di  -  martedì 1 Febbraio 2011

La sostenibilità economica dei progetti open è un tema che mi sta molto a cuore. Ho approfittato in un precedente articolo della disponibilità dello sviluppatore Flavio Tordini per sfiorare l’argomento nell’intervista che mi ha gentilmente concesso. Quello che vorrei fare oggi è l’analisi di un fenomeno che negli ultimi anni sembra essersi consolidato.

Parleremo dei bounty. Se state immaginando panorami sabbiosi, saloon, sparatorie a mezzogiorno mettete freno alla vostra fantasia. Anche in questo caso si tratta di “mettere una taglia”, ma non sulla testa di un bandito.

Il principio di base è quello delle donazioni ma la pratica è leggermente differente. Invece di chiedere agli utilizzatori una donazione generica si cerca di fare in modo che chi utilizza il sofware possa incidere con i propri soldi in maniera diretta sullo sviluppo di una determinata caratteristica che gli sta a cuore.
I gestori o gli sviluppatori stessi di un progetto fissano una quota necessaria per lavorare a tempo pieno ad una caratteristica ed al raggiungimento iniziano ad implementarla.

Fondamentalmente si tratta di una riproposizione in ambito comunitario di quello che succede da svariati anni con le grandi aziende. I maggiori progetti open hanno una base di donazioni, sponsorizzazioni e forza lavoro offerte da aziende che su questi prodotti hanno costruito un business.

Ovviamente non tutti i progetti riescono a suscitare l’interesse di giganti del calibro di IBM ma ultimamente la svolta sociale del web è riuscita a dare eco anche a piccoli progetti, magari non ancora particolarmente rilevanti dal punto di vista dell’adozione, ma abbastanza interessanti da raccogliere intorno a se comunità di appassionati.

Così, utilizzando i bounty, progetti  come AROS (di cui avrete sicuramente letto su queste pagine) o Haiku OS sono riusciti a raggiungere obbiettivi importanti in tempi ragionevoli. Appena la settimana scorsa per esempio è stata raggiunta la cifra di 2000$ per il porting di gallium3d su Haiku OS.

Questa pratica comunque non è esclusiva di piccoli progetti, Mozilla e Google da tempo finanziano con premi in denaro una vera e propria caccia alla vulnerabilità per i propri progetti open Firefox e Chromium.

Per avere una visione d’insieme sul fenomeno l’idea del bounty potrebbe essere estesa a quella del “finanziamento preventivo” che piattaforme sociali come kickstarter hanno portato agli onori della cronaca.

Quest’ultima pratica in particolar modo si è spinta fuori dall’ecosistema software: se fate un giro su kickstarter potrete trovare veramente di tutto… da tagliatrici laser ad analizzatori di protocollo USB hardware passando per social network distribuiti.

Insomma… se volete finanziare qualche progetto in cui credete o volete buttarvi dall’altra parte della barricata per cercare fondi vale la pena conoscere queste possibilità.

9 Commenti »

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  • # 1
    jpage89
     scrive: 

    L’idea dei bounty è stupenda. Il problema del software OSS è sempre uno: la troppa frammentarietà. Progetti con caratteristiche diverse per lo stesso compito potrebbero unirsi e fornire ottimo software, cosa che invece non entra in testa. Al di la delle differenze di licenza

  • # 2
    Andrea Del Bene
     scrive: 

    @jpage89

    Hai perfettamente ragione, infatti quasi tutti i progetti open source di successo hanno una forte leadership alle spalle.

  • # 3
    Andrea R
     scrive: 

    Il problema è sempre il denaro. Tutto il resto è già perfetto di suo.

    Se una persona vuole la SUA libertà, si trova con delle cose da fare dinanzi a sé.
    Se uno sviluppatore vuole i soldi, abbiamo già perso.

    Tutto quanto è nato da RMS che voleva la sua libertà.
    Questa è l’unica strada da seguire per fare avanzare il free software.
    Se uno vuole dare dei soldi, quelli aiutano, ma basta donarli alla FSF.

