Dopo avere introdotto la scorsa settimana un argomento di cui tanto si parla, ovvero i Trattamenti Meccanici Biologici, detti anche “a freddo”, ed avere esaminato in cosa consistono, andiamo oggi ad analizzare alcune tecnologie specifiche che riguardano tali processi.
TECNOLOGIE SVILUPPATE PER IL TRATTAMENTO MECCANICO BIOLOGICO
Nell’ambito dei processi di TMB sono state presentate differenti soluzioni ad opera di aziende, soluzione spesso coperte da brevetti e che prevedono opportuni sistemi per il trattamento dei rifiuti sviluppati in modo da ottenere determinate prestazioni, e tra queste tecnologie hanno riscosso una certa notorietà le seguenti:
- Processo ArrowBio
- Processo UR-3R
- Processo VMPress
- Processo EMBio
- Processo THOR
IL PROCESSO ARROWBIO
Tale processo è stato sviluppato dalla società ArrowEcology, azienda di Ingegneria operante nel settore dei servizi di gestione ambientale e, nelle sue basi, rappresenta un classico esempio di TMB le cui particolarità risiedono nella modalità di trattamento dei materiali.
I materiali in ingresso possono essere differenziati alla fonte oppure essere non differenziati, ed in entrambi i casi si rende necessaria una loro separazione in base a vari parametri (ovviamente in presenza o meno di differenziazione alla fonte questo compito è più o meno gravoso).
Tale separazione avviene per varie fasi: una prima fase prevede la rottura dei sacchi ed un primo trattamento manuale di separazione al quale segue il trattamento vero e proprio, ovvero la separazione delle varie categorie costituenti il rifiuto mediante l’impiego di un bagno di acqua nel quale vengono essi vengono dispersi e separati in virtù della differente densità delle varie componenti, oltre che con l’ausilio di dispositivi quali magneti, sistemi a correnti indotte, sistemi pneumatici, ecc.
Da tale fase si ottiene in uscita del materiale organico che viene inviato al trattamento biologico, del materiale riciclabile quali plastiche, vetro e metalli e del materiale residuo da destinare allo smaltimento in discarica.
Il trattamento biologico permette di produrre vari componenti, quali biogas e materiali fertilizzanti.
Lo schema del processo è sintetizzato nella seguente immagine:
Tale tecnologia viene attualmente utilizzata in un impianto costruito in Israele, precisamente a Tel-Aviv in prossimità di una discarica da ripristinare ambientalmente ed opera su una portata di 40.000 t/anno di rifiuti.
Altri impianti di potenzialità più elevata sono in costruzione in altre parti del mondo, ma al momento una valutazione di tale tecnologia è complessa in quanto i dati a disposizione sono molto ridotti.
IL PROCESSO UR-3R
Tale processo, sviluppato dalla Global Renewables e rappresentato in breve nella seguente immagine, consiste in una prima fase di separazione ad opera di un dispositivo indicato come ResourceSort Technology sul quale è pendente un brevetto industriale.
Tale processo di separazione suddivide il materiale per categorie e le rende disponibili per i processi successivi, i quali consistono principalmente nell’invio dei materiali riciclabili a tale applicazione mentre la parte rimanente viene inviata all’unità di percolazione ISKA, basata su una tecnologia brevettata della quale la Global Renewables risulta licenziataria in vari parti del mondo.
Al termine di questo processo si invia il materiale all’impianto di digestione anaerobica (in realtà incluso nel sistema ISKA) per la produzione di Biogas mentre una parte di esso subisce il trattamento di compostaggio divenendo fertilizzante.
I PROCESSI VMPRESS – EMBIO – THOR
Molto brevemente illustriamo anche altri processi e tecnologie di cui si inizia a sentire parlare, ma che sono ancora ad uno stato evolutivo piuttosto embrionale e pertanto la loro valutazione, oltre che il loro esame da un punto di vista del processo, risulta particolarmente difficoltoso.
