi. Assieme ad ondate di pessimismo ingiustificato (che qualche giorno fa ho tentato di tamponare con argomentazioni un po’ più realistiche) si sono sollevate alcune critiche sensate in direzione dell’azienda e del suo fondatore. Quella più ricorrente riguarda lo stato patrimoniale in rapporto al valore di borsa. È una critica che risale a quando Facebook valeva una manciata di miliardi sul mercato privato, ma che dopo il flop della IPO dev’essere per sbaglio giunta sulle scrivanie della stampa generalista – fino a ieri impegnata in entusiastici prolegomeni al mondo social.

A proposito di cattive nuove, è di recente emersa – a chiunque abbia consultato le principali testate news negli ultimi giorni della scorsa settimana non può essere sfuggita – una ricerca firmata da uno dei “soliti noti” del panorama Internet nazionale, riguardo gli utenti fasulli nei social network. La ricerca, ripresa da tutta la stampa nazionale, porta a galla un problema che nel settore ci ponevamo nel 2009, tanto riguardo a Twitter che a Facebook. Un problema che nella sempre validissima editoria generalista italiana, complice una ricerca apparsa con eccezionale tempismo, viene preso in considerazione con appena 3 anni di ritardo.

E dopo l’entusiasmo oggi tutto è in macerie: i fondamentali sono deboli, le crescite insufficienti, le prospettive non esaltanti, gli utenti fasulli. Ieri un follower equivaleva a un cliente, un like era trattato come una promessa di transazione. Oggi, con qualche anno di ritardo, arriva la doccia fredda.

Certo, qualcuno dirà, ma anche il mercato privato – un mare dove nuotano squali di grossa taglia – ha preso un abbaglio, con valutazioni pre-IPO molto ottimistiche. Rimane tuttavia una piccola differenza: fra gli early investor c’è chi, malgrado il flop, ha portato a casa milioni. Se c’era da suonare le trombe, in Silicon Valley lo si è fatto e avendone ottime ragioni (i profitti post-IPO raccolti dal mercato privato anche grazie ad un clima generalmente positivo). Qui invece, la marcia la si è suonata e cantata gratis, così come oggi, e con la stessa autorevolezza, il de profundis. (O no?)

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