La storia in sé è abbastanza semplice: a Kait Duplaga, dipendente di un Apple store newyorkese, rubano il notebook personale durante una rapina al negozio, lei si collega al servizio “back to my Mac“, scatta una fotografia dei malviventi mentre usano (per poco) il computer e la polizia li identifica e arresta. A prima vista una storiella simpatica per una volta con un lieto fine, ma dietro c’è molto di più.
È abbastanza evidente che per un caso fortunato come quello di Kait ve ne sono altri centinaia in cui il finale è scontato e lieto per i ladri, ma è comunque un punto a favore della giustizia, se non altro sociale. La giustizia ordinaria infatti difficilmente può qualcosa contro i furti di questo tipo, men che meno quando il furto è limitato a un solo notebook personale. Ma tant’è…
Secondariamente bisogna notare che il servizio “back to my Mac” costa 99 dollari l’anno, non proprio regalato, ma in casi come questo si ripaga totalmente della spesa. È altresì vero che non è del tutto impossibile fare le stesse cose su altri sistemi operativi, con altri strumenti, e magari gratis, ma ci vuole un po’ di inventiva. Però non è detto che questa storia non porti alla produzione di un sistema già pronto da installare per fotografare ladri di notebook.
La questione diventa un po’ più complicata quando si inizia a pensare al perché i ladri dovrebbero navigare con l’account di default, o quello dell’utente (ammesso che non sia protetto da password); la prima cosa che un ladro dovrebbe fare sarebbe formattare il PC, a meno che non sia interessato proprio ai dati in esso contenuti. Ecco, a me spaventano di più i furti informatici via cavo, quando in poco tempo malfattori molto bravi riescono a rubare migliaia di dati, personali o meno.
La soluzione comunque sarebbe quella di trasportare il livello di sicurezza al lato BIOS o hardware, in modo da scongiurare il pericolo della formattazione o sostituzione del disco. La vera sicurezza sta nel rendere utilizzabile il sistema esclusivamente dal proprietario o da persone autorizzate (e magari è proprio quello che sta studiando Intel).
Un’altra forte innovazione la stanno dando i sistemi GPS e wi-fi, ormai sempre più onnipresenti e sempre più miniaturizzati. Perché non fare un sistema che ogni periodo di tempo prestabilito non segna la posizione e alla prima occasione utile di connessione a Internet la invia da qualche parte?
Tramite queste tre soluzioni, nemmeno tanto fantasiose, abbiamo escluso una buona parte degli oggetti tecnologici contemporanei, e penso la quasi totalità di quelli futuri. Ma come dicevo prima, l’altra grande parte della sicurezza a volte non dipende nemmeno da noi stessi, ed è in balìa di chi fornisce servizi, o dovrebbe fornirli: provider, isp, produttori, ma anche ministeri, pubblica amministrazione e aziende. La cultura della sicurezza dei dati deve procedere a velocità maggiore rispetto a quella dei device fisici, perché i danni sono esponenzialmente più grandi e più gravi. E non sempre ci sarà una Kait Duplaga che con molta fantasia inventerà un modo per aiutare la polizia.
Vorrei segnalare un ulteriore cosa, forse un po’ OT.
Il caso trattato nell’articolo riguarda un computer portatile e possiamo dire che il tizio in questione é stato ben fortunato ad essere iscritto a quel servizio apple, ma ben piú comune del furto del portatile é il furto del cellulare, il ladro lo ruba cambia la scheda e potete dire addio al vostro piccolo amico tecnologico, molti credono che la storia finisca qui e invece in teoria il ladro potrebbe essere facilmente acciuffato. Molti non sanno che ogni telefono cellulare ha un propio numero seriale che lo identifica da qualunque altro cellulare, questo numero é l’IMEI (lo si ottiene digitando *#06# sulla tastiera del cellulare e comunque di solito é incollato anche sulla confezione dello stesso)
Questo IMEI insieme a quello che identifica la SIM viene inviato dal cellulare al rete GSM in fase di connessione, questo significa che i gestori di telefonia mobile una volta inserita la scheda del “nuovo proprietario” potrebbero identificarlo, potrebbero addirittura fornire la posizione fisica del ladro (o acquirente di cellulari rubati)alle forze dell’ordine, ma quanti fanno la denuncia? Io sono sempre stato fortunato, non ho mai perso ne mi hanno rubato un cellulare, ma non é cosí per tutti. In quanti sono riusciti a sfruttare questa possibilitá?
Quello che dici tu è vero. Più che altro però è un problema di tempo e costi. Mia zia, a cui hanno scippato la borsetta (facendole male) è riuscita a sfruttare la cosa solo xke vi era l’aggravante (non ricordo con esattezza di che tipo) della “violenza”. Quindi poil i hanno presi.
Per gli altri casi, purtroppo, le questure sono oberate di lavoro e spendere soldi e tempo (alle compagnie telefoniche, al giudice, ecc.) per un cellulare… col cavolo che te lo fanno.
Però guarda… una cosa te la dico: se mi rubassero il cellulare vorrei comunque che fosse blocato. Finirebbe nella spazzatura, ma almeno la soddisfazione che non possono usarlo!!! Se non io… nessuno!!!
http://www.guardian-mobile.com/
Per esempio… visto che il MAC delle schede è univoco, perché non registrarlo ad ogni connessione? In questo modo un PC rubato viene tracciato ad ogni connessione, anche dopo la formattazione..
Beh, alterare il MAC di una scheda non e` la cosa piu` difficile del mondo… ;)
[…] Innanzitutto la notizia: alla signora Alison DeLauzon viene rubata la borsa con due fotocamere, né più né meno, ma una di queste è equipaggiata con una scheda di memoria Eye-Fi (in verità una versione più aggiornata rispetto al mio articolo, la Eye-Fi share) che non appena entra in una zona coperta da Wi-Fi automaticamente invia al pc di casa e uploada le foto dei malviventi, impiegati del ristorante dove avvenne il furto. Identificati, non sporge denuncia, le ridanno le fotocamere, licenziati. La storia “umana” finisce qui, e sebbene con finale diverso non può non farci tornare in mente quanto accaduto poco tempo fa a Kait Duplaga e il suo Apple. […]
[…] post è complementare a un altro di qualche mese fa, parafrasato nel titolo. Secondo un’indagine condotta dal Sunday Herald un […]