Riprendendo il discorso sugli aerei supersonici degli anni ’70, andiamo oggi a concludere questo periodo storico parlando di un aereo che tutti conosciamo, sicuramente grazie anche al contributo di un celebre film del 1986, “Top Gun“.
D questa semplice e brevissima premessa sarà oramai chiaro a tutti chi sia il protagonista di oggi, il Grumman F-14 “Tomcat”.
DAL PROGETTO FX AD UN GRANDE INTERCETTORE NAVALE
Il Progetto FX è stato citato la scorsa settimana quando stavamo parlando dell’F-16, nato in aperto contrasto con le specifiche che in quel tempo dettavano le caratteristiche che i nuovi aerei avrebbero dovuto avere, ed in particolare gli organismi della Difesa USA verso la metà degli anni ’60 ritenevano di estrema importanza lo sviluppo di un intercettore dotato dei più sofisticati sistemi radar, capace di individuare ed agganciare i bersagli a grande distanza, ben oltre l’orizzonte visibile, e colpirli a tale distanza mediante l’impiego di missili a lunga gittata.
Tali specifiche prevedevano una configurazione con ali a geometria variabile, ed un velivolo sostanzialmente “grande e pesante”, in virtù delle caratteristiche dei dispositivi (di intercettazione e d’arma) che doveva possedere.
Dalle specifiche di tale progetto (o quantomeno da una sua variante specifica per la Marina denominata Progetto VFX – naVal Fighter eXperimental), ed in seguito agli scarsi risultati ottenuti nel tentativo di sviluppare la versione navale del General Dynamics F-111 “Aardvark” (la versione navale venne sviluppata in collaborazione con la Grumman e prese il nome General Dynamics/Grumman F-111B “Aardvark”) vide la luce il protagonista odierno.
Il nuovo velivolo, il cui primo volo avvenne il 21 Dicembre 1970 ed entrò in servizio operativo nel settembre 1974, adottava l’avionica del suo sfortunato predecessore, ma rispetto ad esso presentava caratteristiche di peso compatibili con il decollo e l’appontaggio da portaerei, e poteva contare inoltre su una grande maneggevolezza (grazie all’adozione di numerose superfici mobili, oltre all’elevata superficie piatta tra le due gondole dei motori, molto distanti tra loro, a differenza di molti altri aerei a doppio motore come l’F-15, i quali presentano i motori molto ravvicinati) oltre ad un’autonomia di tutto rispetto, frutto dell’adozione di serbatoi dalla notevole capacità.
(F-14 “Tomcat” – è visibile il profilo piatto e sottile tra le gondole dei motori)
(F-14 “Tomcat” – anche in questa immagine è visibile il profilo piatto e sottile tra le gondole dei motori)
La scelta delle ali a delta era dovuta alla richiesta di un velivolo capace di volare ad elevata velocità così come a bassissima quota (condizioni che privilegiano ali a delta), pur mantenendo l’elevata manovrabilità a bassa velocità necessaria per l’appontaggio (ala dritta), e la gestione di questo sistema non era demandata all’equipaggio, ma gestita autonomamente dall’elettronica di bordo che di conseguenza sceglieva la configurazione ottimale in funzione dei parametri di volo.
Riguardo la velocità massima, l’F-14 poteva volare a Mach 2.4 ed era caratterizzato da una velocità di salita di tutto rispetto, pari a 229 m/s.
Per quanto riguarda la motorizzazione, l’F-14 è stato dotato inizialmente degli stessi motori dell’F-111, ovvero i Pratt&Whitney TF30, sebbene questi motori fossero abbastanza problematici in quanto abbastanza soggetti allo stallo del compressore durante manovre ravvicinate.
Proprio i motori furono uno dei punti critici, perché al problema appena evidenziato si assisteva ad una non troppo elevata affidabilità, ma l’impiego successivo dei General Electric F110-GE-400 permise di superare queste limitazioni, oltre a permettere un miglioramento delle prestazioni dell’aereo grazie alla maggiore potenza che li caratterizzava.