    Un progetto di free software che sia usato da una sola persona è già un successo. Il successo di un progetto di “open source” si può misurare solo confrontandolo con la concorrenza: quanti utenti, quali feature, quanti developer.
    Imbarcare gente attorno al free software, che ha motivazioni diverse, siano tecniche o economiche è molto rischioso.

    Non è che sia contrario alla tecnica del bounty, a patto che uno sia consapevole di quanto sopra.

  • # 4
    [D]
     scrive: 

    “Se uno vuole dare dei soldi, quelli aiutano, ma basta donarli alla FSF.”

    Personalmente questa affermazione ricorda in qualche modo quello che succede con le onlus attive nel terzo mondo ed intanto in bambini continuano a morire di fame…

    Molto meglio il controllo diretto del donatore attraverso lo strumento del bounty.

  • # 5
    Emanuele Rampichini (Autore del post)
     scrive: 

    @Andrea Del Bene
    Beh molti hanno fondazioni e strutture decisionali parecchio più ampie del benevolo dittatore a vita. Certo è che quasi tutti i progetti di successo hanno una visione precisa dei propri obiettivi, e forse in questo una leadership forte aiuta.

    @Andrea R
    Il bounty come ho spiegato nell’articolo è un modo per dare tangibilità alle donazioni… potrebbe essere visto come un ulteriore segnale di trasparenza nello sviluppo di un progetto. Che poi i soldi si possano donare anche in altri modi è ovvio ed è ammirevole che qualcuno lo faccia. Inoltre permettimi di spendere due parole sul discorso free open: come è accettabilissimo che qualcuno si interessi della parte etica del software libero, va accettato anche il fatto che qualcuno sia interessato all’eccellenza tecnica. D’altra parte bisogna sempre mantenere i piedi per terra e ricordare che stiamo parlando di strumenti tecnici/tecnologici. Riconosco il fatto che tali strumenti hanno spesso un impatto sociale non indifferente e sono felice dell’esistenza di fondazioni come FSF o EFF, ma sono anche molto felice quando un prodotto libero e aperto grazie ad un opportuno finanziamento riesce a raggiungere livelli tecnici di tutto rispetto.

    Ti ringrazio di aver espresso la tua idea dandomi modo di esprimere quello che penso su questo argomento.

    @[D]
    Sinceramente non credo che il fatto che bambini continuino a morire di fame sia colpa della pur possibile distribuzione scellerata di fondi destinata a qualche onlus attiva nel terzo mondo. Ci tengo a precisarlo, anche se capisco che il tuo paragone è volutamente iperbolico, poiché ho amici che sono andati da volontari in svariate parti del mondo anche rimettendoci bei soldi di tasca propria.

  • # 6
    [D]
     scrive: 

    “Sinceramente non credo che il fatto che bambini continuino a morire di fame sia colpa della pur possibile distribuzione scellerata di fondi destinata a qualche onlus attiva nel terzo mondo.”

    Non sarà tutta colpa delle onlus ma di sicuro queste non sono la soluzione che spacciano di essere così come la FSF non hai mai dimostrato di essere la soluzione ai problemi di linux (anzi in questo caso, spesso è stata la causa).
    Tornando alle onlus, saranno almeno cinquant’anni che esistono, che chiedono soldi una volta per l’India, una volta per la Corea, poi Haiti, l’Africa (qui poi è un continuo, c’è sempre una scuola da costruire o un siero contro la malaria da comprare), il Brasile, Messico… così come prima c’erano le chiese che cercavano offerte per i poveri.
    La beneficenza ha sempre portato ad un giro vorticoso di denaro eppure i problemi di ieri sono i problemi di oggi, tali e quali: le nazioni che avrebbero dovuto beneficiare di tutte queste offerte, erano terzo mondo ieri e sono terzo mondo oggi, la gente continua a morire di fame per le strade, l’istruzione carente era e carente rimane, malattie ecc. ecc. però intanto le chiese si sono fatte gli altari in oro zecchino ed i dirigenti delle onlus viaggiano sul Classe E.

    “ho amici che sono andati da volontari in svariate parti del mondo anche rimettendoci bei soldi di tasca propria.”

