di  -  lunedì 13 Febbraio 2012

Dopo avere discusso ampiamente dei metodi di trattamento dei rifiuti mediante Termovalorizzazione, Pirolisi e Gassificazione, ed averne confrontato, seppure in maniera qualitativa, le emissioni, andiamo oggi ad introdurre una differente tecnologia che si prefigge di trattare la frazione organica dei rifiuti senza combustione, ovvero andiamo a parlare dei Trattamenti Meccanici Biologici (TMB).

TRATTAMENTO MECCANICO BIOLOGICO – IL PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO

In linea generale, il processo di Trattamento Meccanico Biologico rappresenta un processo “a freddo” non intervenendo in nessuna sua fase il processo di combustione e, come indicato chiaramente dal suo stesso nome, si basa essenzialmente su processi meccanici e biologici per trasformare il materiale da trattare nel prodotto finale.

Tali processi meccanici consistono principalmente in una sequenza di operazioni, gestite da svariati macchinari controllati da sistemi di controllo automatici, i quali operano la separazione dei materiali (qualora non preventivamente effettuata mediante differenziazione alla fonte dei rifiuti, ovvero mediante raccolta differenziata più o meno dettagliata) per classi, in modo da separare la frazione organica da quella non organica (vetro, metalli, ecc.) e destinare ciascuna classe di materiali ai trattamenti successivi.

Per operare tale separazione vengono impiegati differenti dispositivi, ad esempio sistemi magnetici per la separazione dei metalli ferrosi, sistemi a correnti parassite per i materiali metallici non ferrosi ed altri sistemi di vagliatura che operano su varie caratteristiche dei materiali (ad esempio la differente densità).

La fase successiva alla vagliatura del rifiuto consiste nel trattamento vero e proprio dello stesso, trattamento che nel caso della parte organica consiste nella digestione anaerobica mentre per la parte non organica consiste principalmente nell’invio alle attività di riciclaggio per i materiali che lo consentono, oppure al conferimento in discarica.

La parte organica è costituita principalmente dalla frazione umida del rifiuto (se non separata in precedente e destinata ad altri impieghi, ad esempio il compostaggio) unitamente alla frazione costituita da carta e cartone, oltre che da altri rifiuti derivati dal legno, e trattandosi di materiali caratterizzati da differente fermescibilità, la loro destinazione a seguito della vagliatura meccanica si può differenziare seguendo due linee differenti:

  • frazione altamente fermescibile: trattamento di digestione anaerobica per la produzione di biogas e di sottoprodotti utilizzabili come fertilizzanti, oppure trattamento aerobico (Compostaggio) per la produzione essenzialmente di fertilizzante (Compost)
  • frazione scarsamente fermescibile: produzione di materiale inerte di natura biologica od impiego nella preparazione del CDR – Combustibile Derivato dai Rifiuti nel caso il contenuto energetico dello stesso sia adeguato

La parte non organica è costituita principalmente da metalli, vetro ed altre sostanze, tra le quali è improprio includere le materie plastiche, in quanto per loro stessa natura sono prodotti di natura organica, anche se inadatti a processi di digestione aerobica od anaerobica per via della loro struttura costituente.

Le plastiche, nel TMB sono destinate al riciclaggio (così come il vetro ed i metalli) per la parte termoplastica (ad esempio il PET) mentre per la parte termoindurente si pongono gli stessi problemi relativi a tutte le altre soluzioni di trattamento di rifiuti presentate, ovvero non trattandosi di materiali riciclabili in senso stretto (non si può generare nuova plastica da una plastica termoindurente) si deve stabilire la loro destinazione od impiego finale.

DAL RIFIUTO ALL’ENERGIA – CONSIDERAZIONI SUL TMB

Per quanto esposto finora, appare evidente come tale tecnologia in se stessa si prefigga come scopo la produzione di sottoprodotti utilizzabili in differenti contesti, senza prevedere al suo interno una chiusura del ciclo dei rifiuti, analogamente a quanto avviene negli impianti di Pirolisi e di Gassificazione, i quali (se considerati limitatamente al processo di cui portano il nome) producono dei prodotti combustibili che vengono inviati ad altri impianti per il loro impiego, oppure utilizzati in loco mediante l’accoppiamento degli impianti di Pirolisi e Gassificazione con dei tradizionali (anche se opportunamente dimensionati) impianti termoelettrici.

Analogamente a tali impianti, nel caso in cui si voglia produrre in loco l’energia elettrica dal biogas (energia necessaria anche per il sostentamento dell’impianto stesso), risulta necessaria l’adozione di un impianto termoelettrico sottoposto all’impianto di TMB,

Con questa introduzione sul Trattamento Meccanico Biologica si chiude questo post, ma ritorneremo sull’argomento lunedì prossimo andando ad esaminare più in dettaglio le tecnologie disponibili, ovviamente sempre su AppuntiDigitali, naturalmente con la rubrica Energia e Futuro.