Il processo VMPress consiste essenzialmente nel trattamento dei rifiuti, a valle del processo di raccolta differenziata e del riciclaggio della frazione riciclabile mediante elevata pressione, applicata ad essi attraverso l’impiego di una speciale pressa che li trasforma in una poltiglia composta in parte dalla frazione organica umida (circa il 40%) ed in parte dalla frazione secca (il restante 60%).
La frazione umida così trattata si presta ad essere inviata al digestore anaerobico per la produzione di Biogas per fini energetici, mentre la frazione secca si presta alla produzione di CDR – Combustibile Derivato dai Rifiuti per l’impiego nei moderni impianti di Termovalorizzazione.
Il processo EM-Bio consiste nell’impiego di una serie di microrganismi i quali, utilizzati nei trattamenti della frazione organica umida permettono di accelerare la fermentazione degli stessi e produrre dei fertilizzanti.
Il processo THOR (acronimo di Total HOuse waste Recycling ) è un processo di recente introduzione ad opera del Consiglio Nazionale delle Ricerche – C.N.R. e dell’azienda Italiana Assing S.p.A. e consiste in un sistema puramente meccanico per la separazione e trattamento dei rifiuti, in particolare esso prevede la trasformazione del rifiuto in una polvere costituente il combustibile, a valle del trattamento di separazione dei metalli ferrosi e non, così come dei materiali inerti.
Tale processo di tritatura “micronica” (ovvero capace di produrre particelle micrometriche) genera temperature tali da separare parte del cloro presente nei materiali trattati, cloro che si manifesta principalmente come acido cloridrico e che viene trattato opportunamente.
Il risultato di tale processo è pertanto un combustibile finemente polverizzato, per certi versi assimilabile al carbone in termini energetici.
Con questo è tutto anche per oggi, vi rinnovo l’appuntamento a lunedì prossimo sempre con la rubrica Energia e Futuro, naturalmente su AppuntiDigitali.
Sempre molto interessante. Grazie.
già, proprio una bella rubrica. mi aggiungo ai ringraziamenti
Davvero interessante questa panoramica. E’ La prima volta che vedo una disamina che confronta con parole semplici vari sistemi di trattamento meccanico biologico,
Le tecnologie in pochi anni, ultimamente, hanno fatto miglioramenti notevoli
Sarebbe anche utile qualche indicazione, sulle rese di separazione del rifiuto trattato, sulla percentuale residua da mandare in discarica, nonchè sul tipo di rifiuto ammesso al trattamento (con o senza frazione organica), che penso saranno accennati nelle prossime puntate.
Su ArroBiow (scelto da Civitavecchia), anche se esistono dei video sul sistema dal grande effetto suggestivo, penso che sia limitato a località non fredde. Penso al gelo di questo inverno e credo che le vasche d’ acqua se non ben riparate avrebbero seri problemi).
Chiedo a Simone se verrà fatto qualche cenno anche al sistema italiano, che nelle sue peculiarità e nei suoi limiti riscuote un certo successo e realizza risultati altissimi di recupero.
Infine un altro sistema emergente che completa il ciclo TMB , evitando la frazione in discarica, trasformando i rifiuti in biocarburanti drop-in (di seconda generazione), con le caratteristiche dei carburanti esistenti in commercio:
http://www.enerkem.com/en/facilities/overview.html
Uno dei problemi di tutti questi impianti è che, essendo più o meno tutti copyright di società private (che ovviamente hanno intenzione di presentare le proprie tecnologie nella maniera migliore possibile) non si riesce ad avere una chiara idea delle problematiche e dei risultati effettivamente ottenuti negli impianti attivi.
In quest’ottica, sono riuscito a trovare questo breve pdf che mette a confronto alcuni impianti in Germani (vari tipi di TMB e anche un inceneritore di tipo “moderno”) dando un idea di quali siano i parametri fondamentali anche a livello di costi:
http://www.suffolk.gov.uk/NR/rdonlyres/056D566A-5B88-4F3C-928F-D4CDEF5BD4C0/0/NotesofGermanVisitMemberDirectorFINAL.pdf
Trovo molto interessante la soluzione dell’impianto di Lubecca: producono energia e CDR di qualità particolarmente alta ed hanno un accordo con un vicino termovalorizzatore per l’acquisto, ma allo stesso tempo sono energeticamente autonomi cogenerando con il biogas prodotto.