    Ma infatti se vuoi fare beneficenza “vera” devi organizzarla per conto tuo a costo di dover organizzare un giro assurdo per poter portare solo una scatola di biscotti, sei almeno sicuro che quella scatola arriverà a destinazione per intera.

  • # 7
    Cesare Di Mauro
     scrive: 

    Per quanto mi riguarda i bounty rappresentano IL mezzo per condizionare l’evoluzione di un progetto che possa soddisfare le esigenze dei singoli.

    Ben venga, quindi, perché consente di togliere di mezzo quel muro che separa gli sviluppatori dagli utilizzatori finali :D

    Troppo spesso, infatti, gli sviluppatori vivono nel loro mondo e sono troppo distaccati dalle reali, concrete, esigenze della gente comune.

    Un’altra cosa di fondamentale importanza è il fatto di mettere in evidenza il concetto di lavoro retribuito. Scrivere software per l’amore della patria, come si suol dire, è un concetto bellissimo, ma anche utopistico, che non tiene conto del fatto che… anche i programmatori devono mangiare.

    Se fossimo tutti ricchi sfondati e con tutta la giornata a disposizione per “cazzeggiare” (scusate il termine) nemmeno si porrebbe il problema: si scriverebbe codice per il piacere personale. Anche se in maniera abbastanza caotica: che direzione prendere il software? Quante energie verrebbero spese senza ottenere qualcosa di concreto?

    Purtroppo tempo a disposizione ce n’è poco, e magari è difficile sbarcare il lunario (i programmatori sono gli operai sottopagati del nuovo millennio), per cui trovare un modo per arrotondare penso non faccia schifo a nessuno.

    A parte che serve per dare concretezza al nostro lavoro: “sto facendo qualcosa di utile, che serve veramente a qualcuno che ne ha bisogno, e vengo graficato anche da un riconoscimento economico”.

    I programmatori sono esseri umani…

  • # 8
    Scolapasta
     scrive: 

    @ Cesare
    “Per quanto mi riguarda i bounty rappresentano IL mezzo per condizionare l’evoluzione di un progetto che possa soddisfare le esigenze dei singoli.”

    IMHO questo può essere sia positivo che negativo, nel senso che spesso diversi utenti hanno concetti completamente diversi su come usare lo stesso identico software.
    A volte implementare una feature non è un processo lineare, o non è correttamente percepibile dall’utente nelle sue implicazioni, può voler dire dover ripensare l’architettura dell’applicazione, o del modo con cui l’utente interagisce col software, o cambiare strumenti di sviluppo.
    Per di più aggiungere features spesso può voler dire nulla se non sono facilmente raggiungibili e ben evidenziate nella GUI, il che farà gridare tanti altri utenti “al bloatware!”

    Credo che da un lato sia molto importante che il team di sviluppo ascolti gli utenti, per evitare disastri termonucleari globali tipo il KDE4.
    D’altro canto, dato che accontentare tutti è impossibile (e a volte un sano fork è più che necessario), se i bounties sono il primo e prevalente strumento di finanziamento si rischia che il team di sviluppo sia principalmente motivato a correre dietro ad ogni richiesta senza poter dare il giusto peso all’impatto che ha sull’economia globale del progetto.

    Insomma, si rischia di non poter permettersi il lusso di dare la propria impronta (che viene dall’esperienza sul campo) al prodotto, trasformando il progetto in un minestrone anonimo, che accontenta tutti e non piace a nessuno, e alla lunga probabilmente anche più difficile da mantenere e aggiornare.
    Certo, ci sono alcuni campi in cui lo strumento dei bounty è eccellente, ad esempio nel campo degli stessi strumenti di sviluppo, che siano progetti di linguaggi, ide, compilatori o chissàchealtro: dato che il cliente è mediamente molto motivato ad avere uno strumento migliore, e di norma ha una certa esperienza di sviluppo, e sa cosa vuole piuttosto di preciso, la direzione che può dare allo sviluppo tramite i bounty è spesso fonte di valore aggiunto.
    In altri campi, semplicemente, non può essere così.

  • # 9
    Andrea Garbagnoli
     scrive: 

    Forse ho capito male ma mi sembra che il sistema sia simile a quello descritto in http://open.hardcoded.net/

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