No non sono impazzito. Sapete ormai quanto io detesti la routine. E per cambiare la solita alternanza console-gioco gioco-console mi piace infilare qualche argomento fuori dagli schemi, “destabilizzante” per alcuni di voi, seppur sempre inerente al retrogaming, perché il retrogaming è il cuore della rubrica.
Abbiamo più volte citato il Giappone nelle nostre disamine. Tra qualche mese spero di poter raccontarvi in prima persona l’esperienza di vivere in un così lontano Paese rispetto ai nostri costumi ed abitudini; ma anche senza aver ancora toccato con mano la realtà nipponica, non credo di sbagliare affermando che il Sol Levante, soprattutto nel ventennio che va i primi anni ’80 all’inizio del nuovo millennio, è stata la Mecca, la culla degli appassionati di videogiochi.
I grandi marchi Nintendo, Sega prima e poi Sony dominavano la scena nazionale ed internazionale, pubblicando capolavori a ruota continua come mai forse, nemmeno ai giorni nostri in cui il business dell’entertainment è cresciuto a dismisura, superando colossi come l’industria cinematografica.
Ovviamente non bisogna fare l’errore di attribuire tutto il merito ai colleghi orientali.
Il videogioco nasce in Occidente: i primi esperimenti si verificano in ambito militare nel tentativo di creare simulazioni che potessero rappresentare potenziali scenari di guerra, poi, terminato il conflitto mondiale, trovano terreno fertile nelle realtà accademiche più prestigiose tra cui Cambridge ed il MIT.
L’Occidente negli ultimi tempi si è ripreso forse la palma di maggior innovatore, come denunciato da Hideo Kojima, la cui riflessione era stata riportata ed analizzata circa un anno fa.
Nonostante tutto, il Giappone resta una fonte di ispirazione, in questo caso anche per una bevanda (alcolica), creata da un paio di giovani britannici la cui Brewdog è diventata presto la marca indipendente più grande della Scozia.
Come sono giunto però alla birra, direte voi?
Vi devo dunque una spiegazione.
Lo scorso weekend, l’ultimo disponibile, mi sono recato a Rimini, teatro di una mostra sugli Impressionisti organizzata da Linea d’Ombra (il maggior riferimento oggi in Italia per le esibizioni di pittori soprattutto di quel periodo e che comprendono i vari Gauguin, Monet, Manet, Cezanne tanto per citarne alcuni).
Per unire l’utile al dilettevole abbiamo deciso, io ed il caro fratellino, di anticipare l’arrivo in modo da godere delle attrattive notturne del sabato sera.
Giro in centro, vicino alla vecchia pescheria, cuore della movida riminese (o almeno così ci hanno detto), esattamente di fronte al ristorante tipico di cucina romagnola ci ritroviamo in un simpatico locale, simil pub irlandese.
Scorriamo l’infinito menu (quattro pagine solo di birra, non dico altro) e l’occhio cade sulla Tokyo Brewdog.
Agosto ci vedrà turisti non per caso proprio nella capitale nipponica e quindi perché non provare e festeggiare la partenza proprio con questa curiosa bevanda?
L’attesa non tradisce le aspettative e dopo aver letto l’etichetta non potevo davvero esimermi dallo scrivere questo pezzo.
Recita così:
“This, is a beer inspired by a 1980’s space invaders arcade game played in Japan’s capital”.
Il riferimento è chiaro e cita Space Invaders uno dei più grandi videogiochi della storia, fonte ed ispirazione di innumerevoli altri grandi capolavori dell’epoca moderna.
Seppur ci sia forse un errore nella data (sviluppato in verità nel 1978 ad opera di Toshihiro Nishikado), fu rilasciato dalla Taito, storico nome della tradizione arcade giapponese e fondata proprio a Tokyo nel 1953.