Chissà come potrebbe funzionare un impianto “composto” di questo genere, magari utilizzando il sistema THOR (di cui però vorrei conoscere le rese energetiche: sminuzzare roba a livello micrometrico mi suona come un processo che consuma molta energia… Quanta ne viene poi recuperata bruciando il carburante?)
In ogni caso, come ho scritto nel post precedente, se si produce energia in loco, il freddo non è un problema, visto che si avranno a disposizione ingenti quantità di calore. Civitavecchia poi non mi sembra una località particolarmente critica da questo punto di vista.
Uno studio che mi piacerebbe leggere riguarda una comparazione energetica tra raccolta differenziata a vari livelli e sistemi di separazione dei rifiuti.
Ad esempio, una raccolta porta a porta, considerando i mezzi e le risorse impiegate, quanto renderebbe in coppia con questi sistemi? Il gioco vale la candela, oppure una raccolta differenziata a livello di “cassonetti stradali” fornisce già un buon aiuto ad un costo minore?
Oppure ancora, conviene non differenziare proprio e lasciar fare tutto alle macchine?
@Daniele
Tutti gli impianti citati e confrontati nel link sono funzionali per chiudere il ciclo con conferimento in discarica e a inceneritore di almeno metà del rifiuto.
Questo pone problemi ambientali (non si possono eliminare ne inceneritore, ne discarica), ma anche di alto costo di trattamento del rifiuto, in quanto si sommano i costi bassi del TMB con i costi molto elevati di inceneritore e discarica.
Questa è la situazione attuale di gran parte degli impianti di Germania e Italia.
Un buon TMB, come quelli citati da Simone, dovrebbe ridurre al minimo la parte da conferire in discarica, evitando i costi e i rischi dell’inceneritore.
I dati di costo (anche se datati, del 2006)sono reali, non viziati da sovvenzioni statali come invece viene riportato per gli impianti in Italia (forse unico paese al mondo dove si sovvenzionano gli inceneritori)
Dal 2006 i costi di discarica e di conferimento rifiuti a inceneritore sono lievitati, causa le leggi ambientali più restrittive e dalla difficolta sempre maggiore di realizzare discariche. Nell’articolo citato gli azionisti dell’inceneritore non sono soddisfatti del risultato finanziario dell’inceneritore.
L’impianto di Lubecca che hai citato come esempio, con digestore anaerobico (biogas), di cui ho trovato dei dati tecnici conferma questa situazione
http://www.epem.gr/waste-c-control/database/html/case_study-19.htmIl Dati tecnici TMB Lubecca
Su 100mila ton/anno di RSU trattati un terzo dei rifuti va in discarica e circa metà diventa CDR (il combustibile per inceneritore), a sua volta generando 1/3 di ceneri, rifiuto speciale, da conferire in discarica. La percentuale di riciclo è bassissima, per lo più materiali ferrosi il cui costo di trasporto non copre il ricavo della vendita.
Costo di impianto 30M€ (che raddoppia se sommiamo il costo dell’ inceneritore per completare il ciclo) e costo totale di trattamento rifiuti di 90€/tonn (dato del 2006). Oggi si parla di valori intorno ai 150€/ton
Conferire CDR da bruciare a un cementificio o a un inceneritore pagando 60 €/ton (dato del 2006 citato nel tuo link) è un costo elevatissimo e non cancella i problemi ambientali. Un TMB che ricicla curando la selezione e qualità del riciclato invece incassa soldi vendendo (franco impianto) le materie prime recuperate e non genera emissioni nell’atmosfera.
Confrontiamo con i costi dichiarati di quello che sembra il TMB più virtuoso. Quello di Vedelago (Treviso)
Stessa taglia dell’impianto di Lubecca 100mila t/anno, ma un costo inferiore a di 10M€ (contro 60M€) e un costo di trattamento rifiuti di 50-80/ton € -dati di oggi- a seconda della qualità del rifiuto conferito.
