Nuon: leccornia per i collezionisti, disgrazia per i giocatori

Potreste pensare io sia impazzito o che questo sia un bel pesce d’Aprile “retro”, o “retrò” se vi piace di più la pronuncia alla francese.
Orbene, nessuna delle due. Il retrogaming non mi ha dato alla testa e no, questo non è uno scherzone confezionato appositamente per voi amanti del vintage videoludico.
Dunque, se siete dotati della giusta dose di curiosità, verrebbe legittimo chiedersi cosa diavolo sia quel trabiccolo riportato nella foto soprastante.

L’aspetto è quello di un comunissimo lettore DVD ma sotto la scocca nasconde anche una tecnologia dedicata al gaming puro e crudo.
E, nonostante possa sembrare anche attuale, l’oggetto del mistero ha ormai compiuto dieci anni (non di onorato servizio, a dire il vero), per cui è assolutamente in tema rispetto alla nostra rubrica.

Ma andiamo con ordine.

Come mi è venuto in mente di parlare del Nuon? In modo assolutamente fortuito.
Avete presente quei siti, soprattutto russi, che raccolgono una quantità infinita di media dalla Rete e la pubblicano, mescolando il serio ed il faceto, con immagini divertenti o al limite della realtà?
Stavo dando un’occhiata agli ultimi aggiornamenti del feeder RSS e mi ha incuriosito il numero 250 del titolo.
Pur cavandomela con le lingue, il cirillico è, lo ammetto, fuori dalla mia portata al momento, per cui ho dovuto guardare coi miei occhi prima di capire di cosa si trattasse.

Ed in mezzo a tante boiate internazionali cosa mi ritrovo? Una più che fornita raccolta di pezzi hardware, più o meno famosi, che hanno fatto la storia dei videogiochi negli ultimi quasi quarant’anni.
Nonostante una discreta cultura sull’argomento, ammetto che un paio di pezzi mi risultassero sconosciuti.
Il parallelepipedo Samsung con tanto di scritta “DVD-Player” sulla scatola mi ha subito fatto drizzare le antenne.
Anche perché che c’entra questo con l’ambito delle console?
Va bene che la Playstation è stato un motore ed al tempo stesso ha cavalcato il successo del formato ottico di penultima generazione ma non sempre i due settori facenti parte dell’entertainment consumer vanno a braccetto.
E dopo aver reperito un po’ di informazioni e tirato qualche somma, eccomi qui a rendervi partecipi.


Siete felici, come direbbe il mio prof di Algoritmi e Strutture Dati?
Non fate i timidi, anche se non mi dite che dormirete lo stesso benissimo stanotte, so che ci tenete.
E quindi vi accontento subito.

Iniziamo col contestualizzare l’oggetto misterioso.

Le console di quinta generazione hanno decisamente messo la freccia ed i grandi, storici colossi del mercato, di fronte al ciclone PSX accusano pesantemente il colpo.
Abbiamo già affrontato l’argomento, rifacendoci anche all’importanza del prototipo nella storia dei videogame.
Più avanti analizzeremo nei dettagli ed ampio raggio come effettivamente l’industrià cambiò e quale passaggio epocale (e di consegne considerato che ad esempio né Sega né NEC ed altri vendor riuscirono mai più a riprendersi veramente).

Quel che è certo ed è interessante sottolineare per il momento fu il cambiamento di prospettive sia dei produttori sia del pubblico.
Dopo i fallimentari esperimenti di macchine come il CD-I o il 3DO, la multimedialità stava diventando una realtà anche per le console, non più macchine utilizzate solo per giocare ma anche per fruire di contenuti legati soprattutto all’industria cinematografica.

Il mercato dunque si era fatto ancora più appetibile, perché potenzialmente (ma anche nei fatti se consideriamo che il “casual gamer” nasce sostanzialmente in quel periodo), lo spettro degli acquirenti aumentava notevolmente rispetto al passato.
E così l’interesse di produttori fino ad allora relegati solo alla componentistica dell’hardware montato sulle console, era molto più vivo di qualche anno prima, talmente acceso dal convincerli a rischiare e buttarsi in prima persona, con il proprio marchio e la propria immagine, in questa rinnovata competizione.