(F-14 “Tomcat” – Vista frontale)
(F-14 “Tomcat” – sono visibili i missili a lunga gittata “Phoenix” collocati sotto la fusoliera e nelle slitte della parte fissa delle ali)
L’F-14 venne costantemente aggiornato nell’avionica e nei dispositivi utilizzabili per le varie missioni alle quali prendeva parte, infatti al ruolo di intercettore si aggiunsero quelli di attacco al suolo e ricognizione ad alta velocità a bassa quota, nonostante non fosse inizialmente adatto a questo compito, a causa principalmente delle sue dimensioni notevoli che lo rendevano un bersaglio potenzialmente facile, ma l’esecuzione di tali missioni ad alta velocità (grazie anche all’elevata manovrabilità che lo caratterizzava) permetteva di ridurre il rischio di essere colpito dalla contraerea.
UNA CARRIERA LUNGA OLTRE TRE DECENNI
Nonostante i continui sviluppi e le proposte da parte della Grumman di versioni moderne che nulla invidiavano a velivoli più moderni, gli USA decisero di sospenderne l’impiego nel 2006 e rimpiazzarli con il McDonnell Douglas F/A-18 E/F “Super Hornet”, versione migliorata del McDonnell Douglas F/A-18 “Hornet”, nonostante questo velivolo risultasse meno prestazionale rispetto all’F-14 (ma risulta però più versatile ed adatto a sostituire diversi velivoli imbarcati)
Nonostante questa uscita di scena ufficiale, l’F-14 è ancora oggi operativo presso l’unico paese che li adottò oltre agli Stati Uniti, ovvero l’Iran, che si dotò di un cospicuo numero di F-14 all’epoca nella quale gli USA e l’Iran erano in rapporti amichevoli.
Anche per oggi è tutto, vi rinnovo l’appuntamento a lunedì prossimo, sempre su AppuntiDigitali, sempre con la rubrica Energia e Futuro.
Grazie a Simone per tutta la serie di articoli.
Correttamente è stata citata l’avionica all’avanguardia per il periodo: il computer a bordo dell’F-14 è particolarmente famoso per aver montato il primo microprocessore della storia (e per le relative controversie sollevate).
http://www.firstmicroprocessor.com/
Complimenti vivissimi, Simone.
Ormai per me il tuo blog è diventato un appuntamento fisso da molto tempo, per varietà e soprattutto per completezza e competenza.
@ Marco
sulla faccenda controversa riguardo il “primo microprocessore” in effetti c’è parecchio da dire… secondo alcuni lo è, secondo altri no… resta il fatto che sotto un aspetto microelettronico credo lo si possa definire il vero primo microprocessore della storia, sebbene la sua specializzazione funzionale renda questa definizione forse imprecisa… sarebbe interessante sapere cosa ne pensano a riguardo i nostri esperti Cesare e Pleg (e se leggono sono pregati di illuminarci :D )
@ Thomas
grazie per l’apprezzamento… AD però non è il mio blog, io ho solo il piacere di gestire questa rubrica, nata per volontà di Alessio di Domizio all’epoca (oramai quasi 4 anni) dell’inizio della mia collaborazione con il blog
Dal link che ha fornito Marco, direi proprio di sì: si tratterebbe di un microprocessore e quindi, dato il periodo, sarebbe il primo.
Ho già scaricato i tre documenti su questo chip, ma al momento non ho tempo per visionarli. Lo farò appena potrò.