Il cittadino, munito di trasponder, paga in funzione di quanto è bravo o volonteroso a differenziare.
Chi riesce a differenziare quasi tutto non paga la tassa sui rifiuti. Chi ha il giardino si può produrre il compost dalla parte organica del rifiuto.
In discarica con gli ultimi miglioramenti del sistema finisce solo l’1% del RSU.
Tassa dei rifiuti più bassa di Italia, pur non godendo di tutte le sovvenzioni degli inceneritori.
Vedo che sei molto più ferrato di me con i numeri di questi impianti.
Purtroppo però non riesco a leggere la pagina con i dati tecnici di Lubecca (pagina non trovata).
In linea di principio, mi sembra di poter dire che entrambi siamo d’accordo su un punto: dei rifiuti andrebbe riciclato tutto il riciclabile, e solo la quantità che NON è possibile riciclare andrebbe trattata con incenerimento, o peggio, discarica.
Il problema è valutare e confrontare le rese (in termini di percentuale riciclata, ma anche resa economica e energetica) di questi processi.
Ad esempio, sul sito del Centro Riciclo Vedelago leggo frasi come:
“Non sono infatti previsti all’interno del Centro trattamenti di rifiuti putrescibili o con contaminanti particolari. Tutti i rifiuti secchi riciclabili sono provenienti da raccolte differenziate ben definite.”
“I conferimenti in ingresso al Centro vengono autorizzati solo in presenza di sicura possibilità di riutilizzo dei materiali selezionabili.”
Con queste premesse, non mi sorprende che il costo totale per il trattamento sia basso e che la frazione che finisce in discarica sia minima. Praticamente entra solo rifiuto “quasi pronto per essere riciclato”.
E tutto il resto? L’umido putrescibile, la frazione che è non riciclabile già in partenza, i rifiuti “particolari” (come ad esempio quelli ospedalieri)… Che fine fanno?
Si tratta insomma di un discorso ben diverso rispetto a un impianto in cui entra “di tutto e di più”, ed è anche uno dei motivi per cui nel mio post precedente mi auguravo un confronto tra diversi “sistemi” (intesi seguendo tutta la filiera dei rifiuti, o addirittura ragionando sui materiali ancor prima che essi diventino rifiuti) di differenziazione.
Vedelago funziona con un elevatissimo livello di differenziazione già a monte dell’impianto (a tal proposito, mi piacerebbe conoscere meglio le caratteristiche e le funzioni del “transponder” di cui parli).
ArrowBio, da quello che mi è sembrato di capire, opera a partire da rifiuto praticamente indifferenziato. VMPress idem.
UR3R e EmBio mi sembra di capire che siano particolarmente ottimizzati per trattare rifiuto organico, mentre THOR lo sia per trattare la frazione secca non fermescibile, anzi, in particolare quella bruciabile.
In ogni caso, comunque, siamo a livelli che ci sogniamo in gran parte d’Italia. Qui a Roma, con l’esaurimento di Malagrotta, pare che la principale preoccupazione dei politici sia scegliere tra un area di grande interesse archeologico e una di grande interesse ambientale per fare una nuova discarica.
@ Daniele
Hai centrato la questione, se chiedi in giro al comune cittadino ti dirà che è l’esempio da seguire convinti che tratti tutto, mentre la realtà non è quella
Cittadini e politici spesso si arroccano su posizioni basate più sul sentito dire che sulla realtà della conoscenza tecnica e scientifica, pertanto si schierano su chi è pro o contro ad un qualcosa senza andare ad esaminare il problema nella sua interezza… e se ci fai caso trovi questo atteggiamento anche in molti commenti lungo la serie dei miei post sul trattamento dei rifiuti… il risultato di questa partigianeria è l’incrudimento delle posizioni… e la conseguenza è che alla fine si fanno le discariche perché i rifiuti, nel mentre che si decide (ma di fatto si è in stallo), da qualche parte vanno pure messi, anche perché lo stesso riciclaggio (se si riesce a fare) da solo non basta quando si considera tutto il rifiuto…
Spero con questa serie di post di avere contribuito a fare un po’ di informazione e chiarezza, perché ogni tecnologia e soluzione ha un suo perché e va valutata senza NO preconcetti
CORRIGE su Vedelago (chiedo scusa). Il trasponder si trova sui mezzi di raccolta e serve per identificare i proprietari di ogni cassonetto della parte indifferenziata di rifiuti (famiglia oppure condominio) e contare i numeri di svuotamenti.
