Amiga 500, la workstation vestita da home computer

090217_amiga500A distanza di quasi due anni dal pezzo dedicato all’Amiga 1000, torniamo in casa Commodore per occuparci del modello che forse più di ogni altro è legato alla memoria dei tanti nostalgici dell'”informatica di una volta” a cui questa rubrica è dedicata.

Come spesso vi raccomando, sedetevi comodi, staccate il telefono e mettete a portata di mano tutto quel che potrebbe servirvi nei prossimi 10 minuti: una tazza di caffè, dei pop corn, un fazzoletto per asciugare una lacrima ad alto tenore di silicio. Stiamo per occuparci del glorioso Amiga 500, orgoglio di milioni di adolescenti degli anni ’80, fustigatore dei “professionali” PC e degli strafottenti ma sottopotenziati Mac, nonché castigatore dei rispettivi utenti. Il tutto, nelle modeste vesti all-in-one di un comune home computer.

Corre l’anno 1987, e l’incompetenza del management e del marketing Commodore ha già avuto ampio spazio per esprimersi. L’errore fondamentale dell’azienda, è uno dei più popolari, se non il più popolare, nello stupidario informatico: pensare che un prodotto tecnicamente superiore, si affermi da solo sul mercato.

Segno tangibile di questo atteggiamento lo troviamo nella comunicazione di prodotto. Una comunicazione basata su messaggi “alati”, su un tono troppo elevato per un newcomer che porta impresso il brand di un’azienda ancora sulla cresta dell’onda per il Commodore 64.

Una comunicazione che andava peraltro a invadere il terreno valoriale di Apple, ben più credibile competitore nel  mercato dei computer “seri” – rimasta anch’essa pressoché fuori dal mondo business.

Sempre in tema di marketing, coerentemente con l’errore individuato, Amiga mancava di un posizionamento di mercato, una strategia che ne indicasse chiaramente la destinazione d’uso, isolandone il mercato di riferimento. Fin dal lancio, l’Amiga 1000 portava in dote un’architettura rivoluzionaria, prestazioni sconosciute alla concorrenza, campi di applicazione potenzialmente illimitati, un prezzo aggressivo.

Elementi che da soli, per l’appunto, non erano sufficienti a determinare il successo commerciale della macchina: sarebbe bastato individuare mercati di riferimento con elevati potenziali di crescita, e sviluppare azioni mirate.

Al contrario Commodore non possedeva una strategia di posizionamento, ritenendo Amiga una macchina polivalente – come effettivamente era – e dunque capace di trovare da sola il proprio spazio.

Al momento del lancio della piattaforma, a cui presenziarono Deborah Harry (cantante dei Blondie) e Andy Warhol – la prima nel ruolo di modella, il secondo in quello di “instant artist” – Amiga sembrò addirittura indirizzarsi verso il segmento “creativo”, in cui il Macintosh sarebbe progressivamente scivolato di fronte al dilagare degli IBM compatibili nel mondo business.

La prudenza di analisti e sviluppatori nei confronti dei soli avanzamenti tecnologici, misero in evidenza un altro problema di Amiga: l’assenza di una killer app, punto molto dolente nel momento in cui la Silicon Valley registrava la sua prima crisi dopo un boom senza soluzione di continuità.

Le casse della Commodore, fresca di licenziamento di Jack Tramiel e di flop come il Plus/4, non erano inoltre abbastanza capaci da contrastare l’avanzata di titani del calibro IBM ed Apple.

Torniamo al 1987, anno in cui vede finalmente la luce il protagonista di questo venerdì nostalgico, l’Amiga 500. Tecnologicamente molto simile al 1000 (vi rinvio al pezzo dedicato per approfondimenti tecnici) e al fratello maggiore 2000, Amiga 500 è in un certo senso l’atto di abdicazione delle velleità business della Commodore – riprese brevemente con una linea di IBM compatibili di scarso successo.

Benché potentissimo, il computer è confezionato e posizionato sul mercato come un home computer, ha un prezzo estremamente concorrenziale, e lega molta della sua popolarità ad ambiti di applicazione videoludici. Alle soglie del 2010, nessuno si sognerebbe mai di ritenere un PC inidoneo ad un uso di ufficio poiché capace di ottime prestazioni in ambito videoludico.

Negli anni ’80 tuttavia, il mercato tendeva a ragionare molto più per compartimenti stagni: l’enorme popolarità presto conquistata da Amiga 500 nelle case di mezzo mondo, il suo innegabile successo in ambito videoludico, lo relegano presto all’immeritato ruolo di successore super-pompato del Commodore 64.

A poco vale la sua superiorità tecnologica – pre-emptive multitasking, sconosciuto a qualunque rivale, ma anche l’innovativa architettura con sottosistemi dedicati – il prezzo aggressivo e qualche perla software come il Deluxe Paint.

Amiga 500, il modello più popolare della famiglia, è dunque l’emblema di un cambio di rotta che sigillerà per sempre le speranze della piattaforma, col contributo non indifferente di un management litigioso e incompetente che non seppe vendere – e non vendette – la rivoluzione tecnologica che aveva in casa.

Torneremo sulla famiglia Amiga – magari senza aspettare altri due anni! – per raccontare delle evoluzioni tecnologiche che rinverdirono la piattaforma, senza tuttavia riuscire ad estrarla dalla sempre più ristretta quota di mercato cui, dopo il boom dell’Amiga 500 e il lungo tramonto degli home computer, rimase relegata.

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