Blyk: telefonia mobile gratis (ma non per tutti)!

Logo di BlykTelefonate gratis in cambio di pubblicità, questa è la nuova frontiera della telefonia mobile.
Blyk è una neonata compagnia telefonica, che per ora opera in territorio britannico, ma che ha mire espansionistiche in tutta Europa, con l’obiettivo di raggiungere la copertura di 40 milioni di potenziali utenti.

Il meccanismo è semplice, si riceve pubblicità sul cellulare in cambio di traffico telefonico ed SMS gratis. Attualmente l’offerta è di 217 SMS e 43 minuti di telefonate ogni mese, e tutto gratuito, in cambio di 6 MMS pubblicitari al giorno. Ovviamente si può continuare ad usufruire dei servizi della compagnia una volta superato il tetto dell’offerta acquistando traffico telefonico di tasca propria.

Ci sono però dei requisiti da rispettare non poco selettivi. Prima di tutto bisogna avere tra i 16 e i 24 anni, essere in possesso di un telefono cellulare che supporti gli MMS naturalmente, e risiedere in Gran Bretagna, paese in cui sta esordendo il servizio.

Se si posseggono tutti i requisiti inoltre bisogna trovare il modo di farsi invitare. La compagnia telefonica per il lancio del servizio ha previsto un sistema ad inviti analogo a quello attuato da Google per il lancio della sua Gmail. Un metodo efficace sia per testare la stabilità di una piattaforma con un aumento graduale dell’utenza sia per accrescere la curiosità verso l’iniziativa.
Si può essere invitati da utenti che già utilizzano il servizio ma anche cercando i banchetti itineranti della compagnia che nelle prossime settimane gireranno le principali città e università britanniche oppure saranno presenti nelle tappe della manifestazione musicale Unitaur.

via | geekissimo

Da parte mia mi auguro che Blyk possa avere successo e che servizi gratuiti come questo possano proliferare nel resto del continente, anche e soprattutto in Italia naturalmente.
Interrogativi e dubbi sul successo a lungo termine di tali servizi però non mancano . Ogni forma di advertising radicalmente nuova nasconde tante incognite sulla reale visibilità del messaggio e sull’effettivo ritorno economico, e non c’è da sorprendersi quando iniziali valutazioni e previsioni possano risultare nel tempo completamente da ridimensionare.

Se si pensa al web ad esempio: in 10 anni l’advertising è cambiato radicalmente per far fronte allo scontento di chi nella pubblicità online investiva. Nel 1996/97 (i tempi in cui i siti web potevano scrivere “clicka i nostri banner per supportare il nostro lavoro“) i compensi per il pay per click erano circa dieci volte più alti di oggi e l’editoria online si dimostrò una miniera d’oro per molti, ma i clienti delle agenzie di advertising non ci misero molto a perdere l’iniziale entusiasmo, facendo precipitare in poco tempo il mercato e le quotazioni delle inserzioni dell’epoca (pay per click e pay per view).

Il web e la sua natura “bidirezionale” permettono feedback accurati e dettagliati, fornendo una valutazione precisissima del rapporto tra i costi e la resa degli investimenti pubblicitari eppure errori di valutazione colossali furono commessi, con queste premesse è facile immaginare che Blyk non avrà vita facile nel lungo termine.

Oppure, se Blyk avesse ragione, nel tempo si potrebbe profilare uno scenario opposto. Il web 2.0 che sta spopolando sotto ai nostri occhi è decisamente oneroso da mantenere: sviluppare servizi innovativi oggi richiede grandi sforzi umani ed economici, e l’avanzata di nuove forme di comunicazione multimediale richiede sempre più disponibilità di banda, e quest’ultima si sa, costa cara.
Stiamo osservando un proliferare di servizi di nuova concezione che però non riescono a pareggiare i bilanci e che spesso nascono e crescono nella speranza di riuscire a sopravvivere economicamente fino all’acquisizione da parte di una più grande realtà.

Chi di voi ricorda writely.com e il suo editor di testo online? Ora fa parte della suite da ufficio in AJAX offerta come servizio gratuito da Google. Un altro esempio famoso è Youtube, acquistato sempre dal colosso di Mountain View dopo l’insuccesso di Google Video.
Dopo le acquisizioni i progetti cosiddetti web 2.0, vivono sì dell’appoggio economico di un colosso ma continuano ad essere privi di introiti aspettando che maturino nuove fonti di guadagno, come ad esempio, i servizi connessi al mondo mobile.

In futuro potrebbero profilarsi alleanze ed accordi economici che coinvolgano i fornitori di servizi web, le compagnie che operano nella telefonia mobile (anche se la parola “telefonia” comincia ad esser riduttiva) e chi investe in pubblicità, che darebbero vita a nuovi e innovativi servizi, fruibili gratuitamente dagli utenti.

E vivranno tutti felici e contenti? Staremo a vedere.

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