In base al numero di svuotamenti della parte indifferenziata di paga una quota variabile di tassa rifiuti. Questa quota può tendere a zero. Ma c’è un’altra quota fissa proporzionale al numero di componenti della utenza.
http://www.tvtre.it/PDF/rivista_tv3_leggero.pdf
Oltre al sistema Vedelago ci sono altre città che hanno raggiunto risultati notevoli, con analoghi sistemi TMB con raccolta differenziata. PORTICI, nel napoletano, che è la città più densamente abitata d’ Italia, raggiunge con un proprio modello e senza contributi statali il 70% di raccolta differenziata, percentuale in costante aumento
http://www.youtube.com/watch?v=RCBFQuhUVNg
@ Daniele
Non sono un tecnico della materia, per cui se mi sfuggisse qualche imprecisione mi scuso anticipatamente.
Link con dati impianto Lubecca
http://www.epem.gr/waste-c-control/database/html/case_study-19.htm
Nello stesso sito ci vari impianti nel mondo e i confronti tecnico economici delle varie tecnologie TMB e altri sistemi tradizionali:
http://www.epem.gr/waste-c-control/database/html/costdata-00.htm
Che vanno valutati CON ATTENZIONE per via che certi impianti sono realizzati molti anni fa con tecnologie obsolete e non conformi alle leggi ambientali di adesso, per cui i costi di impianto e di trattamento dei rifiuti non sono confrontabili con quelli d un impianto di oggi. Resta il discorso per gli impianti di incenerimento italiani in cui i costi del rifiuto trattato comprende sussidi statali. Purtroppo nella tabella l’anno di costruzione degli impianti è citato solo per alcuni di essi.
http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_waste_management_acronyms (per le varie sigle tecniche sulla materia)
@Simone
Concordo che non bisogna fare demagogia e che bisogna offrire un ventaglio di soluzioni, cosa che questa rubrica esplica bene dal punto di vista tecnico in un linguaggio aperto a tutti, permettendo in una materia complessa come il trattamento dei rifiuti di scoprire tanti aspetti non noti al grande pubblico.
Ad esempio: il fatto che non esiste un solo trattamento per i rifiuti ma un CICLO dei rifiuti costituiti da vari trattamenti complementari a partire dal tipo di raccolta.
Altro esempio: il TMB a seconda dei vari processi tratta la parte organica con compostaggio o digestione anaerobica e manda a discarica la parte non recuperabile. Sarebbe interessante confrontare i modi di trattamento della frazione organica, per avere un idea di risultati, pregi e difetti e capire come mai qualche impianto emana certi odori.
Infine anche l’ anello finale del ciclo, indispensabile, la discarica. Parlando di discariche di nuova generazione: esiste la discarica sicura?
L’ incenerimento è accoppiato a un certo TMB e ha sempre bisogno di discarica, anche questo offre spunti per interessanti approfondimenti.
Sul fatto di Malagrotta, che sia una bomba ad orologeria, sono d’accordo. Che si lasci degenerare una situazione per poi affrontarla come emergenza con soluzioni improvvisate (discariche in zone di valore ambientale con rifiuto maleodorante e inquinante perché non ha avuto un TMB adeguato); coinvolgendo chi non ha mezzi adeguati né competenze perché non è il suo mestiere (esercito e protezione civile) è un film già visto e che dovremo rivedere ancora.
