di  -  lunedì 18 Luglio 2011

Avrete sicuramente sentito, negli ultimi giorni, del lavoro pubblicato recentemente sulla rivista Science, in cui i ricercatori Betsy Sparrow, J Liu e D. M. Wegner hanno raccontato come Google, e internet in generale, abbia modificato i processi della nostra memoria, facendo si che ci ricordiamo di meno di quanto facessimo prima dell’avvento dei motori di ricerca.

Questa notizia è volata in giro per la rete come ben pochi altri articoli su Science fanno. La sensazione è che è stata accolta con un misto tra scetticismo e paura, sentendosi un po’ in colpa della nostra dipendenza dalla rete. Questa è stata solo la mia personale sensazione ovviamente, ma vorrei dire la mia a riguardo, perché penso che, in realtà, non solo non ci sia niente di cui sentirsi in colpa, ma anzi, si possa parlare proprio di una sorta di evoluzione del pensiero.

Veniamo all’articolo in sé. L’esperimento in questione si è svolto in una serie di fasi successive. Il primo esperimento è consistito nel prendere 46 studenti universitari e dividerli in due gruppi. Il primo gruppo doveva rispondere a una seri di domande molto molto semplici (tipo, “3+2”), mentre all’altro gruppo sono state chieste domande molto più difficili, che necessitavano di fare una ricerca online per conoscerne la risposta (Per esempio, “Ha più chilometri quadrati la Danimarca o la Costa Rica). Dopodiché i due gruppi sono stati riuniti e sono state mostrate loro una serie di parole scritte in colori diversi.

A quel punto dovevano solo rispondere se le parole erano rosse o blu. La cosa sorprendente è stata che il gruppo a cui erano state sottoposte le domande più difficili si sono dimostrati più lenti nel rispondere. Inoltre la parola per cui ci è voluto più tempo a rispondere è stata proprio la parola “Google”. La spiegazione, secondo Sparrow, è che chi aveva le domande più difficili ha pensato di “googolare” la risposta, prima di darla direttamente. Questo primo esperimento ha quindi dimostrato che noi, prima di pensare alla risposta, pensiamo a come cercare la risposta.

Il secondo esperimento è consistito nel dividere di nuovo i due gruppi e nel dettargli delle frasi (del tipo “l’occhio di un ostrica è più grande del suo cervello”) e chiedergli di scriverle su un file nel computer. A uno dei due gruppi è stato detto che il file sarebbe stato subito cancellato, mentre all’altro gruppo è stato detto che il file veniva archiviato nel disco del computer. Il risultato è stato (come è facile immaginare) che il gruppo che temeva la sparizione del file ha dimostrato di ricordarsi molto meglio (il 40% in più) le frasi scritte in precedenza.

Questo risultato, che è quello che ha fatto parlare maggiormente di se, è secondo me abbastanza banale. È una cosa logica che, quando si sa che un concetto o una nozione è salvato da qualche parte, ci si sforza meno di ricordarlo. Io, per esempio, mi ricordo ancora a memoria il numero di telefono (probabilmente ormai fuori uso) dei miei compagni di classe del liceo, ma non so il mio personale numero di cellulare attuale (è anche vero che lo cambio in continuazione). Uno a questo punto potrebbe spaventarsi, pensando che allora il nostro cervello sia “vuoto”, visto che possiamo trovare sostanzialmente ogni informazione sul web.

Le successive fasi, però, ci vengono in aiuto.

Gli studenti universitari, questa volta, dovevano di nuovo scrivere delle frasi sul computer, ma dovevano anche salvarle in una cartella specifica (una tra cinque cartelle a scelta). Il gruppo che credeva che i files venissero cancellati ha dimostrato di nuovo di avere maggior memoria dei contenuti, però, c’è stata una sorpresa. Quando è stato chiesto di dire in quale cartella sono stati salvati i files si è notato che, sebbene il gruppo che ha salvato i files non se ne ricordasse il contenuto, si ricordava molto bene dove erano stati salvati.

