Le ceneri Eyjafjallajokull, conseguenze dell’eruzione del vulcano islandese

vulcano Eyjafjallajökull è un piccolo ghiacciaio situato in Islanda che nasconde un vulcano di 1666 m di altezza e considerato particolarmente attivo dall’Era Glaciale ai giorni nostri.

Ci sono state almeno 3 eruzioni molto potenti nella storia di questo vulcano. Una nel 920 d.C., una nel 1612 e una molto lunga dal 1821 al 1823. Ciascuna di queste eruzioni è stata seguita dall’eruzione del “fratello maggiore” Katla, un vulcano ancora più grande situato nelle vicinanze dell’Eyjafjallajökull.

Quest’anno stiamo assistendo a una nuova serie di eruzioni. La prima è avvenuta alla fine di Dicembre 2009, quando si sono verificati migliaia di piccolissimi terremoti a meno di 10 km sotto al vulcano. Il 26 Febbraio 2010 l‘Istituto metereologico Islandese ha misurato lo spostamento della crosta nelle prossimità del vulcano di 3 centimetri.

Queste osservazioni hanno fatto capire ai geologi che del magma si stava muovendo, andando a riempire la camera magmatica. Il vulcano Eyjafjallajökull ha cominciato la sua eruzione il 20 Marzo 2010 e, dopo una breve interruzione ha ricominciato il 14 Aprile 2010.  Questa volta però l’eruzione ha avuto luogo esattamente al centro del ghiacciaio, causandone lo scioglimento. La seguente inondazione ha causato l’evacuazione di circa 800 persone e ancora adesso l’acqua continua a scorrere copiosa da entrambi il lati del vulcano.

L’acqua fredda creata dallo scioglimento del ghiacciao raffredda velocemente il magma in fuoriuscita, vetrificandola. Piccoli frammenti di questa lava vetrificata vengono dispersi nel cielo, insieme alla polvere vulcanica, raggiungendo fino ai 13 km di altitudine. Questi frammenti vetrificati sono estremamente pericolosi per gli aereoplani, poiché ne possono danneggiare la fusoliera. Ad oggi, l’eruzione sta ancora continuando, anche se in modo meno esplosivo. In questa pagina dell’ESA (European Space Agency) è possibile vedere un’animazione che illusta il movimento della nube vulcanica verso il resto dell’Europa.

Questa nube ha causato la sospensione di migliaia di voli aerei in tutta Europa, causando la maggiore sospensione del traffico aereo dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’impatto sulla nostra società è stato considerevole: si è discusso se spostare i funerali del presidente polacco Lech Kaczynsky, poiché molti dei presidenti mondiali non hanno potuto essere presenti. Concerti ed eventi sportivi sono stati cancellati (tra cui la gara di motoGP in Giappone della settimana prossima) e in generale tutti i mezzi di trasporto alternativi, come treni e autostrade, sono intasati e le attese sono diventate lunghissime ed estenuanti.

Per fortuna, però, nonostante l’eruzione sia ancora attiva, le polveri non superano i 3 km di altitudine, altezza da cui non riescono a viaggiare attraverso l’Europa. La compagnia aerea olandese KLM è stata la prima ad effettuare dei voli di prova, per testare la pericolosità del volo. Sembra che i test siano andati bene, così come anche quelli effettuati dalle altre compagnie durante il weekend, cosicché questa settmana riprenderanno i voli in Europa.

Ma potrebbe quest’eruzione avere effetti ancora più a lungo termine e più importanti per l’uomo? Forse si.

In generale l’influenza dell’attività vulcanica sul clima è presa in seria considerazione. Fortunatamente l’impatto non è così grande come si potrebbe pensare (è probabilmente inferiore all’impatto causato dall’attività umana) e soprattutto ha luogo solo con eruzioni estremamente potenti.

Il principale effetto che le eruzioni vulcaniche possono avere sul clima è sulla cosidetta “bruma” o “haze” in inglese. Piccole particelle sospese nell’atmosfera, come polveri e ceneri, possono bloccare l’arrivo della radiazione solare sulla terra, causando così un’abbassamento delle temperature medie sulla Terra. Un’effetto molto visibile della presenza di questa “bruma” è il sensibile arrossamento dei tramonti. Questo avviene perché particelle con dimensioni inferiori al micron presenti nella stratosfera e nell’alta troposfera hanno una diffusione ottica preferenziale per le lunghezze d’onda verso il rosso.

Le eruzioni vulcaniche, con l’immissione di grandi quantità di polveri e ceneri nell’atmosfera contribuiscono pesantemente all’effetto bruma. Ma non è tanto la quantità di polveri che viene emessa a contribuire a questo effetto, quanto piuttosto la presenza di acido solforico nelle ceneri. Infatti se la percentuale di acido solforico è alta, l’eruzione può causare un’abbassamento della temperatura molto più sensibile, rispetto a un’eruzione magari più potente, ma con un contributo di acido solforico minore.

Questo avviene perché le molecole di acido solforico possono combinarsi con il vapore acqueo presente nella stratosfera e creare nuvole dense di goccioline di acido solforico. Queste ultime possono rimanere nell’atmosfera per anni interi, diminuendo la temperatura della troposfera poiché assorbono la luce solare e la ridiffondono nello spazio esterno.

Da questo punto di vista possiamo stare tranquilli perché l’eruzione del Eyjafjallajökull ha una presenza molto bassa di acido solforico e la potenza eruttiva del vulcano non sembra rappresentare un rischio per il clima. Bisognerà stare però più attenti se l’eruzione continua il suo corso per ancora mesi, o magari anni, perché allora la quantità di materiale eruttivo potrebbe diventare non trascurabile. Inoltre, come ho accennato all’inizio, l’eruzione di questo vulcano è spesso seguita dall’eruzione del Katla e, se ciò accadesse, è importante tenere gli occhi aperti.

C’è da dire che le conseguenze climatiche delle eruzioni vulcaniche sono sempre temporanee e, in un certo senso, rappresentano la naturale variabilità del clima terrestre. Per esempio, possiamo ricordare l’eruzione del monte Pinatubo nelle Filippine, l’anno 1991. Solo un mese dopo il monte Hudson è eruttato in Cile. Il Pinatubo ha creato la maggiore nuvola sulfurica del secolo e, nel giro di qualche mese le ceneri di questi due vulcani si sono diffuse attorno a tutta l’atmosfera terrestre.

Ciò ha causato l’abbassamento della temperatura media della Terra di circa 1 grado centigrado nel corso dei due anni successivi all’evento. La situazione è però poi tornata alla normalità. Molto climatologi hanno addirittura tirato un sospiro di sollievo all’evento, vedendolo come una specie di controbilanciamento naturale al riscaldamento globale.

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