Guarda caso i politici spingono sempre per le soluzioni più costose, (inceneritori e discariche; e se vuoi la differenziata l’inceneritore ci vuole per forza.. bugia.. la discarica è necessaria, ma dell’inceneritore –parlando del puro aspetto tecnico- se ne potrebbe fare a meno, per non dire che è antitetico alla raccolta differenziata).
Tutto questo avviene senza interpellare né dare una informazione completa alla popolazione e la cosa è più che sospetta.
@joe.vanni
Per quanto riguarda la digestione anaerobica (su cui sono parecchio più ferrato rispetto al compostaggio), il fatto che l’impianto emani odori in genere è indice del fatto che la digestione non è stata completata (e ciò può avvenire per vari motivi, da un malfunzionamento dell’impianto, a un errato dimensionamento/funzionamento fuori specifiche, alla convenienza economica dello stesso).
In ogni caso, bisogna tener presente il fatto che tali odori sono comunque in misura “minore” rispetto a quelli che sarebbero stati liberati lasciando l’organico a marcire.
In ogni caso, anch’io sarei ben felice di leggere qualche post di Simone su queste due tecnologie.
PS: Sempre riguardo ai transponder di cui parlavi a proposito di Vedelago, hai qualche info in più? Ti lascerei la mail, ma non so bene come farlo in modo che essa rimanga “privata”.
@ joe.vanni
Dipende da cosa si intende per “sicura”… esiste qualcosa di sicuro nelle attività umane?… eppure continuiamo a svolgerle perché necessarie… non esiste di sicuro nulla, tranne una cosa che riguarda la fine dei propri giorni…
lungi da me difendere i politici, però mi pare che i politici spingano anche in base alle informazioni tecniche che gli vengono fornite… pertanto ci sono politici favorevoli a spada tratta ad una tecnologia e viceversa… ed entrambe sono posizioni sbagliate
la differenziata è una cosa che non esclude l’incenerimento, anche perché è una fase preliminare a successivi trattamenti, non una fase finale, e penso che dopo diversi post sia sufficientemente chiaro, così come non è antitetico, anzi, direi che l’incenerimento (ma come ben sai preferisco parlare di termovalorizzazione per i motivi già espressi nei rispettivi post) accoppiato ad una buona differenziata permette di raggiungere le migliori prestazioni… mentre per quanto riguarda lo smaltimento del rifiuto giacente in discariche indifferenziate ritengo sia necessario, per quanto possibile procedere alla vagliatura meccanica per quanto possibile e successivamente termovalorizzare il resto, anche accettando eventuali emissioni superiori ai limiti
@joe.vanni
Oggi ti ho risposto senza aver letto il penultimo commento, mi sono accorto di averlo saltato solo stasera.
Grazie per i dati… A questo punto, vista la tabella dei costi, mi piacerebbe conoscere qualcosa di più dettagliato sull’ArrowBio, che sembra avere una marcia in più… Mi informerò.
Da quello che si evince dalla scheda su Lubecca, confermo che l’idea di base mi pare buona, però il processo sarebbe migliorabile se si riuscisse ad elevare la percentuale di differenziazione. Solo che ho idea che per farlo anche i costi lieviterebbero, per questo sono curioso di capire come fa ArrowBio.
L’idea del transponder è buona (in generale, lo è una gestione “meritocratica” della tassa sui rifiuti) però se penso a realtà come quella di Roma, la vedo molto difficile applicare qualcosa di simile.
@Simone
Gli impianti di questo Post (eccetto il processo sperimentale Thor) sono parte di cicli che non comprendono incenerimento, ma solo discarica, cui è destinato il 20-30% del residuo che non si riesce a recuperare.
I cicli di rifiuti che includono incenerimento tipo l’ esempio di Lubecca prevedono circa metà rifiuto destinato a inceneritor,e un terzo a discarica e il resto recuperato.
Sommando le ceneri generate dall’inceneritore oltre il 40% del rifiuto va a discarica. Quindi con forte impegno di discarica e incenerimento che sono i trattamenti più costosi, oltre che i più rischiosi per l’ambiente.