Questo vuol dire che non abbiamo proprio perso la memoria, ma la abbiamo modificata. Questo tipo di memoria viene detto “memoria transitiva”, ovvero non ci ricordiamo il concetto vero e proprio, ma ci ricordiamo come fare ad ottenerlo.

Nel mio piccolo, avevo notato questo tipo di predisposizione su me stessa. Non mi ricordo molto i valori specifici o spesso mi dimentico dei concetti relativi alle mie ricerche. Ci metto però pochi secondi a trovare quello che cerco su google o, ancora meglio, su google scholar. Ho anche notato che faccio molto prima a trovare concetti riguardanti un argomento che conosco (per esempio i neutrini :-) ) rispetto ad argomenti con cui ho meno dimestichezza. Questo perché le parole chiave che uso sono molto più azzeccate e meglio mirate, quindi la ricerca è più efficace e veloce. Non credo ci sia quindi grossa ragione di disperarsi, il nostro modo di pensare è diverso dal passato, e lo sarà sempre di più, ma non credo che questo voglia dire sia peggiore.

Probabilmente anche nelle scuole dovrenno prima o poi adeguarsi a questa differenza, e sostituire parte del classico nozionismo con un metodo di insegnamento più dinamico… Voi cosa ne pensate?

34 Commenti »

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  • # 1
    windswalker
     scrive: 

    Il problema è che se tutti siamo (me compreso, ahimè) sempre più abituati a cercare le risposte, chi rimane a darle?

  • # 2
    KONEY
     scrive: 

    Quando ero alle medie (1989) avevo seguito un korso di memorizzazione in kui mi insegnavano a rikordare le kose tramite dei koncetti piu’ facili da rikordare e tuttora senza farci sempre troppo kaso uso mentalmente quelle procedure.

    Quindi, niente di nuovo direi…

  • # 3
    [D]
     scrive: 

    “in kui mi insegnavano a rikordare le kose tramite dei koncetti piu’ facili da rikordare”

    E’ per questo che sei riuscito a sparare 7 errori di ortografia in 4 righe ? Tra le varie “tecniche” c’era anche quella di portare sulla stesso piano la C e la K ?

  • # 4
    [D]
     scrive: 

    “sulla stesso ”

    ok pardon, dito a banana sulla tastiera :P

  • # 5
    Eddie
     scrive: 

    Anche io come te ricordo numeri di telefono che non uso da anni e anni (e memorizzati prima dell’arrivo delle rubriche dei cellulari), però di tutto quello che è il mio ambito di lavoro ricordo poco, non ricordo grafici e funzioni a memoria, come invece fanno alcuni colleghi più anziani; tuttavia so benissimo dove questi grafici e queste funzioni possono essere trovati, e non solo su quale testo, ma anche in quale parte del testo, e parlo di libri fisici. Se invece devo cercare qualcosa che magari non ho sottomano e devo utilizzare internet, anche li ho avuto la tua stessa esperienza, la settimana scorsa dovevo cercare in internet un particolare grafico riguardante un argomento non di mia stretta competenza, ci ho messo quasi il doppio del tempo rispetto a quello che ci metto quando cerco qualcosa su cui sono più ferrato.
    In definitiva mi trovo pienamente d’accordo con te, a modificarsi non è stata la nostra capacità di ricordare, ma il modo con cui lo facciamo, visto che al giorno d’oggi abbiamo a disposizione supporti di memorizzazione molto più efficienti di quelli che avevamo anche solo dieci anni fa, riteniamo inconsciamente inutile ricordare a memoria un particolare che sappiamo essere raggiungibile tramite una ricerca su internet.

  • # 6
    Kod
     scrive: 

    Personalmente non ricordo niente ma so dove cercare tutto. Non conoscevo questo articolo di Science ma mi sorprende davvero molto poco avendo provato (e compreso) il fenomeno su me stesso già da tempo.

    Uso il computer da fin troppi anni, da quando ho 12 anni (17 anni d’uso), e il confronto con miei colleghi meno informatizzati (benchè utilizzatori quotidiani di pc) mi ha sempre dimostrato come le mie carenze di capacità mnemoniche fossero mastodontiche, come la mia mente si rifiuti di memorizzare concetti nuovi rintracciabili sul calcolatore in tempi molto brevi perchè lo vivo come uno sforzo inutile.

