Petrolio – tra estrazione e problematiche

Riprendiamo quest’oggi l’argomento Petrolio andando a discutere delle problematiche relative alla produzione, in particolare parlando del Picco del Petrolio.

SCOPERTE – ESTRAZIONE E LIMITI

Come facilmente intuibile, data la particolare origine (sebbene ancora non chiarita in maniera unanime) del petrolio, esso può considerarsi una risorsa non rinnovabile in quanto i processi che ne hanno caratterizzato la formazione, sebbene esistenti anche nel presente, richiedono un periodo temporale talmente elevato da impedire (se paragonato all’arco temporale ristretto della vita umana) di considerare “in formazione” certi giacimenti rilevati, e come conseguenza tale risorsa, una volta sfruttata completamente, non consentirà in tempo ragionevoli di poterne nuovamente disporre.

Se tali considerazioni possono apparire ovvie, è altrettanto ovvio che la ricerca di nuovi giacimenti ancora non scoperti  rappresenta una delle grandi sfide che le aziende petrolifere affrontano quotidianamente per potere accedere al petrolio disponibile nel sottosuolo terrestre, ma tale ricerca fino a quanto può spingersi?… Ovvero, quanto petrolio c’è sulla Terra?

La risposta a questa domanda è estremamente complessa, e per certi aspetti rappresenta un tema ancora controverso per l’impossibilità di effettuare misurazioni dirette, inoltre molte regioni del pianeta risultano particolarmente impervie al punto da rendere molto difficili tali indagini, sebbene lo sviluppo tecnologico abbia oggi permesso oggi un sensibile miglioramento in questo senso.

LA TEORIA DEL PICCO DI HUBBERT

Il problema che attanaglia il petrolio (valutarne la disponibilità ed il suo andamento nel tempo) non è di esclusiva competenza di questo, infatti qualunque risorsa limitata presenta forti analogie ed a tal fine vari studiosi si sono cimentati nello sviluppo di modelli matematici che ne caratterizzassero questo andamento.

Il più famoso tra questi modelli è (quantomeno applicato al caso del petrolio) il Modello di Hubbert, noto anche come Teoria del Picco di Hubbert.

Tale modello è nato nel 1956 con lo scopo appunto di definire l’evoluzione nel tempo di risorse fossili ed è stato presentato in un rapporto oramai celebre intitolato “Nuclear Energy and the Fossil Fuels”, nel quale il geofisico Marion King Hubbert, ancora lontano dalla notorietà che tale studio gli avrebbe portato in seguito, lasciava sicuramente disorientata la platea che aveva assistito alla sua presentazione.

All’epoca di tale lavoro infatti le risorse petrolifere nutrivano probabilmente di una certa fiducia dovuta anche agli sviluppi sulla società che questa risorsa stava rendendo possibile, ma il contenuto degli studi di Hubbert evidenziarono per la prima volta che il petrolio, come anche le altre risorse fossili limitate, avrebbero raggiunto un massimo di sfruttamento prima di un inevitabile fase di declino.

M. K. Hubbert era un geofisico della compagnia petrolifera Shell operante nel settore ricerche, ed il suo lavoro in questa azienda produsse diversi studi importanti, ma solo il suo lavoro summenzionato gli rese la notorietà di cui ancora oggi gode.

Inizialmente il lavoro di Hubbert consisteva principalmente in uno studio di tipo empirico, basandosi sui dati storici disponibili relativi alle estrazioni, e solo in una seconda fase a tale studio si aggiunse una profonda trattazione matematica.

Partendo dai dati estrattivi dei giacimenti di carbone, Hubbert sviluppò un modello che poi adattò all’estrazione petrolifera e mediante esso riuscì a predire con una decina d’anni di anticipo il raggiungimento del picco di petrolio per gli Stati Uniti, avvenuto intorno al 1970.

Questa previsione comportò, una volta verificatasi, un grande clamore che portò alla ribalta il suo autore ed al tempo stesso mise in evidenza delle problematiche sino ad allora trascurate o taciute, ma sul modello e sulla sua formulazione e validità ritorneremo lunedì prossimo, sempre su AppuntiDigitali, sempre con la rubrica Energia e Futuro.

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