Alle radici della saga di Need For Speed

I giochi di guida, almeno quelli ben fatti, rappresentano per alcuni di noi una droga. In gara o alla ricerca del miglior tempo sul giro, un modello fisico realistico è in grado di appagare enormemente l’appassionato, innanzitutto nei termini di una buona sensibilità dell’auto al setup ma anche, in assenza di opzioni di setup, nel lavoro di cesello necessario per guadagnare la traiettoria migliore in ogni curva, capire il punto giusto per accelerare e frenare, scoprire traiettorie alternative da usare in caso di sorpasso.

Queste e molte altre sono le “fisse” di tanti petrolhead virtuali ed oggi proprio a loro, in questo nuovo venerdì nostalgico, dedicheremo una carrellata sui primi episodi di una saga che, se pure leggermente disomogenea come aderenza al tema ispiratore e qualità, ha scritto una pagina importante nella storia dei giochi di guida: Need For Speed.

Fin dal suo esordio, Need For Speed non è esattamente studiato per rappresentare la più fedele simulazione di guida. Al contrario di Viper Racing, un po’ come i primi straordinari Test Drive (e il seguito, The Duel), la “reason why” di NFS è quella di mettere il giocatore in condizione di scatenarsi sui più potenti bolidi esistenti sul mercato, risparmiandogli eccessive complicazioni tecniche e un modello fisico troppo selettivo.

Si tratta dunque di un titolo piuttosto “arcade” – complici anche i classici inseguimenti della polizia, la prevalenza di circuiti stradali – sebbene non manchi di richiedere al giocatore qualche perizia e, a cercarselo, qualche controsterzo.

Riprovare il primo NFS (1995) è stata per me più o meno l’equivalente videoludico di una madeleine proustiana: il ricordo di quella che allora pareva una grafica spettacolare (640×480 erano un must, assieme ad un Pentium discretamente carrozzato), il suono del motore e della leva del cambio, il gasamento di vedere la Diablo VT assistere brucianti partenze da fermo a ruote sterzate con la trazione integrale, gli interminabili donuts con la Viper, il rumore digitalizzato delle sgommate… Ma anche gli esilaranti incidenti, particolarmente col cheat che moltiplicava il peso propria auto – trasformando ogni impatto con un’altra vettura in una sorta di flipper.

Non saprei quantificare le ore spese a giocarlo, di certo tuttavia meno di quelle spese con l’immediato successore, NFS II (1997). Un titolo che, rispetto all’originale, vira decisamente in direzione arcade, con un realismo di certo inferiore ma anche una gustosissima modalità split screen.

Anche qui i ricordi abbondano, ma sono legati proprio alla competizione a due, capace di generare un senso di frustrazione od onnipotenza – a seconda dell’ordine di arrivo – memorabili.

Se sul fronte della fedeltà simulativa, anche in modalità “simulation” il gioco lasciava a desiderare, la selezione dei bolidi disponibili era davvero esaltante. Dalla McLaren F1 – la miglior auto mai concepita da mente umana, non a caso figlia dell’ispirazione di tale Gordon Murray – alla F50, passando per l’agilissima Lotus GT1, la velocissima XJ220 fino ad autentici catorci (nel gioco) come la Isdera Commendatore e la potentissima ma intrattabile Ford GT90.

Concludo questo volo radente sulle origini della saga NFS con un titolo che, ancor più dei precedenti, ho nel cuore: Need For Speed: Porsche Unleashed (2000). NFS Porsche è un grande gioco, uno dei meglio recensiti della saga, per vari motivi: ha un modello di guida estremamente realistico, offre infinite possibilità di elaborazione per ogni vettura (e ne sono tante), ha un approccio “culturale” allo storico marchio Porsche e include vetture “da intenditore” fra le molte prodotte nei templi della meccanica di Zuffenhausen.

Qualche esempio? Dalla meravigliosa 550 fino all’archetipo della 911, la 2000 del ’67, alla rarissima 959, le prime “velenose” Turbo a 4 marce, senza tralasciare i bolidi GT.

Proprio in questi giorni, giocando NFS Shift per Xbox, mi è capitato di rimpiangere, malgrado l’abbondante dose di realismo, le sfide dei primi NFS e lo sguardo ammaliato per un mucchio di pixel a forma di 911, ancora calda di gara in Cote d’Azure, su una pedana mobile del proprio garage virtuale in NFS Porsche Unleashed. Pensando e ripensando, non ho potuto che convenire con il mitico Farenz: che c’entra Shift con la saga NFS?

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