    Questo è un problema nel risolvere problemi semplici, per cui la “ram” mentale si dimostra più efficiente della “memoria di massa” virtuale, ma mi permette di risolvere problemi complessi molto più velocemente perchè la ricerca su internet (o nei libri) è meglio “indicizzata”.

    Quindi è un male o un bene? Diciamo che sono felice di lavorare con persone con capacità diverse dalle mie e che un omogeneizzazione del funzionamento della memoria possa essere una gran perdita forse non paragonabile all’acquisto della capacità di ricerca.

    P.S.: dimenticare il pin del bancomat usato quotidianamente senza aver superato i 30 anni vi assicuro che è inquietante… :)

  • # 7
    Tarrion
     scrive: 

    La cosa più stupefacente è che i risultati di una ricerca del genere su un campione di 46 studenti facciano il giro della rete.
    In fondo se l’uomo ha archiviato dati e costruito elenchi dall’inizio della storia è proprio per doversi ricordare solo dove sono stati messi, non vedo la novità: stiamo solo cambiando i nomi alle cose e velocizzando il procedimento di recupero.

  • # 8
    Eleonora Presani (Autore del post)
     scrive: 

    C’è però chi la pensa diversamente:
    http://www.roughtype.com/archives/2011/07/minds_like_siev.php
    Secondo Nicholas Carr dire che semplicemente ci affidiamo a un servizio di storage di memoria esterno non liquida il problema. Secondo lui la memoria umana non è solo memoria di massa, ma i concetti che tratteniamo nella mente servono da mattoni per collegamenti e associazioni, per cui se vengono a mancare questi concetti, l’intero sistema di “intelligenza” viene a mancare….
    Solo per mostrarvi un altro punto di vista :P

  • # 9
    arkanoid
     scrive: 

    google si associa lentamente al colore con cui lo si scrive per una ragione molto più banale di quella fornita in questo studio: normalmente la parola google è scritta in multicolore e nella nostra mente è memorizzata così

  • # 10
    Kod
     scrive: 

    Eleonora, e da quando è vietato fare collegamenti tra indici? :)

  • # 11
    Eleonora Presani (Autore del post)
     scrive: 

    @arkanoid
    Giusto, mi sembra un’ottima osservazione! Non ci avevo pensato,ma in effetti è ovvio!

    @kod
    Chiediglielo a nicholas carr! :P

  • # 12
    Pollo Scatenato
     scrive: 

    “E non ritengono che sia lecito affidare quella disciplina alla scrittura, mentre usano l’alfabeto greco nelle altre cose, nei conti pubblici e privati. Mi sembra che abbiano creato ciò per due motivi: perché non vogliono che quella dottrina venga diffusa tra il volgo né che quelli che la imparano, esercitino di meno la memoria confidando nella scrittura: visto che accade quasi alla maggior parte, che con l’aiuto della scrittura trascuri la diligenza nell’apprendere e la memoria”.
    Non mi sembra che nonostante l’onorevole parere dei druidi qui riportato da Cesare oltre 2000 anni fa la scrittura abbia atrofizzato le nostre doti di memoria, anzi, ci ha spinto a sviluppare un corpus di nozioni che nessuna cultura orale ha mai sognato di possedere… corpus su cui ormai forse sarebbe necessario usare pervasivamente più efficienti tecniche di ricerca e indicizzazione, come il web ha dimostrato necessario alla fruibilità di una pur parziale e limitata versione di quel corpus.
    Analogamente la calcolatrice non ci ha reso incapaci di contare, il compasso di disegnale e così via: gli strumenti mentali, così come per gli quelli manuali, una marginale perdita di allenamento ci ha aperto orizzonti prima impensabili.
    Non rimpiango di non essere più capace di marciare come un uomo della preistoria, perchè ogni giorno faccio più km che molti di loro nell’intera vita.
    E non rimpiango affatto pomeriggi sprecati a cercare una citazione in una biblioteca polverosa, anzichè impiegarci 3 secondi con Google e avere il tempo rimanente per attività celebrali di qualità anzichè di routine.

