Chernobyl: tra oblio e strumentalizzazione 23 anni dopo

Molto spesso nei commenti sui post riguardanti il nucleare in questo stesso blog, si è visto come una delle maggiori paure della popolazione sia la gestione politica della nuclearizzazione del paese. Questa paura è sicuramente fondata, basterebbe ricordare gli eventi del 26 Aprile 1986, nell’Unità n. 4 di Chernobyl. Purtroppo, quest’evento così tragico, ma allo stesso tempo istruttivo, viene spesso dimenticato, o sventolato a mo’ di spauracchio sfruttando la disinformazione che da sempre lo circonda. Per ricordare, allo scadere dei 23 anni, le vere ragioni di questo disastro, e per far sì che le vite delle vittime non si siano spente invano, ma che possano servire quale monito per il presente ed il futuro, cercherò in questo post di spiegare cosa è veramente successo nella notte tra il 25 e il 26 Aprile 1986, grazie ai preparati consigli e alla lista di fonti che mi sono stati dati da Alessandro Zivelonghi, lettore di Appunti Digitali e studente di Dottorato del Max Planck Insitut per la Fisica dei Plasmi.

Tutta Europa dormiva sonni tranquilli la notte tra il 25 e il 26 Aprile 1986, visto che le prime notizie riguardanti una quantità fuori dal normale di radioattività non si ebbero che il 28 Aprile, quando la Scandinavia temeva una perdita nella centrale di Forsmark , 150 Km a nord di Stoccolma. Nell’Unione Sovietica, e in particolare a Chernobyl, invece, una serie di eventi portò all’esplosione di cui oggi tutti abbiamo sentito parlare.

Vi sono diversi aspetti da considerare nell’analisi di questo avvenimento. Innanzi tutto il tipo di centrale e le misure di sicurezza messe in atto nell’Unione Sovietica in quegli anni. In secondo luogo la situazione specifica, cosa stava succedendo all’Unità 4 di Chernobyl nei giorni precedenti all’esplosione.

Infine, la gestione della situazione di crisi dopo l’avvenuta esplosione. Tutti questi fattori sono di grande importanza, perché le occasioni per evitare la tragedia ci furono, e si ripresentarono in tutte le varie fasi dell’evento.

Incominciamo descrivendo il reattore, una centrale da 1000 MW di tipo RBMK ad acqua bollente moderato a grafite. Una caratteristica dei reattori RBMK è di essere fortemente instabili a bassa potenza. Se la potenza scende al di sotto del 25% della potenza nominale (esattamente la situazione in cui avvenne l’incidente, come vedremo) il reattore diviene difficilmente controllabile.

In tutti gli altri reattori ogni reazione nucleare che tende all’incremento viene, per le caratteristiche del reattore, automaticamente rallentata. La scelta della grafite come moderatore, inoltre, è molto sfortunata per diverse ragioni. La grafite molto calda, infatti, si infiamma all’aria, vaporizzando i radionuclidi contenuti nel reattore.

Questo fenomeno favorisce enormemente la dispersione di sostanze radioattive nell’atmosfera, ed è per questo che i reattori occidentali ad acqua pressurizzata e ad acqua bollente non contengono né grafite (carbonio) né sostanze infiammabili. In questi ultimi reattori, inoltre, essendo anche la moderazione portata avanti dall’acqua, se la pressione dell’acqua diminuisce, i neutroni non vengono più rallentati, diminuendo così le reazioni di fissione.

Se invece, come nel RBMK, la moderazione è fatta dalla grafite, la diminuizione dell’acqua, che serve solo per il raffreddamento, non disturba in nessun modo la reazione nucleare nel nocciolo, rendendo necessario l’inserimento di barre di controllo per bloccare il processo di fissione. Ed ecco un altro punto debole di questo tipo di centrali.

Il processo di inserimento delle barre è estremamente lento: circa venti secondi contro i due secondi scarsi di tutti gli altri reattori, che usano le barre solo come secondo sistema di sicurezza. Non bisogna dimenticare inoltre, che l’Unione Sovietica prediligeva l’utilizzo di queste centrali principalmente come fonte di Plutonio-239, isotopo usato per scopi militari durante la guerra fredda.

