Crazy Taxi: la folle perla Dreamcast ritorna tra noi

Dopo un tuffo nel passato glorioso degli anni ’70 e scandito con le parole Atari e Pong, questa settimana facciamo un balzo in avanti di diversi decenni.

E per la prima volta su questa rubrica da quando è nata parliamo di Dreamcast, una delle console più affascinanti e forse che hanno lasciato un vuoto difficilmente colmabile nel cuore degli appassionati di retrogaming.
Non ne parleremo compiutamente in questa sede, riservandoci di recuperare l’argomento quando avremo finito di tratteggiare con più dettagli le generazioni precedenti.

Quindi a che pro menzionarla ora? Per due motivi. Il primo, a voi familiare, è la continua ricerca nello spiazzare il lettore. Giustamente magari ci si poteva aspettare una diretta continuazione di quel che era stato abbozzato con lo scorso articolo e invece no, saltiamo di palo in frasca.
Il puzzle verrà pian piano ricomposto ma tutto a suo tempo.
La seconda ragione è stata la conferma, in questi giorni, di quel che si rumoreggiava da qualche mese: alcuni dei titoli di maggior successo della console SEGA torneranno disponibili sui canali d’intrattenimento online “next-gen”.

Al momento l’accordo pare siglato con Microsoft e Sony i quali pubblicheranno i contenuti rispettivamente su Xbox Live Arcade e PSN Store.
Entrando nel merito due titoli in particolare solleticano le fantasie dei giocatori, Sonic Adventure ed appunto Crazy Taxi.
Entrambi non solo si trovano al vertice di una ipotetica classifica qualitativa della soft-teca Dreamcast (e considerati gli ottimi giochi sfornati già dovrebbe farvi drizzare le antenne) ma si trovano anche nella top 10 dei best-seller all-time sempre per la medesima console, avendo superato il milione di copie vendute ciascuno, più di quel che fece un certo Shenmue.

Oggi ci sarà spazio soltanto per uno di loro e considerato che la storia di Sonic merita di essere raccontata dall’inizio, Crazi Taxi sarà il nostro protagonista.
Partiamo dunque.

La storia di SEGA ed il successo della casa nipponica è radicato, prima ancora che nella memoria dei salotti di tutto il mondo, nelle sale giochi.
Le sale giochi sono state infatti il primo termometro di gradimento di buona parte dei capolavori, dapprima commercializzati all’interno dei coin-op e poi porting in cartuccia sui vari Master System, Mega Drive e chi più ne ha più ne metta.
Ma nessuna macchina ha avuto l’animo arcade come il Dreamcast e questo per un motivo molto semplice: dal punto di vista progettuale condivideva quasi interamente le caratteristiche tecniche di NAOMI, la piattaforma di punta di fine anni ’90 sui cabinati SEGA.
Capite bene dunque come il passaggio dal questo mercato a quello casalingo fosse quasi automatico.

Crazy Taxi in qualche modo si riallaccia al filone automobilistico che tanto lustro ha dato al marchio giapponese (basti pensare ad OutRun, Virtua Racing, Daytona) ma lo fa reinventando il genere, ribaltando quasi completamente le concezioni classiche cui siamo stati abituati.
Gli indizi per capire meglio fino a che livello il devteam si sia spinto sono evidenti già nel nome che è stato scelto per questo gioco.
Le due parole indicano bene quel che attende l’utente al varco: crazy e taxi.
La pazzia si lega indissolubilmente alla tipologia di macchina. Immaginate infatti di dover scarrozzare dei clienti su e giù per la città, senza soluzione di continuità, senza aiuti tecnologici (scordatevi il GPS che vi avvisa sulle condizioni di traffico) e con vari goal da raggiungere.

Ovviamente è un’estremizzazione del mestiere di tassista, siamo in fondo sempre all’interno di un gioco, ma così Hitmaker (la software house cui va il merito della realizzazione) l’ha voluto e pensato ed è stata, a conti fatti, la scelta vincente.
Non ci è dato sapere se l’ispirazione ultima sia venuta dalla pellicola diretta da Gerard Pires ma sceneggiata e voluta da quel genio di Luc Besson (Leon, il Quinto Elemento…che ve lo dico a fare?). Certo però le similitudini con il francese Taxxi, sono tante, a cominciare dall’ uscita, datata 1998, un anno e mezzo prima della commercializzazione del videogioco.

Follia dunque è il tema conduttore o meglio ancora la frenesia che pervade l’utente al posto di controllo. Brandon Justice, columnist di IGN, ha descritto bene questa sensazione con l’incipit al suo pezzo:

Most people will say that gaming isn’t exactly a contact sport, but I can tell you from experience that, if you get too carried away, your body will pay the price.”

Crazy Taxi è decisamente una di quelle esperienze. Raramente si è visto un gioco, single player tra l’altro, che mette così tanta (buona) tensione e sforzo fisico nel superare gli ostacoli.
In buona sostanza infatti si tratta di uno score-attack, con determinate situazioni in grado di portarvi più punti.
Due sono i livelli di difficoltà da poter selezionare e da dover sempre tenere d’occhio: il traffico ed il tempo.
Più rapidamente portate a vostra destinazione i passeggeri, i quali spaziano di tipologia e possono commentare in modo differente il vostro atteggiamento alla guida, maggiore sarà il punteggio che otterrete.
Sic et simpliciter.  Sì ma non così in fretta. Le insidie della città sono travestite da pedoni, macchine che tenteranno di rallentare la vostra corsa, provocheranno incidenti che magari vi metteranno sulla direzione sbagliata.
Oltre alla tariffa base ed ad all’extra ottenuto a seconda del tempo che avrete lasciato sul cronometro, ci sono ulteriori bonus ottenibili con manovre spericolate (in stile Need for Speed o Project Gotham Racing, derivato da un altro titolo Dreamcast cioè Metropolis Street Racer) come derapate o salti che il vostro fido manuale chiama, manco a dirlo, “crazy”. Se poi siete talmente bravi da eseguirle in combo allora aspettatevi ulteriori premi.

Lo scenario è un percorso della costa californiana identificabile secondo molti con la città di San Francisco.
Prima di cominciare a giocare avete il compito di selezionare un autista tra i quattro disponibili e che in qualche modo pensiate possa riflettere il vostro stile di guida, a cominciare dal giovane e bilanciato Axel, passando per l’attraente Gena (donne al volante…e poi ricordate Geena Davis in Thelma&Louise vero?), al simpatico afroamericano Joe e finendo con il playboy anche se un po’ attempato Gus.

Un’ulteriore spinta al già notevole livello di longevità è dato dai minigame presenti proprio nella versione console, pubblicata il 24 gennaio 2000 per il Dreamcast in versione NTSC-J.
Non solo la tipologia di gioco è folle ma anche gli aspetti tecnici. Graficamente parlando e considerato che stiamo parlando di due lustri fa, il gioco è ancora oggi apprezzabile. Assolutamente fluido con un framerate a 60fps tiene sotto scacco i vostri sensi e la musica aggressiva degli Offspring e  dei Bad Religion tutto vi concede tranne che veder scemare la tensione.

IGN ai tempi assegnò uno strabiliante 9.6 su 10 mentre GameSpot un più “moderato” 8.7.
Beh? Siete ancora qui? Dai su fiondatevi a provare Crazy Taxi e non ve ne pentirete.

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