Chris Anderson, l’inventore della teoria della coda lunga, ha da poco scritto un nuovo pezzo in cui profetizza che tra qualche anno tutto sarà gratis: partendo da una riflessione sulle lamette da barba egli si produce in un lucido ragionamento sul perché e il percome del futuro a costo 0. Per i dettagli vi consiglio sicuramente la lettura dell’articolo originale, io volevo soffermarmi sulle ragioni del cambiamento:
Che sia la legge di Moore o il decadimento del costo di storage e banda, è abbastanza marginale come punto di partenza: in un mercato sano l’innovazione tecnologica porta quasi sempre a una discesa dei prezzi con il fiorire di nuovi e più performanti modelli.
Nel mercato digitale poi vi è da fare un ragionamento sulla facilità di copia dei contenuti; tralasciando un momento la pirateria per scopi lucrativi, l’industria dei contenuti sta da tempo affrontando la questione dei diritti d’autore, del coppyright e della progressiva scomparsa del supporto fisico (in ultimo stanno arrivando gli ebook), con risultati alterni ma sostanzialmente monodirezionali: un annuncio qua, un maxiprocesso là, una sentenza a favore della copia personale. Una maximulta, un accordo con i provider, i provider si defilano per non fare i poliziotti.
Ogni tanto qualcuno capitola (il New York times che diventa gratuito, Itunes che vende musica senza DRM), e qualcuno prova ad assestare un colpo tentando una via nuova: prima i Radiohead che fanno scegliere all’utente quanto pagare, poi i Nine Inch Nails che regalano i cd via bittorrent.
In questo caso sono gli intermediari, o meglio coloro che stanno a metà strada tra la grande società e il pubblico a decidere cosa e come farlo. Ma esiste una nuova via che ci avvicina prepotentemente al futuro di Chris Anderson: la rivolta degli utenti; più o meno tutti conosciamo Scarabeo, il gioco da tavolo con le lettere e il tabellone in cui bisogna comporre parole di senso compiuto per accumulare punti. Sebbene ne esistano varie versioni giocabili al computer e online, due ragazzi indiani ne hanno creato una appositamente per Facebook, uno dei social network più grandi del mondo.
Questa Facebook application è stata scaricata migliaia di volte, diventando in breve tempo un classico, così come il suo omonimo solido offline. I due autori inoltre gestiscono un sito di Scarabeo non autorizzato, che oggi produce circa 25 mila dollari al mese da advertising, ed è recentemente finito nel mirino di Hasbro e Mattel.
I due detentori del marchio e distributori per il Nord America e resto del mondo sono infatti sul piede di guerra, così come le due società che avevano siglato accordi per creare versioni autorizzate del gioco su internet. Il primo problema che si presenta è ovviamente quello della reputazione: le società rischiano di fare la figura dei giganti cattivi che cercano di portare via le caramelle ai bambini, sebbene sia bene ricordare che proteggono una loro proprietà.
Ma all’utente medio poco importa chi sia a pestargli i piedi e perché: la percezione del “gratis è normale” è sempre più radicata nella psiche moderna. Il secondo problema sono le vendite: molti utenti ammettono di aver comprato il gioco in scatola solo dopo aver provato (ed essersi divertiti) con la versione online, ma nessuna delle due società pare in grado di quantificare questo vantaggio – ogni anno in America si vendono tra gli uno e i due milioni di scatole di Scarabeo.
Il terzo e più importante problema è la rapida diffusione che questa Facebook application ha avuto, tanto che molti esperti pensano che un’azione di forza contro il gioco online potrebbe portare a boicottaggi del business offline, specialmente negli USA, dove Internet è ben radicato e la sensibilizzazione viaggia alla velocità dei bit in rete. Come dice Matt Mason, un consulente indipendente per l’industria dell’intrattenimento “se una cosa là fuori va bene così com’è, l’industria dovrebbe adeguarsi”.
Come a dire “spiacente cari amici, la forza di Internet è arrivata anche qui”. E pensare che fino a qualche mese lo sviluppo di applicazioni per Facebook non era possibile…
Mah, se letto in chiave ironica, l’articolo americano assume un’altro senso:
La teoria del “tuttogratis” torna ciclicamente in auge ogni 20/30 anni, soprattutto in societa’ la cui economia e’ basata sui servizi piuttosto che sulle merci – percui, se riesco ad ottenere una suoneria gratis, poi mi aspetto che anche le zucchine siano gratis, e se lo sono le zucchine, perche’ non le automobili? acc, ma la macchina va a benzina … se non ho pagato per avere l’auto, perche’ dovrei pagare per farla camminare? musica gratis, cibo gratis, etc. etc. Molto hippy, ma dura poco – il tempo di finire le scorte di sapone.
Zio Paperone diceva “nipote, nemmeno il cane muove la coda gratis”. Sagge parole. Diffidate dalle cose “gratis”, “free”, se e’ gratis, vuole dire che l’avete gia’ pagato :D
Parlare dei diritti di copyright e’ una cosa sul quale le nazioni si scannano: io sono dell’idea che se gli artisti dovrebbero vivere della propria arte (cantare dal vivo, dipingere quadri, etc) … allo stesso modo non si puo’ campare su “un’idea per sempre”. La ditta che produce “scrabble” dovrebbe avere un tempo limitato per l’uso esclusivo del gioco, che so, 10 anni – dopo di cui l’uso dell’idea non puo’ piu’ essere ristretto all’inventore.
C’e’ un principio spesso sottaciuto, che dice che se ti viene un’idea, e’ perche’ la societa’ intorno a te te l’ha permesso – es: se nella tua zona non c’e’ la guerra, e sei libero di pensare a come fare un gioco da tavolo, lo devi anche a tutte le persone che ti circondano e a quelle che sono nate prima di te – indi, in qualche modo, fatto salvo il riconoscimento del tuo genio, quello che fai dopo un RAGIONEVOLE periodo di tempo deve tornare alla societa’; perche’ si possano produrre altre idee, e cosi’ via.
c’è una differenza: ogni 20/30 anni il progresso tecnologico permette cose nuove. Di solito più facili e a minor costo (ad esempio duplicare 100mila volte una canzone. prova a farlo con un mangiacassette :) )
Vorrei dire qualcosa su “gratis”, il gioco su Facebook non è gratis, se il sito incassa 25 mila dollari di pubblicità, vuol dire che c’è la pubblicità se vi si gioca.
Se in cambio di qualcosa mi viene chiesto di guardare o sopportare la pubblicità non è più gratis, gratis è solo ciò che viene ceduto in cambio di nulla.
Se c’è la pubblicità, se devo registrarmi con un indirizzo di posta, se devo dare i miei dati personali, se devo compilare un questionario, se devo cercare gli errori e correggerli, se devo studiare un manuale d’uso, se devo fare qualcosa io per beneficiare di quello che mi viene dato, quello non è gratis, in cambio devo dare delle cose mie: attenzione, notizie, capacità, tempo, pazienza…
E una transazione in natura invece che in denaro.
Al massimo si potrebbe dire: “senza soldi” ma non gratis.
Se si vedono le cose così si capisce che le teorie del “tutto gratis” potrebbero essere rigirate in chiave diversa: “in cambio di sempre maggiori vessazioni”. Ci piace di meno detto così!
l’articolo ovviamente non indica il gratis che intendi tu. Le lamette da barba sono gratis perché poi compri la schiuma. Ma ti servono entrambe. I cellulari sono gratis se fai l’abbonamento. Senza sarebbe un soprammobile.
wow era ora che facessero un gioco bello come lo scarabeo su facebook e per di più gratis