Prosegue:
“The irony of existentialism, the parody of being and the inherent contradictions of post-modernism, all so delicately conveyed by the blocky, pixilated arcade action have all been painstakingly recreated in this bottles contents”
Non sono un grande estimatore e fruitore di birre per dare un giudizio e per affermare se riesca o meno a ricreare quelle atmosfere, ma è vero, in un certo senso, che la scomposizione della realtà con quegli agglomerati di pixel (quali erano i giochi di fine anni ’70 ed inizio ’80, prima del Videogame Crash del 1983), ha rappresentato in qualche modo una sorta di ironia sulle creazioni postmoderne e contemporanee, spesso così dozzinali eppure catalogati come “arte”, quando forse meritavano molta più attenzione (anche pensando al notevole sforzo creativo oltre che processo produttivo) proprio i videogiochi.
E conclude con:
“It is all about moderation. Everything in moderation, including moderation itself. What logically follows is that you must from time, have excess. The beer is for those times.”
Tutto è moderazione, nell’epoca del politically correct, della par condicio e dell’omologazione, uno schiaffo alla regola o un eccesso ogni tanto ci vuole per dare un senso alla routine che quotidianamente ci avvolge.
Non so se la Tokyo Brewdog sia proprio per quei momenti, ma vale la pena assaggiarla se non altro per lo strano di mix di malti tra jasmine, caramello e mirtilli.
Con moderazione mi raccomando, perché parliamo di alcool e perché i gradi sono tanti, quasi 19 per l’esattezza.
Sempre che riusciate a trovarla, perché la birra del retrogamer è merce rara e si fa desiderare.
19 gradi una birra?? Pensavo fosse un errore e invece ho controllato sul sito ufficiale! Che prezzi però!!! Comunque me la segno, chissà che in tempi migliori non mi venga voglia di provarla
Più che una birra quella dev’essere benzina per il tagliaerba :P
Forte era forte (esiste il quadruplo malto? :D)…dico solo che ho bevuto mezza bottiglia ( da 33) e mi sentivo abbastanza allegro (anche se comunque io la birra la tengo poco a dire il vero).
Però molto aromatizzata, scura caramellata come ce ne sono altre, ma non come altre che ho provato.
Se mai vi capitasse, provatela. A me è piaciuta…da sorseggiare rigorosamente come fosse un amaro o un liquore dopo i pasti, pur rimanendo briosa come una birra.
Troppo forte per me. Mi ritroverei steso sul divano a rantolare sugli alieni di space invaders. :D
Oltre l’informati la mia grande passione è la birra.
Sono un appassionata di birra artigianale e mi piace produrla in casa, ottenendo dei risultati niente male.
@Jacopo Cocchi fortunatamente non esiste la dicitura quadruplo malto così come non esiste la dicitura triplo malto, mentre doppio malto sarebbe un termine da non usare in quanto si riferisce solamente alla concentrazione zuccherina del mosto e non classifica veramente una birra. Per essere più precisi la Tokyo* di Brewdog è un Imperial Stout da 18.2% alcol in volume mentre la Tokyo ha “solo” 12%.
I ragazzi di brewdog hanno ricevuto molte critiche per questa birra, nel parlamento inglese ci sono state varie interpellanze per discutere, ritenendola diseducativa. Ma come avete anche notato voi i prezzi per acquistarla non sono certo alla portata di tutti. Con la stessa cifra un ragazzo che vuole sbronzarsi si prende una marea di lageracce industrali (birra lager indistriale) ottenendo effetti bene più gravi.
In risposta a ciò hanno prodotto birre con una gradazione molto più basse (quasi analcoliche) ma con un forte uso di luppolo, ottenendo IBU (unita di amaro) veramente elevate.
Dopo tutto ciò è iniziata la vera provocazione la Tactical Nuclear Penguin da ben 32% alc. Questo ha scatenato una rincorsa a creare la birra più alcolica. In Germania per rispondere ai Pinguini (nel video di presentazione della Tactical Nuclear Penguin si sono vestiti da pinguini) hanno prodotto una birra da 40% alc. Ultima risposta di Brewdog: Sink the Bismarck (un nome molto ironico proprio che calca il nome sulla sfida lanciata) da ben 41% alc.