  • # 13
    KONEY
     scrive: 

    no, quello e’ perke’ skrivo in fretta e ho le banane sulle dita, kome te. Solo ke io mi firmo :)

  • # 14
    Alessio Di Domizio
     scrive: 

    L’argomento m’interessa molto e presto scriverò alcune mie considerazioni. Personalmente non vedo di buon grado questa evoluzione perché colloca la massa di cose da ricordare al di fuori della scatola cranica, il che finisce per rendere la stessa semplicemente il luogo in cui l’informazione si processa.
    Posti al di fuori del cranio, i dati diventano più facilmente manipolabili – assieme ai percorsi e le modalità di accesso agli stessi, affidati a logiche inaccessibili.

    Il rischio che si profila è che dunque questa centralizzazione dell’informazione ci renda tutti più manipolabili, altro che liberazione dalle logiche del broadcast, dai gatekeeper culturali, dall’informazione push e via discorrendo…

  • # 15
    Unrealizer
     scrive: 

    Koney, anche io scrivo in fretta, magari anche più di te, ed anche io ho le dita a banana, ma non scrivo male come te. Riflettici un po’ su.

    Tornando all’argomento, è una cosa che ho notato anche io da tempo, infatti mi trovo spesso ad usare lo smartphone per cercare informazioni su qualcosa o su come fare qualcosa.

  • # 16
    Eleonora Presani (Autore del post)
     scrive: 

    Alessio,
    hai ragione, però chi ti assicura che non ci possa essere manipolazione nelle informazioni dentro il cranio? Forse questa è solo una falsa sicurezza, e avere tante informazioni a disposizione fuori dalla nostra testa, ma mantenendo spirito critico e intelligenza, è invece un metodo più sicuro per mantenere il controllo di quello che sappiamo, o delle informazioni che accettiamo come vere….

  • # 17
    Alessio Di Domizio
     scrive: 

    @ Eleonora
    Non me l’assicura nessuno, ma capisci che il processo di manipolazione dei dati fuori dentro il nostro cervello è molto più mediato che la manipolazione di dati – o anche solo delle modalità di accesso – centralizzati e visualizzati attraverso un’unica interfaccia, il motore di ricerca.

    Ci siamo illusi che la diversificazione delle fonti bastasse di per sé a costruirsi un’opinione solida. Scopriamo negli ultimi anni che la verità non rappresenta la media di cento balle o mezze verità. Mentre veniamo invasi quotidianamente da un oceano di informazioni il rapporto segnale/rumore si azzera.

    Immagina un futuro – non troppo lontano oramai – in cui google è interfacciato direttamente al cervello: sapremo senza sapere di sapere, ma soprattutto sapremo senza conoscere. Perché la conoscenza è un processo organico, analogico, lento, che richiede memoria e sviluppa intuito. D’altronde ad elaborare dati le macchine saranno sempre più veloci di noi.

  • # 18
    BrunoB
     scrive: 

    Anzitutto complimenti per il post, estremamente informativo e documentato.

    Personalmente tendo a non essere spaventato dalla dipendenza da una memoria esterna, perché alla fine l’intelligenza non sta tanto nell’accumulo di nozioni, ma nel sapere di quali nozioni servirsi.

    Certo c’è sicuramente il rischio che essendo su un supporto esterno e volatile come internet, le nozioni possano essere manipolate, ma del resto attualmente non è già così?

    In fondo la situazione – ora – è comunque migliore di quanto non fosse quando non c’era internet. Il controllo delle masse è rimasto sicuramente, e anzi si è fatto pure più forte sotto certi aspetti, ma d’altro canto finché internet non sarà blindata (speriamo mai) avremo comunque un’infinità di alternative – e reperibili molto più facilmente che in passato.

