di  -  giovedì 3 Aprile 2008

n95Che ormai molto spesso i cittadini si trasformino in veri e propri giornalisti sul campo è cosa nota, soprattutto durante eventi inaspettati che attribuiscono un grande vantaggio a chi è già sul posto rispetto ai media tradizionali che devono organizzare un’uscita apposita.

Cogliendo questo cambiamento Nokia e Reuters hanno pensato di commercializzare il “Mobile Journalism Toolkit ”, un kit completo pensato per chi vuole impegnarsi in live blogging sul campo.

Il kit si compone di cellulare Nokia N95, tastiera bluetooth estesa, microfono direzionale esterno e cavalletto per appoggiare il cellulare. Insomma tutto il necessario per scrivere i pezzi, realizzare interviste e poter inviare il materiale ovunque ci si trovi, grazie alla tecnologia HSDPA.

Non credo che questo kit avrà un grosso successo commerciale, ma ritengo che si interessante notare come qualche grande azienda si sia definitivamente accorta che il modo di fare informazione è cambiato e che è inutile contrapporsi.

A fianco del giornalismo tradizionale, fatto di professionisti e mezzi sofisticati, vi è un giornalismo che appartiene a tutti e che è supportato da tecnologie meno elaborate, ma sufficientemente evolute per offrire contenuti interessanti al pubblico.

Del resto, soprattutto in Italia, ci si è ormai accorti da tempo che la mera appartenenza all’Ordine dei Giornalisti non è certo garanzia di qualità. Molto spesso si leggono articoli, anche su importanti quotidiani nazionali, pieni di errori sia grammaticali che di contenuto. Allo stesso tempo si scoprono blog e siti privati con scritti di incredibile interesse e qualità.

Credere che nel 2008 si possa ancora “imbrigliare” l’informazione consegnandola nelle mani di pochi è utopia, l’informazione è ora di tutti e le tecnolgie consentono anche al quattordicenne di fare informazione, ad esempio riprendendo il cattivo comportamento del proprio docente in classe.

Ben vengano aziende, tecnologie e prodotti a supporto di questa rivoluzione che forse produrrà un’informazione plurale e più trasparente di quella che abbiamo ora.

8 Commenti »

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  • # 1
    luca
     scrive: 

    Se “l’informazione è ora di tutti” come dice Lei, chi farà controllo di contenuti!? La famosa e tanto bistrattata validazione dei contenuti?!
    Adesso basta un telefonino per fare giornalismo!? … e poi si contesta l’appartenenza all’ OdG; mi pare che le due cose siano in paradossale contraddizione. Forse Lei farebbe meglio a parlare di espressioni d’opinione piuttosto che di informazione!

  • # 2
    Paganetor
     scrive: 

    in effetti Luca ha toccato un argomento importante: premesso che se l’OdG e i suoi iscritti facessero un buon lavoro non saremmo qui a discutere sul “chi” deve fare giornalismo, è anche vero che – pur rimanendo un diritto di tutti – quello del giornalista è una professione sottovalutata. Non basta essere al posto giusto al momento giusto e saper scrivere bene in italiano per essere un giornalista. Ci sono tanti (ma veramente tanti) fattori che vanno tenuti in considerazione, senza i quali si rischia di essere solo “uno che dà la propria opinione su un avvenimento”. Per carità, è un diritto di tutti e ben vengano anche queste informazioni, ma il giornalismo è qualcosa di più complesso di “scatto una foto, scrivo 3 righe e ho fatto un pezzo”.

  • # 3
    Ilruz
     scrive: 

    Perdonatemi, ma non capisco – se sono testimone di un evento … perche’ non dovrei poterne parlare liberamente?

    Se scrivo una falsita’ o diffamo qualcuno, il mio limite e’ la legge, a cui sono sottoposto che io sia un paroliere di professione o meno. Il controllo di qualita’ lo fa “il pubblico”: se scrivo boiate o scrivo cose corrette ma in modo atroce … il mio sito dura poco.

    Io trovo invece interessante il potersi riappropriare della notizia o del fatto – magari scritto male, ma riportato da “uno che passava di la”, piuttosto che da un parolaio che per lavoro deve “colorare” la notizia di un colore politico a scelta, o salta la cena.