Qui entra in scena la figura di un vero e proprio guru, già citato a proposito dello sfortunato Panther. Un nome che i veri appassionati e nostalgici dell’epoca Atari-Amiga non possono non conoscere.
Parliamo naturalmente di Jeff Minter, uno dei più influenti e creativi sviluppatori degli ultimi trent’anni, capace di salire sulla cresta dell’onda fin dalla seconda generazione dei videogiochi.
Il suo genio visionario e la passione per la psichedelia (d’altra parte l’influenza data dall’opera dei Pink Floyd per quella generazione di ragazzi è un dato incontrovertibile) lo portarono a sviluppare il Virtual Light Machine, installato inizialmente sull’Atari Jaguar, console in cui anche Minter credeva fortemente, anche se poi la storia andò in un modo diverso da come lui sperasse.

Nonostante la sorte controversa del “felino”, la tecnologia ideata dallo dev britannico trovò molti consensi. Si trattava essenzialmente di un sintetizzatore di luci che, in base ad alcuni algoritmi, cambiava gli effetti visivi sulla base della traccia musicale che veniva suonata all’interno dell’apparecchio.
Il suo lavoro è alla base dei lettori multimediali più famosi, tra cui Winamp o lo stesso Windows Media Player.
Quando un gruppo di suoi ex colleghi Atari, in particolare l’ex vice presidente Richard Miller, fondarono la VM Labs la prospettiva di tornare a lavorare sul vecchio progetto divenne concreta.
Il media processor intorno al quale avrebbe ruotato era Il Nuon, sulla carta un’interessante commistione di logica VLIW, focalizzato sull’elaborare grossi flussi audio/video (similarmente ai moderni SPE ad esempio del Cell) ma con un cuore general purpose che non fosse penalizzato troppo nelle prestazioni ed in grado di svolgere altri compiti come quello, appunto, di far girare anche software ludico.
A sentire le parole dello stesso Minter, la seconda revisione della VLM (chiamata con enorme dose di fantasia VLM-2), la potenza computazionale del Nuon consentì di rifinire gli effetti visivi ed i giochi di luce e sfumatura elaborati.

Nel 2000 la tecnologia diviene realtà commerciale e viene proposta sui lettori DVD di alcuni dei maggiori produttori di elettronica di consumo tra cui Samsung (il colosso coreano era in rapida scesa) e Toshiba.
Merlino prima e Project X poi, come era stato battezzato e presentato l’anno precedente nella famosa rivista Electronic Gaming Monthly, fu però rilasciato senza una solida di marketing alle spalle e l’assenza di supporto third-party si fece subito sentire.
I titoli pubblicati prima della morte prematura del progetto furono soltanto otto, tra cui solo Tempest 3000 (realizzato proprio da Minter) e Ballistic possono degnarsi di una qualche attenzione.
Il core business inizialmente previsto da VM Labs, ovvero quello di presentarsi come produttore di semiconduttori fabless (cioè senza disporre di fabbriche di proprietà) e publisher software, fu quasi subito disatteso e dopo le prime difficoltà di reperire capitale, nel 2001 venne dichiarata bancarotta, come previsto dall’articolo 11 della legge fallimentare statunitense.

Il tempo passa dunque ma gli errori commessi sembrano, imperdonabilmente, sempre gli stessi e la scomparsa degli storici attori a favore di mostri sacri proprio nel campo del marketing, come Sony e Microsoft testimonia il fatto che chi non è rimasto al passo o meglio ancora ha saputo anticipare i tempi è stato fagocitato dalla concorrenza. Solo Nintendo c’è riuscita.

Nonostante il flop commerciale sia innegabile, il collezionista può comunque ambire al possesso di questa meteora ludica. Non solo la sua presenza nei vari mercatini dell’usato (tradizionali o appartenenti all’e-Commerce) è piuttosto esigua ma anche la quotazione del pezzo, se completo e ben tenuto, ruota intorno alle centinaia di dollari.

Nuon o meglio il lavoro di Minter però tutt’oggi sopravvive. La terza rev., la VLM-3, seppur rivista e riadattata alla nuova piattaforma, è diventata NEON, il sintetizzatore di luci utilizzato dalla Xbox 360 che per quanto riguarda il software si affida invece al progetto Unity o quel che ne rimase dopo la dipartita di VM Labs.
Quando vi capiterà di accedere al Live Arcade cercate di trattenere quindi la lacrimuccia, perché è sempre farina del sacco del buon Jeff, uno dei veri pionieri della storia dei videogiochi.

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