    Certo, se uno si aspetta di trovare la verità nella prima pagina dei risultati, internet ha fallito, ma sicuramente è più semplice scartabellarsi siti e forum sepolti nei risultati di ricerca, che non sfogliarsi tonnellate di libri, riviste e quant’altro…

  • # 19
    Luca
     scrive: 

    Non posso che essere concorde con Pollo Scatenato e mi permetto di aggiungere che imho questi cambiamenti nei meccanismi mentali, nel bene o nel male non sono che il prodotto di quella tendenza innata che abbiamo di semplificare i problemi: perché continuare a saper usare il pallottoliere quando abbiamo i computer o memorizzare decine di numeri telefonici quando ci sono le rubriche?
    Nei milioni di anni evidentemente questa caratteristica di auto/riprogrammazione del nostro cervello, utile ad ottenere il massimo con il minimo sforzo, trasmessa da migliaia di generazioni di antenati, filtrata dall’evoluzione, ci ha prmesso di arrivare dove siamo ora; è una delle caratteristiche salienti di noi Homo Sapiens.

    […]Immagina un futuro – non troppo lontano oramai – in cui google è interfacciato direttamente al cervello: sapremo senza sapere di sapere, ma soprattutto sapremo senza conoscere. Perché la conoscenza è un processo organico, analogico, lento, che richiede memoria e sviluppa intuito. D’altronde ad elaborare dati le macchine saranno sempre più veloci di noi.[…]

    Purtroppo qui la mia immaginazione è carente, ma ricordo bene come era il recupero di informazioni o nozioni PRIMA di Google!!

  • # 20
    Shady 91'
     scrive: 

    una piccola analogia:

    oggi non sappiamo pulire il pesce. Ma sappiamo che se andiamo al super mercato prendiamo quello congelato e lo cuciniamo.

    il pesce lo mangiamo cmq

    è ovvio che uno chef ci riderà (così come un intellettuale visto che chi riveste questo ruolo ha indubbiamente molto sviluppato sia logica che memoria)

    non è una cosa bella. Dovremmo cambiare i test che si fanno a tutti i livelli (elementari, media e superiori)

    non è più importante sapere la cosa: è importante saperla usare e sapere che esiste

  • # 21
    Marco
     scrive: 

    Ora che l’accesso alle informazioni è così facilitato è molto più comodo\utile ricordarsi dove sono le nozioni che ci servono in un dato momento e le interconnessioni possibili piuttosto che l’informazione stessa.
    Inoltre oramai le conoscenze necessarie ad ognuno di noi sono enormemente maggiori ed evolvono con molta più rapidità rispetto al passato, tanto che è inutile perdere tempo a memorizzarle.
    per farvi un esempio finita l’uni mi sono quasi dimenticato tutte le formule che avevo studiato, anche quelle piu importanti, ma ricordo esattamente in quale libro o dove nei miei appunti posso andare a trovarle . secondo me così è molto meglio..
    c’è il limite che senza il “supporto” nn ricordo un tubo :P
    diciamo che e come se evolvessimo dai vecchi registri cartacei ad una specie di database relazionale.
    La ricerca di fonti di informazioni attendibili è i nuovo problema che dovremo affrontare, e spesso senza l’aiuto di nessuno vista l’immediatezza dei nuovi media.
    byez

  • # 22
    Antonio Barba
     scrive: 

    @Marco: sinceramente se dovessi assumere un programmatore che spulcia continuamente gli appunti dell’università lo prenderei a calci :D penso che faresti lo stesso anche tu!

    Va bene non ricordarsi i dettagli, ma la struttura deve esserci e i dettagli si devono saper ricavare ripercorrendo i ragionamenti e le dimostrazioni, al netto degli appunti! :-p

    Tuttavia mi piace moltissimo l’analogia fatta da Shady 91 al commento #20.

    Nell’epoca dei cibi precotti, io mi tormento come un matto per cercare di tramandare la tradizione culinaria di mammà anche a casa mia, e allo stesso modo cerco di spronare i miei colleghi a staccarsi il neurone da wikipedia/google, e studiarsi qualche caro vecchio libro stampato sui resti di alberi morti, che non può che far bene alle nostre connessioni dendritiche :D

  • # 23
    Cesare Di Mauro
     scrive: 

    Ma non puoi ricordare tutto, purtroppo.