  • # 4
    Francesco Federico (Autore del post)
     scrive: 

    Mi riesce un po’ difficile trattare in un commento un argomento così vasto e delicato.

    Brevemente dico che la rete ha più volte dimostrato di avere degli ottimi “anticorpi” capaci di “smascherare” immediatamente il falso, e lo dimostra, uno su tutti, Wikipedia. Provate a modificare un lemma qualsiasi inserendo delle inesattezze e nel giro di pochi minuti troverete il lemma ripristinato.

    Per quanto riguarda il giornalista professionista, come ho scritto qui e in molti altri articoli, ho sempre sostenuto che ci sarà sempre. Quel che sostengo è che a fianco della figura tradizionale del giornalista professionista, si sta creando la figura complementare del citizen journalist che è da rispettare allo stesso modo del giornalista professionista.

    Sono cose diverse, entrambe necessarie e complementari tra loro.

  • # 5
    Paganetor
     scrive: 

    veramente già adesso un “non giornalista” può scrivere dove vuole… un giornalista, però, ha dimostrato (scrivendo o sostenendo un esame) di essere idoneo e di conoscere i limiti e le possibilità della professione.

    Io ho la patente e posso guidare un’auto, ma la patente da sola non mi permette di guidare un taxi. Allo stesso modo, si auspica che un giornalista abbia conoscenze e strumenti per riportare un avvenimento (dovere di cronaca) e di aggingere eventuali considerazioni (diritto di critica).

  • # 6
    Francesco Federico (Autore del post)
     scrive: 

    L’esame di stato, purtroppo, non dà affatto la garanzia di essere un buon giornalista (come del resto la patente non dà la garanzia di essere un buon guidatore).

    Il non giornalista può già scrivere dove vuole, ma solo ora la tecnologia gli consente di fare “altrettanto rumore” del giornalista professionista, anzi spesso è capitato che contasse più il “buzz” della rete rispetto agli old media.

    Se gli old media colgono questo cambiamento, come ha fatto ad esempio El Pais e il New York Times, le due “professionalità” si completeranno in armonia. Se si ostineranno a fare attrito e resistenza, fregiandosi di una autoreferenziale superiorità, saranno destinati a perdere.

  • # 7
    Paganetor
     scrive: 

    l’esame non garantirà il fatto di essere un buon giornalista, ma “teoricamente” ti mette in condizione di conoscere un po’ dei tuoi doveri e dei tuoi diritti di giornalista ;-)

    te lo dice uno che quell’esame l’ha dato qualche anno fa ;-)

  • # 8
    luca
     scrive: 

    @Francesco: vero che l’esame di stato non ti dà, in alcun modo, garanzia rispetto alle competenze che servono per svolgere quel lavoro, ma rappresenta un primo passo per entrare in un mondo dove esiste una gerarchia meritocratica (peraltro ampiamente corruttibile! Purtroppo!) che ti “insegna” a svolgere la professione con senso etico e obiettività.

    Questa non è sostituibile ne dalla Legge (leggasi casi di diffamazione etc etc) perché opera a fatto e danno già avvenuto, ne dalla Rete stessa che smaschera – come dice Lei – sono i casi più clamorosi ed evidenti facendo passare tutta una serie di informazioni su fatti, prodotti, servizi etc. che non sono verificate e non sono soprattutto verificabili proprio perché lette e “digerite” da un pubblico che ha più o meno le stesse “potenzialità di informazione” di chi ha scritto.

    Un’ultima osservazione: quando Lei parla di buzz, di rumors, di gossip è evidente che da implicitamente una collocazione al tenore della comunicazione.

    Lo ripeto: esprimere opinioni è un diritto insindacabile di tutti e la Rete non ha fatto altro che offrire un mezzo in più per farlo. Fare informazione è qualcosa di ben diverso che va svolto da gente professionista e competente. L’esempio del quotidiano spagnolo è un’opportunità intelligente ma è ovvio che la redazione del quotidiano eserciterà un influsso su quanto viene proposto dai giornalisti non professionisti in termini di contenuti ;-)

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