Dopo aver ripetutamente giustificato con l’argomentazione della tutela degli artisti, il proprio accanimento contro il P2P,
sembra oggi che le case discografiche non siano molto disposte a condividere coi loro “protetti” il frutto delle battaglie legali.
Così la Warner, la Universal e la EMI, dopo aver ottenuto da Napster, Kazaa e Bolt.com una somma pari a circa 400 milioni di dollari a titolo di compenso per mancato introito, si trovano oggi a fronteggiare le sempre più insistenti richieste degli artisti, che lamentano di non essere stati affatto coinvolti nella redistribuzione del maltolto.
Fra coloro che rivendicano la loro fetta di torta, troviamo grandi calibri del panorama musicale: gente che ha pagato anche con la propria immagine pubblica, la pervicacia con cui le case discografiche hanno usato le vie legali per preservare il proprio modello di business e i propri profitti.
Malgrado le pronte smentite della Warner, il dubbio sempre più pressante è che alla fine della fiera, le battaglie legali con cui le major hanno tentato di bloccare la rivoluzione digitale, siano costate molto più di ciò che hanno prodotto. Il che potrebbe davvero significare la fine di un’epoca.
Fonte: L’Inq
dov’è la novità? c’è qualcuno che crede a RIAA, Siae e compagnia bella?
Mi domando se la legge a questo punto possa punire LORO! In America, famosi per le class action, i cittadini non possono fare un’azione legale contro queste società?
Non c’era da aspettarsi già un comportamento di questo genere, conoscendo con chi abbiamo a che fare? Magari è la volta buona che almeno una parte di artisti mollano le major, cercando di pubblicare direttamente le proprie canzoni attraverso Internet, a prezzi ragionevoli.
Ma figuriamoci!!!! io ho un gruppo con cui ho fatto un album regolarmente registrato alla siae, già non guadagno nulla sulle vendite legali, figuriamoci dalle multe per pirateria!
il guaio è che credo sia obbligatorio mettere il bollino Siae nel momento in cui pubblichi qualcosa…
io ho realizzato un CD con dei testi per la rivista che seguo: all’interno c’era una musichetta realizzata da una persona iscritta alla Siae. per 10.000 CD distribuiti abbiamo dovuto pagare circa 2.000 euro (e non ci hanno dato i bollini perchè erano copie destinate alla libea distribuzione).
l’anno dopo ne abbiamo fatto un altro identico, ma con musichetta diversa fatta da uno non iscritto alla Siae, e abbiamo pagato circa 500 euro (si paga comunque)
temo che per qualsiasi cosa si faccia si debba pagare alla Siae!
che schifo!
Ma, risottolineo, dov’è la novità?
C’è ancora chi pensa che le major lavorano per gli artisti? Le case discografiche lavorano per loro stesse, gli artisti sono solo un mezzo per fare soldi, non un fine cultural-musicale da promuovere.
E scommetto che c’è ancora chi crede che la pirateria rubi soldi che andrebbero a promuovere i giovani artisti vero?
Ma facciamola finita, tutti. La realtà delle cose è che le major costano troppo… Troppo a noi quando compriano (o non compriamo) gli album, troppo agli artisti, troppo a tutti. E’ ora di cambiare e di mandare a casa questa gente!
Le case discografiche ormai sono un mostro che si alimenta a fatica … questo e’ il problema. Con gli attuali (e potenziali) sistemi di distribuzione, il una buona parte degli addetti e’ perfettamente inutile.
Quello che non capisco, e’ perche’ per altri settori produttivi il ricorso alla rilocazione, riconversione, mobilita’, e’ uno strumento percorribile, mentre per i mass media … no.
La produzione industriale ha dovuto accettare l’idea che il mercato non e’ infinito, e che la saturzione e’ possibile – i media pensano invece che potrebbero continuare a vendere all’infinito, e se calano i pezzi venduti basta aumentare il costo del singolo prodotto.
Se l’industria “degli oggetti reali” ragionasse cosi’, le utilitarie costerebbero 100.000€. Ma dato che c’e’ di mezzo l’arte, ogni oggetto e’ unico e irripetibile, e l’avidita’ umana crede che valga una somma infinita.
Io non ho grossi problemi di reddito, eppure, non compro piu’ CD da ANNI perche’ ritengo il loro costo assolutamente non linea con il loro valore: un film in DVD e un CD audio costano la stessa cifra. Follia. Vediamo quanto e’ costato produrre il film, e quanto produrre il disco, e facciamo le debite proporzioni. L’economia di scala dei costi di stampaggio e distribuzione (es: perche’ i cd in edicola sono cosi’ pochi?) fa si che ogni disco costi CENTESIMI alla azienda che lo produce.
Un CD audio non deve costare piu’ di 5€, data la sua effimera durata e il basso costo di produzione: se costa di piu’ … che se lo tengano! la musica la sento alla radio, e se non mi piace … cambio canale :P
Anche io non sono per niente stupito da questa notizia…
Ue guardate che devid baui l’aveva già previsto da tempo
i dischi diventeranno pubblicità per i live degli artisti
ormai le aziende non investono più in dischi
lo sanno gia tutti il disco non vende (hanno perfino ritirato i singol)
vende lo sciò e quello costa e anche tanto caro
tra qualche anno si vedranno solo major come sellaband.com
il resto dovrà mutare o verrà assimilato.
in italia la questione siae è un intorto torbido: non si puo distribuire un ciddì senza bollino perche viee considerato rubato appunto spesso viene piazzato sullapertura del disco così viene danneggiato una volta aperto->non lo si puo vendere->quindi non lo si puo acquistare usato->bisogna obbligatoriamente comprarlo nuovo
ma ci son tante gabole che ci girano intorno e sono da sbellicarsi dal ridere(o da mettersi le mani nei capelli)
[…] che tra l’altro, come abbiamo raccontato qualche tempo fa, agiscono seguendo logiche non necessariamente coerenti con gli interessi di chi i contenuti […]
[…] sistema che va ristrutturandosi attorno alla distribuzione online. Soggetti che tra l