E’ dimostrato che dove è forte la pratica dell’uso degli inceneritori la raccolta differenziata non riesce a superare il 40%, con tendenza a regredire (esempio Brescia e la Lombardia). Questo perché il CDR per avere forte potere calorifico deve contenere carta e plastica che vengono sottratti al riciclo.
Dove si raggiungono tassi di raccolta differenziata del 70-80%, non ha senso l’uso dell’incenerimento, ecco perché dico che sono pratiche tra loro concorrenti.
Come costi è sorprendente che anche la raccolta differenziata sia meno costosa di quella indifferenziata: 12 contro 15 centesimi al kg (dati Ispra , rapporto rifiuti 2007).
CORRIGE ultimo mio commento terza riga:
20-30% del residuo
Va corretto in:
20-30% del rifiuto
Scusate per la svista
Un aggiornamento sul Thor
http://www.iltamtam.it/Generali/Ambiente-e-Territorio/Rifiuti–Thor-e-morto-ma-il-suo-martello-umbro-picchia-ancora.aspx
Chiedetevi perchè i finti oppositori inviano da Roma treni pieni di immondizia in Austria al costo di 138 euro per ogni tonnellata di immondizia da smaltire e fanno finta di non saper che esiste UNA GENIALE INVENZIONE del CRN, per smaltire i rifiuti, che spazzerebbe via le mafie, estrarrebbe le materie prime dall’ immondizia creando ricchezza per i Comuni ed eviterebbe l’ inquinante e costosissimo sistema raccolta rifiuti imposto dai produttori di termovalorizzatori, evitando l’ apertura di nuove discariche che devastano il territorio e le falde acquifere .
Quelli che in tutte le salse gridano onestà, onestà, invece di darsi da fare per UTILIZZARE validi ed economici sistemi di smaltimanto rifiuti già esistenti in Italia, fanno partire da Roma treni carichi di immondizia facendo ricchi gli austriaci e addebitando ai contribuenti romani 138 euro per ogni tonnellata di immondizia in partenza da smaltire.
Se amassero e facessero sul serio gli interessi del loro Paese prenderebbero immediatamente in considerazione l’ economicissimo impianto THOR che si autoalimenta e che dalla spazzatura estrae e seleziona le materie prime creando ricchezza.
L’ IMPIANTO THOR, occultato dalla stampa legata ai produttori dei dannosi termovalorizzatori ed dalle mafie che gestiscono il costosissimo ciclo attuale di smaltimento rifiuti, è un sistema concepito NON DA PRIVATI MA dall’ ing PLESCIA del CRN, negato alla conoscenza degli cittadini Italiani perchè poco costoso ed in grado di evitare sia la dispendiosa raccolta differenziata, che le discariche distruttive del territorio e delle falde acquifere.
Attualmente è in funzione in Sicilia, riesce a trattare, il più piccolo, fino a otto tonnellate l’ora, non ha bisogno di un’area di stoccaggio in attesa del trattamento; è completamente meccanico, non termico e quindi non è necessario tenerlo sempre in funzione, anzi può essere acceso solo quando serve, limitando o eliminando così lo stoccaggio dei rifiuti e i conseguenti odori. Inoltre, è stato progettato anche come impianto mobile, utile per contrastare le emergenze e in tutte le situazioni dove è necessario trattare i rifiuti velocemente, senza scorie e senza impegnare spazi di grandi dimensioni, con un costo contenuto: un impianto da 4 tonnellate/ora occupa un massimo di 300 metri quadrati e ha un costo medio di 2 milioni di euro.
L’impianto può essere montato su un camion o su navi. In quest’ultimo caso, la produttività di un impianto imbarcato può salire oltre le dieci tonnellate l’ora e il combustibile, ottenuto dal trattamento, reso liquido da un ‘pirolizzatore’, può essere utilizzato direttamente dal natante o rivenduto all’esterno.
Sono da anni che informo i finti oppositori dell’ esistenza di questo sistema efficace, ecologico, che si autoalimenta e produce combustibile in abbondanza dalle plastiche