Detto questo vi dico non fatevi catturare del marketing, scegliete sempre con la vostra teste e le vostre papille gustative. Bevete sempre dell’ottima birra artigianale: Life is too short to drink bad beers
non ho riletto il messaggio, scusate per gli orrori.
Giuro che non sono ubriaco
Figurati.
Sei così sbronzo da non aver nemmeno finito di scrivere il tuo nick… XD
Per i miei gusti le birre oltre gli 11° sono troppo forti, faccio fatica a percepirne il gusto.
Io sono principalmente bevitore di birre pils… ogni tanto mi avventuro nelle birre belghe ma torno sempre alla mia rassicurante bionda. Ultimamente nel circolo dove esco di solito hanno iniziato a vendere la Menabrea che sinceramente mi piace. Birre artigianali ne ho provate in passato ma purtroppo non sono così semplici da trovare.
@ emanu
si trattava effettivamente della Tokyo*, ne ho tenuto la bottiglia e la ho davanti a me.
Preferisco la birra a qualsiasi altro alcolico ma chiaramente posso capire che questo sia uno “stunt” pubblicitario. In ogni caso la possibilità di bere una birra simile è(almeno che non abbiate una birreria molto rifornita nella zona) talmente bassa che non potevamo non provarla..e a me sinceramente non è dispiaciuta affatto, anche se sembrava di bere un amaro più che una birra.
Io personalmente queste birre estreme di Brewdog ancora non mi è capitato di provarle ma le altre della linea di base le ho bevute e devo dire che sono fatte molto bene. Sono di difficile reperimento e costano abbastanza (e lo dice uno che ci spende non poco per una buona birra).
@Emanuele Rampichini peccato tu non riesca a trovare buone birre artigianali nella tua zona. Se ti piacciono le pils ti consiglio di provare, se mai ti capitasse una sotto tiro, una bella TipoPils del Birrificio Italiano. Secondo me è il migliore esempio di Pils prodotto in Italia.
Io ho la fortuna di abitare a Roma, penso la città italiana più fortunata per quanto si tratta di birre artigianali, ma è una realtà che sta aumentando piano piano, sempre più locali si stanno avvicinando a proporre della vera birra.
Se non altro a due passi da casa mia ci sono alcune delle più importanti e blasonate cantine del verdicchio… quindi non mi lamento! :P
Cercherò di ricordarmela.
adesso mi devi dire come si chiama il pub visto che abito a rimini e quella birra non l’ho mai vista!! :-D
se vuoi mandami un email!
ciao
x Emanu
“Jacopo Cocchi fortunatamente non esiste la dicitura quadruplo malto così come non esiste la dicitura triplo malto, mentre doppio malto sarebbe un termine da non usare in quanto si riferisce solamente alla concentrazione zuccherina del mosto e non classifica veramente una birra. Per essere più precisi la Tokyo* di Brewdog è un Imperial Stout da 18.2% alcol in volume mentre la Tokyo ha “solo” 12%.”
18.9% forse, comunque poco cambia. Ho confessato la mia ignoranza nell’articolo per cui nessun problema :)
Anche se a dire il vero la dicitura triplo malto si trova spesso, per cui boh…sbagliano tutti a riportarla?
“I ragazzi di brewdog hanno ricevuto molte critiche per questa birra, nel parlamento inglese ci sono state varie interpellanze per discutere, ritenendola diseducativa. Ma come avete anche notato voi i prezzi per acquistarla non sono certo alla portata di tutti. Con la stessa cifra un ragazzo che vuole sbronzarsi si prende una marea di lageracce industrali (birra lager indistriale) ottenendo effetti bene più gravi.
