Freescale (ex Motorola) “ufficializza” la fine dei PowerPC

I PowerPC sono una della famiglie di microprocessori più conosciute e apprezzate, ma il cui percorso nell’ultimo periodo è diventato molto travagliato.

Nati per volontà di Apple, Motorola e IBM, consorziate per definirne specifiche e linee guide, si sono contrapposte principalmente a Intel nel settore desktop nelle intenzioni di Apple e Motorola, per seguire poi anche altre strade: server (naturale dominio, visto che sono frutto di un adattamento della famiglia POWER di IBM), supercomputer, embedded e perfino nelle console di recente.

Il periodo di splendore era dovuto al fatto che i CISC, incarnati dagli x86 di Intel e dai 68000 della stessa Motorola, arrancavano nei confronti dei RISC, che potevano contare su prestazioni e consumi decisamente migliori a parità di risorse (transistor) impiegati.

I progressi della tecnologia e gli immensi finanziamenti alla ricerca di Intel principalmente (e in misura minore da AMD, che però ha portato grandi contributi) nel settore dei CISC ha contribuito ad assottigliare sempre più questo margini, fino a portare in primis al dominio di x86 in ambito prestazionale già verso la fine degli anni ’90, per poi attaccare quello dei consumi.

Obiettivo, quest’ultimo che prosegue tuttora, ma che mieté la prima “vittima” già nel 2005, con Apple che annuncia l’abbandono dei PowerPC, e il passaggio agli x86, di cui abbiamo già parlato in quest’altro articolo.

A supportare questi processori rimangono, quindi, Motorola, che nel frattempo ha staccato la divisione microprocessori facendola confluire nella neonata Freescale, e IBM, che da sempre porta avanti quella che, in fine dei conti, rimane la sua creatura.

IBM ha fornito anche in licenza qualcuno dei suoi core, come ad esempio i 440 e 460, a varie aziende che lavorano nel campo delle soluzione embedded, fra le quali s’è distinta APM, poi divenuta AMCC, ma che da qualche tempo ha deciso di abbandonare i PowerPC (interrompendo anche qualche progetto interessante, discusso in un altro articolo) concentrandosi sugli rampanti ARM.

Altre realtà di un certo rilievo sono aziende come Xilinx, impegnate sul fronte degli FPGA, ma che propongono core PowerPC già sintetizzati e/o personalizzabili per i loro dispositivi, in modo da permette di non partire completamente da zero, ma potersi affidare a un elemento estremamente importante, nonché complesso, già a disposizione. In ogni caso si tratta di ambiti altamente specializzati, dove il core PowerPC funge sostanzialmente da microcontrollore.

In precedenza c’è stato anche il tentativo di P.A. Semi, che ha realizzato un nuovo core PowerPC interamente progettato in caso, il PA6T (analizzato brevemente in quest’articolo), ma a seguito dell’acquisizione da parte di Apple tutte le risorse sono state convogliate nella realizzazione dei SoC ARM di Apple, “uccidendo sul nascere” anche questo progetto (che però era stato pensato per ambiti embedded, e militari).

E’ di qualche giorno, però, la notizia più clamorosa, che riguarda Freescale, la quale in un’intervista riporta che:

The more recent change has been to ARM, which Freescale has embraced with full force after Motorola fought it for years.
[…]
We still do have products based on other architectures, but virtually 100 percent of our research and development is directed toward 32-bit ARM-based (chips).

Il concetto penso sia ben chiaro: di fatto Freescale sta abbandonando i PowerPC. Non può, infatti, esserci alcun futuro per un’architettura, se non vengono investiti soldi e risorse nella sua ricerca e sviluppo.

Con ciò Freescale non smetterà affatto di produrre chip basati su PowerPC, ma si delinea un quadro ben preciso e, peraltro, ben noto. Infatti tuttora quest’azienda produce core basati sulla vecchia famiglia 68000, alcuni dei quali adattati per poter fungere meglio da microcontrollori, ma da anni ormai non v’è alcuna evoluzione per questa famiglia. Si tratta, insomma, di prodotti presenti a catalogo, e che vi rimarranno finché continuerà la richiesta, ma nulla di più.

Possiamo, dunque, affermare che con questa dichiarazione di Freescale si sia definitivamente chiusa l’era dei PowerPC, poiché l’unica realtà che rimane a portare avanti questa famiglia è sostanzialmente IBM, la quale però aveva già i suoi POWER, da cui sono stati tirati fuori i PowerPC, che tuttora sviluppa in perfetta linea di continuità con la sua storia.

Non c’è nessuna novità per IBM, che continua per la sua strada, come ha sempre fatto, focalizzando la sua attenzione su server e supercomputer, e mettendo a disposizione il suo know-how ed esperti per progetti che possano portare a decine di milioni di pezzi, come le console appunto, della quale è stata fornitrice delle CPU per tutte e tre della precedente generazione, anche se per quella nuova sembra che soltanto Nintendo col Wii U continuerà sulla stessa linea (monta un’evoluzione di quella del Wii), mentre dalle voci che circolano da tempo Sony e Microsoft dovrebbero puntare, invece, su x86.

A questo punto è chiaro che le realtà che abbiano fatto affidamento sull’evoluzione dei PowerPC più “consumer“, portata avanti soltanto da Freescale, dovranno necessariamente rivedere i loro piani e pensare seriamente di affidarsi alle due realtà rimaste, ARM e/o Intel, se vogliono assicurarsi un futuro florido.

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