La nuova particella con la faccia del bosone di Higgs

4 Luglio 2012, CERN press release e presentazione in diretta all’ICHEP a Melburne, una delle conferenze più importanti in fisica delle particelle. Una data che verrà sicuramente ricordata nella storia, poiché rappresenta veramente il fiocchetto che chiude la teoria del Modello Standard, sostanzialmente completando una teoria che ha cominciato a svilupparsi circa cinquant’anni fa (e di cui abbiamo già parlato in abbondanza su questo blog).

La prima idea che ha portato al così detto Modello Standard risale al 1964, quando Murray Gell-Mann e George Zweig hanno proposto per la prima volta l’idea dei quarks, i componenti fondamentali di particelle quali neutrone e protone, che non sono particelle elementari (date un’occhiata a questo sito per avere un’idea sullo zoo di particelle). Da quel momento moltissimi sforzi sono stati dedicati a risolvere una parte del Modello Standard chiamata QCD, Quantum Chromo Dynamics. La parola “chromo”, colore, deriva dal fatto che i quark hanno una carica di tipo speciale, indicata come “colore”, simile ma diversa dalla carica elettrica.

Nel frattempo si stava comprendendo anche l’altro aspetto del Modello Standard, la forza elettromagnetica e, pian piano, anche la forza debole. L’ago della bilancia è consistito nella teoria di Glashow, che nel 1960 ha unito la forza elettromagnetica e la forza debole nella forza elettrodebole. Quest’idea si è rivelata vincente, ma inizialmente non sembrava tornare bene. L’ idea di fondo è di avere delle particelle particolari, chiamate bosoni mediatori, che trasportano le forze fondamentali. Sarebbe quindi bellissimo avere un unico bosone per la forza elettrodebole.

Per esempio il fotone, il bosone mediatore della forza elettromagnetica, sarebbe il candidato ideale. Purtroppo, però, questa situazione ideale non è stata verificata ed è stato necessario introdurre una spiegazione più complessa: nel 1967 Steven Weinberg e Abdus Salam hanno incorporato il Meccanismo di Higgs nella teoria elettrodebole. Il tutto si basa sul fenomeno della rottura spontanea della simmetria: le equazioni di Glashow risultano simmetriche, ovvero predicono che il bosone mediatore sia sempre lo stesso in qualsiasi punto del “campo quantistico” elettrodebole. Ad energie più basse di un centinaio di GeV (ricordiamo che in fisica l’elettronvolt è un’unità di misura dell’energia, definito come l’energia cinetica acquistata da un elettrone quando è accelerato da una differenza di potenziale di 1 volt nel vuoto) la simmetria si rompe (o meglio, rimane nascosta a livello matematico, senza apparire nei risultati) e appaiono diversi bosoni mediatori.

Tutto bene quindi, non sarà la situazione ideale di un unico bosone che spiega tutto, ma anche se sono più di uno andrebbe bene lo stesso. Ebbene, la cosa è ancora più complicata, infatti i due bosoni aggiuntivi che descrivono la forza elettrodebole (chiamati W e Z) sembrano avere una massa. Questo però sarebbe impossible, infatti il teorema di Goldstone dice che si, quando si rompe la simmetria appaiono nuovi bosoni, ma sono tutti privi di massa. Come è possibile che questi bosoni abbiano una massa? A questo punto arriva il famigerato meccanismo di Higgs, che spiega che, accoppiando un particolare bosone ai bosoni mediatori generati dalla rottura della simmetria, questi ultimi possono acquisire una massa. Ecco quindi apparire il bosone di Higgs!

In sostanza, quindi, il bosone di Higgs è ciò che serve per far funzionare l’intero Modello Standard, la nostra descrizione delle forze e particelle fondamentali della natura. È nel 1974 che John Iliopoulos ha utilizzato per la prima volta il termine Modello Standard, per definire l’insieme di teorie che descrivono lo zoo di particelle fondamentali. Tra gli anni 70 e 80, in acceleratori quali il LEP al CERN, DESY in Germania e il Tevatron al Fermilab, negli Stati Uniti, è stato un piovere di particelle: evidenze sperimentali di tutti i quark (tranne il quark top, che si è fatto aspettare fino al 1995), i bosoni W e Z, e i leptoni carichi, elettroni, muoni e tau.

Solo il bosone di Higgs manca all’appello, e ormai sono anni che lo si va cercando. L’acceleratore LEP è riuscito, con un livello di confidenza del 95%, ad escludere masse inferiori a 114 GeV, per la particella di Higgs. Anzi, proprio sopra questa massa, attorno ai 115 GeV, diversi esperimenti del LEP, tra cui Aleph, avevano il sospetto di vedere una nuova particella. Purtroppo però non c’è stato tempo di raccogliere più dati, poiché nel 2000 il LEP ha dovuto chiudere per dare spazio all’LHC. Nel 2010 sono arrivate notizie anche dal Fermilab, dove misure combinate degli esperimenti CFD e D0 hanno escluso l’esistenza dell’Higgs nella regione tra 158 e 175 GeV. A Luglio 2011 questa regione è stata estesa tra 156 e 177 GeV.

Nel 2010, inoltre, l’LHC ha cominciato a prendere dati e  i due esperimenti principali, Atlas e CMS, che hanno escluso zone ancora maggiori (55-190 GeV e 149-206 GeV). A dicembre 2011 si parla di nuovo di Higgs, quando Atlas e CMS annunciano un eccesso di eventi (non ancora una scoperta!) attorno ai 125 GeV, praticamente l’unica zona di energia ancora non esclusa. Da quella data a oggi è stata praticamente una corsa all’ultimo sangue, tra Atlas e CMS al CERN e D0 e CDF al Fermilab. La zona di possibile esistenza dell’Higgs si è ridotta sempre più, finché finalmente, il 4 Luglio 2012 Atlas e CMS hanno dato l’annuncio:

CMS “annuncia la scoperta di un bosone con massa di 125.3 ± 0.6 GeV/c2 entro 4.9 sigma” mentre la collaborazione di ATLAS ha annunciato che “osserviamo nei nostri dati i chiari segni dell’esistenza, a 5 sigma, di una nuova particella, nella regione di massa attorno a 126 GeV.”

Insomma, finalmente è inconfutabile che, tra i 125 e i 126 GeV c’è una nuova particella, un bosone, che a dire il vero ha tutta l’aria di essere il bosone di Higgs predetto dal Modello Standard. Certo, quest’ultima frase è la mia conclusione e i ricercatori di entrambi gli esperimenti si sono ben guardati dal trarre esplicitamente questa conclusione. Non è infatti ancora certo che sia esattamente il bosone di Higgs del Modello Standard. Per scoprirlo bisognerà studiare più approfonditamente le sue proprietà, i suoi decadimenti, e comprendere se non nasconde nulla di “esotico”. A dire il vero io, come penso molti altri fisici nel mondo, speriamo che qualche cosa di esotico venga fuori. Infatti la scoperta del bosone di Higgs è la chiave di volta del Modello Standard, ma lascia ancora molte domande sull’Universo a bocca asciutta. Come la mettiamo con la materia oscura, per esempio, con la violazione CP, con le oscillazioni dei neutrini…. insomma, i fisici non sono ancora pronti ad andare a casa, anzi, finalmente abbiamo concluso un capitolo importante della fisica delle particelle, e tutti sono ansiosi di cominciare il nuovo capitolo.

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