iTunes Music Store: musica DRM-free, ma col tranello

apple_itunes_ipod_account_s.jpg Quando Apple ha annunciato la scomparsa dei DRM dai brani in vendita nell’iTunes Music Store, abbiamo tutti accolto la notizia con estremo piacere. Non è questa gran rivoluzione al contrario di quanto sostenuto da alcuni, visto che Amazon vende brani liberi da lucchetti già da parecchio tempo, ma non possiamo che essere contenti.

Com’è ovvio, in pieno stile Apple, nulla si è saputo degli scambi di pareri tra la compagnia di Cupertino e le major discografiche che hanno aderito all’iniziativa, nei mesi in cui si è consumato il braccio di ferro per l’eliminazione dei lucchetti.

Per potercene fare un’idea ci vengono incontro dalla sede britannica di CNet, evidenziando un particolare che può essere osservato da chiunque abbia mai acquistato un brano iTunes Plus (questo il nome per i fil DRM-free): i nostri dati identificativi sono presenti in ogni brano acquistato. Questo cosa comporta quando si scambiano i file? Ma soprattutto, la nostra riservatezza che fine fa?

La musica acquistabile da iTunes è in formato AAC, il quale è ormai supportato da un vasto parco software, lettori portatili e domestici. Con l’eliminazione dei lucchetti, i brani potranno essere spostati e copiati pressappoco ovunque.

Se siete degli irriducibili pirati del P2P però, che non vi venga in mente di copiarli così come sono nella cartella dei file in condivisione, perché come potete vedere dallo screenshot (click per ingrandire) contengono il vostro nome e l’indirizzo email che identifica il vostro account.

Risolvere il problema in realtà è semplice: basta convertire il file in mp3 prima di condividerlo. Tale operazione può essere svolta direttamente all’interno di iTunes.

Non che io voglia istigarvi alla pirateria, sono convinto infatti che la buona musica vada sostenuta (e pubblicizzata subliminalmente all’interno degli screenshot), al di là dei piagnistei dell’industria discografica.

Però magari, succede di scambiarsi qualche canzone, con l’amico, il parente o il coinquilino, per condividere esperienze musicali, ma questa operazione (oltre che essere ugualmente illegale, è bene precisarlo) nel caso finisse in una cartella condivisa via P2P dal vostro conoscente, potrebbe esporvi a responsabilità ben più gravi.

Bisogna poi non dimenticarsi della funzionalità Genius, che se attiva, invia alla Apple tutti i meta-dati memorizzati nei file presenti nella libreria, nonché tutte le statistiche raccolte dal programma.
I dati sono trattati in modo anonimo (ci fidiamo sulla parola come al solito quando si parla di tecnologie informatiche…) per offrire un servizio a noi utenti, ma anche per realizzare indagini di mercato, ottenute dall’analisi dei dati aggregati di tutti gli utenti.

Il fatto che nelle statistiche non compaia esplicitamente il mio nome, non significa che non si possa tener traccia delle strade percorse da un determinato file. Tali controlli possono aiutare Apple e le major a comprendere più nei dettagli i meccanismi che regolano la diffusione di materiale pirata, in modo tale da capire, ad esempio, quali generi musicali sono più a rischio e in quali fasce di età. La realizzazione di nuovi prodotti e campagne che scoraggino la pirateria e invoglino l’acquisto di materiale originale poi, ne è semplicemente la diretta conseguenza.

Riesco sempre più a fatica a digerire questa continua offensiva agli affari miei. Se assegnassimo una scala che va da 0 a 100 per misurare il rispetto della mai riservatezza in cui 100 sta al segreto e 0 all’uso indiscriminato delle informazioni su di me associati alla mia persone, il termometro della nostra privacy si avvicina pericolosamente sempre di più verso lo 0.

Il fatto che non vi siano il mio nome e cognome stampati a caratteri cubitali per le strade non mi consola affatto. Questo continuo, subdolo e meschino impegno ad assecondare sempre di più i miei vizi, o a forzare cambiamenti nei miei gusti e nelle mia abitudini senza che nemmeno io me ne accorga, a dir poco mi inquieta. Tali considerazioni calzano a pennello con la notizia riportata in questo post, ma possono tranquillamente essere allargate a molti servizi che utilizziamo quotidianamente.

Esistono da tanto tempo leggi che vietano i messaggi subliminali, sarebbe il caso di iniziare a ragionare per espandere l’area di azione di quei testi.

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