    Ad esempio ieri mi hanno spostato da Android a Windows Phone 7, dopo un mese che non toccavo quest’ultimo e il progetto a cui stavo lavorando, e già avevo difficoltà a ricordare alcune cose della piattaforma e dello stesso progetto. Fortunatamente quel che mi è servito sapevo dove andare a trovarlo, perché avevo letto un buon libro, e mi sto rivedendo alcune cose che mi servono (e non avevo ancora usato finora).

    Non so se è un bene o un male, ma la memoria seleziona le informazioni e si specializza. Fino alle superiori praticamente non studiavo, perché avevo sviluppato un’eccellente memoria e mi bastava ascoltare le spiegazioni degli insegnanti per memorizzare (e ripassare la mattina quando pensavo d’esser interrogato), con ottimi risultati (pur passando quasi tutto il tempo a giocare coi miei amici o ai videogiochi o a smanettare al computer quando ne ho avuto uno :D).

    Col tempo ho perso questa flessibilità, perché ho dovuto far molto più spazio a logica e ragionamenti, che m’erano richiesti dalle nuove sfide che mi si poneva di fronte. Infatti da parecchi anni ormai ho una scarsa memoria (e faccio dannare mia moglie per questo :D).

    Nonostante questo quadro desolante, quando ho ricominciato a studiare per prendere quella benedetta laurea che mi mancava, dopo più di 5 anni che non toccavo un libro, ho ricominciato un po’ alla volta a fare spazio e memorizzare nozioni tornando infine come ai vecchi tempi. L’ultima materia l’ho letteralmente divorata, tanto è stato facile digerirmi le nozioni e memorizzarle.

    Adesso, a 7 anni di distanza, praticamente non ricordo più niente, ma so dove andare a recuperare quelle informazioni e so che se riprendessi quei libri e quegli appunti e me li spulciassi non impiegherei molto a capire cosa dicono e a usarli per quello che mi dovessero servire.

    Insomma, per fortuna che l’evoluzione ci ha messo a disposizione questa stupenda macchina che è il nostro cervello. :)

  • # 24
    Eleonora Presani (Autore del post)
     scrive: 

    Tra l’altro chedo che la “memoria collettiva” esista anche a prescindere da internet. Quando cominciamo a studiare diamo per scontate un sacco di cose che sapevano quelli prima di noi… se no ciascuno di noi dovrebbe reinventare la ruota. Poi, come tutto, ci deve essere un limite, non si può svuotarsi la testa e sperare che internet faccia le cose per noi, ma il facile accesso alla rete ci permette di cambiare approccio all’apprendimento…

  • # 25
    ares17
     scrive: 

    Quel test sbaglio o ha solo cercato i tempi di risposta?
    In quello studio si tende, credo, più a mettere in luce i diversi “algoritmi” di ricerca usati dal cervello piuttosto che la capacità propria di immagazzinare informazioni.
    Dal mio punto di vista anch’io “soffro” dello stesso proplema quando mi confronto con miei pari grado (culturale, formazione, ed istruzione).
    Ma quello che mi sorprende è come io abbia una conoscenza molto più vasta, anche se più lenta nel dare risposte, rispetto a molti amici che usano poco la ricerca on-line.
    Credo semplicemente allora che chi utilizza il computer immaganizzi nella memoria superficiale gli indici del proprio modus di ricerca,in questo caso il computer, e in assenza di questo si fa una ricerca nella memoria profonda (che senza un indice deve essere ricercata per volumi).

  • # 26
    Malkavo
     scrive: 