5 Commenti »

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  • # 1
    Daniele
     scrive: 

    In linea di principio, credo che questo sia il processo di gestione dei rifiuti più “energeticamente efficiente” attualmente disponibile…

    Oltre alla (poca) energia prodotta tramite biogas, bisogna infatti considerare il risparmio di energia dovuto al riciclo: se non sbaglio, questa percentuale è considerevole (per l’alluminio è nell’ordine del 90%, parecchio meno per tutti gli altri materiali).

    Insomma, pur non essendo un trattamento rivolto principalmente alla produzione di energia, comunque permette dei grandi risparmi.

    Purtroppo poi bisogna fare i conti con la realtà delle varie situazioni, cioè con l’energia spesa per il trasporto dei materiali (principalmente), le separazioni e così via.

    Una considerazione: questo tipo di impianti opera piuttosto bene in cogenerazione: è infatti richiesta una grande quantità di acqua calda a bassa temperatura (meno di 100 gradi) per i vari processi.

    Infine una domanda… Come fanno praticamente a separare la carta riciclabile (fogli, giornali) dal materiale organico, ammesso che lo facciano?

  • # 2
    Simone Serra (Autore del post)
     scrive: 

    @ Daniele

    La buona pratica del riciclaggio deve venire applicata a tutti gli impianti… nei post precedenti non è mai stato detto che i termovalorizzatori (tanto per fare un esempio) devono operare su rifiuto tal quale, anche perché così facendo operano in condizioni poco produttive, pertanto ciò che finisce bruciato deve essere la parte organica (sia essa di natura biologica o meno)… detto ciò le percentuali di riciclaggio che citi (per l’alluminio) si ottengono anche in tutti gli altri impianti perché è un qualcosa che avviene a monte dell’impianto stesso.
    In questo caso poi, se fai la differenziata a monte, il trattamento meccanico viene ridimensionato di parecchio in quanto hai rifiuti già separati, inoltre se invii l’umido al compostaggio hai ben poco da trattare nei digestori, quindi di fatto elimini o ridimensioni anche la parte di processo… pertanto del TMB che rimane?

    Sul particolare della separazione della carta riciclabile non saprei dirti perché molto dipende dai dettagli del processo, mentre per quanto riguarda il discorso cogenerativo devo farti notare che la cogenerazione è un processo che, a fronte di una produzione “di scarto” di energia termica (in genere a seguito di un processo di generazione elettrica) la utilizza nel processo stesso… in questo caso l’unico cogenerazione possibile è che questi impianti si mettano ad utilizzare energia non prodotta in essi

  • # 3
    Daniele
     scrive: 

    Diciamo che non ho alcun dato reale sulle percentuali di organico che vengono “compostate” o “digerite”, ma credo (magari quando avrò tempo mi andrò a cercare qualche dato) che la frazione “digerita” vada per la maggiore (l’ottenimento di biogas + fertilizzante post-digestione dovrebbe essere preferita all’ottenimento del solo fertilizzante).

    In pratica, a quanto ne so, praticamente tutto quello che può essere compostato può essere anche digerito.
    Fanno eccezione rifiuti contenenti grandi quantità di lignina (quindi magari non scarti di potatura), ma per il resto…

    Bisogna forse verificare se convenga o meno digerire certi substrati (che magari producono biogas di qualità scadente, cioè con poco metano, o sono particolarmente difficili da gestire all’interno del digestore per un elevata presenza di impurità), ma in ogni caso, immagino una quantità di rifiuto trattato tramite digestione anaerobica piuttosto importante.

    A quel punto, per il biogas prodotto, principalmente bisogna scegliere tra due destinazioni: il gruppo termoelettrico operante in cogenerazione oppure una “raffinazione” del biogas a metano “quasi puro” generalmente da usare per autotrasporto.

    Infatti, risulta generalmente sconveniente “movimentare” il biogas così com’è, dato che è per buona parte CO2.

    Ovviamente, nel primo caso si avrà una cogenerazione vera e propria “in loco”.

    Nel secondo caso, la richiesta di calore costante si presta comunque bene ad un utilizzo di calore ottenuto per cogenerazione (molto meglio di un abitazione). Ovviamente, quel calore qualcuno dovrà produrlo.

  • # 4
    Andrea Battiti
     scrive: 

    Cercate Carla Poli e vedrete che il risultato è quello di cui si scrive..

  • # 5
    Simone Serra (Autore del post)
     scrive: 

    @ Andrea Battiti

    Carla Poli gestisce il centro di riciclaggio di Vedelago, centro che non prevede alcun trattamento biologico e che opera solo ed esclusivamente sul rifiuto preventivamente differenziato alla fonte, pertanto non rappresenta un TMB ma solo un Trattamento Meccanico estremamente circoscritto al rifiuto differenziato

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