In risposta a ciò hanno prodotto birre con una gradazione molto più basse (quasi analcoliche) ma con un forte uso di luppolo, ottenendo IBU (unita di amaro) veramente elevate.”
Polemiche sterili perché allora da quel punto di vista invece del vino non dovrebbero mai vendere rhum e whisky o alcolici dall’altra gradazione.
Il problema sollevato più che altro si riferisce al fatto che la birra nel mondo anglosassone è un po’ la bevanda nazionale e rappresentativa della cultura soprattutto britannica ed ha un target molto più ampio di quello che può essere una bottiglia di Scotch per esempio.
Ma come fatto giustamente rilevare dai ragazzi di Brewdog (ed anche i commenti su Youtube vanno in quella direzione), il costo non è dei più accessibili. I ragazzi che vogliono sbronzarsi entrano in Tesco o qualsiasi altra catena e comprano con gli stessi soldi cassette da n bottiglie di marche X.
Penso che il costo poi rifletta il tipo di lavorazione complesso che sta dietro una Tokyo o qualsiasi altra birra di quel tipo.
Immagino almeno…
“Dopo tutto ciò è iniziata la vera provocazione la Tactical Nuclear Penguin da ben 32% alc. Questo ha scatenato una rincorsa a creare la birra più alcolica. In Germania per rispondere ai Pinguini (nel video di presentazione della Tactical Nuclear Penguin si sono vestiti da pinguini) hanno prodotto una birra da 40% alc. Ultima risposta di Brewdog: Sink the Bismarck (un nome molto ironico proprio che calca il nome sulla sfida lanciata) da ben 41% alc.
Detto questo vi dico non fatevi catturare del marketing, scegliete sempre con la vostra teste e le vostre papille gustative. Bevete sempre dell’ottima birra artigianale: Life is too short to drink bad beers”
Io e mio fratello siamo rimasti incuriositi dal nome della birra, proprio perché ci aspetta un viaggio nella capitale del Sol Levante. La gradazione alcolica ci ha fatto solo l’effetto di dire “mamma mia ma sarà fortissima…sarà buona o almeno bevibile?”
E ci siamo buttati.
x evilripper
giuro non ho idea di come si chiami il posto. In ogni caso quando tu entri in quel corridoio con le vecchie vasche dell’antica pescheria, giri subito a sinistra nel vicolo e lo ritrovi sulla tua destra, di fronte ad un ristorante messicano mi pare.
Il ristorante è l’Antica Trattoria, Vecchia Osteria, una cosa del genere.
Non puoi sbagliare, è un pub grande a due piani
la birra sopra i 11 gradi non è piu birra, è altra robba..
chissa quanto costa!!! hahha per farsi una sbronza ci rimetterei mezzo stipendio.
@Jacopo Cocchi
Anche se a dire il vero la dicitura triplo malto si trova spesso, per cui boh…sbagliano tutti a riportarla?
Forse ti confondi con la dicitura Tripel che vuol dire un altra cosa: tripel è proprio uno stille birrario belga ben definito
http://it.wikipedia.org/wiki/Tripel
mentre alcune belgian strong ale sono spesso denominate quadrupel
ma in entrambi i casi si parla di uno specifico stile di birra
invece l’uso del termine doppio malto definisce una birra con oltre 14,5 gradi Plato non è una descrizione molto utile in quanto non caratterizza minimamente il tipo di birra, soltanto il suo potenziale alcolico. La birra non è fatta solo di alcol.
poi non volevo minimamente asserire che voi abbiate preso questa birre per l’hype che gli si era creato dietro, visto che neanche la conoscevate, però i ragazzi di Brewdog diciamo che al momento stanno cavalcando una bella onda. Però se continuano a fare birre buone (come tutte quelle che finora ho assaggiato) tanto di cappello.
@opossum81x
Le birre sopra l’11% di alcol infatti non sono quasi mai per sbronzarsi, vengono spesso definite birre da meditazione (c’è pure chi ha coniato il termine birra da divano)