    penso sia interessante la possibilità di avere online una “memoria espansa” che ti permette di ricordare solo il concetto di base e di ricercare i dettagli quando ne hai bisogno. tuttavia la cosa può essere utile appunto per RIcercare non per cercare. COme voi uso spesso internet per ricercare dettagli, ma cerco in genere argomenti i cui concetti ho imparato nei modi canonici. in questo caso l’estrapolazione da internet dei contenuti potrebbe essere paragonabile a quella che avviene normalmente nel cervello, è solo una riscoperta. un adulto può essere in grado di cercare anche un argomento sconosciuto perchè può leggere i contenuti trovati con spirito critico (vedi rapporto segnale rumore citato prima), almeno per la maggior parte degli adulti. Purtroppo però gli studenti di oggi utilizzano internet per cercare non solo dettagli, ma anche concetti dei quali sono completametne all’oscuro e questo può essere deleterio. Internet offre concetti già rielaborati e gli studenti non devono fare nessuno sforzo e nessuna rielaborazione dei contenuti per averli o per decidere se sono giusti o sbagliati, lo hanno fatto altri per loro, ma siamo sicuri che in questo modo siano in grado di farli propri? penso che un concetto si impari solo dopo averci sudato sopra un bel pò, se lo trovo già pronto c’è il rischio che mi scivoli via. La scuola si deve per forza adattare a questo nuovo processo menomonico, oggi come oggi far fare una ricerca ai propri studenti è come chiedergli di andare su wiki e fare copia e incolla, ma fare il copia e incolla su un documento non equivale a fare copia e incolla sulla nostra reale conoscenza.

  • # 27
    Shady 91'
     scrive: 

    un altra analogia:

    le tradizioni un tempo si tramandavano per via orale, oggi si cercano sui libri. I nostri antenati di sicuro non vedevano (o meglio non capivano) di buon occhio la trasformazione che stava avvenendo perchè erano convinti che così veniva a mancare qualcosa che loro consideravano intimamente umano.

    Uno dei principali motivi dello sviluppo è proprio da rintracciarsi nella disponibilità di materiale fisico su cui appuntare tutto ciò che si sa. Se l hanno scoperto altri perchè dobbiamo perdere tempo a riscoprire? passiamo al next.

    Così oggi non capiamo la bontà dell’immenso libro INTERNET al cui indice si trova Google: in fin dei conti a noi non interessa come cerchiamo l importante è trovare ciò che ci serve nel minor tempo possibile e non è mica colpa nostra se il linguaggio del pc è più ordinato e pulito.

  • # 28
    banryu
     scrive: 

    @Shady 91′: è chiaro che più diventa “liquido” il supporto per le informazioni più diventa facile diffonderle. Ma anche produrle e consumarle. Sicuramente la quantità e volatilità delle stesse aumenta, ma la qualità?

    Il rapporto tra informazione/rumore di fondo aumenta a discapito della qualità intrinseca (valutabile con quali criteri?) dell’informazione stessa.

    Lo sforzo del fruitore di questa massa di informazioni economicamente ed efficientemente reperibili è dapprima spostato sulle tecniche e i modi per distinguere e reperire le informazioni che il fruitore ritiene utili rispetto a tutta la massa potenzialmente raggiungibile.

    Credo quindi che l’ATTENZIONE del fruitore sia focalizzata, più che in passato, su [dove/come] si trova/distingue l’informazione utile, prima che sul [contenuto] dell’informazione stessa.

    Che poi, un’informazione diventa conoscenza solo se (come già detto da qualcuno) viene assimilata, analizzata, utilizzata, criticata e fatta propria tramite l’esperienza personale (quel processo organico, lento, analogico ecc…), e questo processo chiaramente non sta al passo con la velocità di fruizione dei contenuti del web.
    Rispetto alla massa di informazioni divorate da un individuo
    non mi stupisco quindi che solo una piccola percentuale vengano memorizzate effettivamente (in livelli della memoria a maggiore persistenza e di più rapido accesso) a favore piuttosto del dove e come trovare quello che mi serve.

  • # 29
    ares17
     scrive: 

