Ha ancora senso parlare di computer consumer e pro?

Alcuni cultori dell’informatica d’essay collocano nel 1951 l’inizio l’epoca del business computing. Protagonista di questa piccola rivoluzione è il Lyons Electronic Office, un sistema a valvole di origine militare che la allora popolare catena britannica di ristoranti Lyons converte ad un uso civile. Il 5 settembre di sessant’anni fa, il LEO fa girare per la prima volta un’applicazione di contabilità interna, in questo aprendo la stagione dell’informatizzazione delle aziende.

La derivazione militare del LEO dà un’idea piuttosto chiara della disponibilità di tecnologia informatica agli albori: le soglie di accesso (anche economiche) sono elevatissime e la gran parte del pubblico aziendale, può osservare solo dall’esterno la rivoluzione informatica.

Il processo di “democratizzazione” delle risorse di calcolo, come sanno i nostri affezionati nostalgici informatici, non conosce soluzione di continuità: dai mainframe si arriva nel volgere di pochi anni ai minicomputer e ai micro, complici le economie innescate dalla corsa alla miniaturizzazione.

Mano a mano che i prezzi si abbassano e le prestazioni delle CPU mainstream (in primis x86) crescono, un numero crescente di applicazioni business oriented giunge alla portata del PC Wintel. Volge così al tramonto l’epoca delle workstation “proprietarie” – SUN, SGI, NeXT, DEC, MIPS etc.

Siamo negli anni ’90 e la distinzione fra consumer e pro nel mondo hardware subisce dunque un primo, pesante colpo: un PC ben carrozzato può, a una frazione dei costi, avvicinare le performance di un costoso sistema proprietario. Lato software, la convergenza degli OS Windows sulla tecnologia NT pone sistemi operativi di ottima stabilità e sicurezza nelle mani di ogni utente.

Il mondo server continua a seguire un percorso completamente parallelo, così come il mercato workstation, divenuto una nicchia, stabile ma piatta.

Ancora una manciata di anni, siamo ad oggi, e anche la crescita del mercato PC giunge a un punto morto: il focus dell’innovazione – e una fetta consistente di domanda – si è infatti orientato verso l’ambito mobile, all’interno del quale si appresta a compiersi la definitiva caduta della barriera consumer-pro.

Da iOS a BlackBerry, da Android a Windows Phone, esiste già la possibilità di coniugare le feature che servono ai professionisti con quelle utili al pubblico consumer, ivi compreso quell'”eye candy” a cui gli stessi utenti professionali non sembrano più disposti a fare a meno – dal momento che non impatta sulla funzionalità e anzi la rende più accessibile.

Windows 8, l’OS sotto il quale la convergenza verrà a compiersi, pone le stesse premesse in cima alla sua lista di priorità, centrando le innovazioni su un hardware prettamente consumer – ARM e Intel low power, touchscreen – e un’interfaccia utente nata attorno alle esigenze di intellegibilità e immediatezza d’uso tipiche del pubblico consumer.

A dare senso a questa transizione contribuisce in maniera sostanziale il cloud computing, che già oggi rende sempre meno rilevanti le capacità di calcolo ed archiviazione dell’hardware – dandogli modo di diventare realmente ubiquo (il solco del digital divide contemporaneamente si approfondisce, ma questa è un’altra storia).

Ha senso chiamare questo processo “consumerizzazione”? Credo di no. Quando le risorse erano limitate, andavano allocate in base alle priorità assolute di ogni fascia di utenza. Davanti alla scelta fra la funzionalità di una UI e la disponibilità di maggiori risorse per il calcolo, le strade dell’utente consumer e pro si divaricavano profondamente. Come abbiamo visto, trent’anni di evoluzione del mercato PC ci consentono finalmente di superare questa divisione: il mercato va unificandosi, non è né consumer né pro ma semplicemente mainstream. Le nicchie continuano ad esistere ma il loro peso è – e sempre più sarà – relativo in un mercato che per dire di sì alla facilità d’uso non deve più negarsi la funzionalità, e viceversa. Che si insista a chiamarlo PC o si preferisca la dicitura “post-PC”, fa ormai poca differenza.

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