Per estrarre il Plutonio dalla centrale era necessario poter rimuovere in intervalli di tempo regolari le barre di combustibile tramite una gru in cima al reattore. Questo sistema impediva per ragioni di spazio di poter disporre di un edificio di contenimento, sistema di sicurezza considerato di basilare importanza nei reattori di tutto il mondo.

Ma vediamo in che condizioni ci si trovava la notte dell’esplosione.
Il reattore numero 4 era destinato allo spegnimento il 25 Aprile 1986, trovandosi alla fine del ciclo di combustibile. In quell’occasione, si pensò di effettuare un test per verificare i sistemi di sicurezza di raffreddamento durante la fase di spegnimento del reattore.

Non era il periodo migliore per tale esperimento (sarebbe stato più opportuno nella fase iniziale del ciclo), ma vi erano dubbi sul sistema di sicurezza in caso di un’interruzione nell’alimentazione elettica esterna. Precedentemente, un test del genere si concluse con un insuccesso, e il direttore Viktor Bryukhanov si trovò costretto a falsificare dei documenti per giustificare la mancata realizzazione di tale test dopo anni di procrastinazione (Un’importante fonte di informazioni è il libro The Legacy of Chernobyl di Medvedev.Z.).

Per questa ragione, il 25 Aprile 1986 il test doveva avvenire, a qualsiasi costo. Tutto era pronto per l’esecuzione del test: la squadra del turno pomeridiano era stata istruita a dovere e una squadra speciale di ingegneri elettrici era presente per controllare il nuovo sistema di regolazione del voltaggio. Come da programma, la potenza del reattore venne ridotta del 50%.

Subito dopo, inaspettatamente, una centrale elettrica locale smise di funzionare, e la rete di controllo di Kiev chiese al direttore della centrale di Chernobyl di rimandare l’esperimento. Così avvenne, e il via libera per la ripresa del test non fu dato che alle 23:04, ben dopo che la squadra del turno diurno se n’era andata. Il gruppo del turno notturno prese servizio a mezzanotte, a test già cominciato, senza la preparazione adeguata e senza la squadra di inngegneri a supervisionare.

Oltre al capo dello shift Alexander Akimov, era presente Leonid Toptunov, un giovane ingegnere con un’esperienza di appena tre mesi, che si trovò ad essere il responsabile del regime operazionale del reattore, tra cui i movimenti delle barre di sicurezza. In queste condizioni il test cominciò, e il primo errore si verificò immediatamente, durante l’abbassamento della potenza, quando Toptunov per sbaglio quasi non spense l’intero reattore, portandolo ad appena 30MW.

A tale bassa potenza interviene un effetto chiamato “xenon poisoning “, ovvero vi è un anomalo assorbimento dei neutroni da parte dello xenon-135, che causa a un forte rallentamento nella reazione di fissione. A quanto pare, gli operatori non conoscevano tale fenomeno e, pensando che la riduzione della potenza fosse dovuta a un malfunzionamento, ritirarono le barre di controllo, in una configurazione del tutto irregolare sia in situazione di corretto funzionamento che di emergenza.

Seguendo le istruzioni del test, all’1:05 della mattina del 26 Aprile, vennero attivate pompe d’acqua aggiuntive, e il flusso d’acqua superò i livelli di sicurezza all’1:19 minuti. L’assorbimento dei neutroni dell’acqua, causò così un ulteriore abbassamento della potenza del reattore.

A questo punto gli operatori ritirarono manualmente, ignorando tutti i sistemi di sicurezza, tutte le barre di controllo, rendendo il reattore instabilissimo e pronto per una reazione a catena incontrollabile. Ulteriori sistemi di emergenza avevano il compito di portare il reattore ad uno spegnimento di emergenza. Per evitarlo, i due tecnici decisero di disabilitare anche questo sistema di sicurezza. All’1:23:04 si cominciò l’esperimento vero e proprio, spegnendo le pompe dell’acqua.

La parte finale delle barre di controllo, parzialmente ancora inserite nel reattore, è costituita di carbonio, che per qualche secondo ha l’effetto di accelerare la reazione, invece di rallentarla come dovrebbe. Dopo 36 secondi, all’1:23:40, gli operatori premettero finalmente il pulsante AZ-5, che ordinava lo spegnimento di emergenza del reattore (SCRAM ), con il reinserimento di tutte le barre di controllo.