    @banryu
    Attenzione che la memoria a maggior persistenza non è quella superficiale (inerente alla posizione relativa alla corteccia cerebrale), che è si a più rapido accesso, ma meno persistente (è il continuo riutilizzo di quella porzione di memoria che che ce la fa sembrare persistente).
    Quella più persistente è in profondità (alcune volte difficilissima da richiamare poichè “dimentichiamo” addirittura di averla) e spesso ci si arriva solo grazie a ricerche mirate ed indotte (tipo l’ipnosi che fa riaffiorare memorie delle quali non sappiamo consciamente nemmeno l’esistenza).
    Qualcuno si è lamentato che a 30 anni si possa dimenticare il pin del bancomat usato quotidianamente, vero e falso allo stesso tempo, possiamo dimenticare il pin (meglio dire avere dubbi sullo stesso) se non usato per 10-20 giorni, poiche viene spostato nella parte intermedia della memoria, ma sicuramente ancora presente in memoria.
    Consiglio a chi ha questo problema di non cercare la memoria del numero in se, quanto piuttosto la sequenza di movimento del dito sulla tastiera (la memoria visiva è più persistente ed occupa una porzione diversa nela cervello rispetto alla memoria concettuale o astratta).

  • # 30
    banryu
     scrive: 

    @ares17: sì, grazie della precisazione, ho fatto un po’ di confusione coi miei ricordi su quanto letto sul funzionamento della memoria.

    Comunque per quanto riguarda il tuo esempio del cercare di ricordarsi il pin su cui si hanno dei dubbi, qui:
    “””
    Consiglio a chi ha questo problema di non cercare la memoria del numero in se, quanto piuttosto la sequenza di movimento del dito sulla tastiera (la memoria visiva è più persistente ed occupa una porzione diversa nela cervello rispetto alla memoria concettuale o astratta).
    “””
    tentare di ricordare il movimento del dito dovrebbe, se non erro, a vere a che fare con la “memoria corporea” (non conosco l’eventuale termine canonico, dove ho fatto danza si usava questo non con quella visiva (almeno se il tentativo di ricordare è fatto proprio mimando il movimento del dito, non semplicemente immaginandolo).

  • # 31
    Kod
     scrive: 

    @ares17

    eccomi qui, sono quello che ha dimenticato il pin del bancomat. Non ricordo da quanto tempo non lo usassi (ovviamente :D ), ma sicuramente è come dici tu.
    Aggiungo che non ho mai ricordato il numero ma solo il gesto ed è quello che mi sono scordato.

  • # 32
    The3D
     scrive: 

    Io personalmente sono molto + preoccupato per le associazioni assurde che si creano a volte su internet. Esempio pochi minuti fa (quando mi sono reso conto di quello che stavo facendo e come ci ero arrivato mi sono detto: questo DEVO scriverlo nei commenti all’articolo su AD): Ero sul forum di hwupgrade a discutere in un thread sulle CPU, ho visto nella firma di un utente un link alla definizione di bimbomi*k*a su nonciclopedia, l’ho seguito, e da li ho iniziato a seguire altri link finche’ mi sono ritrovato a guardare su youtube un video di caramelldansen (che non sapevo cosa fosse finche’ non l’ho guardato, consiglio: NON guardatelo :D) che ha cancellato praticamente quanto di buono avevo fatto nelle ultime 2 ore :D Credo che questo sia molto + distruttivo di una ricerca su google…e la cosa preoccupante é che mi capita spesso. Sono io che non sono normale?

  • # 33
    Moralizzatore
     scrive: 

    “KONEY scrive:

    Quando ero alle medie (1989) avevo seguito un korso di memorizzazione in kui mi insegnavano a rikordare le kose tramite dei koncetti piu’ facili da rikordare e tuttora senza farci sempre troppo kaso uso mentalmente quelle procedure.

    Quindi, niente di nuovo direi…”

    Negli sms risparmi spazio e scrivi più velocemente,qui invece che risparmi uccidendo la povera lettera c?
    kaso=4 caso=4 ad esempio.Ho distolto la mia attenzione da ciò che scrivi a causa di sto modo XcXeXnXsXuXrXeXdX di scrivere.

    qnd skivi,skivi bn xkè nn ti si può capire e leggre.

  • # 34
    Don-Kolo
     scrive: 

    Caro Moralizzatore, hai perfettamente ragione sul modo di scrivere di Koney. Seppur leggendo una frase scritta in quel modo, verrebbe vocalizzata in egual modo alla sua stessa versione scritta in maniera corretta, questa distoglie completamente l’attenzione dal suo contenuto… Quasi quasi ci scrivo un’articolo e lo pubblico su Science :-P

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