Alla polizia serve il web che i giornalisti demonizzano?

logo di skypeSu Repubblica di oggi c’è un articolo di Alessandra Retico che esalta il ruolo che il web ha avuto nel ricucire gli indizi sul presunto autore del delitto di Perugia. La cosa interessante è che sta sulle stesse pagine in cui qualche giorno fa Gabriele Romagnoli ha scritto un pezzo molto controverso sulla generazione youtube e i blog.

Le rete e i blog sono quindi esibizionismo e youtube è il male o la rete serve a ricostruire le piste indiziarie? Innanzitutto un paio di precisazioni: il video di cui si parla nell’articolo ( vedi ) mi sembra tutto fuorché un indizio, anche col senno di poi. In secondo luogo pare che la famosa telefonata via Skype sia stata fatta mentre l’amico di Guede era negli uffici della Polizia: in condizioni privilegiate, diciamo, anche se per la Polizia non cambia molto.

Detto questo, dove sta la verità? il web è il bene o il male? provoca stragi e fa crollare i valori morali dei giovani o aiuta le forze dell’ordine a capirli e quindi a redimerli? la verità non esiste, semplicemente. Esistono giornalisti che sanno usare il mezzo tecnologico e giornalisti che proprio non lo capiscono. Esistono poliziotti che si dedicano anima e corpo alle indagini su internet e poliziotti che non sanno accendere un notebook. E infine, anche se risulta difficile da comprendere, esistono persone che avrebbero problemi con la giustizia sia se fossero blogger sia nel caso fossero analfabeti informatici. La tecnologia è solo un mezzo, un tramite per arrivare a un risultato; tipicamente per facilitare un’operazione, sia essa lo scambio di informazioni o lo spostamento di ingenti carichi in un magazzino. Dire che la tecnologia è male o bene è come dire che le automobili sono male o bene, solo perché uccidono persone o salvano vite quando hanno le sirene.

Quello che emerge da casi come questo non è – come molti potrebbero pensare – che siamo tracciabili su internet e che ci spiano. Se proprio vogliamo essere paranoici (e alcuni lo sono) dovremmo vivere senza cellulari, pagare sempre in contanti, non avere un conto corrente e non prenotare mai niente. Quello che emerge è che la tecnologia, nella sua accezione più ampia e nel web in particolare, fa ormai parte di noi e del nostro modo di essere in modo indissolubile: possiamo farne a meno a costo di grandi sacrifici e invece ne usufruiamo senza quasi rendercene conto. Possiamo evitare di far sapere le nostre questioni personali al vicino di casa e poi le riversiamo in rete. Spesso ci conosce meglio l’amico di Instant messenger che non il compagno di scuola di 5 anni. La nostra seconda vita digitale è ormai quasi completamente sovrapposta alla prima, è fatta di foto, audio e filmati, di documenti nel vero senso del termine: Documentazioni precise della nostra vita, e non solo scritti inventati o meno. Io penso che non ci sia niente di male, e non solo perché non ho niente da nascondere. Quando la maggior parte delle persone saranno in grado di cogliere questo aspetto e utilizzarlo correttamente avremo molti casi di internet “utile” come questo e meno servizi allarmistici sui giornali.

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