Alcune delucidazioni in più su F111 e poi F14 (i link non li ho sottomano ma se li trovo li posto); il tutto nasca dal missile Phoenix a lunga gittata che era considerato indispensabile per difendere le portaerei dagli attacchi nemici. Il problema del progetto F111 era il peso con questi missili che andava o a intaccare le prestazioni di autonomia o che implicava lo scarico dei missili in fase di atterraggio, ricordo che anche il peso in atterraggio è fondamentale su una portaerei. Il Micione invece venne progettato praticamente intorno al missile, come del resto si fece con l’A10 ed il suo cannone, e difatti se notate è praticamente perfetto per portare i 4 Phoenix, oltre che al suo radar. Un altro primato del TomCat fu quello si essere uno dei primi aerei ad introdurre una sorta di flir (non lo possiamo intendere come lo si intende oggi) atto ad aiutare l’acquisizione dei bersagli in supporto al radar. La versione che diede più soddisfazione di tutte fu la versione D (l’Iran dovrebbe avere solo la versione A ovvero la prima, mentre la B fu prodotta in pochi pezzi e come aggiornamento degli A prima della definitiva sostituzione della versione D). Inoltre nelle ultime operazioni venne usato come aereo da attacco con buoni risultati confermando l’eccellenza della macchina e guadagnandosi il nome di BombCat.
Bell’articolo. due cose che non mi sono chiare:
-uno forse intendo male io il testo… per me un ala “a delta” è quella del Mirage ad esempio; l’ala del tomcat (proprio una delle sue peculiarità) è a “geometria variabile”, in sostanza c’è un sistema elettronico automatico che può cambiare i gradi della “freccia” dell’ala in base alla velocità, quota e a tanti altri parametri; “compagni” del tomcat con simile ala/tecnologia sono l’f111, il su-24, il tornado e mi pare il tupolev backfire.
-due l’ala a delta è una soluzione tuttora adottata e ha tanti vantaggi interessanti, ma, se non ricordo male, a differenza di quanto scritto nell’articolo il “volo a bassissima quota” non è proprio il suo “pezzo forte”
ritengo che nell’articolo, sia stata scambiata l’ala a delta per quella a geometria variabile anche perchè, il volo a bassa quota in regime supersonico si può definire proprio come “l’asso nella manica” di quest’ultima.
aggiungo un altra informazione: il tomcat ha avuto anche una lunga e proficua carriera come ricognitore, poteva montare in gondola una apparecchiatura chiamata TARPS; si trattava di un sistema modulare che permetteva il montaggio tanto di sistemi ottici che radar (scansione laterale) in modo estremamente configurabile. per i tempi era un apparecchio piuttosto innovativo, e ha contribuito a rendere il “micione” particolarmente amato e utilizzato per la ricognizione.
bibliografia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Ala_a_geometria_variabile
http://it.wikipedia.org/wiki/Ala_a_delta
http://en.wikipedia.org/wiki/Tactical_Airborne_Reconnaissance_Pod_System
Massimo hai ragione, il TomCat è a geometria variabile e confermo anche gli altri modelli della lista; l’ala a delta è tipica del modello Dassault Mirage e derivati per parlare di un periodo coevo a quello del TomCat e ora si è evoluta nella soluzione canard di Rafale e Eurofighter.
Pare che il limite di adozione dell’ala a delta sia legato a dei problemi nel mascheramento stealth, avevo letto un articolo inglese al riguardo, anche se non so dire molto di più.
L’ala a gemoetria variabile permetteva di avere sempre un profilo ottimale per ogni quota cosa che succede spesso in caso di volo sul mare (dove non ci sono limiti sopra gli 0m) e nel volo a bassa quota come i Tornado. Del resto il Tornado nato per l’attacco a bassa quota è riuscito a passare a media/alta quota in modo efficiente perchè gestisce bene il profilo alare in base alla quota!
@ Massimo
Tutto corretto, ma la peculiarità dell’ala a geometria variabile è proprio quella di variare da “ala dritta” ad “ala a delta”… poi è ovvio che il delta che viene a costituirsi non è costituito da una superficie unica, ma il suo comportamento si avvicina abbastanza bene ad essa
Per quanto riguarda il secondo punto vale la stessa considerazione che fai a riguardo dell’ala a delta in volo supersonico a bassa quota… un ala a geometria variabile, in posizione chiusa, si comporta (ovviamente con certi limiti) proprio come un’ala a delta