Come già accennato, in questo tipo di reattore le barre impiegano circa 20 secondi per inserirsi nel reattore. Nel frattempo la loro punta di carbonio fece si che la reazione venisse accelerata, creando un picco energetico che riscaldò enormemente il nocciolo. Alcune barre di carburante si ruppero, bloccando le barre di controllo a un terzo del loro percorso. Nel giro di 3 secondi la potenza del reattore di innalzò a oltre 530MW e all’1:23 e 47 secondi la potenza toccò i 30GW, innalzando enormemente la temperatura. Le barre di carburante cominciarono a sciogliersi mescolandosi con l’acqua di raffreddamento.

Dopo 20 secondi dall’inserimento dell’allarme, ci fu la prima esplosione che scoperchio letteralmente il reattore e sparò frammenti di materiale radioattivo all’esterno della centrale. Dopo 2 o 3 secondi una seconda esplosione, ancora più potente della prima, completò il disastro.
Qui comincia la terza fase della tragedia, la gestione della situazione di emergenza nei confronti della popolazione e degli operatori e pompieri coinvolti nell’evento.

Già dalla descrizione degli eventi si capisce che la politica del silenzio sovietico, la mancata informazione e preparazione agli operatori, la fretta cieca, la priorità alla burocrazia del regime piuttosto che alla sicurezza delle persone, ha giocato un ruolo fondamentale, e si può facilmente considerare la principale causa del disastro.

Se solo una delle cose appena descritte fosse andata nel verso giusto, se gli operatori fossero stati preparati scientificamente, se avessero avuto delle istruzioni chiare e coerenti, se fossero stati affiancati da personale adeguato, se le procedure di sicurezza fossero state più ferree, la tragedia avrebbe potuto facilmente venir evitata.

Analogamente, se il regime avesse messo da parte per un momento la politica di segretezza, se avesse dimenticato per un momento la priorità economica legata alla guerra fredda, e la macchina burocratica fosse stata più dedicata alle persone che agli scopi di regime, molte vite perse nei minuti, mesi, anni successivi all’esplosione avrebbero potuto essere salvate. Vi sono alcune semplici regole che andavano applicate all’istante, e che invece furono dimenticate:

  •   informazione immediata alla popolazione della consegna di restare a casa, con porte e finestre chiuse (informazione data 36 ore dopo l’esplosione)
  •   divieto di consumare latte fresco
  •   divieto di consumare tutti i prodotti agricoli locali
  •   distribuzione ed ingestione immediata di iodio stabile
  •   distribuzione di dispositivi di protezione individuale.

Lo iodio 131 (vita media 7,5 giorni) fu, nelle prime settimane, il principale responsabile degli incidenti di irraggiamento e, particolarmente negli anni che seguirono, dei numerosi casi di cancro alla tiroide. L’ingestione immediata di iodio stabile satura la tiroide ed impedisce di conseguenza la fissazione di iodio 131 cancerogeno su questa ghiandola.

Questo basilare intervento di sicurezza era noto alle autorità sovietiche da diversi anni, così come era già a disposizione un medicinale radioprotettore, chiamato “preparato B”, che non è stato assolutamente messo a disposizione della popolazione. Gli organi di informazione dell’URSS ben si sono guardati di informare su questi sistemi di sicurezza di base la popolazione e il personale in opera alla centrale, o di evacuare in tempi solleciti la popolazione dei paesi circostanti.
Questa mancanza di informazione, questo controllo mediatico della conoscenza da parte del regime, è stata la vera causa del disastro, ed è da questa ignoranza che dobbiamo guardarci, questo è quello che dobbiamo temere. La cieca paura del nucleare non ci porterà alla sicurezza, perché il controllo politico può colpire gli ignoranti con mille armi, e nessuna è più pericolosa dell’incoscienza.

Mi auguro quindi che la discussione sul nucleare, sulle fonti di energia alternative, sulla scienza e tecnologia, sul bene e sul male, sulla vita e sulla morte, sia sempre viva tra noi italiani, ma che sia sempre prioritario per ciascuno di noi ricordare che è solo con la conoscenza che si evitano i disastri e che non dobbiamo accontentarci delle informazioni selezionate e confezionate per noi da chi ha già preso le sue decisioni senza permetterci di prendere le nostre.
Fonti: wikipedia , Cause dell’avvenimento di Chernobyl, di J. FROT , Chernobyl di R.Renzetti.

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